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lunedì 28 settembre 2020

Le Antologie della Stratosfera vol. 45 - Retrospettiva - Franco Battiato: i singoli anni' '60-'70 con bonus CD

Ripercorrere gli esordi di Franco Battiato è per me sempre un'emozione. In circolazione vi sono parecchie compilatuon, purtroppo quasi sempre incomplete. Questo lavoro ha l'ambizione di proporre tutti i 45 giri degli anni '60 e '70 senza nessuna esclusione. Il post è integrato con un bonus CD che ha la particolarità di raccogliere alcune tracce inedite. Oltre alla discografia completa dei due decenni ho pubblicato anche tutte le copertine originali. 

Gli esordi musicali di Francesco Battiato (poi abbreviato in Franco) risalgono alla prima metà degli anni '80, nel suo periodo milanese, dove avere lasciato la sua natia Ionia, in provincia di Catania per trasferirsi a Roma per un breve periodo. A Milano mette a frutto la sua scarsa conoscenza chitarristica nel "Club 64", un locale dove si esibiscono Paolo Poli, Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Bruno Lauzi e Renato Pozzetto. Ricorda lo stesso Franco Battiato in occasione di alcune interviste: "Aprivo lo spettacolo con due o tre canzoni siciliane: musica pseudo barocca, finto etnica. Nel pubblico c'era Giorgio Gaber che mi offrì la sua collaborazione". I primi due singoli del 1965 vengono venduti con la rivista Nuova Enigmistica Tascabile (NET) che allora proponeva come allegati dischi di canzoni celebri interpretate da cantanti poco conosciuti. In queste due occasioni Battiato appare in copertina col nome di battesimo Francesco. Il primo singolo contiene un brano presentato al Festival di Sanremo 1965 da Beppe Cardile e Anita Harris, "L'amore è partito". Il secondo riprende una canzone portata al successo da Alain Barrière, "E più ti amo," tradotta in italiano da Gino Paoli. Il brano verrà riproposto, in una nuova versione, nell'album "Fleurs 2" del 2008.


Insieme al compaesano Gregorio Alicata, forma nel 1967 il duo de "Gli Ambulanti". I due artisti si esibiscono davanti alle scuole, con un proprio repertorio di canzoni di protesta. In questa fase, sarà proprio l'amico Giorgio Gaber a lanciarli, proponendo i loro brani alla casa discografica di Nanni Ricordi. Durante le fasi di lavorazione affiorano diverse incomprensioni che portano il duo a sciogliersi e Battiato decide di proseguire singolarmente la carriera di musicista. Sempre Gaber procura a Battiato un contratto con la casa discografica Jolly, che inserisce la figura dell'artista nel filone di "protesta", all'epoca assai in voga e presente in molte produzioni cantautorali. I primi singoli incisi ufficialmente sono La torre e Le reazioni. A questi seguono Il mondo va così e Triste come me. Il singolo La torre accompagna la prima apparizione televisiva dell'artista, avvenuta il 1º maggio del 1967

Prima apparizione televisiva nel 1967

Il programma è intitolato "Diamoci del tu" ed è condotto da Giorgio Gaber in coppia con Caterina Caselli. Nel corso della puntata si esibisce un altro giovane cantautore ancora sconosciuto, tal Francesco Guccini. In questa occasione l'artista milanese propone a Battiato di cambiare il nome da Francesco a Franco, proprio per non confondersi con Guccini. Sempre con Gaber collabora alla stesura del brano "E allora dai!", presentato al Festival di Sanremo 1967 e di "Gulp Gulp", sigla della già citata trasmissione televisiva "Diamoci del tu". Nel 1968 cambia casa discografica, passando alla Philips, con l'intento di abbandonare il genere di protesta per incidere dischi dal sapore romantico, allo scopo di raggiungere un pubblico più vasto e generalista. In questo periodo collabora con il chitarrista Giorgio Logiri (alcune canzoni scritte dai due vengono incise da altri artisti, come ad esempio "A lume di candela", cantata da Daniela Ghibli). Registra altri due brani che la casa discografica pubblica soltanto nel 1971 (Vento caldo e Marciapiede) e ottiene un discreto consenso con È l'amore, canzone che diverrà in breve il primo successo commerciale dell'artista con oltre centomila copie vendute. Nel 1969 Franco Battiato partecipa al "Disco per l'estate" con il brano Bella ragazza che verrà, in seguito, escluso dalla competizione. Sempre nello stesso anno partecipa alla Mostra Internazionale di Musica Leggera presentando il brano Sembrava una serata come tante. Si chiudono così gli anni Sessanta e con essi l'era "canzone" per Franco Battiato. Si stanno per aprire le porta della sperimentazione elettronica e di un nuovo decennio denso di album memorabili. (info parzialmente tratte da Wikipedia). 


TRACKLIST:

Part 1 - Singoli anni '60

01. L'amore è partito (lato A, 1965 - sulla NET - sul lato B "E'la fine" cantata da 
Dani Andress)
02. E più ti amo (lato B, 1965 - sulla NET - sul lato A "L'amore è partito" cantata da 
Beppe Cardile)
03. La torre (lato A, 1967)
04. Le reazioni (lato B, 1967)
05. Triste come me (lato A, 1967)
06. Il mondo va così (lato B, 1967)
07. E' l'amore (lato A, 1968 - versione 45" originale senza archi)
08. Fumo di una sigaretta (lato B, 1968)
09. Bella ragazza (lato A, 1969)
10. Occhi d'or (lato B, 1969)
11. Sembrava una sera come tante (lato A, 1969)
12. Gente (lato B, 1969)
13, Vento caldo (lato A, registrato nel 1968 - pubblicato nel 1971)
14. Marciapiede (lato B, registrato nel 1968 - pubblicato nel 1971)









Parte 2 - Singoli anni '70

15. Energia (lato A, 1972)
16. Una cellula (lato B, 1972)
17. La convenzione (lato A, 1972)
18, Paranoia (lato B, 1972)
19. Love (lato A, 1973 - come Springfield)
20. Soldier (lato B, 1973 - come Springfield)
21. Adieu (lato A, 1978 - come Astra)
22. San Marco (lato B, 1978 - come Astra)
23. L'era del cinghiale bianco (lato A, 1979)
24. Luna indiana (lato B, 1979)






Gli anni '70, per quanto riguarda la musica di avanguardia e la sperimentazione sonora di Franco battiato, sono quelli a cui sono maggiormente affezionato. I lettori della Stratosfera, ma non solo, conoscono a memoria l'evoluzione musicale di Battiato in questi anni, dalla leggendaria quadrilogia "Fetus-Pollution-Sulle corde di Aries-Clic" alla sperimentazione pura di "M.lle le Gladiator-Battiato-Juke Box-L'egitto prima delle sabbie". Battiato, all'alba degli anni '70, ha l'onore di aprire gli show di mostri sacri quali tangerine Dream, Brian Eno, Magma, John Cale e Nico. Come ben sappiamo compone numerosi brani per molti artisti riconducibili all'etichetta Bla Bla, non disdegnando la sua stessa partecipazione alle registrazioni (Osage Tribe, Capsicum Red, Genco Puro & Co, Jumbo, Juri Camisasca, Alfredo Cohen e altri ancora. Sul finire degli anni '70 inizia il sodalizio di Franco Battiato con Giusto Pio (da poco ricordato su queste pagine in uno splendido post). 


In questo decennio la pubblicazione dei 45 giri è più rarefatta, privilegiando la dimensione del 33 giri, anche a seguito della lunga durata delle composizione. La nostra tracklist, dopo il singolo tratto da "Fetus",  propone  La convenzione-Paranoia, quest'ultima dai testi decisamente surreali, Seguono due 45 giri quasi sempre assenti nelle compilation, entrambi registrati da Battiato con gli pseudonimi di Springfield e di Astra. Eccezionale il brano Adieu, cantato in francese con il violino "impazzito" di Giusto Pio. La produzione a 45 giri degli anni '70 si chiude con L'era del cinghiale bianco-Luna indiana" entrambi tratti dall'album che aprirà una nuova stagione musicale per Franco Battiato. 

Bonus CD - compilation "Superstar" 
(Edizioni Curcio -1982)


TRACKLIST:

01. È l'amore – 2:31 (versione con archi - 1968)
02. Fumo di una sigaretta – 2:43 (1968)
03. Lacrime e pioggia – 3:39 (versione italiana di Rain & Tears - provino inedito - 1968)
04. Sembrava una serata come tante – 3:16 (1969)
05. Gente – 3:13 (1969)
06. Iloponitnatsoc – 1:53 (testo di Franco Battiato; musica di Giorgio Logiri - 1969)
07. Bella ragazza – 3:10 (versione con diverso finale - 1969)
08. Lume di candela – 3:04 (provino inedito - 1969)
09. Occhi d'or – 5:38 (1969)
10. Vento caldo – 3:07 (musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij; arrangiamento di Franco Battiato - 1971)
11. Marciapiede – 2:57 (1971)

Bonus track
12. Areknames (reverse version)


Ho voluto inserire nel post questa rara compilation perché propone alcune tracce interessanti. Venduto nelle edicole nel 1982 (faceva parte della serie di dischi SuperStar, editi dalla Curcio), abbinato ad un fascicolo con una breve monografia su Franco Battiato scritta da Adriano Mazzoletti, questo disco ha la particolarità di racchiudere alcune esecuzioni pubblicate solo su 45 giri alla fine degli anni sessanta  alcuni inediti. Questi ultimi sono Lacrime e pioggia, cover del successo degli Aphrodite's Child, "Rain And Tears" e Lume di candela, scritta da Battiato e Giorgio Logiri per Daniela Ghibli. Inoltre sono inedite le versioni di È l'amore (con degli archi assenti nella versione su 45 giri) e di Bella ragazza (nell'originale il finale è sfumato, mentre in questo disco è presente una coda con vari rumori mischiati alla musica). A proposito di versioni al contrario, ho chiuso la tracklist con con una divertente "reverse version" di Areknames/Semankera. Molte parole, comprensibili, rivelano qualche sorpresa.


Iloponitnatsoc (letto al contrario è "Costantinopoli") è un frammento della canzone Gente registrato al contrario, in precedenza pubblicato solo nella raccolta Hit Parade vol. 2 della Philips, del 1969. Uno dei primi esperimenti di reverse. Tutte le altre canzoni sono state edite in precedenza su 45 giri. Ultima annotazione: la musica di Vento caldo è la rielaborazione di un tema di tratto dal Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra in Si bemolle minore Op. 23 di Pëtr Il'ič Čajkovskij.


APPENDICE - GLI INEDITI (testo redatto da Stefano AbulQasim che ringrazio)

Nel libretto del doppio CD “Le stagioni del nostro amore” (Universal, 2003), Franco Zanetti scriveva: “Fra il 1968 e il 1970 Franco Battiato scrisse e registrò parecchie altre canzoni, mai però ufficialmente pubblicate. Alcune di esse furono incluse nel 1982 dalla Armando Curcio Editore in un 33 giri della collana per le edicole «Superstar»“. In un articolo pubblicato il 14 ottobre 2015 su Rockol.it  lo stesso Zanetti aggiungeva: "Del 1969 sono invece alcuni 45 giri usciti per la Philips; in quel periodo Battiato realizzò un intero album, «Iloponitnatsoc» («Costantinopoli» letto al rovescio), completato ma rimasto inedito“. In un altro articolo, del novembre 2015, sempre pubblicato su Rockol.it , singolarmente, lo stesso autore si riferisce a questo disco con il titolo di “Mesopotamia“.
L’autore dell’articolo aggiunge anche la tracklist di questo album perduto:
1. Gente
2. La stazione
3. La quercia
4. Scarpe sporche
5. Occhi d’or
6. Temporale
7. La primavera
8. E’ l’amore
9. Lungo la baia
10. Lume di candela
11. Bella ragazza
12. Iloponitnatsoc
Di queste canzoni ne risultano pubblicate 6 mentre ben 6 sarebbero gli inediti e precisamente:
• La stazione
• La quercia
• Scarpe sporche
• Temporale
• La primavera
• Lungo la baia
Nessuna di queste canzoni è presente nell'archivio della SIAE con Battiato come autore, ma dobbiamo ricordare che in quegli anni spesso Battiato non firmò alcune sue composizioni per cause di forza maggiore (non era ancora iscritto alla SIAE). Esistono però depositate in SIAE diverse canzoni con questi titoli, ma nessuna sembra avere a che fare con autori in qualche modo vicini a Battiato, con l’eccezione di “Scarpe sporche“. Un brano con questo titolo è infatti stato depositato da Giusto Pio (come autore delle musiche, i testi invece sono di “avente diritto non amministrato“).


E' tutto, cari amici. Alla prossima e...buon ascolto

NEW LINK Singoli 60-70
LINK  Superstar

Post by George

giovedì 18 gennaio 2018

I Nomadi - 2007 - Noi che poi saremo Nomadi (registrazione live del 1965)


TRACKLIST:

01. dj speech
02. Money (that's all I want)
03. I'm crying
04. Vivrò
05. Pavane per la Contessa Alessandra
06. Nomadi Stomp
07. audience
08. (unknown)
09. dj speech
10. Giorni tristi


FORMAZIONE

Augusto Daolio - voce
Beppe Carletti - tastiere, cori
Franco Midili - chitarre, cori
Gianni Coron - basso elettrico, cori
Bila Copellini - batteria

I Nomadi nel 1965
Parrebbe essere scoppiata un sorta di "Nomadmania", naturalmente con mia grande gioia e soddisfazione, Quindi battiamo il ferro finché è caldo. Questo è il CD evocato dall'amico Marco Osel nei commenti del recente post con il concerto del 1983 ad Andorno Micca. Sotto il profilo storico è' veramente un cimelio, non ci sono altri termini per definirlo, visto che documenta un breve concerto dal vivo dei Nomadi ai loro esordi, nella primitiva formazione, prima ancora dell'incisione del loro promo singolo. Il CD è stato pubblicato nel 2007 (quindi sono scattati i fatidici 10 anni e, come da nostro regolamento, l'album può essere postato) in allegato al volume fotografico "L'inizio del viaggio", realizzato da Massimo Masini e Carlo Savigni (qui sotto la copertina del libro)


In pratica si  tratta della registrazione semi amatoriale di un concerto tenutosi nel 1965 al "Lido" di Levico Terme, in provincia di Trento, rimasta per anni, in possesso del bassista dell'epoca, Gianni Coron. Le varie tracce sono commentate dallo stesso Carlo Savigni, uno dei due autori del libro, negli anni '60 fotografo della band, qui in veste di dj. I brani suonati sono in gran parte delle cover, dalla celebre Money (That's all I Wantt), un classico della Motown reso celebre dai Beatles a I'm Cryng portato al successo dagli Animals.

Si percepisce un po'di atmosfera di balera, dove peraltro i Nomadi suonavano nei primi anni '60, con quel susseguirsi di brani rock 'n roll e altri più calmi (i cosiddetti "lenti"). Nella scaletta, oltre ad un pezzo sconosciuto, appare una prima versione di Giorni tristi, che qualche mese dopo verrà incisa dal gruppo per apparire sul lato B del primo 45 giri, Donna la prima donna.


Per concludere questa operazione nostalgia vorrei ringraziare il nostro super amico Marco Osel, per averci inviato prontamente i file, Ogni promessa è debito e lui, finora, le ha sempre mantenute. 
A voi lascio il piacere di ascoltare e commentare.



Post by George - Music by Osel

giovedì 27 aprile 2017

Bruno Lauzi -1965 - Lauzi al cabaret (vinyl)


TRACKLIST:

1 Gli acrobati
2 La banda
3 Menica, menica
4 I'm Thirsty for Kisses (John Frederick Coots, Lou Davis)
5 When I Met Connie in the Cornfield (Robert Hargreaves, Harry Tilsey, Stanley J. Damerell)
6 I cargo
7 Il poeta
8 Vecchio paese
9 La fretta
10 Il casermone
11 Garibaldi (Bruno Lauzi, Eddie Cooley, John Davenport)

Permetteteci di dare per scontato, a grandi linee, chi è stato Bruno Lauzi, e quanto fosse grande. Eventualmente, la pagina di wikipedia e il suo sito personale stanno lì alla bisogna. La vicenda discografica di Bruno Lauzi, oggi, è davvero paradossale. Se, da una parte, sempre più gli si riconosce il ruolo, condiviso con pochissimi colleghi (diciamo Endrigo, De Andrè, Tenco), di capostipite della canzone d’autore italiana, dall’altro la sua discografia risulta largamente inesplorata, in quanto mai pubblicata organicamente in CD. Ciò è particolarmente doloroso per gli album della prima parte della carriera, quelli in cui veramente il piccolo grande genovese traccia un canone che poi in molti seguiranno. Rispetto ai nomi sopra citati, Lauzi si contraddistingue fin dall’inizio per le molteplici rifrazioni che il suo caleidoscopio artistico lascia filtrare: c’è la chanson francese, è vero (ma più Brel e Aznavour che Brassens), c’è l’ironia sferzante forgiata a Milano negli anni del Cab 64 e del Derby, ci sarà poi la passione infinita per la musica brasiliana (e questo lo avvicina a Sergio Endrigo, uno dei pochi colleghi di cui, nonostante le notevoli divergenze politiche, avrà una grandissima stima), il jazz (amore che condivideva con l’amico Tenco), l’avvicinamento al pop di qualità della coppia Battisti-Mogol (che esalterà il suo timbro vocale davvero unico), la scoperta di un riservato avvocato di Asti, e tanto altro ancora. Con tutto ciò Lauzi ha avuto un successo sicuramente minore rispetto a quanto seminato. Le ragioni sono varie: un repertorio non sempre all’altezza, specialmente nella fase dagli anni ’80 in poi, la sua fiera posizione politica liberale, invisa alla scena musicale generalmente, in quegli anni, orientata a sinistra, un carattere schietto che non le mandava certo a dire. La sua autobiografia “Tanto domani mi sveglio” (Gammarò, 2006) riporta giudizi talvolta affilati su alcuni colleghi (l’amico/rivale Gino Paoli accusato di avergli rovinato “Il poeta”, Paolo Conte che dopo il successo europeo l’avrebbe snobbato ed evitato). O forse, per dirla proprio con lo stesso Paolo Conte, “nessuno prende sul serio una persona che non si prende sul serio per prima”.

Insomma, tutto questo bendidio, seminato in singoli ed album che vanno dal 1962 a tutti gli anni 70, è appunto interamente fuori catalogo (bene ha fatto a denunciarlo l’amico Vito Vita dalle colonne di “Vinile”), sicché all’appassionato o al semplice curioso non resta che affidarsi a raccolte spesso raffazzonate, o a quello che il Tubo propone o propina. E’ per questo che abbiamo pensato di colmare questa lacuna attraverso una serie di post dedicati a questi primi introvabili (o quasi) lavori che hanno lastricato, a volte con successo, a volte meno, la storia della canzone italiana. 



Cominciamo ovviamente con l’esordio sulla lunga distanza, in un’epoca in cui ancora gli LP erano rara avis e più che altro si configuravano come raccolta di successi. E’ il 1965 e il giovane Bruno Lauzi ha già dalla sua parte un 45 giri inciso con il curioso pseudonimo di Miguel e i Caravana (sul lato A il famoso pastiche brasiliano-genovese di “O frigideiro”) un EP (con “Il poeta”, definita dallo stesso Lauzi come “la mia prima e più bella canzone”) e altri 9 singoli (5 dei quali editi proprio nello stesso anno), tra cui l’evergreen “Ritornerai” (scritta in un quarto d’ora). Inoltre ha esordito a Sanremo con un valzer musette (in piena epoca beat!) e ha già partecipato a sette delle dieci puntate televisive di “Canzoniere minimo”. Insomma, i tempi sono maturi. “Lauzi al cabaret”, edito dalla CGD e arrangiato da Franco Tadini, dà appunto conto dell’anima di grande intrattenitore dell’autore genovese, del suo saper tenere un palco con una chitarra, uno sgabello e poco più, anche se la presenza, in diversi pezzi, di orchestrazioni che ci portano un po’ distanti dal classico cabaret, dà l’idea di un disco posticcio, un po’ all’impronta. Non a caso Lauzi non ne farà pressoché menzione nella succitata autobiografia. In tal senso ben più focalizzati saranno i successivi “Kabaret n.2” (1969) il secondo disco live di “Amore caro, amore bello” (’71) e “Il teatro di Bruno Lauzi” (1972). Tutti titoli che proporremo nelle prossime settimane, nella speranza che la cosa sia gradita ai lettori della Stratosfera.


L’album comincia con un autentico capolavoro, seppur misconosciuto: “Gli acrobati” è una canzone di incredibile modernità, sia per temi che per linguaggio testuale e musicale. Impressionante ascoltarla oggi. Seguono poi i brani presenti in quell’EP che testè citavamo: “La banda”, (da non confondersi con quella di Mina/Chico Buarque de Hollanda), l’amaro bozzetto di provincia leopardiano di “Menica menica”, quello analogo di “Vecchio paese” e la nota “Il poeta”. A completare la tracklist altri brani autografi più pensosi (“I cargo” brano sul dramma dell’emigrazione, “La fretta”, e la murder song “Il casermone”) e le riletture sbracate e divertenti di alcuni standard americani, uno dei quali diviene una surreale e dissacratoria “Garibaldi” (rinominata nel singolo del '68 “Garibaldi blues”). Da sottolineare infine la bella copertina apribile opera di G.Buonfino, con le note dello scrittore-amico Piero Chiara.

Altre succolenti informazioni su questo album sono reperibili al sempre prezioso sito Il negozio di Euterpe del suddetto magnanimo Vito Vita.


NOTA PER L’ASCOLTO- L’abum è rippato da vinile, con annessi e connessi in termini di qualità (considerate che i primi album hanno più di cinquant’anni sul groppone). I due lati sono stati riversati su altrettanti files.

LINK Original version


Aggiornamento (2/5/2017) - Copio, incollo e condivido con voi la missiva dell'amico Giudas, che ringrazio per l'utile lavoro: "Come faccio per ogni post della stratosfera, ho scaricato quello su bruno lauzi (devo ancora ascoltarlo bene, ma che bello quel poco che ho sentito !!!) e l'ho preparato per farmi il mio cd personale da ascoltare successivamente con la dovuta calma. Ora, va bene il dolce gusto del vintage, e magari a molti piacera' anche sentire i graffi del tempo e le zappate delle puntine consunte - ma per il mio cd ho preferito ripassare il tutto con un programmino di ripulitura ed ho eliminato clic e pop - inoltre al primo brano, nei primi secondi, la puntina saltella e ripete una porzioncina, che ho infatti eliminato, mentre alla fine dell'ultimo  brano l'LP rimane a girare a vuoto sul piatto con la puntina appoggiata per un bel po' (eliminato anche quello). Insomma il riultato e' tutto sommato abbastanza accettabile - visto che il lavoro e' oramai fatto, te lo invio volentieri - se ritieni che sia utile puoi fare un piccolo corollario al post originale, così che chi vuole possa decidere quale versione ascoltare (o anche entrambe, perche' no) altrimenti butta tutto." Dato che qui sulla stratosfera non buttiamo niente, ecco a voi anche il link per la versione ripulita:

LINK "Remastered" version

Post by Altrocanto (Andrea) stratospherised by Capt

martedì 29 novembre 2016

I Gufi


Roberto Brivio (Milano, 21 febbraio 1938) - chitarra, fisarmonica e voce
Gianni Magni (Milano, 16 maggio 1941 – Milano, 16 luglio 1992) - voce
Lino Patruno (Crotone, 27 ottobre 1935) - chitarra, banjo, contrabbasso, voce
Nanni Svampa (Milano, 28 febbraio 1938) - chitarra, pianoforte e voce

Il primo embrione del gruppo si forma nel 1964. Nanni Svampa ha appena inciso il suo primo disco, Nanni Svampa canta Brassens, ed ha iniziato a frequentare l'ambiente musicale milanese. Ha l'occasione di conoscere il jazzista Lino Patruno, diventandone amico ed iniziando a collaborare con lui. Tra i due si inizia a discutere della possibilità di allestire spettacoli di cabaret concerto. L'idea prende forma definitiva in seguito all'incontro con Roberto Brivio e Gianni Magni: i quattro decidono di fondare il gruppo "I Gufi".





Il primo album dei Gufi ha il marchio di fabbrica di Svampa: s'intitola infatti Milano canta (assumerà il numero 1 in seguito all'uscita di altri due album con lo stesso titolo). Nato e vissuto nei quartieri popolari di Milano, caratterizzati dai cortili, dalle case di ringhiera e da quell'intensa umanità che aveva fatto sì che si parlasse di Milan cont el coeur in man, Svampa aveva subìto il fascino della cultura popolare fino al punto da effettuare una scrupolosa ricerca filologica ed archivistica al fine di conservare e tramandare il patrimonio plurisecolare della canzone meneghina.

L'alchimia funziona bene: Nanni Svampa, detto il cantastorie, è il cantore della Milano dialettale che va scomparendo. Lino Patruno, il cantamusico, un jazzista di vaglia, tuttora attivo sui principali palcoscenici. Gianni Magni, l'unico prematuramente scomparso nel 1992, è detto il cantamimo: di famiglia circense, è un mimo capace di posture grottesche e di cantare con voce quasi bianca. Roberto Brivio, appassionato d'operetta è l'autore dei testi più originali del gruppo, che gli valgono il soprannome di cantamacabro.



Il secondo album segue di pochi mesi il primo, e s'intitola I Gufi cantano due secoli di Resistenza. Per questo lavoro il gruppo attinge alle ricerche effettuate sino a quel momento da Svampa (per quanto riguarda la canzone milanese) e da Brivio (canti anarchici dell'Ottocento e canzoni della resistenza partigiana).

A mano a mano cresce anche il contributo degli altri: Lino Patruno conferisce un'atmosfera ed un arrangiamento freschi e frizzanti a brani spesso anche molto datati. Gianni Magni, con la sua mimica e i suoi occhi costantemente strabuzzati s'impone come il vero e proprio front-man del gruppo, ed è probabilmente lui a suggerire l'adozione della calzamaglia nera che, assieme alla bombetta sul capo, diventerà la divisa d'ordinanza e il marchio di fabbrica del gruppo. I quattro si dimostrano anche esperti talent scout, dando fiducia a nuovi giovani talenti come Marco Messeri ed altri, facendoli esibire nei loro cabaret milanesi.









Protetti dal dialetto, comunque, i quattro riescono a dire cose che in italiano sarebbero state cassate dalla rigida vigilanza della Rai di Bernabei (per avere un'idea del livello ossessivo di controllo e vaglio a cui i testi erano sottoposti fino agli anni settanta, vedi la pagina sulla Censura nella musica in Italia). Soprattutto, si permettono di portare sotto i riflettori alcune canzoni di Brassens, come La prima tôsa (La première fille), che narra non del romantico primo amore, come il titolo lascerebbe intendere, ma del primo rapporto sessuale vero e proprio, spesso consumato in maniera "mercenaria". Oppure fanno un embrione di satira politica, scimmiottando le canzoni tradizionali: tra le altre, ricordiamo Socialista che va a Roma, modellata sulla famosa ballata popolare Pellegrin che vien da Roma. La testimonianza di questo periodo è fissata nella raccolta Il teatrino dei Gufi in TV.

Con l'esplodere del Sessantotto e della protesta pacifista in USA e in Francia, i Gufi portano a teatro il loro spettacolo più politico, che diventa presto un trentatré giri molto venduto: Non spingete, scappiamo anche noi. Lo spettacolo è un ironico, sarcastico viaggio nel corso dei secoli alla ricerca di miti patriottici e militari da abbattere: "Non spingete, scappiamo anche noi/ alla pelle teniam come voi./ Meglio esser vecchi e figli di boia/ che far gli eroi per casa Savoia [...]// E Pietro Micca è saltato in aria,/ per salvare la Fiat di Torino/ io invece sono all'Alfa ma non sono cretino /e i salti miei li faccio su un letto insieme a te. " (da: Non spingete, scappiamo anche noi). "Io sono un generale e me ne vanto,/ io sono un generale e son contento,/sono io che vi difendo/ nella guerra e nella pace/ da che cosa non lo so/ però però.// Ho un'alluce che tanto piace stavo bene anche in orbace [...]" (da: Io sono un generale).








Nella stagione tra il 1968 e il '69, all'apice del loro successo, alcuni contrasti all'interno del gruppo portano allo scioglimento. In particolare è Gianni Magni, per sua stessa ammissione, a dire la parola "basta". "Non riesco a sopportare le persone che non hanno più niente da dirsi. Finché un gruppo riesce a fare l'alba, ridendo, divertendosi a creare, inventando, tutto va bene, se però non c'è più questo feeling, questo accordo, allora il gruppo non ha ragione di esistere. A un certo punto mi sembrava di far parte di quelle coppie che vanno al ristorante e mangiano in silenzio, facendo capire a tutti che la loro storia è finita". Nel 1971 il loro ultimo album assieme ufficiale, un'antologia, La Balilla.








Il gruppo si riunisce brevemente nel 1981, conducendo su Antenna 3 Lombardia la trasmissione Meglio Gufi che mai (40 puntate con la regia di Beppe Recchia), nella quale ripropongono il loro repertorio tradizionale di scenette surreali e canzone popolare. Si registra un buon successo, coronato persino da una partecipazione come ospiti al Festival di Sanremo con la canzone Pazzesco. Al termine della stagione televisiva però Gianni Magni sceglie nuovamente la strada solitaria. Si cerca di mantenere viva una formazione a tre e in tale ridotta composizione i Gufi partecipano nel 1982 alla trasmissione Blitz su Raidue. Vengono inoltre re-incisi molti pezzi del gruppo, adattandoli alle tre voci. Conclusa la stagione televisiva ciascuno dei membri sceglie tuttavia definitivamente la propria strada, separata dal resto del gruppo.


mercoledì 5 ottobre 2016

Gato Barbieri - 1990 - Two Pictures Years 1965-1968 / Music by Piero Umiliani (vinyl)


TRACKLIST:

Side A
O.S.T. of "Una bella grinta" (1965)

01 Una bella grinta   5:02 
02 Ballata della Bassa Padana   4:45 
03 Lontananza e Sequenza   6:06 
04 Free Theme   3:03 
05 Ballata della Bassa Padana   1:50 
06 Hammond Blues   2:20 

Side B
O.S.T. of "Sweden Heaven And Hell" (1968)

07 Sleep Now Little One   3:15 
08 Solitudine   2:30 
09 Solitudine   2:15 
10 Piano Bossa Nova   1:20 
11 Free in Minore   2:12 
12 Solitudine   2:12 
13 Solitudine   3:50 
14 Sotto il tallone   3:58 


LINE-UP

Side A

Gato Barbieri (tenor sax)
Enrico Rava (trumpet)
Franco D'Andrea (piano, Hammond) 
Giovanni Tommaso (bass)
Bruno Biriaco (drums)

Side B

 Gato Barbieri (tenor sax)
Antonello Vannucchi (Hammond, vibes) 
Piero Umiliani (piano)
Enzo Grillini (guitar)
Giovanni Tommaso (bass) 
Bruno Biriaco (drums) 


Mi assumo tutta la responsabilità di questo sconfinamento nel campo del jazz per tre ragioni:

1. la grande stima e l'apprezzamento che ho sempre nutrito nei confronti di Gato Barbieri, musicista (lo ricordiamo) di origini italiane, al quale voglio anche rendere omaggio a pochi mesi dalla sua scomparsa (2 aprile 2016);
2. accompagnano Gato Barbieri ben tre futuri componenti del Perigeo, ovvero Giovanni Tommaso, Franco D'Andrea e Bruno Biriaco;
3. il compositore delle due colonne sonore è Piero Umiliani. 

Credo che possa bastare. Aggiungo anche la bellezza di questo disco, pubblicato solo in Italia dall'etichetta Liuto Records nel 1990. La compilation raccoglie i brani registrati per le colonne sonore di due film: il lato A contiene le musiche di "Una bella grinta" del 1965, diretto da Giuliano Montaldo; il lato B quella di "Sweden Heaven and Hell" (uscito nelle nostre sale col titolo "Svezia, Inferno e Paradiso) del 1968, per la regia di Luigi Scattini. 



Tracciare il profilo musicale e artistico di Gato Barbieri ruberebbe troppo spazio. Il web pullula di biografie e discografie. Ricordiamo solamente la sua parentesi italiana, quella legata al suo soggiorno romano, in occasione del quale il sassofonista argentino collaborò - tra gli altri - con Ennio Morricone, Giorgio Gaslini e, per l'appunto, Piero Umiliani, proprio per le colonne sonore di questi due film. Inutile ricordare che suo è l'assolo di sax in "Sapore di sale" di Gino Paoli, così come suo è il sax nella colonna sonora di "Ultimo tango a Parigi" del 1974. Ma veniamo al disco in questione. Sottolineo innanzitutto la netta differenza fra le due facciate, ben conscio che tra le due intercorrono tre anni e che le esigenze legate alle immagini dei due film sono assolutamente diverse: decisamente jazz canonico la side A, nel rispetto degli schemi classici, dove il sax di Gato Barbieri duetta con la tromba di Enrico Rava. Li sostengono la potente sezione ritmica contrabbasso-batteria di Tommaso/Briaco e il fraseggio del pianoforte dell'ottimo Franco D'Andrea che si prodiga anche in numerosi assoli. 


Diversa la Side B, suonata con una differente formazione, assente Franco D'Andrea, sostituito al piano da Piero Umiliani e integrata dalla chitarra di Enzo Grillini. Le atmosfere cambiano quasi radicalmente, ed è proprio la chitarra di Grillini ad aprire Sleep Now Little One, cantata da una bellissima voce femminile, purtroppo non accreditata sul disco. Il brano è delicatissimo, di una bellezza quasi struggente (Barbieri qui è assente). Il sax apre e domina invece Solitudine, ripresa più volte, qui suonata in trio con Giovanni Tommaso e Bruno Biriaco. Solitudine 2 è interamente giocata dall'organo Hammond di Antonello Vannucchi. In alcune tracce fanno la loro comparsa anche gli archi dell'orchestra diretta da Piero Umiliani. 

A mio personale giudizio si tratta di un grande disco che segna da un lato la maturità artistica già acquisita dal giovane Gato Barbieri (quasi irriconoscibile nell'immagine di copertina), dall'altro la grande abilità tecnica del trio Tommaso, Biriaco e D'Andrea. Tutti e tre suonarono più volte con Gato Barbieri. Vi è qualche bootleg in circolazione al riguardo. Infine, devo dire che è interessante ascoltare i nostri tre alle prese con il jazz "classico"  - ovvero le loro radici - un po' di anni prima che intraprendessero, con Tony Sidney e Claudio Fasoli, quella straordinaria avventura che fu il Perigeo.

Adios Gato



Post by George