A volte le cose vanno in direzioni dolorose. La paura vince sul coraggio, l'immobilità sul moto, l'acqua del fiume della vita incontra un ostacolo che l'arresta. Si crea uno stagno e qualcuno ci cade. Quelle acque ferme sono fredde, scure e non generano. Cadiamo in questi stagni che creiamo noi, ci facciamo catturare dalla paura, dal timore di cambiare, dai luoghi più asfittici della nostra anima, ci facciamo imprigionare. Rifiutiamo di vivere ciò che arriva ed è prezioso pur di non correre rischi o di modificare qualcosa.
Personalmente ho combattuto strenuamente questi momenti, i miei momenti così, vedendoli come abissi, come mostri che mi tarpavano le ali, come momenti di infinita vigliaccheria che, quindi, da un certo momento in poi, ho cercato di superare. Io non scappo quasi mai. Preferisco affrontare tutto quello che la vita mi da e cerco di viverlo fino a reale esaurimento, fino a quando sento che tutte le possibilità sono state esplorate e davvero non c'è più niente da dire o fare. In passato cercavo, disperatamente e strenuamente, di convincere chi avevo intorno e cadeva nello stagno, ad uscirne. Ci ho messo l'anima in tante occasioni, mi ci sono scaricata le batterie di riserva fino a restare senza forze. Poi, sono invecchiata. Così, ora, se qualcuno che mi è caro cade in un suo stagno, anche se questo mi fa male, mi addolora, lo lascio lì. Non combatto battaglie, non cerco di trainare chi non lo vuole, magari aspetto, per un po', sulla riva. Questi stagni non sono eterni, il fiume preme e la vita continua. La bellezza del vivere crea dei salvagente, lo fa da sé, senza che io mi affanni.
Certo per un po' chi è nello stagno lo perdi. E' là nell'acqua ferma, non vuole scorrere e quindi non può camminare con te, e questo addolora. Ma se sei nel fiume c'è sempre qualcosa che scorre con te, che ti felicita, ti accoglie. Come una cena con amici, qualcuno più caro di altri, che magari cucina, cucina bene e sa cosa tu puoi o non puoi mangiare, e adatta le ricette e ti fa i tournedos alla rossini e l'antipasto e la zuppetta di farro e il millefoglie alla frutta destrutturato... e così anche la tristezza va e la vita scorre.
Personalmente ho combattuto strenuamente questi momenti, i miei momenti così, vedendoli come abissi, come mostri che mi tarpavano le ali, come momenti di infinita vigliaccheria che, quindi, da un certo momento in poi, ho cercato di superare. Io non scappo quasi mai. Preferisco affrontare tutto quello che la vita mi da e cerco di viverlo fino a reale esaurimento, fino a quando sento che tutte le possibilità sono state esplorate e davvero non c'è più niente da dire o fare. In passato cercavo, disperatamente e strenuamente, di convincere chi avevo intorno e cadeva nello stagno, ad uscirne. Ci ho messo l'anima in tante occasioni, mi ci sono scaricata le batterie di riserva fino a restare senza forze. Poi, sono invecchiata. Così, ora, se qualcuno che mi è caro cade in un suo stagno, anche se questo mi fa male, mi addolora, lo lascio lì. Non combatto battaglie, non cerco di trainare chi non lo vuole, magari aspetto, per un po', sulla riva. Questi stagni non sono eterni, il fiume preme e la vita continua. La bellezza del vivere crea dei salvagente, lo fa da sé, senza che io mi affanni.
Certo per un po' chi è nello stagno lo perdi. E' là nell'acqua ferma, non vuole scorrere e quindi non può camminare con te, e questo addolora. Ma se sei nel fiume c'è sempre qualcosa che scorre con te, che ti felicita, ti accoglie. Come una cena con amici, qualcuno più caro di altri, che magari cucina, cucina bene e sa cosa tu puoi o non puoi mangiare, e adatta le ricette e ti fa i tournedos alla rossini e l'antipasto e la zuppetta di farro e il millefoglie alla frutta destrutturato... e così anche la tristezza va e la vita scorre.