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28 giugno 2006

Euston, we have liftoff


È una scommessa un po' azzardata, magari, ma con un gruppo di matti abbiamo deciso che si poteva (forse) provare a replicare ed adattare l'esperienza dello Euston Manifesto inglese alla realtà italiana. Pensiamo che probabilmente alla politica italiana potrebbe non fare male una forza, anche piccola, ma ricca di idee e di ideali, che si aggrega dal basso, dalla sempre citata ma alla fine mai ascoltata società civile. Oh, insomma, il sito è lì, date un'occhiata, lasciate un commento, aderite se vi sembra il caso, fateci sapere quanto era giustificato (o no) il nostro ottimismo.

26 giugno 2006

Binario 10


Una risposta di Norman Geras ai commenti di Daniel Finkelstein sul Times, a proposito dello Euston Manifesto, e del tentativo di salvare la sinistra da sè stessa



Scrivendo su questo giornale [ tre ] settimane fa, Daniel Finkelstein ha espresso sullo Euston Manifesto - un documento che invoca un nuovo allineamento politico progressista e nella cui stesura ho giocato un ruolo non indifferente - un'opinione ambivalente. "Davvero ottimo", ha detto. "concordo con le idee di base; lo trovo ben scritto ed attuale." Allo stesso tempo però l'ha definito "un gigantesco spreco di tempo ed energia". Come mai? Perché, anche se lancia una sfida ad idee largamente accettate a sinistra, lo scopo di coloro che lo hanno prodotto è di "salvare la sinistra da sè stessa", e non ne vale la pena.

Ci sono due diverse risposte possibili a questa posizione. La prima è che anche per chi non considera la sinistra come il posto migliore dove porsi politicamente, una sinistra più sana è certamente da preferirsi.

Finkelstein pensa che ¨le chiare affermazioni di principii¨ del manifesto "siano sprecate se rivolte a gente che non le condivide e mai lo farà"; ma in politica non si può mai sapere chi concorderà con ciò che si sta per dire fino a che non lo si sia detto, e ci sono già segnali che ciò che abbiamo detto nel manifesto - tener duro sui principii democratici e sui diritti universali dell'uomo, non cercare scuse per il terrorismo o la tirannia, opporsi all'antiamericanismo, non svilire la tradizione liberale della libertà di pensiero - sia stato accolto favorevolmente da una parte della sinistra liberale. Quanta strada riuscirà a fare rimane da vedere, naturalmente, ma tranne che per ristretti gruppi di faziosi, è generalmente meglio per il bene della discussione politica che quelli "dall'altra parte" siano legati ai principii migliori possibili piuttosto che ai peggiori.

In secondo luogo, per quelli di noi che non hanno ancora rinunciato a difendere la causa della sinistra, c'è ancora più ragione per non desiderare di vedere i valori dell'universalismo e della democrazia svuotati di ogni importanza: vediamo questi valori come legati alle idee che sono sempre state al centro delle lotte della sinistra, e non ci sentiamo di poter contare su nessun altro per difenderli.

Finkelstein scrive che "lo sforzo di persuadere la sinistra è anch'esso sprecato": se lo Euston Manifesto fosse stato pubblicato da esponenti di destra, il sostegno a destra sarebbe stato pressochè totale; ma questo non è vero per alcune delle posizioni del Manifesto - ad esempio, il suo abbracciare i principii egualitari e il suo sostegno ai sindacati in quanto "fondamenta della difesa degli interessi dei lavoratori" e la sua difesa (nelle parole di Shalom Lappin) "dell'integrità del bene pubblico contro l'assalto delle privatizzazioni e dell'espropriazione che è derivato dall'adesione dogmatica alle idee neoliberiste". Alcune voci conservatrici, nell'accogliere favorevolmente il manifesto, hanno espresse chiare riserve su questi punti.

Eppure, Finkelstein ha ragione sulla gente di sinistra "che non concorda e mai lo farà". Per ogni simpatizzante di sinistra che ha risposto positivamente al manifesto ce n'è stato almeno uno ostile. La cosa interessante di questa reazione sono i temi di cui si compone. Nella misura in cui il manifesto dice qualche cosa di condivisibile (dicono i critici), lo fa nei termini di banalita' benintenzionate; e le nostre critiche di altre parti della sinistra si applicano solo ad un piccolo numero di estremisti. Eppure, il manifesto si è immediatamente attirato addosso un'ostilità da parte di molti che si potrebbe definire robusta. Perchè? Il documento non nomina nessuno in particolare nell'identificare alcuni discutibili schemi ricorrenti nelle discussioni, nell'evasivita' su certe questioni e nelle apologie: chi non vi si identifica non ha ragione di protestare. Viene da suggerire che almeno uno dei motivi per questa animosità sia che ad identificarsi nelle critiche sia un'area della sinistra ben più vasta del solo Socialist Workers Party.

Se così non fosse, perchè è diventato comune sentire esponenti della sinistra criticare i principii universali dei diritti dell'uomo come "arroganti", "imperialisti" o (sottovoce, mi raccomando) "islamofobici"? La fedeltà a questi principii - alla democrazia, alla libertà, all'uguaglianza - era un tempo un minimo comune denominatore a sinistra, ma nelle pagine di opinioni e commenti della stampa liberale è diventato routine leggere i pezzi di giornalisti ed altri intellettuali di area (si suppone) progressista che ci spiegano che la democrazia, o il liberalismo, o i valori dell'Illuminismo, tutti forse adatti all'Occidente, potrebbero non esserlo in altri contesti culturali. Il diritto alla libertà di espressione - completa libertà, fatta salva solo l'istigazione all'odio o alla violenza - è anch'esso messo frequentemente in discussione di fronte a sensibilità religiose sempre più rumorose nel denunciare le offese.

Borbottii genericamente ¨comprensivi¨ nei confronti di atrocità terroristiche - a Londra o Madrid, ma particolarmente a Tel Aviv ed Haifa - che avrebbero radice nella povertà, nell'oppressione e nell'ingiustizia sono ugualmente comuni, sebbene poi queste voci borbottanti siano incapaci di spiegare perchè in passato i movimenti che combattevano queste ingiustizie non abbiano fatto ricorso a stragi indiscriminate di civili; noti opinionisti - gente matura, veterani della sinistra - si destreggiano nell'appoggiare la cosiddetta resistenza irachena malgrado i suoi metodi da stragisti, o fanno confronti arbitrari e faciloni fra gli Stati Uniti di George Bush e la Germania nazista. Che simili temi siano discussi nei media da esponenti della sinistra liberale è pubblicamente verificabile: è stato documentato e criticato ripetutamente, e presumibilmente i giornali che pubblicavano commenti di questo genere non l'avrebbero fatto se quei commento non avessero incontrato il favore dei loro lettori.

Il manifesto di Euston è una risposta a queste tendenze politiche, e come tale è ben mirato: ecco perchè ha destato tanto interesse, e tanta ostilità. Siamo felici di ribadire alcune importanti, anche se ovvie, verità, e di mostrare che non abbiamo perso ogni speranza nel futuro della sinistra.

23 giugno 2006

Binario 9


Una risposta di Norman Geras alle critiche ad uno dei passi piu' attaccati dell'intero Euston Manifesto, quello in cui si menziona Amnesty International ed Abu Ghraib


In questo post intendo occuparmi delle obiezioni allo Euston Manifesto presentate al paragrafo della sezione C in cui critichiamo due dichiarazioni di Amnesty International:

La violazione dei diritti umani fondamentali ad Abu Ghraib, a Guantanamo e nel corso delle pratiche di rendition deve essere recisamente condannata per quello che e`, la violazione e l'abbandono di quei principi universali per la cui creazione gli stessi Paesi occidentali, e in particolare gli USA, portano la maggior parte del merito. Ma noi respingiamo il doppio standard con cui molti oggi a sinistra identificano quelle commesse dalle democrazie occidentali come le peggiori violazioni dei diritti umani, mentre mantengono il silenzio, o protestano in sordina, contro violazioni ben peggiori commesse altrove. Questa tendenza ha raggiunto un punto tale che un portavoce ufficiale per Amnesty International, un'organizzazione che merita e riceve enorme rispetto a livelo mondiale per i decenni di lavoro svolto in difesa dei diritti umani, puo` fare pubblicamente un paragone fra Guantanamo e i gulag, puo` affermare che le misure legislative prese dagli USA e dalle altre democrazie liberali nel corso della guerra al terrorismo costituiscono un'aggressione ai diritti umani peggiore di qualsiasi cosa si sia vista negli ultimi 50 anni, e puo` essere difeso in queste affermazioni da voci della sinistra liberale.

Non perché la critica sia particolarmente stringente - non c'e' modo di porla in maniera stringente, in realta' - ma perche' cio' che dice e' rappresentativo di gran parte dei commenti negativi che il paragrafo si e' attirato, rispondero' alla versione di Randy Paul di quasta critica. Dice:

In primo luogo, sembrano essere piu' interessati all'abuso della metafora da parte di Amnesty piuttosto che agli abusi di Abu Ghraib.

Questa critica si compone di due parti distinte.

(a) Paul parla della ormai famosa dichiarazione di Irene Khan, che definisce Guantanamo 'il gulag [dei] nostri tempi', come dell'abuso di una metafora. Lo era, ma era anche una forma retorica di esagerazione estrema, giustificata da Khan e da altri portavoce di Amnesty come un modo per catturare l'attenzione del pubblico. Una cosa simile sarebbe degna di un dipartimento governativo di propaganda politica, ma sicuramente non della reputazione che Amnesty si e' guadagnata meritatamente per l'accuratezza e precisione delle sue denunce, se non altro perche' sminuisce la portata colossale dell'orrore e della sofferenza che il vero Gulag ha prodotto. (si veda 1, 2 e 3 per una discussione piu' dettagliata che ho condotto a suo tempo)

(b) Forse perché non e' in grado di produrre una difesa covincente della dichiarazione di Khan, Paul aggiunge la seconda parte, che è peggio che semplicemente poco convincente: suggerisce che i sostenitori del Manifesto siano piu' interessati all'abuso di una metafora che ai crimini commessi dal personale militare USA ad Abu Ghraib. Questa e' un'accusa grave, visto che, ovviamente, preoccuparsi di piu' per l'abuso di una metafora che per gli abusi e le torture su esseri umani si dovrebbe aver perso ogni riferimento morale, per dirla ancora gentilmente: ci si dovrebbe quindi aspettare che Randy Paul presenti delle solide prove a sostegno della sua accusa. Quello che e' in grado di presentare, invece, è il verbo 'sembrare': gli Eustonian 'sembrano essere interessati', dice, piu' ad una cosa che all'altra. In altre parole, l'accusa e' frutto di poco piu' che un capriccio. Forse pensa che criticando un paio di dichiarazioni di funzionari di Amnesty operiamo una scelta di campo contro il loro operato ? ma sono certo che non riuscira' a provare una simile accusa: i sostenitori dell'associazione (come me, da cosi' a lungo che non saprei dire esattamente quanto) possono benissimo desiderare che questa si attenga ai propri elevatissimi standard quando quando sembra cadere nella sbilanciata retorica politica che e' adesso di moda presso parti della sinistra.

Paul prosegue:

Cio' che trovo decisamente offensivo e' questo commento:

La violazione dei diritti umani fondamentali ad Abu Ghraib, a Guantanamo e nel corso delle pratiche di rendition deve essere recisamente condannata per quello che e`, la violazione e l'abbandono di quei principi universali [...]

Ma per favore: quando si dice gli eufemismi. Non è "un abbandono di principi universali", e' un crimine contro l'umanita'...

Anche questa critica sembra niente piu' che frutto di un capriccio, un tentativo di basarla sul nulla. Si', la violazione e' un crimine contro l'umanita'; ed essendolo, e' anche un abbandono dei principi universali che definiscono questo genere di crimine. Se gli autori del Manifesto avessero detto che era una cosa ma non l'altra, Paul avrebbe avuto di meglio che un capriccio su cui basare l'accusa, ma cosi non e', e non gli rimangono migliori argomenti che accusarci di usare un eufemismo; finche' non intende portare alcunche' a sostegno della sua interpretazione, non fara' molto piu' che dare l'impressione di cantarsela e suonarsela da solo.

E' di pubblico dominio che lo Euston manifesto e' stato prodotto da un gruppo che conta, tra gli altri, determinati blogger britannici. Volete sapere cosa abbiamo pensato e pensiamo di Abu Ghraib in relazione ai crimini contro l'umanità? O sulla tortura? Potete dare un'occhiata:

Il punto non e' se gli abusi [ad Abu Ghraib] fossero o meno, in natura o scala, paragonabili ai crimini del regime di Saddam Hussein. La pratica della tortura, in se' e' per se', e' un male assoluto ed ingiustificabile; e' un abominio. Per tanto, la proibizione di tortura dovrebbe essere un imperativo morale assoluto in in ogni entita' nazionale civilizzata, come col tempo lo e' diventata nelle leggi della comunita' internazionale. Assieme alla proibizione di altri crimini estremi contro l'umanita' ? ad esempio il genocidio - la proibizione della tortura rientra nella dottrina dello jus cogens: e' una norma categorica che vincola ogni Stato e dalla quale nessuno puo' chiamarsi fuori; protegge un diritto la cui deroga non e' ammessa nemmeno in guerra o in condizioni di emergenza nazionale. La proibizione della tortura non è un limite morale e legale del genere che e' ammissibile trasgredire a patto che la trasgressione non sia troppo 'estrema'.

E potete dare un'occhiata. E potete dare un'occhiata. Si', perche' non date un'occhiata?

Oppure potreste continuare a suonarvela e a cantarvela da soli. Non e' pero' una critica intellettualmente o moralmente seria, e' semplice animosita' senza un fondamento; e ben rappresenta il tipo di commenti negativi che quel paragrafo nello Euston Manifesto ha attratto.


21 giugno 2006

Binario 8


Una risposta di Eve Garrard alla critica di Natasha Walter allo Euston Manifesto



Nel suo articolo sullo Euston Manifesto, Natasha Walter solleva alcune obiezioni interessanti sia al manifesto stesso sia al gruppo da cui ha avuto origine. A suscitare interesse non sono tanto i contenuti (in buona parte derivanti da un errore circa la natura del documento) quanto il modo in cui li esprime, e l'uso che ne fa.

La Walter esprime due critiche principali al manifesto. La prima e meno incisiva e' che ci sono troppo poche donne fra gli estensori. E' vero che ci sono considerevolmente piu' uomini che donne fra noi, ma la Walter stessa risponde alla propria obiezione quando riconosce che sarebbe sciocco aspettarsi che un neonato schieramento politico si costituisca in base ad un sistema di quote prima ancora di definire le proprie posizioni, e questo e' sicuramente vero, dal momento che simili schieramenti devono inizialmente auto-selezionarsi o non nascerebbero neanche. Gli Eustonians accoglierebbero con grande favore altre donne che vogliano essere coinvolte nel progetto, e speriamo che ce ne siano molte; ma a meno di accettare firmatari solo da liste predefinite di sole donne, il modo migliore per coinvolgere altre donne e' uguale a quello per coinvolgere piu' gente in generale - presentare le nostre idee nella maniera piu' convincente possibile e fare si' che altri ci notino e lavorino con noi.

La seconda e piu' articolata obiezione della Walter e' che il Manifesto manca di perorare la causa femminista. La Walter pensa (a) che il documento non si interessi alla sotto-rappresentazione delle donne nelle posizioni di potere nel Regno Unito o alla loro sovra-rappresentazione nei lavori sottopagati; inoltre pensa (b) che non denunci con sufficiente forza l'apatia dell'Occidente che non aiuta o protegge le donne a rischio di violenza o peggio nei propri Paesi. La prima parte dei questa obiezione deriva da un errore circa la natura dello Euston Manifesto. La Walter ignora cio' che il Manifesto dice esplicitamente: che si tratta di una dichiarazione di principii generali piuttosto che una presentazione di linee politiche specifiche (vedi sezione A, paragrafo 3). Chiede il riconoscimento dei diritti umani (sezioni B3 e B4); nulla dice sulle violazioni di questi diritti in Cina, per esempio, o nello Zimbabwe. Cio' non dimostra una mancanza di preoccupazione per le violazioni dei diritti in questi specifici Paesi; indica solo che il documento si pone ed intende operare ad un livello più generale. Lo stesso vale per per il nostro interessamento alla giustizia per le donne. L'uguaglianza di genere e', in verita', precisamente uno dei valori fondamentali della sinistra liberale, che desideriamo proteggere dalle recenti tendenze anti-illuministe e dai tentativi di strizzare l'occhio al fondamentalismo - qualcosa che il Manifesto rifiuta esplicitamente (sezioni B4 e B15; sezione C, paragrafo 1). Una critica che obietta all'omissione di politiche specifiche sui diritti delle donne, in un documento che non intende presentare linee-guida dettagliate, è una critica che sembra concentrata sul cercare il pelo nell'uovo.

Quanto a (b), le preoccupazioni della Walter sono qualcosa su cui tutti gli Eustonian concordano decisamente. Fin troppo giusto, potremmo dire - noi siamo decisamente d'accordo con un'azione forte dell'Occidente contro gli abusi sui diritti umani, compresi quelli commessi contro le donne (sezione B10, sezione C, passim). Come può la Walter non aver notato quanto questo sia centrale all'intero documento? Le specifiche manchevolezze da parte del governo britannico su questo punto [la difesa dei diritti delle donne all'estero, NdT] devono essere giudicate individualmente, naturalmente, ma questo genere di discussione caso per caso è ancora troppo specifico per un manifesto generale. Tuttavia, il fatto stesso che la Walter trovi plausibili tali critiche al governo suggerisce che alle donne succedono cose peggiori nelle culture che praticano mutilazioni genitali e delitti d'onore che il non riuscire ad ottenere parità salariale o pari rappresentazione ai vertici dei Tories.

La Walter ha ragione a dire che molti appartenenti alla sinistra liberale sono diventati disattenti sul femminismo, ed ha ragione a citare l'orrore dei delitti d'onore in questo contesto; ma sebbene le disparita' salariali fra uomini e donne in questo paese siano spesso estremamente ingiuste e dovrebbero essere riconosciute e combattute come tali, questa ingiustizia non viene in alcun modo minimizzata dal riconoscere che l'oppressione delle donne che risulta nei delitti d'onore e' molto piu' grave. E' certamente vitale fare la propria parte contro le violazioni dei diritti delle donne che avvengono in casa nostra, ma l'attenzione esclusiva ai problemi dell'Occidente e' un esempio di quel doppio standard che rappresenta uno dei mali individuati dal Manifesto (sezione B3, sezione C, paragrafi 6 e 8). L'effetto, in questo come in altri casi, e' di produrre un curioso appiattimento del panorama morale, per cui i delitti d'onore, i salari piu' bassi per le donne in UK, la mutilazione genitale e lo scarso numero di donne nella dirigenza della pubblica amministrazione sono tutti da trattare come casi allo stesso livello di gravita', occasione per un'identica indignazione. La conseguenza di cio' e' che ci ritroviamo abbastanza lavoro da fare sui diritti delle donne a casa nostra, e non e' il caso di metterci a considerare i problemi di altre culture ed entita' politiche a questo riguardo - ma questo significa semplicemente abbandonare la causa delle donne fuori dai nostri confini. Mi sembra improbabile che la Walter realmente sottoscriva quest'idea, ma forse deve fingere di farlo, per poter delimitare la sua critica circa i diritti delle donne entro dove realmente intende puntarla, vale a dire qui nel Regno Unito e sui firmatari del manifesto.

Che ci sia un elemento che suona falso nella valutazione femminista del Manifesto da parte della Walter e' denunciato dal suo silenzio sulla negligenza sui diritti delle donne che contraddistingue altri gruppi ed individui quali Respect, Hizb-ut-Tahrir e l'amico di Ken Livingstone, lo sceicco Al-Qaradawi. (Questo è stato veementemente denunciato da altri membri del gruppo dello Euston Manifesto nelle osservazioni al pezzo della Walter sul sito di Comment is Free). Si', ha ragione a lamentare una certa sonnolenza sul femminismo da parte della sinistra liberale; purtroppo lei stessa dimostra una sonnolenza degna di nota soprattutto per la sua selettivita'. E' difficile evitare l'impressione che si concentri su una presunta negligenza sui diritti delle donne nello Euston Manifesto solo per usarla come arma contro un gruppo politico a cui si oppone per altri motivi che evita di rivelare. Sarebbe stato meglio e piu' costruttivo se avesse discusso la ragione reale del suo disaccordo con il Manifesto, qualunque essa sia, piuttosto che concentrarsi su un'inesistente omissione dei diritti delle donne.

Una parte essenziale dell'intera proposta politica degli Eustonian e' proprio il prendere molto sul serio gli orrori perpetrati contro le donne (e non solo); ma dovremmo farlo con un po' meno compiaciuta inazione, meno ipocriti sensi di colpa sulle mancanze occidentali, e con qualcosa di un po' piu' produttivo di articoli indulgenti su Hizb-ut-Tahrir.

Per concludere, un elemento secondario ma rivelatore che vale la pena di notare dell'articolo della Walter è il tono ostentatamente condiscendente - 'non ho saputo reprimere un sorriso', 'mi sono detta che non devo prenderli in giro', 'ho pensato che dopotutto hanno il cuore che batte al posto giusto'. E' un peccato - il nostro tempo sarebbe speso molto meglio a cercare la verita' sulle questioni importanti piuttosto che in giochetti di tattica verbale. (Eve Garrard)