Pare brutto, in effetti, segnalare un blog che tutto sommato mi piace solo quando scrive quella che è a mio modesto parere una minchiata, ma tant'è.
È un pezzo che leggo il blog di Chinaski, e in generale lo trovo esilarante; per questo mi ha colpito non poco il suo ultimo post, quello in cui dice, fondamentalmente, che a lui fotte poco o niente di tutto quello che si trova a distanza maggiore di un tiro di sasso o di una vacanza organizzata dal suo culo. È, diciamo, un atteggiamento comune a molti, di solito dettato dall'ignoranza - e Chinaski, da bravo laureato in filosofia, non riconoscerebbe un attrattore caotico se saltasse fuori dalla cuffietta del call-center e gli azzannasse il naso, quindi per lui "più lontano del più lungo viaggio in aereo che posso fare prima di diventare matto per via del divieto di fumare" equivale a "inesistente".
Non è, diciamo, un discorso particolarmente originale: è anzi un discorso comune quando da un lato la razionalità fa piazza pulita delle nostre aspirazioni alla vita eterna, e dall'altro le pressioni della sovrappopolazione (trasformate in sovrastruttura, cultura, ideologia mainstream, chiamatele un po' come volete) mettono a tacere le pulsioni da gene egoista che ci imporrebbero di preoccuparci del futuro dei nostri discendenti. Becerizzati, questi discorsi diventano quelli che mio zio, per dire, ha sempre fatto: a me che me ne fotte dell'Amazzonia/del Polo Nord? Io mica ci vado e non conosco nessuno che ci abita; il riscaldamento globale arriverà quando sarò morto, e anche se arriva prima, io vivo in collina e i baresi mi stanno pure sul caxxo. Si estinguono i lupi/gli orsi? Speriamo che mi ci possa fare un cappotto prima che spariscano tutti.
Però, se proprio devo dirla tutta, almeno mio zio ha le attenuanti generiche: per tutta la vita è stato gerarca alla FIAT, è fascio e s'è sempre fatto un vanto di girare armato. Chinaski che scusa ha?