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lunedì 15 dicembre 2008

Romanzi metropolitani


Foto di Sandro B.
Il rumore del treno metropolitano parla di stanchezza. E' tardi, nessuno sale, nessuno scende. Il ritmo delle ruote suona a metà tra jazz e flamenco, culla, incanta. Una patina di nebbia, una sera invernale, una destinazione non nota. Guardo e immagino una vita, costruisco un piccolo film, uno sceneggiato (come si diceva una volta), con protagonisti stanchi e amareggiati, proletari da terzo millennio con un lavoro un tempo dignitoso. Esseri "normali" come quelli di un racconto noir che all'improvviso scatenano la violenza inesplicabile. Violenza senza senso, attivata dalla solitudine, dal grigiore dei giorni sempre uguali e maledetti.
Oppure un romanzetto rosa, l'uomo là seduto legge una lettera d'amore, chino su di essa immagina versi di risposta, scartabella tra le poesie che conosce per meglio raccontare un sentimento che lo invade. Amori da supermercato, tremori da fotoromanzo. E intanto il treno va e l'immaginazione si scioglie in sonnolenza, in nostalgia.

Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse come la mia ombra
mi stava accanto anche nel buio
non dico che fosse come le mie mani e i miei piedi
quando si dorme si perdono le mani e i piedi
io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno

durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse fame o sete o desiderio
del fresco nell'afa o del caldo nel gelo
era qualcosa che non può giungere a sazietà
non era gioia o tristezza non era legata
alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi
era in me e fuori di me.

Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
e del viaggio non mi resta nulla se non quella nostalgia.
(Nazim Hikmet)