E' tutta la vita che dormo poco. Di solito mi sveglio molto presto, dopo 5/6 ore di sonno. A volte però è la sera che non riesco a prendere sonno. Ascolto i rumori della strada, la testa vuota non vuole concentrarsi sul libro che ho in mano, ascolto i rumori delle case vicine, pochi, rari sprazzi di compagni di veglia. Tento un giro tra i pochi canali che si vedono sul mio televisore di fortuna, ma anche su quelli l'attenzione non si ferma. Se fa caldo scendo e vado un po' in giro per il quartiere, incrocio barboni di ogni razza, turisti ubriachi e canterini, auto, tram, bus semi vuoti. Cammino un po', mi fermo in posti belli come Santa Maria Maggiore e guardo la chiesa, la piazza vuota, mi fermo lì finché qualche ubriaco non si mette a pisciare a 30 centimetri da me o il barbone di turno si mette a raccontarmi la sua vita. Allora mi alzo e torno verso casa. Il sonno continua a latitare, so che il giorno dopo sarò stupida, non me ne importa respiro la notte e mi metto a leggere poesie.
Prendimi fra le braccia, notte eterna,
e chiamami tuo figlio.
Io sono un re
che volontariamente ha abbandonato
il proprio trono di sogni e di stanchezze.
La spada mia, pesante in braccia stanche,
l'ho confidata a mani più virili e calme;
lo scettro e la corona li ho lasciati
nell'anticamera, rotti in mille pezzi.
La mia cotta di ferro, così inutile,
e gli speroni, dal futile tinnire,
li ho abbandonati sul gelido scalone.
La regalità ho smesso, anima e corpo,
per ritornare a notte antica e calma,
come il paesaggio, quando il giorno muore.
(Fernando Pessoa, Abdicazione)
e chiamami tuo figlio.
Io sono un re
che volontariamente ha abbandonato
il proprio trono di sogni e di stanchezze.
La spada mia, pesante in braccia stanche,
l'ho confidata a mani più virili e calme;
lo scettro e la corona li ho lasciati
nell'anticamera, rotti in mille pezzi.
La mia cotta di ferro, così inutile,
e gli speroni, dal futile tinnire,
li ho abbandonati sul gelido scalone.
La regalità ho smesso, anima e corpo,
per ritornare a notte antica e calma,
come il paesaggio, quando il giorno muore.
(Fernando Pessoa, Abdicazione)