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sabato 12 gennaio 2019

Laura Betti - 1963 - Kurt Weill 1900-1933 e 1933-1950 (vynil)


TRACKLIST
1 Barbara Song (da “Die Dreigroschenoper”, 1928)
2 Ballata della schiavitù sessuale (da “Die Dreigroschenoper”, 1928)
3 Tango Ballade -con Vittorio De Sica  (da “Die Dreigroschenoper”, 1928)
4 Jenny dei pirati (da “Die Dreigroschenoper”, 1928)
5 Moritat (da “Die Dreigroschenoper”, 1928)
6 Salomon Song (da “Die Dreigroschenoper”, 1928)
7 Ballata dell'agiatezza (da “Die Dreigroschenoper”, 1928)
8 Surabaya Jonny (da “Happy end”, 1929)
9 La ragazza annegata (da “Das Berliner Requiem”, 1929)
10 Moon of Alabama (da “Mahagonny”, 1927-1930)
11 Wie Mann Sich Bett (da “Mahagonny”, 1927-1930)



TRACKLIST
1 Le grand Lustucru (da “Marie Galante”, 1934)
2 Lied der Fennimore (da “Der Silbersee”, 1934)
3 J’attends un navire (da “Marie Galante”, 1934)
4 I sette peccati capitali (brani del balletto, 1933)
5 Speak Low (da “One touch of Venus”, 1943)
6 How Can You Tell an American (da “Knickerbocker holiday”, 1938)
7 That's Him (da “One touch of Venus”, 1943)
8 Lonely House (da “Street scene”, 1947)
9 September Song (da “Knickerbocker holiday”, 1938)

FORMAZIONE 
Laura Betti- Voce
Orchestra diretta da Bruno Maderna

Della straordinaria vicenda artistica di Laura Betti avevamo già accennato in occasione di un post precedente (lo trovate QUI) dedicato a questa singolare figura di attrice e cantante e al suo disco di esordio contenente alcune delle canzoni dello storico spettacolo “Giro a vuoto”. Oltre a qualche 45 giri ed EP, la Betti incise un unico altro lavoro sulla lunga distanza, ma CHE lavoro, ragazzi! Ci riferiamo, e qui l’enfasi è d’obbligo, a una delle più alte vette culturali toccate dalla nostra discografia, vale a dire i due dischi dedicati alla musica di Kurt Weill, un gigante del ’900. Non parliamo a vanvera: questo doppio album, uscito in due volumi separati nel 1963 per la Ricordi, è infatti il primo lavoro organico dedicato alla riproposizione nella nostra lingua dei capolavori che Kurt Weill scrisse per Bertolt Brecht (più della metà dell’opera è dedicata ai brani partoriti da questo strepitoso sodalizio), e per altri autori, e di gran lunga resta ancora oggi quello più curato e approfondito.


Oltre alla Betti vi compaiono i nomi prestigiosi di Bruno Maderna, uno dei più noti compositori italiani del Novecento, in qualità di direttore e concertatore, quello di Roberto Leydi, che cura il ricco apparato critico e iconografico e anche quello di Vittorio De Sica che è ospite in un brano del primo volume.

Le date che caratterizzano i due volumi sono quelle attorno alle quali si dipana la vicenda biografica a musicale del geniale compositore tedesco: 1900-nascita, 1933- fuga dalla Germania nazista e sostanzialmente fine del sodalizio con Bertolt Brecht; 1950, morte negli USA. Tale scansione testimonia che il progetto di questo lavoro intende seguire l’intero percorso artistico e umano di Weill, inquadrandolo sia attraverso le vicende storiche tedesche (lo spartachismo, l’effimera Repubblica di Weimar, l’ascesa di Hitler), sia leggendolo in controluce alle coeve esperienze musicali e teatrali (di cui il Kabarett berlinese fu un incestuoso frutto).


Non voglio tediarvi con ulteriori riflessioni sulla novità dell’arte di Weill, né sul ruolo che giocò nel successo del teatro politico e civile di Bertolt Brecht (traghettato in Italia da Giorgio Strehler), sia perché, purtroppo, ciò va ben oltre le mie povere competenze, sia perché, assai meglio di quanto potrei fare io, lo racconta Roberto Leydi (la cui eccezionale figura di studioso e organizzatore culturale e musicale meriterebbe ben altro approfondimento) nei due ricchi libretti interni che vi fornisco in un apposito link e che sono assolutamente paritetici alla musica contenuta nei due dischi.


Mi limiterò a segnalare che nel primo volume troverete brani di alcuni capolavori degli anni tedeschi tratti dal “Die Dreigroschenoper” (come “La ballata della schiavitù sessuale”, la “Tango ballade” cantata magistralmente con De Sica, l’incredibile “Moritat”,  in cui Maderna inserisce anche il theremin), e poi ancora pezzi notissimi come “Surabaja Johnny” (che riprende la musica di “Moritat”) e la celeberrima “Moon of Alabama”, molti anni dopo sdoganata presso il pubblico rock dai Doors).

Il secondo volume segue i passi dell’esilio di Weill: mentre il Nazismo al potere brucia in piazza i suoi spartiti e gli scritti di Brecht, il musicista cerca infatti riparo prima in Francia (dove, tra l’altro, scrive le musiche del balletto “I Sette Peccati”, ultima collaborazione con Brecht che lo raggiunge appositamente dalla Svizzera), e poi dal ’35 definitivamente in America. Qua si allontana dalla musica d’arte degli anni europei per avvicinarsi invece a una musica più vicina agli ambienti di Broadway e di Hollywood, dedicandosi alla commedia musicale e alla musica per la radio, lambendo anche il jazz orchestrale colto che in quegli anni stava elaborando il suo amico George Gershwin. Tuttavia i brani di questi anni, se sono più fruibili, non sono certo del tutto proni alle mere esigenze commerciali. Weill è il primo compositore del teatro musicale americano che non si limita a scrivere le musiche, ma si dedica anche alla faticosa fase dell’orchestrazione, nell’esigenza di avere il pieno controllo della propria arte. Ma anche qui vi rimando al dettagliato libretto interno. A noi ci basti evidenziare, tra le tante chicche di questo secondo volume, “Le grand Lustrucru”, “I sette peccati capitali”, “Speak Low” (cantato in inglese) e l’ennesimo capolavoro di “September song”.


Laura Betti, cantante sui generis, rende un grande servigio a queste autentiche perle, come notò già il musicologo Massimo Mila (vedi articolo posto in coda al libretto del primo volume) che la esaltò come “vera voce di Kurt Weill”: il suo imprinting da attrice, ma anche la sua misura, sono infatti essenziali all’efficacia di questi brani che vivono nell’inscindibile connubio tra la musica inventiva di Weill (che cavalca l’alto e il basso con grande scioltezza) e i testi letterari di Bertolt Brecht, uno dei nomi maggiori del teatro del XX secolo. In virtù di ciò, la Betti esce vincitrice, a parer mio, anche dal confronto con le due grandi signore della musica italiana che poi si misureranno con Weill/Brecht, vale a dire Milva (1971), un po’ troppo enfatica, e Adriana Martino (1976), un po’ troppo impostata.


A dispetto di quanto abbiamo cercato di evidenziare, ovvero dell’eccezionalità culturale di questo lavoro,  questi due dischi, pur riediti successivamente nella serie economica “Orizzonte”, non sono mai stati ristampati in CD, né riversati digitalmente. A quanto ne so, non sono mai apparsi sul web, in cui finora è stato possibile reperire solamente tre brani. 

Permettetemi un grande ringraziamento a Osel che mi ha messo a disposizione i files mp3 del secondo volume, dato che la mia copia (sottratta con destrezza alla discoteca di mio suocero…) è purtroppo assai rovinata.

Infine una precisazione: per riprodurre le pagine dei due libretti ho preferito non seguire l’ordine classico 1 pagina = 1 foto giacché la scrittura minuta non avrebbe permesso una visione appropriata sul vostro PC. Ho dunque preferito fotografare da vicino singole parti delle pagine e poi rimontarle.

Mi pare che sia tutto. Non mi resta che augurarvi buon ascolto!


Post by Andrea de "Gli Sprassolati"

giovedì 21 settembre 2017

Laura Betti - 1960 - Laura Betti con l’orchestra di Piero Umiliani (Vynil)



TRACKLIST

1 Cocco di mamma (L.Antonioni- F.Nebbia)
2 Piero (E.Patti- P.Umiliani)
3 Valzer della toppa (P.P.Pasolini- P.Umiliani)
4 Quella cosa in Lombardia (F.Fortini- F.Carpi)
5 Io son’una (F.Mauri- F.Nebbia)
6 Macrì Teresa detta Pazzia (P.P.Pasolini- P.Umiliani)
7 Venere tascabile (F.Mauri- F.Nebbia)
8  E invece no (G.Parise- G.Negri)
9 Seguendo la flotta (A.Arbasino- F.Carpi)
10 Solamente gli occhi (G.Negri- G.Negri)
11 Non so spiegarmelo (E.Patti- P.Umiliani)
12 Vera signora (F.Mauri- F.Carpi)
13. BONUS- Cristo al Mandrione (P.P. Pasolini - P.Piccioni)

Torino. Marzo 2006. L’attore statunitense Matt Dillon, grande appassionato di musica, entra in un noto negozio di dischi di Torino. Dopo circa un’ora ne esce fuori recando in mano un vecchio vinile. Gli piace talmente tanto che pochi giorni dopo lo porta con sé, tenendolo ancora in mano durante l’intervista che concede a Fabio Fazio per “Che tempo che fa”.
Beatles? Elvis? Dylan?
No.
“Laura Betti con l’orchestra di Piero Umiliani”, anno 1960.


La figura di Laura Betti si staglia ancora oggi con singolare nitidezza. Artista versatile, negli anni 50 comincia a calcare le scene teatrali come attrice e cantante, per poi dedicarsi al cinema. Sebbene abbia recitato in diversi film, per firme del calibro di Fellini (“La dolce vita”), Bellocchio (“Nel nome del padre” e “Sbatti il mostro in prima pagina”), Bertolucci (“Novecento”) ed altri ancora, la sua carriera cinematografica e la sua vicenda umana sono fortemente marcate da Pier Paolo Pasolini, che la chiamava “la mia moglie non carnale”, e che dal ’63 in poi la volle in diversi film (“Edipo Re”, ”Teorema”, “Porcile”) e in altri tre episodi in film collettivi (indimenticabile la sua ingenua Desdemona nell’episodio “Che cosa sono le nuvole”). 


La collaborazione con Pasolini era nata ancor prima, quando, nel 1959, sulla scia di altre figure femminili che in quegli anni stavano lavorando su un’idea di canzone d’arte (Milly, la recentemente scomparsa Margot), la Betti e il regista Filippo Crivelli idearono un recital assai innovativo, chiedendo a scrittori e poeti suoi amici di scrivere per lei i testi di alcune canzoni. All’appello risposero grandi nomi del tempo, come Alberto Moravia, Mario Soldati, Goffredo Parise, Gino Negri, Franco Fortini, Ennio Flaiano, Giorgio Bassani, Alberto Arbasino, Camilla Cederna, Fabio Mauri, Ercole Patti, Dino Buzzati, oltre che, appunto, lo stesso Pasolini. Ne nacque uno spettacolo, “Giro a vuoto”, che esordì nel gennaio ’60 e che, dopo un’esibizione parigina, fu entusiasticamente recensito da André Breton, padre del Surrealismo (se volete saperne di più, QUI troverete un'interessantissima intervista a Laura Betti, con gustosi aneddoti anche relativamente a questo spettacolo). Nello stesso anno presso Scheiwiller venne anche pubblicato un libro con i testi, ma, sfortunatamente, lo spettacolo non ebbe poi una vita discografica autonoma. Ciò nonostante, Laura Betti nello stesso anno pubblica per la Jolly “Laura Betti con l’Orchestra di Piero Umiliani”, LP dove sono raccolte diverse canzoni originariamente pensate per “Giro a vuoto”, alcune delle quali in verità già uscite in un paio di EP (di cui uno è omonimo dell’album) di poco precedenti.


Il disco, ristampato nel ’69 per l’etichetta Stella (da questa edizione proviene il nostro rippaggio, e il retro della cover che vedete qua sopra) e mai riversato in CD, è una misconosciuta pietra miliare della canzone d’autore italiana ai suoi primordi. Se è vero che qua e là affiora forse un certo sentore di scrittoio, quell’intellettualismo che in qualche modo ridusse l’incidenza presso un pubblico più vasto anche dello stesso Cantacronache (che resta il modello principale), è vero anche che la Betti, con l’inconfondibile grana della sua voce e con la sua impostazione canora non convenzionale, riesce a dare corpo e anima a queste strane (per l’epoca) canzoni, e a renderle ancora oggi straordinariamente vivide. Sono brani che raccontano di puttane che dopo una forte bevuta si sentono rinascere in una nuova verginità (“Il Valzer della toppa” dello stesso Pasolini, poi diventato anche un cavallo di battaglia di Gabriella Ferri), o che rivendicano orgogliosamente la loro professione rifiutandosi di infamare il proprio protettore (“Macrì Teresa detta pazzia”, ancora per mano di P.P.P.). Sono canzoni modernissime, queste prime due, anche per l’uso neorealistico del romanesco, parallelo all’uso che lo stesso regista ne fece in “Accattone” e “Mamma Roma” e ancor prima nei romanzi "Ragazzi di vita " e "Una vita violenta".


Non meno anticonformista la ragazza dalla disinvolta vita sentimentale di “Piero” (scritta da Ercole Patti, autore anche di “Non so spiegarmelo”), o la donna che in “Quella cosa in Lombardia”, capolavoro assoluto scritto dal poeta Franco Fortini, invita spudoratamente il suo fidanzato ad andare a fare l’amore, e sia chiaro che non si parla di casti baci sulla guancia  (“dico proprio quella cosa che tu sai/ e che a te piace almeno quanto a me”). Ricordiamo che siamo nel 1960, e che a quell’epoca l’Italia ancora si turbava per Julia de Palma che cantava “Tua/ sulla bocca tua/ finalmente mia”. Per dire. Questo pezzo, musicato genialmente da Fiorenzo Carpi, fu poi ripreso da Enzo Jannacci nel suo primo album del ‘64 (cantato malino, per la verità, e ciò gli valse una successiva “stroncatura” dello stesso Fortini. C’è da dire che Jannacci fece mea culpa e rimediò alla grande nel live del 1989 con una superba interpretazione).

Lascio a voi il piacere di (ri)scoprire altre gemme di questo lavoro che si muove tra cabaret e satira sociale (d’altra parte all’epoca le due cose erano brechtianamente assai collegate), ma lasciatemi almeno segnalare l’iniziale “Cocco di mamma” che si fa beffe dell’archetipo sanremese per eccellenza, e la divertentissima “Seguendo la flotta” uscita dalla brillante penna di Alberto Arbasino (e musicata ancora da Carpi). Inoltre, ci sembrava giusto inserire come bonus track dell'album un'altra canzone pasoliniana della Betti, anch'essa legata a "Giro a vuoto". Parliamo di "Cristo al Mandrione", un pezzo musicato con insolita mano lirica da Piero Piccioni, uscito su album per la prima volta solo nel 1968 in una strana miscellanea di artisti vari ("Aria di casa nostra") ed edita dalla DET su etichetta Tank.

 

Grande merito nella riuscita dell’album va riconosciuto alle orchestrazioni, ora beffarde, ora liriche, ora ellingtoniane, ora cinemascopiche del grande Piero Umiliani, che firma anche la musica di tre pezzi, tra cui la ricordata e pasoliniana “Macrì Teresa detta pazzia” (anche se Umberto Fiori, cantante e autore degli Stormy Six, anni dopo ne criticherà la veste musicale, accusandola,  con il suo incongruo e scintillante swing, di depotenziarne il testo).

LINK



BONUS TRACKS - Laura Betti - 1962 - Laura Betti 1 e 2 (doppio EP, Francia)


TRACKLIST

1 Je me jette (A.Moravia- J.Rougeul- G.Marinuzzi jr.)
2 La parade du suicide (P.P.Pasolini- J.Rougeul-G.Fusco)
3 Je hais Rome (M.Soldati- J.Rougeul- P.Umiliani)
4 La belle Léontine (G.Parise- J.Rougeul-G.F.Maselli)
5 Je sais vivre (F.Mauri- J.Rougeul- F.Nebbia)
6 Piero (E.Patti- J.Rougeul- P.Umiliani)
7 Maria le Tatouage (F.Mauri- J.Rougeul- F.Nebbia)
8  Une vrai dame (F.Mauri- J.Rougeul-F.Carpi)

Dicevamo che non tutte le canzoni dello spettacolo “Giro a vuoto” hanno trovato posto in questo lavoro, né lo troveranno in altri album: la Betti inciderà in seguito solamente due LP con brani tratti dall’opera di Kurt Weill (notevolmente arrangiati dal compositore Bruno Maderna), per poi dedicarsi pressochè esclusivamente alla sua carriera d’attrice.

Ma c’è un ma. E cioè una serie di EP in cui la Betti spargerà, qua e là, le canzoni di "Giro a vuoto" che non hanno trovato spazio nel lavoro di Piero Umiliani.
Ma andiamo con ordine.

Un anno dopo, nel 1961, esce un EP, "Quattro canzoni con Laura Betti", con pezzi che evidentemente hanno la stessa genesi del disco oggetto di questo post: ci troviamo "Amare vuol dire mentire" (Moravia), "I hate Rome" (Soldati), "Lucciola" (Caprioli) e "Satellite" (Demby).

Nello stesso 1961 c'è l'emissione di un altro EP, "Laura Betti e Paolo Poli",  pubblicato dapprima in una rarissima edizione in cui era accompagnato da un altro EP di Paolo Poli, e poi riedito in una versione singola.
 In esso compaiono altre cinque canzoni, presumibilmente anch'esse tratte da questo spettacolo: "La bambinona" (Arbasino), "Guglielmino" (Mauri), La bella Leontine (Parise), Io, Corpus Domini (Parise) e "Mi butto!" (Moravia).

Passano quattro anni e nel 1965 per "I Dischi del Sole" esce un ennesimo EP ,"Ordine e disordine", in cui compaiono, tra gli altri, due pezzi opera di scrittori: "Solitudine" (Enzo Siciliano) e "Lamento del Nord" (Gaio Fratini). Non sappiamo però se fossero state originariamente pensate per "Giro a vuoto" o se se sono state scritte successivamente.

Questi tre Ep sono abbastanza rari, specialmente il secondo, e purtroppo non ne siamo forniti. Se qualcuno degli amici Stratosferici li possedesse e volesse ripparli per noi, potremmo completare questo post.

Per finire, un piccolo passo indietro: nel 1962 uscirono in Francia due EP (chiamati semplicemente "Laura Betti 1" e "Laura Betti 2") in cui la stessa Betti cantava, in francese, tradotte da Jean Rougeul, non solo tre canzoni già apparse nel disco oggetto di questo post (in diversa versione), ma anche qualcuna di quelle presenti nel suddetto spettacolo, ma escluse dall’LP (per i testi di Mario Soldati, ancora Goffredo Parise e Alberto Moravia, a quanto pare restio a rassegnarsi al fatto che in una canzone è necessaria una metrica). Tre di queste erano state pubblicate anche in italiano nei due EP poc'anzi citati. Degna di nota è la presenza di un altro brano scritto da Pasolini, “La parade du suicide”, inciso poi in italiano da Anna Nogara (“La ballata del suicidio”), ma rimasto inedito per parecchi anni, recuperato solo nel 1989 nel CD “Tutto il mio folle amore” di Grazia De Marchi e poi in una miscellanea del ’95 (“Luna di giorno- Le canzoni di Pier Paolo Pasolini”), nella versione originaria della Nogara. Per questo motivo ci permettiamo, dopo fruttuosa battuta di pesca sul Tubo, di proporvi questi due EP francesi come bonus track.

E’ davvero tutto. Buon ascolto.

LINK LAURA BETTI 1 e 2

Post by Andrea de "Gli Sprassolati"