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14 gennaio 2009

Parole in libertà


Le parole, diceva qualcuno, sono importanti. Da due-tre settimane mi tocca assistere sulla BBC ad uno show abbastanza esecrabile in cui la TV di Stato cerca di trasformarsi in una specie di Rete4 in versione Hamas, facendo a gara ad intervistare mullah, attivisti, manifestanti e compagnia bella, dando eguale spazio, in nome dell'imparzialità, alle ragioni di Hamas e ai torti di Israele.

Ora, si può essere (come me) poco convinti che entrare a Gaza con i carri armati potrà mai convincere Hamas a non tirare razzi su Sderot; si può deplorare che ogni civile ucciso a Gaza sia un magnifico poster per il reclutamento di altri terroristi; si può lamentare la litania di ingiustizie subite dai palestinesi in 60 anni. Quello che non si può, o non si dovrebbe poter fare, è sparare cazzate in libertà.

Dice, "Israele sta colpendo deliberatamente la popolazione civile".

All'università avevo un professore che non ti dava mai del cretino immediatamente, quantunque grossa fosse la bestialità che avevi detto. Ti diceva, invece, "se le cose stanno così, fammi i conti, e vediamo che numeri escono fuori". Ti faceva fare i conti, e alla fine, quando veniva fuori che, in base alle cazzate che avevi detto prima, il gatto di Schrödinger non era nè vivo nè morto ma era una mucca, tu dicevi "sono un cretino" e lui sorrideva serafico e annuiva. Da allora m'è rimasto impresso il concetto che il modo migliore per dare del cretino a qualcuno è con i numeri in mano.

La guerra va avanti da 2 settimane, con un numero variabile di incursioni aeree, da 20 a 60 al giorno, con F-15E Strike Eagle e F-16; ogni incursione andrebbe in teoria eseguita da due aerei, ma la dimostrazione non perde di generalità
(visto, professoressa S.? Almeno la terminologia me la ricordo ancora) se ci limitiamo ad un aereo per incursione. Assumiamo una media di 30 incursioni al giorno, e dal momento che gli israeliani hanno molti più F-16 che Strike Eagle, assumiamo una proporzione di 2:1 fra gli aerei coinvolti.

Se Israele volesse sterminare la popolazione civile, colpirla deliberatamente, o uno qualsiasi degli altri crimini di cui la BBC la accusa in media ogni 10 minuti, tutto quel che dovrebbe fare è caricare su ogni Strike Eagle le 24 bombe Mk82 da 227 chilogrammi che può portare. 227 chili per 24 bombe per 10 missioni al giorno per 15 giorni fa quasi esattamente 817 tonnellate. In più, potrebbe caricare 4 bombe Mk83 (454 chilogrammi) su ogni F-16. 454 chili per 4 bombe per 20 aerei al giorno per 15 giorni fa 544 tonnellate. In tutto, circa 1360 tonnellate, e considerato che gli esplosivi moderni sono almeno 4 volte più potenti del TNT, abbiamo un totale di circa 5.4 kiloton, un'arma nucleare tattica da un terzo di quella di Hiroshima.

Se Israele avesse voluto colpire deliberatamente la popolazione civile di Gaza, avrebbe potuto riversarle sulla testa l'equivalente di una bomba nucleare tattica. Oggi, molto semplicemente, Gaza non esisterebbe più.

Israele avrebbe potuto fare di meglio? Probabilmente. Israele aveva opzioni diverse dalla guerra? Può essere. Israele sta deliberatamente colpendo i civili? Minchiate.

Dice, "ma la sproporzione, tutti i morti da un lato, nessuno dall'altro"

La BBC, e non solo lei, commette un errore (o confonde strumentalmente i termini della questione, direbbero i maligni) nel definire la proporzionalità negli eventi bellici. Non sta scritto da nessuna parte che le parti in conflitto devono in qualche modo adoperarsi per avere perdite pari a quelle dell'avversario; la sola idea fa ridere. La proporzionalità riguarda i mezzi usati in relazione agli obiettivi cercati (e l'accettabilità degli obiettivi stessi). In altre parole, se l'obiettivo è di fermare il lancio dei razzi sulla popolazione civile di Sderot e Ashkelon, colpire l'infrastruttura di Hamas è una risposta proporzionata in quanto è il modo più economico (in termini di vite umane) per fermare militarmente quei razzi. Ripeto: possiamo discutere se fosse il caso di ricorrere alle armi o no, ma nel quadro del ricorso alle armi il fatto che Hamas abbia avuto più morti di Tsahal non conta una virgola ai fini della proporzionalità della risposta. Avere una mira e un addestramento migliori può conferire maggiori responsabilità, ma sicuramente non mette automaticamente dalla parte del torto.

(con gli inglesi, a questo punto, si può fare l'esempio della Seconda Guerra Mondiale, in cui i tedeschi hanno avuto sicuramente più morti, militari e civili, degli angloamericani, ma la cosa non li mette certo dalla parte della ragione; con i compagni italiani questo discorso si fa pericoloso, perchè la percentuale di nostalgici del patto Ribbentrop-Molotov è alta e confermerebbero con entusiasmo che sì, i nazisti erano di sicuro meglio degli occidentali o almeno moralmente equivalenti)

Nessuno è in grado di spiegare come si dovrebbe esercitare questa fantomatica proporzionalità: proporzionalità nel numero di vittime? Proporzionalità nei bersagli? Proporzionalità nel numero ed equipaggiamento dei contendenti?

Se io mi presento, cari "proporzionalisti", davanti a casa vostra e comincio a sparare attraverso la finestra con una .22, quale sarebbe una risposta proporzionata? Tenete presente che io ho, dopotutto, una mira di merda, e quand'anche dovessi colpire qualcuno, al massimo resterebbe ferito: è un'impresa, ammazzare una persona con una calibro .22

Non dovreste rispondere affatto finchè non colpisco qualcuno? E se mi limito a ferire qualcuno, dovrete usare la massima cura perchè un'eventuale autodifesa al massimo mi ferisca? E se porto una decina di amici, e spariamo tutti insieme, e ammazziamo un occupante della vostra casa, sarà lecito al più rispondere contro uno solo di noi?

Incidentalmente, una preghiera all'affezionato commentatore rossobruno che infesta questo blog: fa' la cortesia di non rispondermi con il classico non sequitur de "i profughi, il furto della terra, le ingiustizie pregresse, sbroc sbroc, il paragone non regge". Tu sei marchigiano o emiliano o qualcosa del genere, io sono pugliese. Vogliamo cominciare a parlare dei soprusi di qualche tuo antenato longobardo contro i miei antenati apuli e latini? O di un tuo antenato garibaldino o soldato dei Savoia dopo l'unificazione? Meglio di no, che poi finisce che per coerenza ti tocca spararti in un piede da solo.

La proporzionalità invocata da questi figuri e dalle pecore che li seguono è un fantasma, un uomo di paglia, o nella migliore delle ipotesi il frutto della visione di troppi western in cui lo scontro fra buoni e cattivi deve necessariamente ammantarsi di toni cavallereschi.

Dice, "Ma l'ONU, le scuole, gli israeliani sparano su tutto, crimine di guerra"

L'ONU, da quelle parti, ha una storia piena di ombre, a partire da quando, nel 1967, su richiesta di Nasser, ritirò senza neanche far finta di protestare le truppe di interposizione in preparazione ad un attacco egiziano - attacco che poi non andò esattamente secondo i piani. Più di una volta le Nazioni Unite sono state viste come parte in causa piuttosto che super partes, e per esempio pochi mesi fa il preside di una scuola dell'ONU è stato ucciso da un raid israeliano mentre con alcuni complici costruiva razzi Qassam nel cortile della scuola; in seguito alla ridda di accuse e controaccuse è stato rivelato che era un comandante locale della Jihad Islamica e che l'ONU, a Gaza, non controlla molto accuratamente la gente che assume perchè "i nomi arabi si assomigliano tutti". Più di una volta degli UAV israeliani hanno filmato miliziani di Hamas mettere in batteria dei mortai e aprire il fuoco a ridosso di scuole e installazioni ONU, e nel caso specifico della scuola colpita pochi giorni fa, fra le vittime c'erano diversi miliziani di Hamas. In tutti i casi l'ONU ha negato recisamente anche davanti all'evidenza, e vietato categoricamente al proprio personale di parlare con la stampa di ciascun episodio: un comportamente che i maligni potrebbero definire sospetto.

Ad ogni modo, si stanno commettendo dei crimini di guerra a Gaza, o almeno azioni che i protocolli di Ginevra riconoscono come criminali. Si potrebbe dire che una delle due parti in causa non ha mai ratificato i protocolli di Ginevra, o che comunque non è un'entità statale e pertanto le abituali convenzioni non si applicano; ma rimane il fatto che confondersi fra la popolazione, utilizzare strutture civili come depositi di armi, istruire i propri combattenti a non indossare un'uniforme e a nascondere le proprie armi, costituisce ai sensi della Convenzione di Ginevra un crimine di guerra - punibile, se la memoria non mi inganna, con la fucilazione senza processo.

I protocolli di Ginevra nascono dalla necessità di proteggere la popolazione civile dai peggiori orrori della guerra, e di conseguenza di imporre una distinzione netta fra combattenti e civili e nel trattamento ad essi riservato. Gli estensori delle convenzioni di Ginevra sapevano fin troppo bene che un soldato è, alla fine, un essere umano, e che se non gli si dà modo di distinguere fra un civile ed un soldato nemico, questi potrebbe cominciare a considerare come nemici, reali o potenziali, tutti coloro che non indossano la sua uniforme. In altre parole, se i soldati sanno che di quei civili almeno uno, probabilmente, nasconde un'arma con cui sta per sparare loro addosso, che di quelle dieci scuole o moschee o ospedali almeno una/uno contiene una postazione di artiglieria o un deposito di munizioni che stanno per essere usate contro di loro, prima o poi cominceranno a considerare tutt'e dieci come ostili: perchè l'impulso a salvarsi la pelle e a non farsi sparare addosso è difficile da soffocare in qualsiasi essere umano.

Gli obblighi imposti ai combattenti, ad esempio di indossare una divisa o un evidente segno di riconoscimento (alzino la mano quanti pensano che i partigiani delle Brigate Garibaldi portassero il fazzoletto rosso al collo per bellezza) derivano proprio dal bisogno di permettere a tutti i soldati di riconoscere i civili come tali - e sebbene non formalizzati, sono precedenti alla stessa Convenzione: nelle fasi finali della Guerra di Secessione, il Sud non aveva risorse per equipaggiare con divise molte delle proprie residue unità combattenti, ma i comandi sudisti posero sempre estrema attenzione nel rendere le proprie truppe distinguibili in qualche maniera dai civili. Per questo motivo sparare ai civili senza provocazione è un crimine di guerra, ma sparare di mezzo ai civili è un crimine di guerra ben peggiore, perchè provoca e giustifica decine di crimini in risposta; sparare sulla croce rossa è un crimine, e sparare dalla croce rossa è peggio; e così via.

Come capita sempre più spesso, la "copertura giornalistica" degli eventi di Gaza non è fatta di notizie, ma di ripetizione ad nauseam di una serie di parole d'ordine fino al punto in cui vengono accettate per vere come articoli di fede: i crimini di guerra, la proporzionalità, le armi proibite, sono tutte buzzwords - in italiano potremmo dire che sono tutte parole-rabarbaro, ripetute all'infinito per fare rumore - che assumono di volta in volta il significato che si vuole. E contemporaneamente, per sapere che un caffè è stato incendiato con le molotov a Whitechapel perchè parte di una catena il cui presidente del consiglio di amministrazione è ebreo, o che i muri di un parco giochi lì vicino sono stati coperti di graffiti che incitano a uccidere gli ebrei, o che una chiesa in Lancashire è stata vandalizzata perchè ha la parola "Sion" nel nome, che un camion di Tesco è stato assalito da una dozzina di persone al grido di Allahu Akhbar e il guidatore si è preso un mattone in testa, solo perchè Tesco è stato fondato da un signore di nome Cohen, non è il caso di rivolgersi alla BBC, a Sky o al Guardian - bisogna andare a leggersi i giornali locali e le mailing list antirazziste.

09 maggio 2008

Compleanni


I campi profughi palestinesi compiono sessant'anni.

25 febbraio 2008

La saggezza dell'età


Non posso che sottoscrivere, parola per parola, quanto scritto dall'anziano ma ancora occasionalmente lucido papà di Mmatteo. E aggiungo che non sarei stupito se, quale che sia la risposta di Israele, domani dovessimo assistere ad un nuovo massacro di Jenin creato dal nulla dalla macchina di propaganda di Hamas e dai solidali media occidentali.

06 ottobre 2007

Commenti


Mmax, confessa, questo qui sei tu.

18 maggio 2007

Dizionario


Cessate il fuoco: locuzione che indica gli intervalli di tempo in cui Israele non risponde agli attacchi di Hamas. Es.: "Dopo due mesi di attacchi con razzi da Gaza, oggi Israele ha rotto il cessate il fuoco bombardando il quartier generale di Hamas"

02 dicembre 2006

Rosalux


Bellissimo post di Rosalucsemburg sul martirio, sull'ammirazione per la morte eroica che accomuna integralisti religiosi, fascisti e di recente certe parti della sinistra "antimperialista", ovviamente sui motivi, potrei dire, psicanalitici per cui tanti prendono il conflitto israelo-palestinese a simbolo di tutte le lotte del mondo, causa e punto d'origine di tutti i mali.

12 settembre 2006

Domande e risposte


Molto in ritardo, rispondo ad una domanda nei commenti: cosa ne penso dell'uso, da parte di Israele, di cluster bomb in Libano.

Premetto che non conosco nei dettagli la legge internazionale, e quindi, a differenza della maggior parte di coloro che non la conoscono, eviterò di esprimere un giudizio giuridico (vedi tutta la diatriba su armi chimiche/fumogeni/fosforo bianco per un esempio della ridicolaggine di simili giudizi). Personalmente considero l'uso di qualunque arma di area - cluster, termobariche, daisycutter, ma anche, e di più, normali Mk82 sganciate da un B52 - su aree densamente popolate moralmente esecrabile; allo stesso tempo credo che l'uso di armi di area su concentramenti di truppe sia una triste necessità della guerra e non più condannabile di molte altre cose fatte durante una guerra.

Trovo che lo scandalo degli ultimi tempi per via di questa o quell'arma più o meno "proibita" (i.e. l'equivalente militare dei pitbull e delle stragi del sabato sera, nel senso che se ne parla al telegiornale come se fosse qualcosa di nuovo e incredibile) sia in gran parte dovuto o ad ignoranza o a malafede - almeno da parte di giornalisti e politici. Da cosa lo deduco? Se fosse un problema reale, come per esempio è il caso delle mine antiuomo, i giornalisti (cito Repubblica, che m'è capitato di leggere, in Italia, quando sono sceso per 48 ore a festeggiare l'inizio della mia crisi di mezza età) non avrebbero bisogno di dare i numeri al lotto per fare scandalo - le "100.000 submunizioni inesplose" in Libano sono un esempio lampante, soprattutto il fatto che di queste l'80% sarebbe stato disperso nelle ultime 72 ore di guerra, perchè, è il commento sottinteso, quei cattivacci dei Savi di Sion volevano rendere il Libano del sud inabitabile: l'equivalente, in politica internazionale, di una persona cattivissima che quando viene buttata fuori da una casa, come ultimo gesto di spregio dà un calcio al gatto e sbatte la porta. I conti li fa Wellington (a proposito, peccato che abbia chiuso, era uno dei pochi blog di destra che leggevo senza alcun senso di superiorità) e non mi sembra il caso di stare a rifarli - l'unica conclusione possibile è che certi numeri sono stati sparati senza alcuna idea di quale sia la situazione sul territorio.

La domanda, in conclusione, è mal posta. Se uno mi chiede cosa penso dell'uso di armi automatiche da parte dei soldati, dico che si tratta di una necessità della guerra; il fatto che i parà inglesi, qualche anno fa, le abbiano usate in una piazza affollata di Belfast non cambia questa banale realtà.

01 settembre 2006

Neutralità


Ogni tanto riaffiora la discussione sulla neutralità della Croce Rossa, e di quanto sia importante mantenerla; l'ultima volta che mi è capitato di leggerne è stato al tempo della selezione dei testimoni per il processo sui crimini contro l'umanità in Ruanda. La Croce Rossa, pur avendo subito essa stessa attacchi ed avendo perso del personale nei massacri, espresse un netto rifiuto alle richieste dei pubblici ministeri.

Personalmente credo si sia trattato di una scelta giustificata. Attraverso gli sforzi e i sacrifici di coraggiosi operatori locali e volontari stranieri, la Croce Rossa salvò un numero imprecisato, ma probabilmente dell'ordine delle decine di migliaia, di persone che altrimenti sarebbero morte per denutrizione, malattie, ferite riportate durante la pulizia etnica; e tutte le parti in causa, inclusi i capi della milizia Interahamwe, permisero ai volontari e ai medici l'accesso ai campi profughi esattamente in virtù della assoluta neutralità dell'organizzazione. Offrire testimonianze al processo, sebbene assolutamente giustificabile (ed anzi, io personalmente non credo sarei mai riuscito a non farlo) avrebbe avuto come unica conseguenza che nel corso del prossimo genocidio la Croce Rossa non avrebbe avuto il permesso di soccorrere le vittime.

Ci vuole una enorme forza d'animo per prendere decisioni del genere, una forza d'animo che io molto probabilmente non avrei; e ci vuole una grande lucidità, indispensabile per capire ed accettare in partenza tutte le conseguenze di un'assoluta neutralità, quelle positive come quelle negative.

Proprio per questo, non mi spiego l'atteggiamento della Croce Rossa in Libano. Non mi spiego le accuse lanciate a Israele sul supposto "attacco missilistico" ad un'ambulanza, e non me le spiegherei nemmeno se fossero fondate, figuriamoci poi quelle basate su un'evidente contraffazione, nè le reazioni isteriche quando la contraffazione viene esposta. Uno dei miei tre lettori ha qualche idea?

09 agosto 2006

Is it real or is it Reuters?


Una disamina (in inglese) delle troppe foto falsificate/alterate nella copertura della guerra in Libano dai fotografi Reuters e in generale dai media occidentali, su Zombietime, un blog conservatore americano.

Una sola precisazione - io non credo a nessuna delle spiegazioni offerte dall'autore sui motivi. Le spiegazioni risentono eccessivamente dei pregiudizi, tipici di certa destra americana, contro la stampa liberal: una versione anglosassone del complotto comunista dei giornalisti che fraintendono Berlusconi. In realtà l'idea che Reuters - un'agenzia che è prima di tutto un aggregatore di dati finanziari e informazioni di borsa - sia in qualche modo ideologicamente vicina a Hezbollah è abbastanza risibile al di fuori dei circoli cospirazionisti più estremi.

Credo che la spiegazione sia molto più semplice - il pubblico occidentale, che poi è quello pagante, vuole sentire notizie che siano in linea con quella che ormai è diventata la sua visione del conflitto mediorientale: Israele cattivo, palestinesi buoni (tipo, in Italia, mi dicono, il "massacro di Jenin" è tuttora un articolo di fede), "resistenza" libanese che si difende alla meglio, cattivo esercito israeliano che fa vittime civili.

Un articolo con foto di ragazzini israeliani morti non fa audience; uno con foto di bambini libanesi, invece, vende. Il lavoro dei giornalisti, oggi, non è riportare gli eventi, ma più semplicemente dire al pubblico le cose che questo vuole sentirsi dire, inframmezzandole con messaggi pubblicitari o con sottili suggerimenti che, lentamente, ne reindirizzano il gusto - e se il pubblico vuole sentirsi dire che gli israeliani mirano a vedove e orfani, chi sono mai i giornalisti per contraddirlo?

08 agosto 2006

Beata ingenuità


Mia moglie mi segnala un blog inglese (EUreferendum) che ha postato una disamina delle manipolazioni dei media in Libano. Le ho fatto notare che quell'articolo è in effetti interessante, ma che sarebbe il caso di prendere quello che scrive cum grano salis, perchè, insomma, gli autori sono fasci mica da ridere (appartengono ad un piccolo gruppo di fuoriusciti che criticano i Tories da destra)

Mia moglie, santa donna, che ha abbandonato la politica attiva ormai da qualche anno, mi fa, "Ma come, fasci? Difendono Israele e ne danno in testa ai fascisti di Hezbollah! Stiamo parlando delle stesse persone?"

Per quelli affetti, come lei, da queste forme di beata ingenuità, propongo all'ed. Bignami questa

Breve guida alla moderna politica italiana/europea:

in favore di milizie razziste, teocratiche, che fanno video propagandistici col saluto romano e il salto nel cerchio di fuoco; di neonazisti americani come Alex Jones; della pena di morte per gli omosessuali e le ragazzine stuprate: sinistra

in favore della democrazia, dei diritti umani, del femminismo, della laicità: destra

P.S. Uno che non capisce c'è sempre, quindi sarà il caso di dirlo esplicitamente - fino a 2 elezioni fa ho votato Rifondazione, stavolta ho votato l'Unione perchè all'estero non c'era altro, ritengo che il posto adatto per Berlusconi, Feltri e i loro simili sia in una miniera di salgemma (a lavorare, mica sepolti: sarebbe troppo comodo) e l'unico immigrato che non mi dispiacerebbe deportare dall'Italia è Ratzinger. Per questo preciso motivo trovo particolarmente vergognoso che chi dovrebbe rappresentarmi stia lì a bearsi del saluto romano dei miliziani di Hezbollah e dia del fascista a chi protesta per le torture nelle carceri iraniane.

Oi Dialogoi


"Sei favorevole alla soluzione Due Popoli, Due Stati?"

"La accetterei, ma il diritto al ritorno dei palestinesi?"

"Se ne può discutere, il 'ritorno' per molti sarebbe comunque in posti dove vivevano i loro nonni - la comunità internazionale si può fare carico della spesa per una soluzione alternativa con una frazione di quanto costa l'UNHCR. Sei favorevole alla soluzione Due Popoli, Due Stati?"

"La accetterei, ma, e il muro?"

"Una volta accettata la soluzione, e posto fine al terrorismo, il muro non serve più. Sei favorevole alla soluzione Due Popoli, Due Stati?"

"La accetterei, ma i palestinesi in Libano, Giordania, Arabia Saudita?"

"I loro sedicenti fratelli arabi possono anche dare una mano invece di negare loro i diritti di base. Sei favorevole alla soluzione Due Popoli, Due Stati?"

"La accetterei, ma sembra una soluzione razzista! L'apartheid!"

"Gli odi sono talmente incancreniti che insieme non possono, nè vogliono, vivere. Sei favorevole alla soluzione Due Popoli, Due Stati?

"La accetterei, ma, e gli insediamenti?"

"Gli insediamenti si rimuovono, Sharon e Olmert hanno mostrato a Gaza che sono disposti a farlo. Sei favorevole alla soluzione Due Popoli, Due Stati?"

"La accetterei, ma il territorio concesso non rispecchia la risoluzione ONU del 1948!"

"A non accettare la risoluzione sono stati in primis gli arabi e i palestinesi. Oggi la situazione si è cristallizzata e anche l'ONU riconosce che la risoluzione del 1948 non è applicabile. Ovviamente nell'ambito della soluzione, i dettagli sui confini si possono e si devono negoziare. Sei favorevole alla soluzione Due Popoli, Due Stati?"

"No. Solo una pace giusta ed equa è accettabile: morte all'oppressore sionista!"

"Mavaffanculo" (*)

"Nazista! Assassino! Guerrafondaio!"

* Questo non è un blog per famiglie

04 agosto 2006

Stop the war


In risposta ad una domanda nei commenti di ieri: no, non vado alla manifestazione pacifista di domani. Non ci vado, primo, perchè ogni giorno che passa mi scopro meno pacifista, almeno nel senso che adesso è di tendenza in Europa di "pacifista senza se e senza ma"; e secondo, perchè neanche i pacifisti senza se e senza ma lo sono.

Non ci vado perchè i due leader della Stop the War Coalition, che organizza la manifestazione di domani, sono George Galloway e Andrew Murray. Nessuno dei due è un pacifista nell'accezione che essi stessi danno al termine, ed entrambi vogliono la pace, in questo momento (e lo dicono abbastanza esplicitamente) semplicemente perchè la parte che loro sostengono sta perdendo.

Per carità, intendiamoci, tutto il mondo sta facendo il tifo peggio che ai mondiali, e se un esponente del Socialist Workers' Party ed un giornalista, scrittore e sindacalista vogliono fare il tifo per un movimento fascista, razzista e teocratico in Libano (e, incidentalmente, per la tortura e decapitazione dei sindacalisti e dei comunisti in Iraq) ne hanno pieno diritto: siamo in democrazia, nonostante, viene da pensare, i loro sforzi.

In a nutshell, come si dice qui, domani alla manifestazione non ci vado perchè, a differenza degli organizzatori, io vorrei un cessate il fuoco permanente in Libano, non una tregua per fermare l'avanzata dell'oppressore sionista il cui sterminio è solo rimandato.

01 agosto 2006

Opinioni controcorrente


L'opinione di una persona che non aveva paura a dire quello che pensava - anche e soprattutto quando questo lo rendeva il bastian contrario della sinistra, la voce fuori dal coro, fino a pagare con la vita per la pericolosità sociale e politica delle sue idee e del suo modo di vivere. (Hat tip: Wellington, a cui prima o poi mi toccherà offrire una birra)

L'opinione di un intellettuale inglese che non ha mai fatto mistero di parteggiare per Israele, uno degli autori dello Euston Manifesto ed un avversario - da lunga data - delle varie forme di fascismo islamista. Questa frase in particolare (traduzione mia) riassume perfettamente anche il mio pensiero:

Le azioni di Israele a Qana non sono scusabili. Dico questo come sostenitore del diritto di Israele a difendersi dagli aggressori, da chi lancia missili contro la sua popolazione civile e intende distruggerlo come Stato. Ma se Hezbollah ha queste colpe e responsabilità, Israele ha la precisa responsabilità, in accordo con le leggi di guerra, di cercare di minimizzare le vittime civili, e questo si applica anche al caso in cui i suoi avversari ricorrano all'uso di scudi umani.
Intanto, il resto del mondo continua a fare il tifo per l'uno o per l'altro come se fosse una partita di calcio.

27 luglio 2006

Sparare sulla Croce Rossa


O quasi. Fin dalla fondazione dell'ONU, il famoso casco blu raramente ha costituito una vera protezione, ed anzi, in più di un caso ha reso chi lo indossava un bersaglio preferenziale: basta ricordare i caschi blu irlandesi e indiani in Zaire durante la ribellione katanghese, i pakistani massacrati in Somalia dalla milizia di Aidid, i belgi uccisi in Ruanda durante il primo dei 100 giorni del genocidio dei Tutsi. E adesso i 4 MILOB in Libano, e i caschi blu indiani mandati a soccorrerli.

Mi spiace, ma non credo alla tragica fatalità, non credo ad errori nelle comunicazioni e non credo alla storia di Hezbollah che sparava da una postazione vicina.

Andando con ordine, non credo che gli israeliani non sapessero che lì c'era una postazione ONu da vent'anni e passa - queste postazioni fisse sono segnate su tutte le carte, soprattutto quelle in dotazione ad artiglieria ed aviazione su cui si pianificano le missioni di fuoco. A parte questo, la postazione è stata colpita quattordici volte nel corso della giornata, e gli osservatori, e il comando ONU, si sono messi in contatto con il comando israeliano dieci volte per chiedere di fermare il bombardamento. Per tutta risposta, l'aviazione israeliana li ha finalmente colpiti con una bomba a guida laser. Questo, fra l'altro, toglie subito di mezzo l'ipotesi che il comando israeliano stesse mirando a guerriglieri Hezbollah intorno alla postazione ONU: miravano proprio a quella, e l'hanno colpita con armi di precisione. Neanche un pilota iracheno potrebbe confondere una palazzina fortificata dipinta di bianco con un paio di camion con razzi Katyusha.

Perchè? L'intera comunità internazionale riconosce che, al di là delle considerazioni sulla forza impiegata, Israele ha ottime ragioni per colpire Hezbollah e cercare di toglierlo dallo scacchiere come forza militare; anche l'ONU, che pure ha criticato la reazione israeliana come sproporzionata, ha condannato con uguale forza (anche se con minore risonanza mediatica - ma non è certo per sua colpa) il comportamento criminale di Hezbollah che si fa regolarmente scudo di civili. Perchè Israele avrebbe voluto colpire quattro osservatori neutrali e mettersi istantaneamente dalla parte del torto?

Onestamente non so spiegarmelo: le sole ipotesi che si possono fare sono da fantascienza. Non credo che Israele abbia pianificato a tavolino violazioni tali della carta dell'ONU da richiedere l'allontanamento forzato di tutti gli osservatori (motivo per cui, storicamente, si spara ai caschi blu); non credo che le critiche, per giunta molto moderate, di Khofi Annan, abbiano stimolato la volontà, da parte israeliana, di un "avvertimento" - queste cose non succedono al di fuori dei film di spionaggio, e d'altra parte funzionano solo quando dirette ad entità che capiscono questo tipo di linguaggio, come Hezbollah - la comunità internazionale ha invece il vizio di moltiplicare per dieci le proprie critiche ogni volta che capita una cosa del genere.

Cosa rimane? Forse un ordine dato a più basso livello. Forse l'idea, che ha sempre serpeggiato in Israele, che gli stranieri in quanto tale sono nemici, o almeno potenzialmente ostili, e dovrebbero togliersi di mezzo da una crisi che non hanno mai capito e non hanno fatto che esasperare in mezzo secolo di coinvolgimenti. Forse una combinazione di esasperazione e paranoia ha portato qualcuno a credere che l'ONU stesse attivamente fornendo una copertura ad Hezbollah. Onestamente non ne ho idea, e non ho molta fiducia che la commissione d'inchiesta promessa da Olmert fornisca risposte credibili, come non ne hanno fornite in passato le inchieste sull'uccisione di giornalisti e volontari stranieri.

Una cosa è certa: se quei quattro osservatori li avesse uccisi un proiettile d'artiglieria siriano, stasera i carri armati USA e israeliani sarebbero già a Damasco.

P.S. Quanto scritto qui sopra non implica che vorrei vedere una forza multinazionale invadere Israele. Semmai vorrei vedere una forza multinazionale invadere il sud del Libano, disarmare Hezbollah e interporsi fra Tsahal e l'esercito Libanese - e in un mondo perfetto, sarebbe una missione sotto l'egida del capitolo VII della carta dell'ONU (peace enforcement: Corea, Gurkha in Katanga), non del capitolo VI (peacekeeping:
Bosnia, Ruanda). Quanto sopra intendeva semplicemente chiarire alcuni fatti dell'incidente appena accaduto, e criticare l'atteggiamento delle forze armate israeliane che sempre più spesso sembrano considerare ostile qualunque straniero che non sia un loro diretto alleato.