Senza veli
Il velo ed il niqab ormai sono diventati come la nazionale inglese: tutti hanno diritto a dire la loro, e soprattutto, tutti sanno esattamente quale sia il problema e come risolverlo.
Ha cominciato Jack Straw dicendo, tutto sommato innocentemente, che il niqab si pone come una barriera fisica, che la maggior parte dei primati vivono il non poter vedere la faccia di chi gli sta davanti come una minaccia; in risposta alle prime critiche, comprese quelle di John Prescott, gli attestati di solidarietà si sono sprecati, compresi quelli di persone che non si possono certo accusare di islamofobia, come "Red" Ken Livingstone, sindaco di Londra e amico ed ammiratore di Yussuf al Qaradawi e Ahmed Yassin.
La polemica non è, contrariamente a quel che potrebbe sembrare dall'Italia, un fulmine a ciel sereno, ma il culmine di una sorta di guerra (culturale) a bassa intensità in corso da tempo, e l'esplosione di questi giorni è dovuta semplicemente ad errori di valutazione da parte di una delle parti in causa.
Non intendo stare a tornare indietro negli anni al momento in cui qualcuno ha avuto l'infelice idea di tagliar fuori dal processo democratico la comunità musulmana, decidendo che questa veniva rappresentata da quel momento in poi da associazioni islamiste come l'MCB invece che da parlamentari democraticamente eletti; quel che è fatto è fatto, e questo Paese (come il resto d'Europa) pagherà a lungo, in termini di tensioni sociali, il prezzo di questi errori. Se andiamo però a guardare più vicino, troviamo che diversi gruppi di pressione hanno cercato ripetutamente, negli ultimi due-tre anni, di tirare la corda per vedere fin dove potevano arrivare: il caso di Shabina Begum, il caso Dilpazier Aslam, la proposta di legge sull'incitamento all'odio religioso e così via; la campagna è stata condotta con competenza ed ha riportato un notevole successo, al punto che oggi l'idea che criticare un dettato religioso sia una violazione dei diritti umani di chi lo segue sta entrando a far parte del pensiero mainstream.
Poco tempo fa, però, la corda è stata tirata troppo e si è spezzata. Prima Muhammad Abdul Bari, vicepresidente del Muslim Council of Britain, reso troppo baldanzoso dai successi del passato, commentando l'arresto di gruppi di fondamentalisti che compravano, con soldi di provenienza ignota, proprietà principesche in Sussex per impiantarci "scuole religiose" con 9 studenti e li addestravano a fabbricare esplosivi e a smontare e rimontare Kalashnikov, ha affermato che continuare ad arrestare integralisti religiosi equivaleva a demonizzare un'intera comunità e che questo avrebbe portato la Gran Bretagna ad avere due milioni di terroristi in casa, 700.000 dei quali a Londra - cosa che per qualche motivo non ha rassicurato il pubblico inglese. Quasi contemporaneamente un'altra esponente dell'MCB, Yvonne Ridley, con la foga che caratterizza tutti i convertiti, ha invitato i musulmani britannici a considerare la polizia ed il governo inglesi come entità ostili e ad iniziare una politica di assoluta non-collaborazione e boicottaggio. Subito dopo, all'indomani degli arresti seguiti alla scoperta del complotto per far esplodere diversi voli transatlantici, in un summit con esponenti del governo Syed Aziz Pasha, segretario della Union of Muslim Organisations of the UK and Ireland, ha proposto al governo di concedere l'introduzione della sharia (link a pagamento, ma si può leggere l'incipit dell'articolo) come alternativa alla legge inglese per la comunità musulmana, sostenendo che questo, assieme a scuole segregate, avrebbe in qualche modo pacificato le comunità e favorito l'integrazione (?).
Il pubblico inglese, per la prima volta, ha reagito con estrema insofferenza a queste affermazioni, e, di nuovo per la prima volta, questo ha reso possibile un dibattito su temi caldi come il niqab, l'autosegregazione di parti della comunità musulmana, l'influenza del fondamentalismo, che non venisse immediatamente degradato a lite da strada dalle solite accuse strillate di razzismo e islamofobia, di islamofascicomunismo o di complotto per/contro l'Occidente.
E a questo dibattito delle voci inattese hanno portato contributi sorprendenti.