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giovedì 1 febbraio 2024

Laura Fedele - 2003 - Pornoshow (Laura Fedele interpreta Tom Waits)


TRACKLIST:

01 - Pioggia nelle mani 
02 - 29 dollari (e una borsetta di coccodrillo) 
03 - Giù nel buco nero 
04 - Discorsi da bar 
05 - Oro e diamanti 
06 - Pornoshow 
07 - Cani randagi 
08 - Invito ad una vita in blues 
09 - Tentazione 
10 - Biglietto di Natale 
11 - Polvere 
12 - Johnsburg, Ill. 


FORMAZIONE:

Laura Fedele - voce 
Massimo Mariani - chitarre 
Marco Mistrangelo - contrabbasso 
Stefano Dall'Ora - contrabbasso 
Davide Santi - violino 
Claudio Chianura - campionamenti 


Per interpretare in lingua italiana un mostro sacro come Tom Waits occorrono fondamentalmente due cose: un buona dose di coraggio e una grandissima voce. Laura Fedele possiede entrambi i requisiti. La voce del cantautore americano, unica e distintiva, ha influenzato schiere di cantanti della sua generazione. Il suo stile musicale è difficile da classificare, in quanto mescola una varietà di generi, tra cui blues, jazz, rock, folk e cabaret. Il suo timbro, graffiante e roco, riesce a trasmettere emozioni intense e profonde. e non è per nulla facile da ricreare. Ci ha provato, con ottimi risultati, a mio modesto parere, Laura Fedele, che di blues e di jazz si nutre da anni. Laura, forse non troppo conosciuta dal grosso pubblico, ha una carriera musicale molto lunga e intensa alle spalle. Vediamo di conoscerla più da vicino. 


Cantante, pianista (autodidatta, almeno agli inizi), autrice, performer e docente, napoletana di origine e milanese di adozione, .a livello professionale muove i suoi primi passi nel jazz verso la metà degli anni ‘80. Da allora si è spinta alla scoperta di altre forme musicali, jazz tradizionale, mainstream, vocalese, blues, musica napoletana, teatro canzone. A livello pratico ha partecipato a moltissimi festival italiani ed internazionali, tenuto un gran numero di concerti in Italia e all’estero; è stata ospite di molte trasmissioni sulle principali reti televisive, ha inciso 13 dischi (il primo  risale al 1984, l'ultimo al 2023) e, non ultimo, si è dedicata all’insegnamento ed al teatro. 
Questi gli episodi più salienti della sua carriera artistica:


- nel 1986 si esibisce  al prestigioso Jazz and Heritage Festival di New Orleans ed inizia una intensa attività concertistica in Italia, Francia, Svizzera e Germania, guidando il suo Laura Fedele Trio;

- a seguire tiene concerti in Jazz Club, festival, e sale concerto, tra cui la Mozartsaal della Liederhalle – Stoccarda- il Casinò di Lucerna, Le caveau de l’Huchette -Parigi- il Jazz Club di Gent -Belgio- il Blue Note – Milano;

- nel 1996 partecipa al Premio Tenco con l’album "Laura Fedele", che contiene brani di sua composizione;


 - nel 2004 registra nell’ auditorium Demetrio Stratos di Radio Popolare a Milano, il suo primo CD live, in trio, dedicato alla cantante e pianista Nina Simone, "Independently Blue". Nello stesso anno pubblica  il suo primo libro, "Il canto: appunti di viaggio", edito da Curci, dove illustra il suo metodo di insegnamento, la cui particolarità deriva dall’essere sia cantante che pianista;

- nel 2007 è invitata alla rassegna "Just Like a Woman", a fianco di nomi quali Patty Smith e Dee Dee Bridgewater. Tra gli artisti italiani con cui ha collaborato ricordiamo Paolo Tomelleri, Giorgio Gaslini, Enrico Intra, Sandro Cerino, Lino Patruno;

- dal 2010 è protagonista, insieme al suo trio, dello spettacolo teatrale "87 Tasti-Storie di vita e canzoni di Tom Waits", che la vede sul palco in un inedita veste di attrice, oltre che cantante e pianista;

- nel 2015 vince il "Premio Donna-Una vita per la musica", assegnatole dall’associazione Assami-Amici del Conservatorio di Milano;
,
- dal 2018 è protagonista, nonché autrice, dello spettacolo musicale-teatrale "Sola con un cane: canzoni e dissertazioni tragicomiche sulla solitudine", che la vede sul palco in assolo (voce, piano e monologhi) insieme al suo amato cane Barney. Lo spettacolo va in scena anche allo Zelig di Milano dove ottiene un grande successo.

Sulla sua pagina Facebook troverete molte altre notizie e immagini tratte dai suoi spettacoli.


Inquadrato il personaggio passiamo al nostro album. Inizio subito col ringraziare l'amico Osel che mi ha inviato poco tempo fa i file che mi hanno permesso di conoscere - e apprezzare - questo splendido disco. Va innanzitutto premesso che "Pornoshow", pubblicato nel 2003 dalla Auditorium, dove - come già ricordato - Laura reinterpreta brani firmati da Tom Waits da lei stessa riadattati in lingua italiana (operazione non certo facile) è stato direttamente supervisionato dall'autore. Uno dei brani dell'album (29 dollari) è stato inserito nella compilation internazionale "Female - Tribute To Tom Waits volume 1". Senza dubbio possiamo dire che Laura Fedele ha vinto vinto una scommessa, quella che molti artisti tengono nel cassetto, ovvero  incidere un disco di canzoni del proprio artista preferito, dandogli un'impronta personale. Se l'artista in questione si chiama Tom Waits l'impresa è durissima. E non finisce qui; Laura è una donna e ha dovuto reinterpretare un repertorio maschile traducendo le sue canzoni in italiano cercando di mantenere l'atmosfera e la suggestione create da Waits. Laura stessa, nel corso di una intervista, ha ammesso che "vi sono alcuni brani, in questo disco, in cui non era possibile prescindere dall'originale (NDR - anche se in nessuno è presente l'effetto "fotocopia"), mentre ve ne sono altri che non hanno bisogno di alcun confronto con l'originale in quanto vivono di vita propria". 


Sul sito Geocities.ws è stata pubblicata tempo fa una lunga intervista rilasciata via email dalla stessa Laura Fedele a proposito del disco. Ve ne riporto alcune parti:

Come è nata l'idea di un disco di cover in italiano di Tom Waits? 
Il mio amore per Tom Waits non è certo nato ieri, anche se devo ammettere di averlo scoperto con un certo ritardo. Già da qualche anno nel mio repertorio comparivano brani suoi, ancora in inglese, però. Io amo cantare in inglese: è così che ho iniziato, perché la musica che ho sempre amato nasce così. Però, da un po' di anni a questa parte, sentivo il bisogno di farmi capire dal mio pubblico, di comunicare con loro anche attraverso le parole, oltre che per mezzo di suoni e di atmosfere. Lo spettacolo che ho portato a Radio Popolare è stato il primo stadio di un lavoro che, da allora, è cresciuto molto e si è concretizzato in "Pornoshow". 


Che difficoltà hai trovato nel tradurre e interpretare un personaggio così atipico come Tom Waits?
Innanzitutto i suoni dell'italiano, così diversi, e il fatto che lui usi moltissime espressioni slang, e anche molti riferimenti a cose, credo, estremamente sue e personali delle quali a volte è difficile capire il senso logico, per ovvi motivi. In realtà, il fatto che lui sia un personaggio atipico non mi ha mai spaventata, forse perché, per certi versi, mi sento atipica anch'io. Comunque è stata una bella vittoria, perché dopo aver ascoltato e cantato per anni valanghe di blues, ovviamente in inglese, mi sembrava impossibile riuscire ad essere credibile in italiano. Di alcune canzoni ho amato subito le storie, di altre mi ha affascinato il mondo musicale". 

Qui termina l'intervista e qui termina questo corposo post, voluto e pensato per per accogliere - anche su queste pagine - una grande artista come Laura Fedele. Spero che l'album sia di vostro gradimento. Ancora un grazie a Osel e a voi tutti buon ascolto.



Post by George - Music by Osel

giovedì 23 marzo 2023

Italian Portrait of Bob Dylan: Tito Schipa Jr. - 1988 - Dylaniato


PREMESSA
Certo, ci vuole una buona dose di coraggio per interpretare il repertorio di un mostro sacro come Bob Dylan, ancora di più se i suoi capolavori vengono tradotti in lingua italiana. A riproporre parte del suo repertorio, specie i grandi classici, ci hanno provato in molti nel corso del tempo. Diciamo subito che Dylan è uno dei cantautori più "coverati" nella storia della musica contemporanea, insieme ai Beatles e a pochi altri. Ma lasciando perdere il panorama internazionale, spostiamoci sul suolo italico. Ho selezionato un album registrato da un nome prestigioso nel panorama musicale italiano, ovvero Tito Schipa Jr. con il suo "Dylaniato". Nel 2015 anche un artista del calibro di Francesco De Gregori si è cimentato nel cantare in italiano alcuni brani scritti dal grande musicista e autore americano. Purtroppo, per ragioni di data (l'album "De Gregori canta Bob Dylan - amore e furto" e stato ristampato l'ultima volta due anni fa) non potrà essere postato su queste pagine. L'intenzione era quella di mettere a confronto le due produzioni, ma...meglio non rischiare. 


Schipa Jr. - 1988 - Dylaniato


TRACKLIST:

01. Centoquindicesimo sogno di Bob Dylan (Bob Dylan's 115th Dream) - 7:26
02. Ti voglio (I Want You) - 2:56
03. Tu col tamburino (Mr. Tambourine Man) - 4:27
04. Appartiene a me (She Belongs To Me) - 4:06
05. Lungo i merli di vedetta (All Along The Watchtower) - 4:16
06. Amore via zero / illimitato (Love Minus Zero / No Limit) - 3:27
07. Ragazza del Nord (Girl From The North Country) - 3:36
08. Signori della guerra (Masters Of War) - 5:14


MUSICISTI

Tito Schipa Jr. – voce, batteria elettronica
Nicola Di Staso – chitarra elettrica
Riccardo Mazzamauro – pianoforte
Massimo Idà – basso, tastiera
Enrico Cosimi – tastiera, batteria elettronica
Carlo Pennisi – chitarra
Roberto Righini – basso, chitarra acustica


"Dylaniato" venne pubblicato dall'etichetta It nel 1988 in formato vinile e, successivamente, ristampato in CD nel 1997 dalla M.P. Records. Tito Schipa, come si può vedere dalla copertina, ha utilizzato solamente il cognome, "Schipa Jr.". Gli otto brani che compongono l'album sono stati traslati dallo stesso Tito Schipa Jr. Come già avvenuto in passato per le sue precedenti pubblicazioni, Schipa non ha mai scelto territori "facili" per esprimere la sua arte e questa ne è la riprova. Grande estimatore di Dylan fin dagli esordi, ha iniziato da tempi remoti a tradurne i testi, giungendo a raccoglierli in tre volumi, pubblicati da Arcana tra il 1988 e il 1990 (Mr. Tambourine - Tutte le canzoni e le poesie di Bob Dylan, vol. 1,2,3). Il gruppo scelto da lui scelto  per accompagnarlo in studio è formato da sei elementi, tutti ottimi strumentisti, che ben supportano le melodie dylaniane.
Via lascio all'ascolto dell'album. A presto


LINK

Post by George 

venerdì 24 febbraio 2017

Serie "Italian Covers" Vol. 7 - Speciale LEONARD COHEN in italiano


LEONARD COHEN in italiano

Che il 2016 sia stato un anno tremendo per la musica, o almeno per alcuni degli artisti che più ci hanno riempito la vita, è ormai un’ovvietà da rotocalco, e anche il 2017, purtroppo, non sembra affatto volersi differenziare granché dal suo predecessore, se pensiamo alla recentissima scomparsa del Maestro Giusto Pio, braccio destro del nostro amato Franco Battiato degli anni d’oro.

Tra i grandissimi che se ne sono andati nel 2016, c’è anche, purtroppo, Leonard Cohen, personaggio affascinante e complesso, autore di canzoni immortali di incredibile densità poetica. E’ a lui che è dedicato questo post collettivo che, a più voci, cerca di far luce sul “nostro” Cohen, quello che nel corso degli anni è stato trascinato con amore nella nostra lingua, in virtù della passione di alcuni “adepti” e di un songbook che, per merito di composizioni toccate dalla grazia, si affianca a quello di Bob Dylan nell’Empireo della Canzone. Rispetto al menestrello di Duluth, che ebbe un impatto “popular” sulla cultura di massa, l’influenza di Leonard Cohen fu però più sottile, almeno presso il grande pubblico, ma assolutamente decisiva su alcuni dei nostri maggiori cantautori. Ciò nonostante, a fronte dell’opera di un autore davvero gigantesco, quando si va a tirare il conto, ci si accorge che a 50 anni esatti  dal suo primo capolavoro (Songs of Leonard Cohen, 1967) non sono poi moltissime le versioni "ufficiali" in italiano delle sue canzoni, anche se il nostro lavoro collettivo di scavo e recupero ha potuto mettere in piedi una scaletta di tutto rispetto, con molti pezzi in più rispetto a quanto certifica la pagina di Wikipedia o lo stesso sito dei fans italiani di Cohen.

L’arco temporale va dal 1970 (con delle rarità davvero preziose) al 2016, con un “buco” dal 1983 al 1995, un lasso di tempo non trascurabile e forse anche significativo, se consideriamo che sono anni in cui la cosiddetta canzone d’autore se la passa mica bene. Prima di andare ad illustrare la scaletta di questo nostro omaggio all’autore di “Suzanne” e di tante altre meraviglie, in cui davvero è quasi impossibile discernere i confini tra poesia e musica (ammesso che ce/ve ne freghi qualcosa), è bene chiarire subito il nostro criterio metodologico: abbiamo volutamente escluso le cover in inglese (tra le quali, spiccano per quantità la stessa “Suzanne” e soprattutto “Halleluja”, che dopo la versione di Jeff Buckley è diventata il vero classico di Leonard Cohen), le versioni italiane smaccatamente amatoriali (il Tubo ne è gonfio), nonché le cover di cover, cioè le riprese della stessa traduzione, a meno che non siano ad opera di nomi significativi (è il caso di Mia Martini che riprende una versione italiana di De Andrè) o siano riletture successive dello stesso autore (il De Gregori de “Il futuro”). Abbiamo anche escluso, per questo post (ma non è detto che non se ne riparli), tre album-tributo (due di essi collettivi) usciti in forma privata o semi-privata, tutti grazie alla passione e alla forza propulsiva di Flavio Poltronieri, musicista veronese. Abbiamo incluso, tuttavia (e la inseriamo come bonus track del CD 2) una poesia “detta” da Emidio Clementi (leader dei Massimo Volume) e una dedica a Cohen a firma Roberto Vecchioni. Infine, un discorso (e un CD) a parte merita il raro album di Claudio Daiano,  “IO COME CHIUNQUE (SULLE TRACCE DI COHEN)”, che è il primo lavoro interamente dedicato all’adattamento in italiano di pezzi di Cohen (il secondo tribute-album coheniano al mondo, anticipato di un solo anno da un analogo lavoro francese). Ne parla, al termine di questo articolo, l’amico Frank-One che lo ha gloriosamente riesumato dai suoi archivi e lo ha rippato per noi.


TRACKLIST CD 1

1) A presto, Marianne (So long, Marianne) -  Francesco De Gregori & Giorgio Lo Cascio (live al Folkstudio, 24/1/1970
2) Suzanne (id) -  Giorgio Lo Cascio feat. Francesco De Gregori (live al Folkstudio, 24/1/1970)  
3) Un letto come un altro (Tonight Will Be Fine) - Francesco De Gregori feat. Giorgio Lo Cascio (live al Folkstudio, 24/1/1970)  
4) La ballata di Giovanna D’Arco (Joan of Arc) - Kamsin (1971)
5) Giovanna D’Arco (Joan of Arc) - Francesco De Gregori (inedita, anno sconosciuto)
6) Giovanna D’Arco (Joan of Arc) - Fabrizio De Andrè (versione 45 giri, 1972)
7) Suzanne (id) - Fabrizio De Andrè (versione 45 giri, 1972)
8) Giovanna D’Arco (Joan of Arc) - Fabrizio De Andrè (1974)
9) Suzanne (id) - Fabrizio De Andrè (1974)
10) Nancy (Seems so long ago, Nancy) - Fabrizio De Andrè (1975)
11) La regola d'oro (One of us cannot be wrong) - Luigi Grechi (1979)
12) La famosa volpe azzurra (Famous blue raincoat) - Ornella Vanoni (1980)
13) Suzanne (id) - Mia Martini (1983)


Si comincia subito alla grande, si diceva, con quattro pezzi rarissimi, di cui siamo debitori all’amico Vita Vita de “La bottega di Euterpe (ora Il Negozio)”: invitiamo i lettori a portargli idealmente, come segno della nostra imperitura riconoscenza, dei generosi barattoli di miele di rose. Lui capirà. Siamo nel piccolo e polveroso palco del leggendario "Folkstudio" di Gian Carlo Cesaroni: Francesco De Gregori, 19 anni, (fratello minore di Luigi, che ritroveremo tra poco) e Giorgio Lo Cascio (neanche diciassettenne!) sono ormai da qualche tempo di casa e spesso si esibiscono insieme alternandosi alle voci e agli strumenti in un repertorio misto che comprende le loro prime canzoni e riletture di Dylan, e appunto, Cohen di cui propongono tre brani da essi tradotti, tra cui la prima di numerose "Suzanne" che verranno nel tempo. Sono interpretazioni ancora acerbe, quelle immortalate da questo preziosissimo bootleg che vede ai bonghi anche Antonello Venditti, ma davvero si respira un'aria di gioiosa scoperta di un mondo poetico e musicale che poi i due (soprattutto il primo) sapranno sviluppare da lì a poco.


L’anno seguente vede la luce la prima incisione ufficiale di un pezzo di Cohen tradotto nella lingua di Dante. Si tratta de “La ballata di Giovanna d’Arco” tradotta (in tempo reale: l’originale è dello stesso anno) da Carlo Alberto Contini (un mestierante della canzonetta) e cantata da Kamsin. Come si legge nell’encomiabile Bottega di Euterpe del nostro amico Vito, apparve solo in un EP promozionale a uso commerciale (con tanto di voce dello speaker sovraesposta), ed ebbe quindi una diffusione e un’incidenza pressoché pari allo zero. Se l’arrangiamento è abbastanza aderente all’originale, non altrettanto si può dire dell’interpretazione di Kamsin che risulta alquanto enfatica. Ecco poi ancora il Principe in un'altra “Giovanna d’Arco” in una versione demo (probabilmente monca, visto che è assente la prima strofa) rimasta inedita e da qualche anno reperibile sul Tubo. Attenzione: anni dopo lo stesso artista scriverà una canzone omonima per Fiorella Mannoia, che tuttavia nulla avrà a che vedere con Cohen.


Da segnalare anche che, a quanto riporta lo stesso Lo Cascio nella sua storica biografia di De Gregori (“De Gregori”, Franco Muzzio Editore, 1990) oltre ai pezzi coheniani che qua riportiamo, De Gregori (probabilmente in sodalizio sempre con Lo Cascio), ai suoi esordi, aveva tradotto e cantato al Folkstudio anche “The Partisan” (registrata anche nel primissimo provino alla IT nel '71) e “Story of Isaac”, ma di questi pezzi non si è, al momento, reperita alcuna registrazione. Vale la pena forse di riportare un curioso aneddoto relativo al “culto” che di Cohen aveva la cosiddetta “scuola romana”: Cohen nel 1974 venne a Roma per presentare un suo romanzo, e ovviamente De Gregori, Venditti ed altri andarono ad ascoltarlo all’Università, dove si teneva l’incontro. Alla fine si fermarono a parlare e fecero amicizia, anzi il fascinoso canadese trovò modo di intortare un’amica strettissima di Venditti e per una settimana visse a casa sua, con Venditti che ogni tanto andava a trovarli, soprattutto, crediamo, per avere il songwriter tanto amato tutto per sé sottraendolo alle grazie dell’amica. Ricorda Venditti che una sera lo portò a sentire un recital di Piero Ciampi, che (incredibilmente) Cohen, eredità dei precedenti soggiorni parigini, già conosceva, e ammirava, come “Piero Litaliano” (tutta la storia la trovate QUI).

 
Ma torniamo a noi, e andiamo a (ri)ascoltare le interpretazioni della stessa “Giovanna d’Arco” e di “Suzanne” ad opera di Fabrizio De Andrè, che ebbe un certo ruolo nello sdoganare Cohen presso un pubblico più vasto. Prima dell’inclusione nei due  LP del ’74 e ‘75, De Andrè aveva dato di queste due canzoni una prima versione con diverso arrangiamento su un 45 giri del ’72 che qua testimoniamo. Ma se per “Suzanne” egli riprende pari pari il testo della prima versione, per “Giovanna d’Arco” ci sono alcuni aggiustamenti: uno piccolo, quando toglie “il manto” che aveva messo nel terzo verso in assonanza a “fianco” (bastandogli evidentemente quelle già in essere  con “Arco” e “cavalcando”), e uno più significativo quando espelle completamente l’ultima strofa. E’ probabile che fu lo stesso De Gregori  a indirizzare De Andrè, fino a quel momento debitore dei francesi (Brassens su tutti), allo stile allusivo della poetica coheniana. Tutto ciò avrà le sue notevoli ripercussioni sulla scrittura di alcune canzoni incluse in “Volume VIII” (che come è noto si avvarrà della collaborazione ai testi dello stesso De Gregori), dove, tra l’altro, è inclusa anche “Nancy” l’ultima sua cover di Cohen. A tal proposito, risulta molto interessante uno studio accademico, apparso sulla rivista di Letterature Comparate “Semicerchio”, in cui il prof. Paolo Divizia analizza le diverse traduzioni da Cohen ad opera di De Gregori e De Andrè, con tanto di confronto con l’originale (lo trovate QUI, ma anticipiamo che il genovese non ne esce benissimo), evidenziando anche le palesi influenze di Cohen che De Gregori dissemina lungo i testi delle sue canzoni autografe dei primi lavori. Da parte nostra possiamo forse aggiungere che possiamo rintracciare risonanze coheniane anche nei lavori successivi di De Gregori, dalle melodie di "La testa nel secchio" e "Parole a memoria" al testo e arrangiamento di "Per brevità chiamato artista".


 Nel 1979 arriva anche una riappropriazione di Luigi Grechi di "One of us cannot be wrong" che diventa "La regola d'oro". Stando a quanto riporta Enrico Deregibus, fu proprio il fratello maggiore di De Gregori il primissimo a portare da Londra a Roma l'album di esordio di Cohen, e quindi è forse lui che va doverosamente riconosciuto come fonte primigenia del culto coheniano in Italia. Scavalchiamo gli anni ’80, dove troviamo ancora una versione deandreiana di un classico come “Famous blue raincoat”. La canzone, ribattezzata “La famosa volpe azzurra” e co-firmata da Sergio Bardotti, è volta al femminile ed è affidata a Ornella Vanoni. Dopo la ripresa di “Suzanne” (sempre via De Andrè) nell’album dal vivo di Mia Martini, avremo, come detto, una dozzina di anni di stasi: sembra che Cohen, come tante altre cose, sia passato di moda, almeno presso i nostri cantanti, travolto da altri suoni, altri carnevali.


TRACKLIST CD 2

1) Non portartelo a casa se è duro (Don’t go home with your hand-on) -  
Marco Ongaro feat. Dodi Moscati (1995)
2) Famous blue raicoat (id.) - Lalli (1998)
3) Il futuro (The Future) - Mimmo Locasciulli (1998)
4) Shrek alleluJah (Halleluja) - Francesco Baccini (2003)
5) Cantiamo un’altra canzone (Sing another song, boys) - Marco Ongaro (2004)
6) Diamonds in the mine (id) - Le Luci della Centrale Elettrica (2009)
7) La ballata della cavalla assente (Ballad of the absent mare) - Marco Ongaro (2010)
8) Ricordi (Memories) - Marco Ongaro (2010)
9) Lasciai una donna ad aspettare (I left a woman waiting) - Marco Ongaro (2010)
10) Chelsea hotel #2 (id.) - Giulia Catuogno (2014)
11) Il futuro (The future) - Francesco De Gregori (2014)
12) Sister of mercy (id.) - Cisco (2016)
13) Alleluja (Halleluja)- Marco Ongaro (2016)
14) BONUS TRACK - Come si dicono le poesie - Emidio Clementi (2009)
15) BONUS TRACK - Leonard Cohen - Roberto Vecchioni (1989)


Il silenzio (che noi sottolineiamo nel passaggio da CD 1 a CD 2), viene interrotto da Marco Ongaro, cantautore talentuoso, fratello minore solo cronologicamente dei grandi che abbiano già incontrato. L’autore veronese nutre una vera e propria passione per il mondo dell’autore di “Suzanne” e nel ’95 propone la prima delle cinque riappropriazioni che costelleranno la sua carriera, con scelte niente affatto banali quali “Don’t go home with your hand-on” dal chiaro significato erotico (assai poco dissimulato), "Ballad of the absent mare" (che nella versione di Ongaro si svela luminosamente come fonte dell'(ennesimo) plagio deandreiano/buboliano di "Una storia sbagliata", come giustamente rileva Frank-One nel suo scritto sottostante), e poi "Sing another song, boys" e "Memories", per chiudere con la recentissima rilettura di un pezzo nel frattempo diventato classico come “Halleluja”, di cui dà una versione encomiabile, facendo giustizia della precedente “Shrek Alleluia” di Francesco Baccini, che nel 2003 aveva  completamente riscritto un nuovo testo (che nulla aveva a che vedere con l’originale), debolino assai, collegato al noto personaggio del film d’animazione.


In mezzo potete ascoltare un’altra versione, da brividi, di “Famous blue raincoat” ad opera di Lalli (storica voce dei Franti e di altre formazioni fieramente underground) che mantiene il titolo originale, ma appronta una nuova traduzione che lascia l’io narrante maschile (il sax è quello di Stefano Giaccone, anch’esso ex Franti). Poco conosciuta è la versione italiana di “Diamonds in the mine” de Le luci della centrale elettrica, nome di punta della scena indipendente odierna. Uscì nel 2009 nel tributo collettivo “Stranger music” in cui alcuni nomi dell’indie nostrano (tra cui l’Emidio Clementi che troverete nella bonus track del CD 2) omaggiavano l’arte di Cohen.




Sempre tra le bonus track finali abbiamo inserito come tributo a Leonard Cohen (e a parziale risarcimento del "buco" temporale tra '83 e '95) la canzone omonima di Roberto Vecchioni, incisa nel 1989, che nella melodia ricalca lontanamente "Suzanne" e nel testo si avvicina a "Chelsea Hotel #2", di cui forniamo anche la recente versione italiana della giovane Giulia Catuogno.


Lo scorso anno, poco prima della già citata rilettura di "Halleluja" data da Marco Ongaro, c'è stata poi la ripresa in italiano, nonostante il titolo rimasto immutato, di "Sister of Mercy" (un pezzo ancora non volto nella nostra lingua) per mano di Cisco, ex frontman dei Modena City Ramblers. Due parole infine su “Il futuro”, rilettura di un brano altamente drammatico che rilancia Cohen negli anni ’90. E’ ancora De Gregori a mettere penna nella traduzione ed a affidarlo a Mimmo Locasciulli per il suo omonimo album di covers di songwriters (ci sono anche Neil Young, Elvis Costello, Bob Dylan, Tom Waits…). Tempo dopo l’autore decide di riappropriarsene e proporla come inedito nel suo “Vivavoce”.


Ma basta parole, è ora di indossare tutti il nostro vestito migliore per l'amore, e rendere grazie all’arte di Leonard Cohen ascoltando in questi 3 CD alcuni dei suoi capolavori tradotti/traditi in italiano, alcuni dei quali per la prima volta disponibili in rete.

A nome di tutti vorrei ringraziare, per l'aiuto e i consigli, ancora Vito Vita e Marco Ongaro.


LINK Cd 1
LINK Cd 2


CD 3 EXTRA:
CLAUDIO DAIANO alias CLAUDIO FONTANA
IO COME CHIUNQUE (Sulla pista di Cohen) 1974


TRACKLIST :

1) Tu sai chi sono io (You Know Who I Am)    
2) Mi straccerai (Tonight Will Be Fine)   
3) Non trovo il modo di andarmene (Hey, That's No Way Say To Say Goodbye) 
4) Sembra tanto tempo fa, Nancy (Seems So Long Ago, Nancy)  
5) Maestri (Teachers)       
6) Il macellaio (The Butcher) 
7) Uno di noi non può sbagliare (One Of Us Can Not Be Wrong)        
8) Come un uccello su un ramo (Bird On The Wire)    
9) Passerà (Passing Through)   
10) Il partigiano (The Partisan)


Ho aderito con sincero piacere quando mi è stata proposta una raccolta (no, vi prego, compilation non riesco proprio a dirlo) delle cover italiane di Leonard Cohen, scomparso poco tempo fa. Avendo la fortuna di possedere l’album che, per primo, è stato interamente dedicato al maestro canadese nel lontano 1974 da Daiano, mi sono offerto di condividerlo con Voi, amici della StratoSfera, con l’intento di dare qualche notizia ed indicazione anche sull’autore. E qui ahimè ho però avuto una delusione incommensurabile: sovente, nelle note che accompagnano i post da me pubblicati, ho citato fonti, de me spesso definiti “testi sacri”, che altri non sono che libri da me acquistati sia all’epoca, sia successivamente, nei quali i vari autori (Castaldo, Assante, Luzzato Fegiz, G.G.Monti, Madeddu, Manconi, Liperi e potrei proseguire a iosa) scrivono, trattano e dissertano sulla musica italiana dagli anni 60 fino ad oggi per i più recenti. Ebbene, non ho trovato nulla, nulla, e ancora nulla su Daiano, eccezion fatta per la cara Wikipedia, che mi trovo mia malgrado a dover utilizzare come unica fonte, e proprio per questo non tedierò con una biografia globale, bensì solo alcuni accenni che potrete eventualmente integrare voi stessi qualora lo desideriate.


Orbene, Claudio Fontana in arte Claudio Daiano, meglio noto col solo nome di Daiano, nasce a Cervia, classe 1945, e muove i primi passi musicali con gruppi del luogo, per poi trasferirsi a Milano negli anni 60 e frequentare l’università, dove ha i primi contatti col mondo della musica mettendosi in luce come paroliere nonché traduttore. Incredibile la produzione di brani famosi che hanno avuto successo, ma che sono certo ben pochi sappiano avere lui come autore : da "J'e t’aime... moi non plus" all’ "Isola di Wight" (Dik Dik), da "Un pugno di sabbia" (Nomadi) a "Sei bellissima" (Loredana Bertè).

Nel 1974 pubblica un album interamente dedicato a Leonard Cohen, con 10 cover del cantautore canadese, da lui tradotte in solitaria eccezion fatta per "Il Partigiano" (The Partisan) per la quale si servì della collaborazione di Bruno Lauzi. Per quanto riguarda i brani direi, se ben ricordo gli originali da me ascoltati molti anni orsono, che sono resi in forma meno acustica, accompagnati da arrangiamenti più elettrici ed energici. La copertina è molto bella, un gatefold in cartoncino marrone poroso con una foto intrigante che rappresenta un bimbo con i pantaloni abbassati e su un muro una strofa di una canzone di Cohen tradotta. Sul retro un disegno rappresentante lo stesso Cohen con resa bicromatica. All’interno altro bel disegno in stesso stile e sulla facciata di sinistra i testi in italiano, dove ritengo poco felice la scelta del colore marroncino chiaro su sfondo marroncino scuro. Potete rendervi voi stessi conto tramite le foto che allego delle difficoltà nel leggerli. Altra caratteristica di questo album, come del successivo del 1982 "I ragazzi di città", è la totale assenza dei nomi dei musicisti che hanno suonato, non una riga, non un nome, non un cenno, benché non credo (ripeto: non credo) che si trattasse di una “one man band”. 


Alcune curiosità sui brani : "Uno di noi non può sbagliare", versione italiana di "One of us can not be wrong", è stata anche pubblicata da Luigi Grechi col titolo "La regola d’oro" nell’album "Come state". Inoltre nel brano "Il Partigiano" è presente anche l’ultima strofa che Cohen aveva eliminato nelle sue incisioni, per essere presente nella versione cantata successivamente da Joan Baez "Come un uccello su un ramo" (Bird on the wire) dà lo spunto per la frase scritta sul muro, presente nella copertina, alla quale facevo prima menzione. Infine anche un’altra nota cover, "Nancy" di Fabrizio De Andrè, qui è presente con la letterale traduzione come titolo: "Sembra tanto tempo fa, Nancy" (Seems so long ago, Nancy).

Una curiosità è l’errore commesso da Claudio Fontana, appunto Daiano, in un commento su Youtube in merito ad una trasmissione Rai su Leonard Cohen: qui lui dà una spiegazione del perché non abbia avuto mai passaggi televisivi, si autodefinisce:”Un pessimo prostituto del mondo televisivo” , e fa menzione del suo lavoro:”Io come chiunque sulla SCIA di Cohen”, e non "sulla pista "come da titolo corretto :


Sinceramente non mi sovviene null’altro sull’album "Io come chiunque", parlando di Daiano invece posso dirvi che ultimamente l’ho visto in compagnia di Ricky Belloni (Nuova Idea, New Trolls, ecc.) in previsione di collaborazioni future. 


Vorrei lasciarvi con alcune simpatiche notizie da me trovate qua e là riguardanti Cohen e la sua opera in Italia: De Gregori pur avendo inciso poco di Cohen si è sempre dichiarato suo fervente ammiratore, tanto da inserirlo anche nel testo di una delle sue prime canzoni : In mezzo alla città (una vestaglia, vini di Creta, dischi (... quel che mi hai dato...) di Leonard Cohen (... io...) le mie canzoni, le mie scenate comiche (... quel che ti ho dato...). Anche Massimo Bubola ha reso omaggio Leonard Cohen dopo la sua morte, traducendo e cantando sia "Suzanne" che "Famous Blue Raincoat" dal vivo, come da lui dichiarato in un’intervista in "Talkin’ ‘bout Cohen". Ah, averne il supporto sonoro che meraviglia sarebbe!

Ultima nota, nell’unico lavoro mai commissionato a Fabrizio De Andrè, ovvero una canzone che potesse essere inserita in un lavoro RAI su Pierpaolo Pasolini, che diede alla luce "Una storia sbagliata", a nome De Andrè - Bubola, lo stesso dichiarava che gli autori fossero appunto lui, Massimo Bubola ed “un piccolo aiutino da parte di Leonard Cohen”, ed infatti sono molti i richiami al brano "Ballad of the absent mare". Qui ve la propongo e chi conosce "Una storia sbagliata" potrà divertirsi in una sorta di “Trova le differenze”:


Bene, spero il tutto sia stato di Vostro gradimento, buon ascolto e soprattutto buona salute a tutti. FRANK - ONE 

LINK Cd 3

Post  by Andrea de "Gli Sprassolati" & Frank One, stratospherisation and covers by Captain