E' sabato, sono quasi le due, stai correndo verso la stazione mentre mentalmente mandi al diavolo tutto e tutti. Sono giorni e giorni che aspetti questo momento, che te lo sei organizzato, che te lo sei promesso, a te e agli amici che ti aspettano. La vita fa del suo meglio per farti mancare la promessa, il tuo personale Titanic che sta affondando, la zia che s'agita, il frullatore che cerca di ri-catturarti per tritarti ancora una volta. Ce la fai, salti sul treno ad alta velocità e ora lo sai: tra un'ora sarai a Napoli. Non puoi dire che Napoli ti piaccia, non sarebbe esatto, se ci vai per lavoro ammazzeresti i colleghi locali, non ce n'è uno o una con cui divideresti un panino, figuriamoci una giornata lavorativa. Rappresentano la summa dei difetti orridi del luogo: arroganza che maschera incompetenza, approssimazione, passione per l'intrigo e l'azione furbesca. La città è un vero casino, cose meravigliose lasciate a crollare su se stesse, angoli di pura poesia inzzaccherati di monnezza. Insomma lo sai che è tutta vera la retorica del degrado che si racconta. E allora perché ci tieni tanto ad andare? Perché in fondo e neanche tanto in fondo, sei innamorata di quel gran casino e, sopratutto, a Napoli hai alcuni amici che ami profondamente e da tantissimo tempo. Con loro ti sei scambiata la promessa di vedervi almeno una volta l'anno. Magari per una sola giornata, ma almeno quella giornata deve esserci. Loro, come la maggior parte dei tuoi amici, sono abbastanza normali e quindi hanno figli, famiglia, quindi di solito vai tu. Certi anni la città non la vedi per niente, ti chiudi con loro da qualche parte e parlate per ore, vi raccontate fatti, impressioni, vi date consigli, rievocate soggiorni americani condivisi, vacanze insieme e progettate un futuro. Poi loro cucinano ed è sempre Natale pure se è agosto, dopo la visita vi ci vuole una settimana di dieta. Altre volte vi date all'esplorazione, diventi tu occasione per lanciarsi alla scoperta e ri-scoperta della città, del centro, del decumano e dei vicoli. Da Soccavo partite in spedizione, armati di ogni genere necessario alla gestione dei bambini e via a camminare nel casino, nei colori, nella monnezza e a riempirvi gli occhi di gente e cose.
Mentre il treno cammina veloce ti chiedi come sarà quest'anno. C'è tristezza nell'aria, tutti lo siete un po'. Ognuno ha il suo di Titanic in affondamento, tutti vi sentite precari, instabili. Però lei te lo ha detto "Vieni, vieni che ci fa bene a tutti, a te e a noi". Arrivi e c'è Napoli centrale, c'è il sole e un cane che dal binario ti accompagna alla metro, ti guarda e ti precede, se ti fermi si ferma, aspetta mentre cerchi un biglietto per l'autobus, biglietto che alla fine ti vende un signore gentile perché tutte le rivendite li hanno finiti e le macchinette sono rotte. Il cane ti aspetta, chissà perché tu lo segui, va giù per le scale, si districa nel labirinto generato dai lavori di ristrutturazione, ti porta a colpo sicuro al binario. Poi se ne va. Prendi il treno metropolitano, scendi a montesanto dove c'è la stazione nuova, non l'avevi ancora vista ed è bellissima. Sembra fatta d'aria. Sali sul treno della cumana e sei da loro. Per ventiquattrore sei lì, vi raccontate i rispettivi affondamenti, i desideri di fuga, scacciate la malinconia con il baccalà e il buon vino. Andate a passeggiare alle Terme di Baia, a guardare un fico che cresce a testa in giù tra le rovine di un'edificio romano. Poi corri di nuovo, questa volta superi ogni tuo record e salti sul treno mentre le porte si chiudono, non li avresti voluti lasciare.
Mentre torni la solita canzone ti suona in testa, la canti piano piano, ne richiami la malinconia e intanto speri che proprio quella malinconia che hai dentro muoia sui binari.
Mentre il treno cammina veloce ti chiedi come sarà quest'anno. C'è tristezza nell'aria, tutti lo siete un po'. Ognuno ha il suo di Titanic in affondamento, tutti vi sentite precari, instabili. Però lei te lo ha detto "Vieni, vieni che ci fa bene a tutti, a te e a noi". Arrivi e c'è Napoli centrale, c'è il sole e un cane che dal binario ti accompagna alla metro, ti guarda e ti precede, se ti fermi si ferma, aspetta mentre cerchi un biglietto per l'autobus, biglietto che alla fine ti vende un signore gentile perché tutte le rivendite li hanno finiti e le macchinette sono rotte. Il cane ti aspetta, chissà perché tu lo segui, va giù per le scale, si districa nel labirinto generato dai lavori di ristrutturazione, ti porta a colpo sicuro al binario. Poi se ne va. Prendi il treno metropolitano, scendi a montesanto dove c'è la stazione nuova, non l'avevi ancora vista ed è bellissima. Sembra fatta d'aria. Sali sul treno della cumana e sei da loro. Per ventiquattrore sei lì, vi raccontate i rispettivi affondamenti, i desideri di fuga, scacciate la malinconia con il baccalà e il buon vino. Andate a passeggiare alle Terme di Baia, a guardare un fico che cresce a testa in giù tra le rovine di un'edificio romano. Poi corri di nuovo, questa volta superi ogni tuo record e salti sul treno mentre le porte si chiudono, non li avresti voluti lasciare.
Mentre torni la solita canzone ti suona in testa, la canti piano piano, ne richiami la malinconia e intanto speri che proprio quella malinconia che hai dentro muoia sui binari.