Visualizzazione post con etichetta Nudo e crudo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Nudo e crudo. Mostra tutti i post

domenica 13 ottobre 2013

1973 Ugolino - Nudo e crudo

Ugolino (Guido Lamberti) è un vero e proprio outsider.
Raggiunse accidentalmente il successo nel 1968 grazie alla sua partecipazione ad una puntata della trasmissione televisiva “Quelli della Domenica” condotta da Paolo Villaggio. Il pubblico italiano, che nel 1967 aveva decretato il successo di Pietre e in quello stesso anno quello di Vengo anch’io. No, tu no, era di fatto ben predisposto verso quel genere di canzone proto-demenziale (e surreale) ben rappresentato anche dal quella specie di tarantella che è Ma che bella giornata («Mi sveglio al mattino e sento gridare / qualcuno mi dice “ti devi sbrigare” / in sette minuti mi lavo la faccia / e prendo il caffè con un po’ di focaccia / M’infilo la giacca scendendo le scale / mi fermo un momento a comprare il giornale / sul tram affollato una donna si siede / mi strappa i capelli e mi monta su un piede / Ma che bella giornata!...»).
Altrettanto successo ottenne, l’anno successivo, un nuovo singolo che conteneva due canzoni dalla stessa impostazione: Meno male e La domenica. Queste prime perle andarono a costituire l’ossatura del suo eponimo album d'esordio. Poi Ugolino rimase schiacciato fra due atteggiamenti opposti, da una parte la politicizzazione della musica e del pubblico, che tendeva ad escludere quello che poteva apparire come un autore ‘qualunquista’, e dall’altra un’industria discografica che tendeva ad escludere un personaggio comunque scomodo e ben poco addomesticabile («Ovunque vada c’è sempre qualcuno / che mi consiglia il mio modo di fare / mi dice quello che devo comprare / che devo bere o che devo mangiare / Questo prodotto lava più bianco / quest’altro invece pulisce da sé / se non vuoi farti la faccia a fette / tu devi usare queste lamette / Non ho capito che cosa cercava / quel pensionato che si lamentava / se vuoi che in viso la gioia ritorni / ecco la crema di tutti i giorni / Se tu vuoi crescere forte e robusto / eccoti subito il cibo più giusto / Cerco con ansia il prodotto sbagliato / scopro che ancora non l’hanno inventato»).
È così che dovettero passare ben quattro anni per avere un secondo album che passò inosservato e venne scarsamente distribuito nonostante fosse prodotto dall'ex batterista dei Ribelli Gianni Dall'Aglio. C’è da dire che nel frattempo i gusti del pubblico s’erano evoluti, una valanga di nuovi musicisti avevano invaso il mercato, il suo nome era scivolato nel dimenticatoio e i pochi che se lo ricordavano avevano magari cambiato gusto e, ne sono certo, non degnarono il disco nemmeno di un ascolto.

Sbagliando, naturalmente, perché "Nudo e crudo" era un disco rock (Ugolino, nelle sue interviste, assicurava che il rock era una derivazione della tarantella), nervoso e rumoroso, aggiornatissimo con quelle che erano le nuove soluzioni del genere, e che quindi del rock attraversava gli stili di tendenza in predicato all'epoca, mantenendo comunque una sua compattezza (era quasi un concept) data sia dalla voce graffiante e oscura (che ricordava quella di Angelo Ravasini dei Corvi) sia dai testi che trattavano argomenti consequenziali.
E l'accusa di qualunquismo rivolta ad Ugolino era, ad un'attenta analisi di quei testi, assolutamente priva di fondamento, a meno che per qualunquista non si intendesse designare il non allineamento nei confronti di quei movimenti culturali e sociali che facevano moda. Il qualunquismo rappresenta infatti l'esaltazione dell'uomo qualunque, laddove Ugolino era invece un fustigatore dell'uomo qualunque, di tutte quelle incongruenze che si associano ai concetti di progresso, benessere e proprietà privata, e dell'essere umano stesso, spregevole e furbastro animale di ben poco nobili vocazioni («Una volta la gente non capiva un bel niente / e sprecava giornate a passeggio nei prati / Per gli amici che aveva dava ciò che poteva / non riusciva a tradire per potersi arricchire / Noi che siamo dei furbi noi miriamo al denaro / per tre soldi vendiamo la persona più cara / Me che furbi che siamo»). Se dovessi inquadrarlo ideologicamente lo vedrei piuttosto come un primitivista anarchico provvisto di un forte senso del paradosso («Io sono nato nudo in mezzo a una foresta / non avevo addosso neanche l’ombra di un complesso / tanto a quell’epoca vergogna non ce n’era / Libero di fare tutto quello che volevo / e di adoperare quanto spazio mi serviva / sì, perché a quell’epoca la proprietà non c’era / Ora tutta quanta la mia vita è organizzata / sono come un piccolo robot meccanizzato / otto ore in casa sei in ufficio e quattro in strada / tutti i giorni vivere è fatica risparmiata»). O, meglio ancora, si può dire che nel «dialogo fra l'impegnato e il non so» di Giorgio Gaber, Ugolino potrebbe rappresentare il 'non so' laddove Maria Monti rappresenterebbe sicuramente l'impegnato.
Musicalmente le canzoni passavano dalle sonorità tipicamente progressive di L'omino e Spingi e spungi (quest’ultimo brano, con i suoi attacchi hard e l’intermezzo delicatamente acustico e arpeggiato, potrebbe ben appartenere al repertorio di Genesis, Gentle Giant o King Crimson), a quelle rock’n’roll di Il vitello d’oro, a quelle country rock di Ma che furbi che siamo, a quelle folk rock di Povera Lucia e Kapò, a quelle esclusivamente folk di La parte bianca e Ali di carta.

1) L'omino
2) Spingi e spungi
3) Il vitello d'oro
4) Povera Lucia
5) La parte bianca
6) Kapò
7) Ma che furbi che siamo
8) Ali di carta
9) Un grande paese



LINK