A quanto pare un paio di modelli matematici affermano che quest'anno, il prossimo o giù di lì avremo raggiunto il punto in cui le capacità estrattive planetarie non riescono più a far fronte alla domanda di petrolio: il punto d'inizio di una spirale ascendente di cui non è possibile vedere la fine, il cosiddetto peak oil.
Probabilmente (e qui so di dare una delusione a più d'uno) il mondo non finirà. Molte cose cambieranno, e un sacco di interessi verranno scossi, ma la perfetta società agricola che è nei sogni di tanti ambientalisti, il ritorno all'economia di sussistenza, probabilmente non avverrà, e comunque, anche se avvenisse, avremmo sicuramente un movimento di Verdi che chiedono l'abbandono dello stupro agricolo di Madre Natura ed il ritorno allo stato sostenibile di cacciatori-raccoglitori.
Probabilmente, quello che succederà è che, da un lato, si comincerà ad estrarre da giacimenti che al momento sono troppo in profondità, o che danno petrolio troppo costoso da raffinare; passati i 100$/barile, c'è il caso che certi giacimenti in Basilicata o in Thailandia diventino paganti; dall'altro, si spingerà sempre più decisamente per diversificare le fonti. Il gas, da giacimenti o da biomassa, non sarà sufficiente, e quello russo, proveniente da una nazione che (a torto o a ragione) ha dimostrato ripetutamente di essere disposta ad usarlo come arma politica, comincia a diventare poco attraente per diversi governi occidentali; il nucleare, soprattutto quello a sicurezza passiva, che in Europa settentrionale è ormai, dopo vent'anni di sperimentazione, una tecnologia matura, ricomincia a diventare una strada percorribile - gli ambientalisti protestano, vero, ma protestano per il carbone, il petrolio, l'eolico, il mareomosso, persino per le biomasse, perchè incoraggiano il consumo e la produzione di rifiuti; non protestano per l'idrogeno o per la fusione nucleare, ma solo perchè non esistono ancora, aspettate che arrivino e vedrete. Gli ambientalisti protestano, punto. È come dire che il Papa prega: è il suo mestiere, cosa vi aspettavate?
La diversificazione passerà probabilmente da un lato per la sostituzione di petrolio e gas naturale nelle centrali elettriche, dall'altro per la sostituzione delle raffinerie con sistemi di produzione di qualche mezzo analogo alla benzina/al gasolio per la distribuzione capillare dell'energia per autotrasporto/riscaldamento; immagino che il modello attuale di concentramento della produzione energetica nelle sue varie forme rimarrà sostanzialmente immutato, le raffinerie verranno rimpiazzate da altre centrali elettriche, che produrranno l'energia elettrica necessaria a ricaricare i motori elettrici delle auto, o per elettrolisi o qualche tipo di processo catalitico l'idrogeno per le celle a combustibile, ancora, delle nostre auto e probabilmente per le turbine degli aerei.
Questa strada non è la migliore percorribile, anzi. È un modello che lascia tutto il potere in mano alle grandi compagnie energetiche/petrolifere, quelle che hanno la disponibilità di risorse per la costruzione di grandi impianti industriali, le infrastrutture per il trasporto di energia in forma di benzina o idrogeno o esafluoruro di uranio, i canali di vendita che partono dal pozzo di petrolio per arrivare alla pompa di benzina o di idrogeno sotto casa, gli amici nei consigli di amministrazione dei produttori di ogni mezzo di trasporto al mondo.È un modello che non estromette completamente il petrolio, che creando canali separati e riducendone la richiesta globale lascia intatto un mercato, certo non più IL mercato globale, ma sempre un mercato in grado di canalizzare ancora enormi profitti in mano ad una serie di governi che non sono fra i più simpatici del mondo: per quella fetta di auto, aerei, carri armati, navi che andranno a derivati del petrolio, e che continueranno ad andare in giro per il futuro prevedibile, non ci sono alternative se non continuare a comprare benzina o gasolio - ad un prezzo magari più accessibile dato il calo di domanda globale, ma stiamo ancora parlando di un fiume di denaro diretto verso una delle aree meno stabili del pianeta.
È, o sembra essere, la soluzione che accontenta tutti: gli ambientalisti e i beppigrilli di questo mondo son felici perchè hanno le loro auto a idrogeno, ed essendo ignoranti come bestie e laureati al DAMS in semiotica dei vasetti di carciofini sott'olio, credono che l'idrogeno e l'elettricità siano fonti di energia, estratti in miniera o spremuti da speciali frutti di alberi coltivati in Mongolia Esterna, o al più credono che il secondo principio della termodinamica sia un complotto sionista, che separando l'idrogeno dall'ossigeno si spenda meno energia di quella che si ricava ricombinandoli; le compagnie petrolifere sono tutto sommato contente, perchè hanno i soldi e le risorse per rimpiazzare le raffinerie e i pozzi con centrali di estrazione dell'idrogeno, e i canali e gli accessi per continuare a pompare idrogeno dove prima pompavano benzina; una serie di governi beniamini degli antimperialisti di questo mondo son contenti perchè continuano a guadagnare un pozzo di soldi, quasi come prima.
Tutti contenti.
Tranne me, giusto perchè sono tignoso. E mi tocca osservare che, con buona pace di beppegrillo, le auto a idrogeno sporcano e inquinano quasi come quelle a benzina; che delle compagnie come BP, Shell, Unocal, Total, che definire criminali sarebbe offensivo per il tipo che domenica notte voleva vedere se riusciva a fregarsi il laptop che un anno fa non è riuscito a portar via (non c'è riuscito; gli son corso dietro col bokken ma non l'ho preso), continueranno a guadagnare cifre ridicolmente enormi e a mantenere su tutti i governi occidentali un potere che non meritano e non sanno gestire; che dei governi gestiti da dementi, fanatici religiosi col culto della fine del mondo, aspiranti Castrado, sceicchi da film di Indiana Jones corrotti come socialisti continueranno a incamerare fiumi di denaro con cui finanziare, a scelta, movimenti terroristici, repressione interna, organizzazioni di fanatici religiosi.
I tignosi come me sono molto perplessi quando vedono, da un lato, le compagnie petrolifere spingere verso l'idrogeno, e allo stesso tempo gli ambientalisti dire che l'idrogeno è la cura di ogni male e le compagnie petrolifere hanno il prototipo del motore ad acqua (?) chiuso in un cassetto e non lo vogliono rivelare; sono perplessi perchè sanno che questo porta alla prevedibile conclusione che quando il motore a celle a combustibile verrà messo in commercio, gli ambientalisti si daranno delle gran pacche sulle spalle, dichiareranno che "dopo vent'anni di lotte abbiamo finalmente trionfato, le cattive multinazionali petrolifere hanno finalmente ceduto e messo in commercio il motore ad acqua", un motore a idrogeno che sporca mica poco, bruciando idrogeno prodotto da centrali magari a carbone (eh, ragazzi, il nucleare è Male), essendo il frutto di una grande vittoria ambientalista sarà verde per definizione, e verrà accettato senza discussioni.
I tignosi come me non possono fare a meno di notare, peraltro, che un'alternativa all'idrogeno e al petrolio esiste da tempo e fa marciare le auto brasiliane inquinando la metà o meno (e senza piombo, benzene o altra merda addizionale, potrei aggiungere); si tratta di un'alternativa che entra in diretta concorrenza col petrolio, potendo essere bruciata negli stessi motori a scoppio che oggi bruciano benzina; che sposta gli equilibri di potere lontano dai consigli di amministrazione delle multinazionali petrolifere e che permette a Paesi oggi appartenenti al secondo quando non al terzo mondo di diventare improvvisamente attori di primo piano dell'economia mondiale. Parlo, ovviamente, dei biocarburanti: l'unica fonte energetica che andrebbe a colpire gli stessi interessi che oggi ingrassano sul petrolio e, guarda caso, l'unica fonte energetica a cui praticamente tutti sono contrari, ambientalisti, compagnie petrolifere, rivoluzionari, terzomondisti e via dicendo. Tutti sono contrari ad una fonte energetica che per sua stessa natura non può essere monopolizzata dalle multinazionali, ad una fonte energetica effettivamente rinnovabile, ad una fonte energetica che permette la produzione diffusa, capillare - in pratica un pannello solare naturale, efficiente e alla portata di economie low-tech.
Tutti contro.
Posso capire Castro: ha da sopravvivere, e di 'sti tempi, senza i soldi di Chavez non andrebbe da nessuna parte - e Chavez è uno di quelli che dai biocarburanti hanno tutto da perdere. Posso capire le multinazionali petrolifere: nella migliore delle ipotesi verrebbero rimpiazzate dalle multinazionali agricole, nella peggiore (dal loro punto di vista) da cooperative di produttori; perchè l'equivalente del pozzo di petrolio diventerebbe il pezzetto di terreno, e un pezzetto di terreno è alla portata di tutti, senza bisogno di costose prospezioni e infrastrutture. Posso capire gli ambientalisti: come abbiamo detto, sono in media laureati in semiotica del sottaceto o in sociologia del cartone animato giapponese, non hanno idea di cosa si stia parlando, sono affetti da una diffusa tecnofobia e se gli dici che c'è una fonte di energia loro protestano per principio, perchè vorrebbero vivere nelle pubblicità del Mulino Bianco. Ho qualche difficoltà, sinceramente, a capire i terzomondisti, che considerano questo passaggio come sicuramente pernicioso per l'Africa, fino a dare ai biocarburanti (che esistono ancora, al 99%, solo sulla carta) la colpa di recenti oscillazioni del mercato delle derrate alimentari e finanche di tutte le carestie degli ultimi anni. Il problema dell'Africa sta nella predazione delle sue risorse da parte degli europei, e quello dei biocarburanti è forse il primo caso in cui una risorsa critica può essere prodotta in Africa (e vantaggiosamente) sia da una multinazionale che da produttori locali. Le grandi compagnie minerarie e petrolifere hanno sempre avuto buon gioco: senza di loro, le infrastrutture semplicemente non sarebbero esistite: se non li facevi giocare, si portavano via il pallone e buonanotte a tutti; l'agricoltura non ha bisogno dello stesso livello di infrastrutture e di tecnologie avanzate, non con la quantità di terreno potenzialmente coltivabile di cui l'Africa dispone: con l'aiuto degli occidentali (che hanno imparato, spesso a loro spese, a contenere lo strapotere delle multinazionali agricole dopo i disastri in Centro e Sudamerica) l'Africa avrebbe forse la prima vera possibilità di uscire dal ciclo debito-corruzione-spreco che ne ha caratterizzato tutta la storia post-coloniale. Certo ci vorranno sforzi, e certo ci saranno ingerenze occidentali, e certo l'Uganda non diventerà la Svizzera - e neanche il Bahrein - in un anno o due; ma ditemi, in che maniera la situazione sarebbe peggiore di quella attuale?
E invece niente: i biocarburanti sono cattivi come le bombe cluster termobariche a microonde che ammazzano i bambini palestinesi sugli scuolabus e risparmiano quelli ebrei avvertiti da una telefonata del Mossad. L'ha detto Pecoraro Scanio.