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venerdì 12 marzo 2010

Uno di quei giorni...


Ci sono quei giorni che ad un certo punto cominciano a prendere una piega "sbagliata". Intendiamoci io non credo alla sfiga cosmica. Di solito diamo un possente contributo alla medesima con le nostre azioni. Però qualche volta un dubbio mi viene. Prendiamo ad esempio la giornata che sta per chiudersi, qui da me sono quasi le 11pm, in Italia sono quasi le 5am, quindi per voi altri è bello che cominciato il nuovo giorno, ma per me ancora no.
Analizziamo serenamente la giornata:
  • Sveglia intorno alle 6:30 ora locale, preparazione del caffé e della colazione con contemporanea accensione del computer.
  • Plin da skype. Cose lavorative italiane da considerare. Un "già che sei lì" di qualche furbastro che fa finta di ignorare il fuso orario.
  • Bestemmia che non viene riprodotta in chat, mi occupo delle rogne italiane e faccio colazione.
  • Lavoro a un programma che deve fare certe cose e non le sta facendo, anzi mi spernacchia fuori dei risultati talmente brutti che alle 7:30 già mi viene da piangere.
  • Ri-plin da skype. Stiamo organizzando un viaggio di lavoro, il mio collega e amico con cui devo partire mi cerca per comprare i biglietti on-line sul sito alitalia. Il sito non accetta la mia carta di credito, controllo la disponibilità e ce n'è quanta ne voglio. Soprassediamo.
  • A fine mattina, con le pive nel sacco per quanto riguarda il software, vado a raggiungere gli americani. E qui c'è una parentesi gradevole, tra discussioni di lavoro e pranzo con risate.
  • Rientro in ufficio, arriva un'email. La riunione telematica che si doveva tenere non si può tenere per ragioni che non mi è dato sapere. Il dio della burocrazia ha deciso che per decidere quel che c'era da decidere, non sarebbe abbastanza legale farlo per via telematica. Mi sostituiranno nel gruppo che deve decidere. Annuisco allo schermo e rispondo che per me va bene anche se non capisco perché.
  • Arriva un'altra email, l'e-shop di libri a cui ho ordinato un regalo per un amico non lo trova e mi cancella l'ordine. Annuisco allo schermo.
  • Continuo a lavorare, a combattere con il codice, con l'ambiente di programmazione che sto usando, a dare la testa nel muro. Si fanno le 8pm e non ho risolto un cazzo.
  • Faccio caso alla mancanza di comunicazione con un paio di persone a cui voglio bene. Mi intristisco, anche parecchio ad essere onesti.
  • Passa uno degli americani, il mio preferito, e andiamo a mangiare qualcosa, siamo lessi, ma veramente lessi. Però mi tiro un po' su di morale.
  • Mi riporta alla macchina, guido in trance sotto un'acqua battente fino ad approdare al residence dove sto. Non trovo la chiave della stanza. Ho la visione della medesima sul tavolo dell'ufficio (contributo alla sfiga numero 1). Vado al front desk, aspetto che finiscano un check in, mi faccio fare una copia della chiave (magnetica).
  • Entro nella stanza e penso "finalmente...." (sospiro). Mi rendo conto di avere le scarpe piene di fango, sono finita in un'aiuola andando alla macchina. Bene, che sarà mai! prendo un bel po' di carta e le pulisco, appoggio il malloppo schifoso di lato e mi giro con movimento evidentemente sbagliato, il malloppo cade nella tazza e neanche me ne rendo conto. Tiro l'acqua (contributo alla sfiga numero 2). Si ottura la tazza.
  • Piango? non piango? no non piango. Da sotto il lavandino prendo lo sturalavandini. Lo uso e non succede assolutamente nulla. Piango? ... no non piango. Echecazzo siamo negli States no? c'è qui accanto il supermarket aperto 24 ore, vado. Piove. Entro e passo mezz'ora a leggere le etichette di tutti i liquid plummer (idraulico liquido), extra-super-powerful clogs removal (extra-super-potente elimina intasamenti) che riportano immancabilmente la scritta "do not use in toilets". Piango? no non piango, ancora je la posso fare. Vado al front desk, parliamo, pensiamo, cerchiamo del fil di ferro, non lo troviamo, ci rassegnamo. La signorina, gentilissima, mi dice "cerco una stanza libera e le do la chiave, lei vada su che la chiamo appena trovo". Vado.
  • Entro e vado in bagno, guardo la tazza, guardo lo sturalavandini, ci fissiamo intensamente e "no non la puoi avere vinta tu!" acchiappo lo sturalavandini e per 10 minuti buoni faccio del sano esercizio fisico.
Avete idea di cosa sia la gioia pura? io adesso sì: una tazza otturata che di colpo si stura alle 11pm di una giornata di merda.




sabato 6 marzo 2010

Lontano da

Sono le nove di sera di un venerdì americano. Sono qui da qualche giorno, a lavorare; niente vacanze al momento, solo l'intensità del lavoro con altri e del poco tempo a disposizione. Sono le nove di sera qui, in un altro mondo, in un luogo così lontano dal mio quotidiano, da sembrarmi un altro pianeta. Eppure ci sono venuta spesso in questo paese. Ma qui, in questa città, erano tre anni che non ci venivo. Sono qui a chiudere un cerchio, un mandala fatto di eventi impensabili, un oggetto creato dall'improbabile più che dal probabile. Un oggetto fatto di minuti, ore, giorni, anni, che sono trascorsi da allora e hanno fatto di me, oggi, qualcosa che non si poteva immaginare tre anni fa.
Cammino tra i boschi, guido per queste strade, parlo con le persone di qui. Come tre anni fa, con la stessa voce, gli stessi occhi, eppure è tutto diverso. La casa a cui tornerò è un'altra, gli amici a cui tornerò sono diversi, anche coloro che sono qui hanno vissuto cambiamenti straordinari, per loro come per me, chi contava non conta più e chi sembrava non poter mai essere vicino, ora lo è, o almeno così sembra.
Il mandala si completa, i granelli di sabbia colorata che lo compongono stanno andando al loro posto. Resteranno là, nel disegno di ciò che è stato, fino al soffio di vento che li riporterà al loro essere solo sabbia. Altri granelli già scorrono tra le dita, vanno, con il tocco dei minuti presenti, a comporre la nuova immagine, quella di cui ancora non so neppure intuire il colore.

presa da qui

sabato 5 luglio 2008

Vacanze 3: il 4 luglio


Siamo al gran giorno, la super-mega-festa-nazionale the Independence Day, ovvero il 4 luglio. Le feste nazionali, sopratutto se cadono d'estate, hanno un tratto fondamentale in comune in tutto il mondo occidentale: si mangia e lo si fa all'aperto. Essendo negli stati uniti dove ogni cosa va fatta in grande, si mangia tantissimo. In particolare si procede al sacro-barbeque-del-4-luglio. E' quasi un rito religioso, tutti ma proprio tutti, anche i più strampalati tra i cittadini americani si armano di cibo vario, forchettoni, gadget tipo termometro per verificare se la carne è cotta, carne varia, pentole e pentole portate da tutti gli invitati con cibo di ogni genere.

Di solito in famiglia c'è sempre uno zio o un cugino che è sicuro di essere il migliore nel condurre a buon fine una sessione di BBQ (barbeque), tutti lo temono perchè di solito brucia tutto, anche gli hot dog e il pollo (e ce ne vuole!). Iniziano allora manovre varie per distrarre il congiunto in questione affinché il vero/a cuoco da BBQ della famiglia possa prendere il controllo e salvare la situazione, importante però è che lo zio/cugino non se ne abbia a male, in fondo è festa.
Il BBQ comincia prestino, alle 15 di solito, meglio saltare il pranzo, tanto per non finire in coma diabetico a fine serata. In molti casi scorrono fiumi di birra, ma nel nostro 4 di luglio fa un gran caldo e il gruppo familiare che ci ha adottato non beve, non bevono più alcool, semplicemente. Certo tutti i liquidi devono avere le bollicine, l'acqua liscia te la vai a prendere quasi di nascosto insieme a pochi altri e ti vergogni anche un po'. Però il cibo è ottimo, la compagnia piacevolissima e coloratissima sia negli abiti che nelle etnie di provenienza. Quando poi comincia a calare la sera si parte con le danze da sprigsteen ai greatest hits motown c'è sempre qualcuno che sa la canzone a memoria e si finisce in una specie di karaoke dissonante. Qualunque italiano nato da Roma in giù si sentirebbe a casa.
La serata ha una sua chiusura ufficiale come in tutte le feste estive: i fuochi d'artificio. Da noi li fanno a tarda notte ma qui si comincia e si finisce prima. Sparano sull'acqua da una barca, magnifici.

HAPPY 4th OF JULY!

venerdì 4 luglio 2008

Vacanze 2






Ebbene sì lo ammetto: a me gli stati uniti piacciono. Non fraintendiamoci, il loro sistema sanitario nazionale mi fa orrore, la loro politica estera mi fa schifo e la american way of life non credo proprio faccia per me (ci ho provato a farmela piacere ma non ce l'ho fatta). Però il paese mi piace. Ci abitano 300milioni di persone, è un paese immenso e quindi ci si trova di tutto. La diversità (in senso biologico e culturale) che lo caratterizza lo rende uno dei posti più affascinanti del pianeta. Prendiamo ad esempio un altro pezzetto di questa mia (favolosa per me) vacanza americana.
Mi sveglio presto, un po' il jet lag, un po' è sempre così. Con onesy (il gatto) prendo il caffè e facciamo un giretto in giardino, tanto per vedere se la magnolia continua ad essere bella. I miei amici devono andare a lavorare, quando si svegliano ragioniamo insieme su cosa potrei fare nel frattempo. Ho a disposizione una macchina (è di uno dei figli del gallese che al momento è altrove), quindi posso andare ovunque. Ma il pensiero corre alle cose che non si fanno mai nella vita normale, sei sempre troppo di corsa e piena di pensieri: mi vado a fare manicure e pedicure. La maestra di yoga propone un posto, il gallese mi disegna una mappa e mi da indicazioni, so che mi perderò, non mi ha mai dato indicazioni stradali comprensibili... metto a fuoco un paio di punti essenziali e mi avvio. La macchina non ha il cambio automatico e questo mi rilassa, mi perdo come previsto, ma grazie ad un paio di punti fondamentali trovo il luogo.


Bisogna ricordare che negli US vige il culto-dell'unghia-perfetta, non ho mai capito perché ma così è, quindi in un posto dove fanno mani e piedi ti fanno di tutto: massaggio piedi con acqua turbo, massaggio alle gambe, piedi e mani... insomma un'esperienza dell'altro mondo.
Per tornare ci metto un po' dato che mi ri-perdo, ma non ho niente da fare e così mi godo il vagabondare tra villette e prati. Dopo un po' la maestra di yoga torna e si parte per la sua casa al mare, long beach island. Di nuovo un posto incantato. Una baia di acqua bassa con isolette flottanti piene di uccelli marini che fanno il nido là per la stagione. Quando vedo gli uccelli mi rendo conto che sono davvero dall'altra parte dell'oceano, a parte i gabbiani e qualche airone, non ne riconosco uno.
La casa è piccola, molto carina e con un giardino curioso pieno di oggetti particolari e statue orientali. Si respira un'atmosfera pacifica e rasserenante, pochi rumori, il vento.
Andiamo a passeggiare, incontriamo pescatori sfigati e strani cartelli.

Poi ci immergiamo tra le dune e la macchia per emergere accanto al faro, il cielo azzurro intenso, la marea che sale veloce, il colore dell'edificio, per me è come un film al rallentatore. Mi sento tornare viva e mi godo ogni singolo respiro.

Tornando verso casa ci fermiamo al negozio di souvenir, non che se ne vogliano comprare ma lei sostiene che questo negozio vende alcuni tra gli oggetti più kitsch del mondo e vuole mostrarmeli. Ha perfettamente ragione, il primo premio lo vince la palla di vetro con neve messa nella bocca di uno squalo di plastica azzurra e con un surfista basculante all'interno. E' già nella rubrica del "mai più senza".
Arriva il gallese si va a cena (ottima) e poi a dormire, la luce del faro lambisce i miei piedi mentre il rumore del mare mi culla in lontananza.
La mattina la maestra di yoga prende u aereo per andare a trovare nipoti vari, io e il gallese optiamo per un'uscita in kajak nella baia. Due ore a remare, chiacchierare e ciondolare in mezzo alle isolette e agli uccelli marini. Si fanno programmi sul seguito. Io voglio andare a New York, desidero fare alcuni giri ed andare a seguire un paio di lezioni che si terranno nel pomeriggio su cose di mio interesse specifico. Allora rapido pranzo e di corsa alla stazione degli autobus. In un'ora e mezza sono a Port Authority sulla 42nd strada. Un delirio!
Dalla quiete assoluta al casino metropolitano più completo. Ma è una bella giornata, calda, ventosa e secca, si cammina bene. La diversità di cui sopra è tutta lì davanti ai miei occhi, gente di ogni colore, razza, idee e quant'altro gira per la strada, l'unica cosa che hanno in comune è il cellulare... tutti parlano al telefono tranne quando attraversano, manco fossimo a Roma!
Cammino, mi fermo in un caffè perché è ancora presto, bevo caffè freddo e guardo la gente, gli oggetti, il movimento. Qui ci ho vissuto tanti anni fa, mi piaceva allora e mi piace adesso, per me New York è un concentrato del mondo metropolitano, ci sono pezzetti di tutte le città, da Delhi a Roma passando per Parigi e Tokyo, un specie di brodo concentrato del mondo.

Seguo le mie lezioni, poi raggiungo il gallese che insieme a uno dei figli e ad un suo amico mi aspettano per andare a cena. L'amico è uno strano e simpatico personaggio, un omone vero WASP cioè bianco, alto borghese americano, ma parecchio anticonvenzionale. Fuori da ogni cliché sul genere. Fumatore, bevitore e gourmet, infatti propone lui il ristorante
Be' se qualcuno vi dice che negli Stati Uniti si mangia male non credetegli, sopratutto se si parla di New York. Cena a quattro stelle!
Ci si saluta magari domani si va al mare insieme, torniamo nel New Jersey. Mi fermo a pensare un momento: ma dove altro al mondo avrei mai potuto passare una giornata così, in cui si va dalla natura più pura e pulita al casino metropolitano totale senza alcuno sforzo?
E sopratutto, che voglio di più dalla vita?

martedì 1 luglio 2008

Vacanze 1


Si avvicina il momento del compleanno. Un senso di sottile panico avanza, avrò la forza per non passarlo in lacrime? I motivi per piangere sono due in realtà, in comune hanno la separazione subita, uno è l’abbandono di cui ad altri post, l’altro motivo è l’assenza di mia madre morta improvvisamente qualche anno fa, altra assenza che diventa continuamente presenza.
La soluzione mi salta agli occhi un pomeriggio durante una telefonata con il mio amico gallese che vive in New Jersey, continua a dirmi vieni qui, quest’anno non riesco a passare io e tu hai bisogno di coccole. Ha ragione da vendere compro il biglietto per gli stati uniti. E così poco dopo il rientro dal Canada, con ancora il fuso orario mezzo sballato, riattraverso l’oceano. Questa volta il viaggio è tranquillo, si dormicchia, si masticano gomme alla nicotina e quando tiro fuori le sigarette finte faccio amicizia con metà dei fumatori presenti che me ne chiedono una, si ride e si scherza sulla nostra addiction/dipendenza” a seconda della nazionalità del fumatore. All’arrivo c’è il gallese con la sua compagna che mi aspettano con un bicchierone di te verde freddo. Sono persone per me molto speciali, lei insegna yoga e lui è uno scienziato, allegria e serenità te la comunicano anche solo con uno sguardo.
Il programma per i primi giorni, incluso il fatidico compleanno, prevede un viaggio verso il nord dello stato di New York e il Vermont. La prima sosta è in un ashram nelle catskill a fare yoga, poi si guiderà per ore e andremo a Jeffersonville Vermont dove ci raggiungerà anche un’altra mia specialissima amica che vive a Houston, lei è dell’Arkansans ed è un’altra di quelle persone speciali che la vita di mette davanti per amarle.
La zona delle catskill è parecchio sottosviluppata, il posto dove andiamo si trova accanto ad un paesino a prevalenza hassidim, il venerdì è un casino con tutti che corrono a destra e a manca perché poi arriva il sabbath e quindi tutti fermi come sassi.



L'ashram è un posto incantato e fuori dal tempo dove si pratica yoga 4 ore al giorno, si fa vita comunitaria, si medita etc. etc. io sono stanchissima tendo ad addormentarmi ovunque ma lo yoga mi piace e mi rilassa, poi farlo all'aria aperto è particolarmente piacevole. Lo yoga non è una mia pratica quotidiana, ma l'ho praticato per diversi anni e rinnovare questo "incontro" mi mette di buon umore.
Lavo piatti, cerco di stare sveglia durante la meditazione, faccio lunghe passeggiate per fumare di nascosto, dato che qui sono banditi tutti i vizi, dall'alcool, alla nicotina passando per la caffeina le cipolle (?) e l'aglio(?). Intorno boschi, silenzio e io dormo come un sasso, pare che durante la notte sia pure partito l'allarme anti incendio ma io non ho sentito nulla.
Rigenerati nel corpo e nello spirito, partiamo alla volta del Vermont. Ovviamente la prima sosta riguarda caffeina e bevande varie, per il viaggio si dice, ma in realtà il gallese è in crisi d'astinenza da caffeina. Si guida per ore e ore, piove che dio la manda, io continuo a dormire sul sedile posteriore. Poi si apre il cielo e siamo arrivati. Montagne, prati verdi, boschi ancora diversi e soprattutto c'è anche la mia amica dell'arkansans. Ci si abbraccia e si fa festa, lei contrariamente ai miei compagni di viaggio, gente allegra ma contenuta nei modi, mi somiglia nel modo di fare: facciamo un gran casino quando siamo insieme, ridiamo forte, parliamo ad alta voce, gesticoliamo. Insomma siamo due terrone!
Dormiamo in un bel posto gestito da una coppia gay (Mary e Moiran), un B&B dove il breakfast vale fino alla cena. Arriva il compleanno e mi dico che sono stata saggia. Passo una giornata spettacolare, tra passeggiate, negozietti, mercatini e chiacchiere, per concludere con una splendida cena con tanto di torta speciale (sorbetto alla sangria con candelina annessa).
Sono contenta come non mi succedeva da tempo, la malinconia è cancellata dalla bellezza del posto e dalla compagnia.
E' arrivato il momento di ripartire, noi torniamo in New Jersey, la mia amica va a recuperare la figlia a Lake Placid e ritorna al sud. Ci promettiamo di rifare qualcosa del genere magari l'anno prossimo, lei poi ha una vita faticosa e non facile, le auguro davvero ogni bene e cose belle. Risaliamo in macchina. Si guida in mezzo alla campagna, il cielo è di un azzurro vivissimo con nuvole bianche che corrono via, niente inquinamento qui.
Attraversiamo Lake Champlain con il ferry, imbocchiamo la highway verso sud e si guida per tutto il giorno. Alle 5 del pomeriggio dopo quasi 8 ore di macchina siamo a casa. Il gatto one-eye detto onesy ci accoglie facendo feste da cane con salti e giravolte. Vediamo cosa ci inventiamo per domani. Buon compleanno a me!