So da Uriel che in Italia è arrivata l'eco delle polemiche sulle affermazioni fatte la scorsa settimana dal Dr. Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury - la figura che nella Chiesa Anglicana è più vicina, per autorità dottrinaria, a quella del Papa nella Chiesa Cattolica.
Si rassicurino Mr. e Mrs. Uriel: non parlava da nessuna parte di introdurre la Sharia come legge dello Stato - questo è uno dei pochi casi in cui una figura pubblica può dire, in perfetta buona fede, "sono stato frainteso". Il povero Arcivescovo non voleva, come dicono i suoi accusatori, introdurre il taglio delle mani per gli scippatori di Camden o la lapidazione per tutte le donne che vanno agli office party di fine anno (in quanto, automaticamente, adultere) nè imporre il niqab alle ragazze-madri tredicenni delle case popolari di Wapping. Fra le altre cose, la legislazione inglese sui diritti umani lo impedirebbe, e comunque è il caso di ricordare che se qui ci sono due milioni di musulmani, alcuni dei quali vedrebbero con favore l'introduzione di queste misure, è anche vero che ci sono cinquantotto milioni di non-musulmani che probabilmente avrebbero qualcosa da ridire.
Williams, insomma, non ha mai parlato di imporre la Sharia per tutti. D'altra parte non è vero quello che dicono i suoi difensori, ossia che si riferiva al vecchio e onorato sistema delle corti arbitrali - un sistema per cui le controparti in una causa civile possono di comune accordo rivolgersi ad una terza parte estranea al tribunale civile, il cui giudizio diviene vincolante. È un sistema in uso ad esempio fra gli ebrei Haredi, che hanno i loro tribunali rabbinici, è un sistema a cui si ricorre in maniera praticamente formalizzata per tutto ciò che ha a che fare con la legge marittima - la corte arbitrale dei Lloyds - e così via. Williams non stava parlando di un sistema simile per delle corti islamiche basate sulla sharia, per il semplice motivo che questo sistema già esiste e decide regolarmente su questioni come divorzi, custodia dei bambini, eredità e simili, e Williams, che non è un cretino, lo sa benissimo.
L'Arcivescovo di Canterbury è persona colta e intelligente, ed oltretutto non stava parlando al mercato del pesce di Billingsgate ma agli avvocati della Royal Court of Justice. Non avrebbe parlato di "inevitabilità" per qualcosa che già esiste - così come non avrebbe definito "inevitabile" arrivare prima o poi al suffragio universale in UK; e non avrebbe insistito tanto nel suo discorso sulla questione dell'affiliazione religiosa come criterio per decidere la giurisdizione. In altre parole la possibilità che veniva ventilata non era quella di scegliere se far decidere del proprio divorzio ad un imam o ad un giudice civile (cosa che, lo ripeto, già succede), ma quella di avere giurisdizioni separate non scelte dai cittadini ma delimitate dalla loro affiliazione religiosa.
Che posso dire? Credo che il polverone innalzato intorno a quest'uscita sia esagerato. Da un lato, non è la prima volta che un'autorità religiosa ventila una simile possibilità, anche se di solito si tratta di imam che si riferiscono ad enclavi da rendere interamente musulmane, e credo sia la prima volta che un simile appello arrivi da un'autorità di un'altra religione; dall'altro, mi sembra di capire che alla maggior parte di quelli che sarebbero sottoposti a questa legislazione civile separata la cosa stia più che bene - almeno, abbastanza bene da non fare un fiato; in mezzo, gli editorialisti del Guardian e dell'Independent fanno a gara a informarci che il concetto che "la legge è uguale per tutti" è troppo occidentale per essere imposto ad altre culture, e che l'apartheid, se lo chiami multiculturalismo, diventa progressista.
C'è una sola cosa che non mi è ancora chiara, però: qualcuno a Canterbury mi legge, o sono diventato un profeta?