How to be evil
How to be good è il titolo di un bel libro di Nick Hornby (autore di About a boy, credo che in italiano sia stato tradotto come Un ragazzo), che parla di cosa significhi essere una "brava" persona. Una donna che ha sempre creduto di essere tutto sommato "buona" - fa il medico per il servizio sanitario pubblico, ricicla, fa volontariato - è testimone del cambiamento di suo marito conseguente all'incontro con un santone - da cinico egoista, l'uomo si trasforma in una persona veramente buona secondo gli stessi principi che lei afferma di cercare di seguire: dà via i giocattoli del figlio a chi ne ha più bisogno, smette di consumare risorse non rinnovabili (tutte), adegua i suoi consumi a quelli che sarebbero se si dividesse esattamente la ricchezza del pianeta fra tutti quelli che ci vivono. Il risultato è a tratti esilarante ed allarmante - soprattutto per quelli di noi che hanno sempre cullato l'illusione di essere, appunto, buoni.
A volte ho l'impressione, da quando mi sono trasferito in questo Paese, di star seguendo il percorso esattamente opposto. Quando ero in Italia ero un dipendente pubblico; ho lasciato il lavoro perchè mi ci trovavo male, anzi malissimo, volevo provare un modo di lavorare diverso, con maggiori responsabilità, ma senza passare per il periodo di servitù della gleba che in Italia sembra essere propedeutico a qualunque lavoro serio nel settore privato (almeno nel campo dell'informatica), così mi sono trasferito all'estero, in un Paese in cui il lavoro nell'informatica si trovava senza grosse difficoltà. Primo passo verso il Male: dal pubblico al privato.
Il primo lavoro qui non era male: la compagnia lavorava nel settore dei media, si occupava di content management ed aveva clienti come Sony, Warner Music, MTV, media alternativi, piccole compagnie di produzione indipendenti di Notting Hill. Faceva parte di una scena culturalmente attiva, interessante, poi avevamo gli uffici fra Camden Town e Primrose Hill e andavamo a bere nello stesso pub in cui Ewan McGregor occasionalmente si sbronzava e faceva a pugni col primo che capitava. La compagnia era anche sempre in rosso (è finalmente fallita poco dopo che l'ho lasciata), più per scarse capacità di gestione che per mancanza di lavoro, comunque si trattava di un lavoro moralmente accettabile, anche se lavorare per grosse case discografiche come Warner e Sony (erano gli anni di Napster e del DMCA, ricordiamocelo) qualche remora morale la causava. Ad ogni modo potevo mettere a tacere la mia coscienza: aiutavamo piccole case ad emergere o a stare a galla, ospitavamo i siti di produzioni teatrali alternative, spesso per una miseria, quando pure il boss si ricordava di farsi pagare, e insomma eravamo, appunto, ancora buoni.
Col secondo lavoro ho fatto un altro passo verso il Male: sono andato a lavorare nella City, centro nodale della finanza internazionale. Lavoravo (lavoro ancora) per una multinazionale americana (altro passo in direzione del Male) che fornisce servizi a banche d'investimento. Posso ancora, con qualche difficoltà, mettermi a tacere la coscienza: quello che facciamo è produrre sistemi per permettere alle aziende di non violare la legislazione Sarbanes-Oxley, introdotta negli USA per impedire altri scandali à la Enron/Worldcom, e sistemi per la valutazione del rischio; in altre parole, col mio lavoro (mi dico) faccio sì guadagnar soldi a Merrill Lynch, JP Morgan, Morgan Stanley, ma faccio anche rispettare le leggi che dovrebbero proteggere i piccoli risparmiatori, e con gli strumenti di valutazione del rischio aiuto a proteggere i grandi fondi pensione, i piccoli risparmiatori che si affidano alle banche o alle grandi investment houses, chi sottoscrive polizze vita. Insomma, è un po' tosta, ma la mia coscienza non rimorde ancora troppo.
Adesso c'è un problema: starei cambiando lavoro. Voglio dire, io e Mrs. Inminoranza abbiamo deciso che basta perder tempo, è il caso di comprar casa, finalmente; qui l'entità del mutuo che le banche ti concedono è strettamente legata all'entità del tuo stipendio, e con i prezzi degli immobili a Londra, se vuoi una casa in un quartiere appena decente, vicino a scuole decenti (il gene egoista preme), di dimensioni decenti - niente di speciale, stanza da letto, soggiorno, sala per i server, che Mrs. Inminoranza continua curiosamente a chiamare "stanza del bambino" - devi guadagnare letteralmente una fortuna. Per capirci, per comprar casa nel quartiere in cui vivo adesso ci vuole come minimo un reddito annuo (lordo) di circa 60-70.000 sterline o un reddito familiare (per un mutuo congiunto) di 80.000 sterline. A meno di essere un chirurgo, un avvocato o roba del genere, c'è praticamente un solo modo per guadagnare quel genere di soldi a Londra; lavorare nella City per una banca d'investimento.
Passo finale: andare a lavorare direttamente per l'Impero del Male, JP Morgan, Deutsche Bank, Goldman Sachs, per quelli che decidono le sorti di intere economie, che ci hanno regalato la bolla delle dot com, il debito africano, il crollo delle economie orientali, i "pacchetti" della World Bank e del Fondo Monetario Internazionale.
Mentre studio e mi preparo per i colloqui, continuando a ripetermi che quegli stipendi e quei bonus significano una bella casa, belle vacanze, una buona scuola per un eventuale figlio, magari anche una scuola privata alle superiori, e poi Cambridge, Oxford o il King's College senza costringerlo/a ad indebitarsi col prestito universitario, non riesco a non pensare a quella vecchia barzelletta del tizio che si rivolge alla donna seduta vicino a lui al bancone del bar e le chiede "Signora, me la darebbe per 100 Euro?" "Ma come si permette?! Certo che no!" "E per 1000?" "Ma la finisca e mi lasci in pace! Non si permetta!" "E per un milione di Euro, me la darebbe?" "Beh, per un milione... insomma..." e l'uomo sospira e fa "Lo vede, signora? Le puttane ci sarebbero, sono i soldi che mancano"