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28 luglio 2006

What-if


Credo che sia capitato ad ogni amante della fantascienza di imbattersi in un what-if: un romanzo che tratta di storia alternativa, di cosa sarebbe successo se...

Cosa sarebbe successo se Adolf Hitler fosse morto nella culla? Se gli americani fossero stati preavvertiti dell'attacco a Pearl Harbour? Se Longstreet avesse attaccato Meade all'alba come ordinato?

Se la storia non si fa con i se, ci si fa invece dell'ottima narrativa - e fiumi di inchiostro sono stati versati su queste ipotesi. Alcuni scrittori ci si sono specializzati: Harry Turtledove praticamente non fa altro, anche se quasti tutto quello che ho letto di lui (tranne le prime storie della saga dei Berserker) è in un modo o nell'altro deludente, se non all'inizio sicuramente nello sviluppo delle storie - vedi la serie World War/Colonization, soprattutto dove affiorano ripetutamente certi suoi pregiudizi, tipicamente americani, contro l'Europa (in particolare la Gran Bretagna) e contro gli intellettuali e gli scienziati. Invece mi sono capitati per le mani di recente alcuni esempi che mi sono piaciuti un bel po' di più.

Prima per ordine di apparizione è la saga, ancora incompleta, di John Birmingham, Axis of Time, che dopo una partenza un po' ansimante (la trasformazione della Guerra al Terrorismo in Terza Guerra Mondiale ipertecnologica è scarsamente credibile per una lunga serie di ragioni) trasporta una task force navale multinazionale dal 2021 al 1943 e alla battaglia di Midway. I due romanzi usciti finora, Weapons of Choice e Designated Targets, sono ben scritti, scorrevoli ed hanno una serie di caratteristiche che li mettono ben al di sopra della media: per prima cosa, l'autore non è americano ma australiano; questo fa sì che alcuni degli eroi del romanzo non siano americani - un'eroina quasi indiscussa del secondo volume è
addirittura anglo-araba, cosa che avrebbe reso il romanzo impubblicabile negli USA, dove sia nei libri che nei film un accento europeo, soprattutto inglese o francese, iscrive irrimediabilmente un personaggio al gruppo dei cattivi - con l'occasionale eccezione di Hugh Grant.

Birmingham ha lavorato per il Ministero della Difesa australiano come ricercatore e analista, è evidentemente competente in materia, e riesce ripetutamente a creare situazioni in cui la superiorità tecnologica dei "moderni" viene messa in scacco dall'inventiva degli "antichi", ed un quadro dei rapporti fra i moderni e gli antichi più credibile (e più conflittuale) di molti. Nel complesso mi sono piaciuti moltissimo entrambi i romanzi - non è certo letteratura, ma è ben scritto da una persona competente e, soprattutto, è raramente prevedibile o scontato, che è più di quel che si può dire di alcuni mostri sacri del settore. L'unica critica che mi sento di fare è ad un particolare piuttosto irritante del primo volume: mentre gli ufficiali tedeschi e giapponesi della task force multinazionale spiegano in maniera intelligente, e in certo modo struggente, il motivo per cui sono disposti a tradire ogni fedeltà ai propri Paesi per combattere il mostro nazista, l'unico ufficiale italiano è un completo cretino che compare soltanto per affermare che è disposto a combattere contro Mussolini con la profondissima motivazione che l'architettura fascista fa schifo.

The Foresight War è un altro what-if affascinante - sempre la Seconda Guerra Mondiale, ma la discontinuità introdotta è più sottile: uno storico inglese dei giorni nostri si sveglia a Londra a metà degli anni '30, con solo i vestiti che ha addosso e un laptop pieno zeppo di informazioni sulla guerra.

Tecnicamente anche questo è un romanzo, anche se la parte romanzesca è scarna, poco più che una scusa per raccontare una storia della guerra profondamente diversa da quella che conosciamo. Anche questo libro ho avuto problemi a metterlo giù, anche perchè un appassionato (assolutamente dilettante) di storia militare non ha difficoltà ad immedesimarsi col protagonista che spiega alle gerarchie militari inglesi tutti gli errori che hanno commesso e cosa avrebbero potuto fare meglio - i Lancaster superveloci, pressurizzati e disarmati sono i miei preferiti.

Ultimo, più propriamente what-if è For Want of a Nail, che non è affatto un romanzo. È scritto come un saggio storico, che racconta gli eventi del Nordamerica, e del mondo, dopo la vittoria del generale Burgoyne a Saratoga contro Horatio Gates, l'uscita della Francia dal conflitto nordamericano e il fallimento della Rivoluzione Americana del 1777. Lo definisco un what-if propriamente detto perchè non ipotizza un intervento fuori dal tempo, ma semplicemente un evento puntuale che avviene o non avviene - in particolare, un migliore tempismo da parte del generale inglese Burgoyne. I fatti sono che se Gates non avesse vinto a Saratoga i francesi, che determinarono la vittoria della rivoluzione, sarebbero rimasti neutrali (fu proprio la vittoria di Saratoga a convincerli che la rivoluzione aveva qualche chance di successo), col risultato che la ribellione sarebbe stata con ogni probabilità domata.

Il libro descrive, con lo stile e l'andamento di un saggio storico, gli eventi nordamericani nei due secoli successivi al 1777, marcati dalla divisione fra la Confederation of North America e gli United States of Mexico, fondati dagli irriducibili di Washington e Jefferson rifugiatisi a sud; ad esempio non racconta, perchè mai avvenuti, il genocidio irochese ordinato da Washington nè la Rivoluzione Francese, e invece descrive il regime di apartheid schiavistico instaurato negli United States of Mexico.

Complessivamente affascinante - col caveat che, trattandosi di libro scritto da un americano, è ovvio che gli sviluppi futuri che descrive portino ad un mondo messo tutto sommato peggio di quello reale: gli americani, atei compresi, hanno regolarmente una fede cieca nel ruolo provvidenziale del loro Paese, e Robert Sobel non fa eccezione.

Tutto considerato, li consiglio vivissimamente tutti e 4.

(sì Palmiro, lo so, 1632: ma ne hai già parlato tu, no?)