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giovedì 19 agosto 2010

Ricaricare le batterie

La verità è che ho passato questi giorni a lavorare come un mulo. Ore e ore di computer con il server scassato e programmi che sul computer di casa ci mettono una vita a girare. Ho fatto la muffa. Ebbene sì mi sento come quegli alberi, belli per altro, che popolano il sud degli stati uniti, coperti da muffe lunghissime, sono belli ma su di me le muffe stonano.

presa da qui
Dunque urge una nuova fuga prima dell'autunno. Scappo allora, di nuovo al mare, di nuovo su due ruote. Magari però stavolta mi do una calmata e faccio meno chilometri....

sabato 31 luglio 2010

Vacanza!!!


E' da quel giorno   che aspetto questo momento, da quel colpo di fulmine che mi prese a dicembre e ancora non mi è passato; ho covato la speranza, il desiderio, il sogno e ora quasi ci siamo. Ebbene sì, se non mi casca qualcosa in testa, se tutto va bene, all'alba del primo agosto la farlocca e il suo scooter si lanciano per le strade d'Italia. Dopo tanto viaggiare all'insegna del lavoro, si parte, su due ruote, con tre borse e un'anima randagia. Unica meta la vacanza. Vado, voglio macinare chilometri, vedere persone care, andare al mare, lasciare alle spalle silenzi violenti, conflitti inutili, autismi vari. Vado dove non ho internet, vado e speriamo non piova.







Ps. non penso che sarò online per un po', quindi non abbiatevene a male se non avete risposte o i commenti non saranno visibili presto. BUONE VACANZE!

domenica 30 agosto 2009

Back


Ritorno. Dopo parecchi giorni di vita nomade a bordo di ogni mezzo di trasporto possibile, mi reimmetto nell'affollamento romano. Il rumore, la gente, gli odori e le puzze della città mi costringono a prendere atto che è tempo di ritornare alla vita "normale". Il guaio è che da un po' di tempo in questa "vita normale" non ci sto più comoda. Durante tutta l'estate mi sono sentita bene solo quando avevo un biglietto di viaggio per andare da qualche parte o seduta sullo scooter mentre andavo da qualche parte. Il perdersi felicemente tra le onde, l'andare per strade vuote nell'interno della Sardegna o il visitare amici in giro per l'Italia, sono stati tutti modi per rimandare questo momento. Uno di quei momenti in cui ti svegli, ti alzi dal letto, vai in bagno con gli occhi ancora semi-chiusi, ti butti un po' d'acqua in faccia, guardi l'immagine nello specchio. La conosci quella tizia lì, ne sai ogni ruga, ogni piega, ogni espressione, vi frequentate da anni (tanti), ne avete fatte di cose insieme... C'è poco da girarci intorno, la mattina nessuna delle due riesce a mentire, è arrivato il momento.....



lunedì 10 agosto 2009

Mare Mare

Siore e Siori, inclito pubblico di passaggio, codesto blog va al mare. Inforca lo scooter e sparisce, per un po'. Senza computer, senza internet e forse spegne pure il cellulare. L'unico scopo, l'unico vero desiderio della scrivente Farlocca è: perdersi nel blu del mare e rigenerare i neuroni.

mercoledì 1 luglio 2009

Visioni americane 4: compleanno


Il giorno del mio compleanno è sempre un momento critico. E' un momento nel quale ripercorro luoghi e situazioni, non solo dell'anno trascorso ma spesso delle vita intera. Saluto i miei morti e abbraccio il passato. Celebro ciò che è andato e non tornerà più, saluto gli anni trascorsi e che cominciano ad essere un numero non trascurabile. Accolgo a mio modo la paura di ciò che sarà e cerco di dire addio a ciò che vorrei ma non può essere. Solo dopo questo rituale posso festeggiare.

Telefonate, messaggi, email, un'onda di calore che arriva dall'altra parte dell'oceano. Quasi tutti, quasi, quelli che amo mi hanno pensato e comunicato la cosa. Qualcuno non lo ha fatto, però mi piace immaginare che, magari, gli sono venuta in mente, come per caso. Magari si sono chiesti "ma come mai proprio oggi l'ho pensata 'sta matta?" E poi il pensiero è scivolato via con le cose da fare. Intanto io scivolo via per le strade della east coast, seduta sul sedile posteriore; scribacchio sul palmare. Appunto attimi, vado in giro con gli occhi e con la mente chiedendomi dove mi stia dirigendo. Senza ascoltare la risposta, proseguo. Andiamo, qualche intoppo di traffico ci blocca temporaneamente. Stiamo girando intorno alla Chesapeake Bay. Dopo il tunnel e il ponte Chesapeake, ci immergiamo in una zona di campagna. Quiete, poco traffico. I nomi delle cittadine suonano alieni: Accomac, Onancock, Chincoteague, ma sono solo i nomi originali di questi luoghi, prima dell'arrivo degli europei.
La sera evolve in una superba cena con granchi e ostriche, vino (rosso) in quantità. Poi si va verso Cristfield, Maryland. Finisco in macchina con un'amica dei miei amici. Ecco loro hanno, a volte, amici un po' particolari. La signora in questione è greca, vive qui da tempo, ha girato tutto il mondo, visto ogni cosa e, sopratutto, non sta mai, e dico mai, zitta. Per l'occasione mi tiene una conferenza dettagliatissima sulla fine del mondo nel 2012 e sull'avvento delle due lune il prossimo 22 agosto e conseguenti disgrazie. Quindi ora visualizzate bene la Farlocca, un po' sbronza, anzi parecchio sbronza. Cercate di immaginare lo sforzo disumano che fa per annuire compitamente, infilare qualche osservazione educata in un inglese intelligibile e non seguire il suo istinto, ovvero buttarsi al suolo e ridere scompostamente facendo battute pesanti. Ebbene sì la Farlocca resta una signora, sopratutto il giorno del suo compleanno e anche se sbronza.

Ah dimenticavo, il ristoratore ci ha anche regalato la torta... peccato non poterla mangiare!

sabato 27 giugno 2009

Visioni americane 3

Di nuovo prendo il ferry per New York. Di nuovo arrivo dal mare nella città che preferisco dopo Roma. Arrivo e cammino per ore. La mostra per il centenario di Francis Bacon al Metropolitan (m e r a v i g l i o s a, ecco se vi piace Bacon ovviamente), poi un'ora immersa nell'arte orientale con nelle orecchie musica barocca (lo so fa radical-chic-pretenziosa ma ditemi se non è una cosa bellissima), poi si cammina con le nuove amiche, ci si perde per le strade di Downtown, ci si riempiono gli occhi di visioni riprese da innumerevoli telefilm, dall'iconografia classica newyorchese. Qui ci potrei tornare a vivere, lo penso ogni volta che ci vengo. Qui mi potrei trasferire e stare a lungo, con il genius loci di New York ci vado d'accordo. Non è stato un colpo di fulmine. Quando arrivai qui negli anni '90 odiai il cemento, odiai il freddo e il casino, mi sentii infelice, divorata, sola anche se non lo ero fisicamente. Poi, come a volte accade con i grandi amori, qualcosa cominciò a cambiare. Dopo qualche mese mi resi conto che stavo prendendomi una cotta per quelle strade, per i mercatini, per il casino, persino la metropolitana mi stava facendo innamorare. Ora, a distanza di 18 anni, posso ben dichiarare che questo, tra me e il genius loci della Big Apple, è un grande amore. Arrivo e sorrido, non importa cosa mi stia succedendo in quel momento, torno tra le braccia di un amante. Anche oggi, anche se il palmare di botto si connette ad una rete wifi e mi scarica tre email di rotture di palle lavorative (mannaggia a me potevo spegnerlo!!!), nemmeno quelle rovinano il sorriso.
Verso sera è il momento dell'addio. Tra poco partiamo, ci aspetta un road trip verso sud con mete non completamente precisate. Noi gruppetto di vecchi fricchettoni, nonostante le buone riuscite di carriera, non riusciamo mai a programmare a dovere quando si tratta di tempo libero, ci buttiamo sulla strada ("let's hit the road on Saturday heading South") e poi vediamo. Salgo sul ferry per tornare in New Jersey, alzo gli occhi e vedo un turbine di nuvole nere che si addensano su Manhattan, sembrano uscite da un film catastrofico, uno di quelli in cui dal mega-turbine nero esce lo zampone dell'alieno perfido e aggressivo che ucciderà tutti e lancerà camion contro i grattacieli e magari anche qualche nave di grosso tonnellaggio. Lo spettacolo è straordinario, anche se un vago senso di inquietudine aleggia, dopo tutto mi aspetta un'ora di mare prima di toccare terra di nuovo. La corsa comincia, il ferry va a massima velocità mentre le nuvole ci inseguono, corre, corre, ma a pochi metri dalla prima fermata arriva la tempesta. Un muro d'acqua ci investe, il vento quasi sbatte la nave contro il molo (ed è bella grossa). Attraccano. Restiamo là in attesa che si calmi, il vento urla intorno, dato che mi sento al sicuro mi godo lo spettacolo. Poi si riparte, si attracca di nuovo, piove poco ora, scendo. Mi avvio alla macchina che mi hanno prestato e vado ad imboccare l'unica strada che conosco per tornare a casa... ecco è chiusa causa alberi caduti. Ora concentratevi, immaginate la Farlocca in macchina, sotto la pioggia, in un luogo in cui non conosce le strade e provate a indovinare quanto ci ha messo ad inventarsi un modo per tornare a casa che dista si e no 15km.... un'ora e quarantacinque minuti e senza smadonnare.

giovedì 25 giugno 2009

Visioni americane 2


Le mie fughe americane creano sempre spunti poetici e felicitanti. Spesso non ho parole per raccontare questo vissuto, una piatta cronaca del "vado lì, faccio questo e quello", non rende l'idea di cosa davvero sto vivendo. Allontanarmi dal mio mondo usuale, vivere in una casa piena di gente, guardare una natura diversa, visi e situazioni che sono tra il familiare e il totalmente estraneo, tutto questo porta un senso di apertura, di aria che circola, di vita che scorre.
Per raccontare mi avvalgo sempre delle immagini, ma appena arrivata la macchina fotografica è morta, per fortuna il telefono fa foto semi-decenti e qualche appunto è ancora possibile. Così posso raccontare della lampada con rullante annesso, del ferry che mi porta da Red Bank NJ a New York in un giorno piovoso, con un cielo che parla di tempesta e la promessa di una giornata newyorchese fatta di strade. Arrivo dall'acqua, passando sotto al Verrazzano bridge, sfiorando navi grandi e piccole, mentre dall'acqua sorgono, crescono, i grattacieli di downtown. Penso a dei progetti che sto seguendo, penso ai porti, ai luoghi d'approdo, alla sospensione in cui sei finché non metti piede a terra. Ai piedi che ti portano in giro, alle ore (tante) che trascorri camminando. Agli incontri che faccio, sempre a loro modo straordinari, perché ognuno di noi ha in sé una nota di unicità che lo rende straordinario, anche se non lo sa. Penso a chi ho lasciato dall'altra parte dell'oceano, alle persone che amo e che vorrei qui con me. E allora progetto un altro viaggio mentre cammino, immagino me, sorella, cognato e nipotame a far casino per la città. Sì questo si può fare... magari presto. E poi continuo a camminare, ascolto la musica degli artisti di strada, vado a perdermi tra i libri di Strand, esco con un fardello pesantissimo di storie e saggi. Cammino, cammino e ancora cammino e altre persone vengono a galla, altri con cui vorresti condividere questi momenti, ma non ha senso il pensarlo perché questi momenti sono così perché sei sola a camminare e con altri sarebbero altro.
E poi condividi il vagare newyorchese con quella bellissima persona conosciuta in aereo, quegli incontri nei quali dopo un po' che parli, ti chiedi se quella non sia tua sorella anche lei. E in fondo è proprio così, almeno oggi.


martedì 23 giugno 2009

Visioni americane 1


Asbury park New Jersey
Me la compro, ecco non so se posso resistere, la voglio, la voglio la voglio....

sabato 20 giugno 2009

Vacanza


Questo blog vola via per un po'.

Si avvicina il compleanno della Farlocca e quindi lei si regala una bella fuga. Fantasia e internet permettendo non si esclude la possibilità di continuare ad ammannirvi le scemenze farlocchesche. Ecco ora vado perché anche se Pessoa ha ragione io è meglio che mi sposti da qui.

Viaggiare? Per viaggiare basta esistere.
(Fernando Pessoa)

martedì 8 luglio 2008

Vacanze 4: il viaggio di ritorno

Bisogna che indaghi sul mio karma di volo, quando parto in aereo ho la tendenza ad incappare in situazioni inusuali o quanto meno improbabili. Speravo di ripetere il successone del viaggio d'andata e invece manco per niente.
All'imbarco osservo la varia umanità che sta salendo sull'aereo, ci sono molti bambini, cosa che mi impensierisce sempre, ma i genitori annessi sembrano tutti piuttosto efficaci nel moderarli, anche in modo gentile, c'è una coppia di giovanissimi ebrei ortodossi con bambino in fasce, che mi conquistano per la palese inesperienza e l'aria sorridente, un po' di famigliole spagnole e italiane, vari passeggeri poco identificabili come me, un tale con l'occhio assente e tre cappelli di paglia impilati sulla testa... non molta gente, comincio a sperare di allungare le gambe e farmi un bel sonno fino a Roma. In effetti ho un posto di corridoio su fila centrale e solo l'altro posto di corridoio è occupato da un ragazzone che scopro essere albanese, decidiamo di dividerci il posto vuoto per tirar su le gambe e magari star meglio.
Decolliamo e arriva la cena che fa abbastanza schifo, ma non importa ho fatto un ottimo pranzo prima di partire. Si abbassano le luci, i bambini sono quasi tutti tranquilli, comincio ad aggiustarmi per dormire. Improvvisamente mi trovo davanti una bella ragazza bionda con gli occhi stralunati "scusa non trovo più il mio posto a sedere" ha la voce impastata e barcolla. Cerchiamo uno degli steward che la prende in consegna e cercano il suo posto, mi ricordavo stesse due file dopo la mia e così è. Lei però è senza requie, si rialza è palesemente in stato confusionale, così con lo steward ci mettiamo a farle domande e alla fine appuriamo che ha una terribile paura di volare, così, seguendo il consiglio di un'amica ha preso un tranquillante, o meglio non si ricorda quanti ne ha presi... lo steward sbianca, le chiede di tirare fuori il blister delle pastiglie e vede che ne mancano 5 "era nuovo?" le chiede, "mi pare di sì" fa lei barcollando... "e mo che cazzo faccio" fa lui guardando me, come se io sapessi che si deve fare. Decidiamo di farla camminare un po' così magari si snebbia, devo dire che è completamente fusa. Passeggia lei, passeggio io e vado verso il bagno di fronte al quale ci sono le bevande, magari le offro una coca cola così si sveglia, lei si infila nella toilette e dopo poco parte una lucetta e un bip... lo steward si precipita alla porta bussa freneticamente, lei apre con l'occhio appannato e una marlboro accesa in mano... protesta anche un po'... poi si tranquillizza quando le regalo una delle mie sigarette finte. A questo punto sono piuttosto sveglia ma mi avvio comunque verso il mio posto sperando di addormentarmi, ho un bel libro da leggere, magari mi concilia. Passando per il corridoio noto che il tipo dai tre cappelli di paglia ha un'aria agitata, suda e si muove a scatti. Proseguo di gente stranita ne ho abbastanza. Quasi quasi mi appisolo ma proprio quando sono sulla soglia del sonno sento una gran confusione verso la coda dell'aereo. Mi alzo e vedo che il tipo dai tre cappelli è molto agitato, lo steward cerca di tenerlo seduto ma lui alza voce: vuole scendere... va anche in iperventilazione e si cerca un medico a bordo. Per fortuna ce n'è uno che riesce a tranquillizzarlo, gli mette la mascherina dell'ossigeno e pure lui si tranquillizza. Addio sonno.
All'arrivo sono veramente stonata, mi reggo in piedi a stento, ma sono tranquilla dato che mi vengono a prendere, naturalmente oggi c'è sciopero di tutti i mezzi di trasporto pubblici, fa un caldo torrido . Aspetto la valigia con il tipo dei tre cappelli che pontifica ora con uno ora con un altro sulla sua vita ma non riesco a seguire il discorso sono troppo assonnata. Il tempo passa, la valigia non arriva. Vado a chiedere, pare si sia rotto il portellone di una delle stive, è probabile che la mia valigia sia lì dentro. Che faccio? chiedo. Tranquillissimi gli addetti di Fiumicino mi aprono una pratica per bagaglio smarrito e mi mandano a casa. Penso con tristezza alle leccornie che ho comprato nel vermont, ai regaletti, ai molti libri che ho preso nella più bella libreria del mondo (secondo me) dove ho passato due ore il giorno prima (o forse era due giorni fa...) e ai sandali che mi sono comprata. Speriamo arrivino... Nel tardo pomeriggio mentre cerco ancora di capire chi sono e dove sono, mi chiamano: hanno trovato la valigia! Ottimo, la giornata sta prendendo un'altra piega, infatti rimedio anche un invito a cena dal mio amico del club dei cuori infranti... siamo ancora della serie "che voglio di più dalla vita"!

sabato 5 luglio 2008

Vacanze 3: il 4 luglio


Siamo al gran giorno, la super-mega-festa-nazionale the Independence Day, ovvero il 4 luglio. Le feste nazionali, sopratutto se cadono d'estate, hanno un tratto fondamentale in comune in tutto il mondo occidentale: si mangia e lo si fa all'aperto. Essendo negli stati uniti dove ogni cosa va fatta in grande, si mangia tantissimo. In particolare si procede al sacro-barbeque-del-4-luglio. E' quasi un rito religioso, tutti ma proprio tutti, anche i più strampalati tra i cittadini americani si armano di cibo vario, forchettoni, gadget tipo termometro per verificare se la carne è cotta, carne varia, pentole e pentole portate da tutti gli invitati con cibo di ogni genere.

Di solito in famiglia c'è sempre uno zio o un cugino che è sicuro di essere il migliore nel condurre a buon fine una sessione di BBQ (barbeque), tutti lo temono perchè di solito brucia tutto, anche gli hot dog e il pollo (e ce ne vuole!). Iniziano allora manovre varie per distrarre il congiunto in questione affinché il vero/a cuoco da BBQ della famiglia possa prendere il controllo e salvare la situazione, importante però è che lo zio/cugino non se ne abbia a male, in fondo è festa.
Il BBQ comincia prestino, alle 15 di solito, meglio saltare il pranzo, tanto per non finire in coma diabetico a fine serata. In molti casi scorrono fiumi di birra, ma nel nostro 4 di luglio fa un gran caldo e il gruppo familiare che ci ha adottato non beve, non bevono più alcool, semplicemente. Certo tutti i liquidi devono avere le bollicine, l'acqua liscia te la vai a prendere quasi di nascosto insieme a pochi altri e ti vergogni anche un po'. Però il cibo è ottimo, la compagnia piacevolissima e coloratissima sia negli abiti che nelle etnie di provenienza. Quando poi comincia a calare la sera si parte con le danze da sprigsteen ai greatest hits motown c'è sempre qualcuno che sa la canzone a memoria e si finisce in una specie di karaoke dissonante. Qualunque italiano nato da Roma in giù si sentirebbe a casa.
La serata ha una sua chiusura ufficiale come in tutte le feste estive: i fuochi d'artificio. Da noi li fanno a tarda notte ma qui si comincia e si finisce prima. Sparano sull'acqua da una barca, magnifici.

HAPPY 4th OF JULY!

venerdì 4 luglio 2008

Vacanze 2






Ebbene sì lo ammetto: a me gli stati uniti piacciono. Non fraintendiamoci, il loro sistema sanitario nazionale mi fa orrore, la loro politica estera mi fa schifo e la american way of life non credo proprio faccia per me (ci ho provato a farmela piacere ma non ce l'ho fatta). Però il paese mi piace. Ci abitano 300milioni di persone, è un paese immenso e quindi ci si trova di tutto. La diversità (in senso biologico e culturale) che lo caratterizza lo rende uno dei posti più affascinanti del pianeta. Prendiamo ad esempio un altro pezzetto di questa mia (favolosa per me) vacanza americana.
Mi sveglio presto, un po' il jet lag, un po' è sempre così. Con onesy (il gatto) prendo il caffè e facciamo un giretto in giardino, tanto per vedere se la magnolia continua ad essere bella. I miei amici devono andare a lavorare, quando si svegliano ragioniamo insieme su cosa potrei fare nel frattempo. Ho a disposizione una macchina (è di uno dei figli del gallese che al momento è altrove), quindi posso andare ovunque. Ma il pensiero corre alle cose che non si fanno mai nella vita normale, sei sempre troppo di corsa e piena di pensieri: mi vado a fare manicure e pedicure. La maestra di yoga propone un posto, il gallese mi disegna una mappa e mi da indicazioni, so che mi perderò, non mi ha mai dato indicazioni stradali comprensibili... metto a fuoco un paio di punti essenziali e mi avvio. La macchina non ha il cambio automatico e questo mi rilassa, mi perdo come previsto, ma grazie ad un paio di punti fondamentali trovo il luogo.


Bisogna ricordare che negli US vige il culto-dell'unghia-perfetta, non ho mai capito perché ma così è, quindi in un posto dove fanno mani e piedi ti fanno di tutto: massaggio piedi con acqua turbo, massaggio alle gambe, piedi e mani... insomma un'esperienza dell'altro mondo.
Per tornare ci metto un po' dato che mi ri-perdo, ma non ho niente da fare e così mi godo il vagabondare tra villette e prati. Dopo un po' la maestra di yoga torna e si parte per la sua casa al mare, long beach island. Di nuovo un posto incantato. Una baia di acqua bassa con isolette flottanti piene di uccelli marini che fanno il nido là per la stagione. Quando vedo gli uccelli mi rendo conto che sono davvero dall'altra parte dell'oceano, a parte i gabbiani e qualche airone, non ne riconosco uno.
La casa è piccola, molto carina e con un giardino curioso pieno di oggetti particolari e statue orientali. Si respira un'atmosfera pacifica e rasserenante, pochi rumori, il vento.
Andiamo a passeggiare, incontriamo pescatori sfigati e strani cartelli.

Poi ci immergiamo tra le dune e la macchia per emergere accanto al faro, il cielo azzurro intenso, la marea che sale veloce, il colore dell'edificio, per me è come un film al rallentatore. Mi sento tornare viva e mi godo ogni singolo respiro.

Tornando verso casa ci fermiamo al negozio di souvenir, non che se ne vogliano comprare ma lei sostiene che questo negozio vende alcuni tra gli oggetti più kitsch del mondo e vuole mostrarmeli. Ha perfettamente ragione, il primo premio lo vince la palla di vetro con neve messa nella bocca di uno squalo di plastica azzurra e con un surfista basculante all'interno. E' già nella rubrica del "mai più senza".
Arriva il gallese si va a cena (ottima) e poi a dormire, la luce del faro lambisce i miei piedi mentre il rumore del mare mi culla in lontananza.
La mattina la maestra di yoga prende u aereo per andare a trovare nipoti vari, io e il gallese optiamo per un'uscita in kajak nella baia. Due ore a remare, chiacchierare e ciondolare in mezzo alle isolette e agli uccelli marini. Si fanno programmi sul seguito. Io voglio andare a New York, desidero fare alcuni giri ed andare a seguire un paio di lezioni che si terranno nel pomeriggio su cose di mio interesse specifico. Allora rapido pranzo e di corsa alla stazione degli autobus. In un'ora e mezza sono a Port Authority sulla 42nd strada. Un delirio!
Dalla quiete assoluta al casino metropolitano più completo. Ma è una bella giornata, calda, ventosa e secca, si cammina bene. La diversità di cui sopra è tutta lì davanti ai miei occhi, gente di ogni colore, razza, idee e quant'altro gira per la strada, l'unica cosa che hanno in comune è il cellulare... tutti parlano al telefono tranne quando attraversano, manco fossimo a Roma!
Cammino, mi fermo in un caffè perché è ancora presto, bevo caffè freddo e guardo la gente, gli oggetti, il movimento. Qui ci ho vissuto tanti anni fa, mi piaceva allora e mi piace adesso, per me New York è un concentrato del mondo metropolitano, ci sono pezzetti di tutte le città, da Delhi a Roma passando per Parigi e Tokyo, un specie di brodo concentrato del mondo.

Seguo le mie lezioni, poi raggiungo il gallese che insieme a uno dei figli e ad un suo amico mi aspettano per andare a cena. L'amico è uno strano e simpatico personaggio, un omone vero WASP cioè bianco, alto borghese americano, ma parecchio anticonvenzionale. Fuori da ogni cliché sul genere. Fumatore, bevitore e gourmet, infatti propone lui il ristorante
Be' se qualcuno vi dice che negli Stati Uniti si mangia male non credetegli, sopratutto se si parla di New York. Cena a quattro stelle!
Ci si saluta magari domani si va al mare insieme, torniamo nel New Jersey. Mi fermo a pensare un momento: ma dove altro al mondo avrei mai potuto passare una giornata così, in cui si va dalla natura più pura e pulita al casino metropolitano totale senza alcuno sforzo?
E sopratutto, che voglio di più dalla vita?

martedì 1 luglio 2008

Vacanze 1


Si avvicina il momento del compleanno. Un senso di sottile panico avanza, avrò la forza per non passarlo in lacrime? I motivi per piangere sono due in realtà, in comune hanno la separazione subita, uno è l’abbandono di cui ad altri post, l’altro motivo è l’assenza di mia madre morta improvvisamente qualche anno fa, altra assenza che diventa continuamente presenza.
La soluzione mi salta agli occhi un pomeriggio durante una telefonata con il mio amico gallese che vive in New Jersey, continua a dirmi vieni qui, quest’anno non riesco a passare io e tu hai bisogno di coccole. Ha ragione da vendere compro il biglietto per gli stati uniti. E così poco dopo il rientro dal Canada, con ancora il fuso orario mezzo sballato, riattraverso l’oceano. Questa volta il viaggio è tranquillo, si dormicchia, si masticano gomme alla nicotina e quando tiro fuori le sigarette finte faccio amicizia con metà dei fumatori presenti che me ne chiedono una, si ride e si scherza sulla nostra addiction/dipendenza” a seconda della nazionalità del fumatore. All’arrivo c’è il gallese con la sua compagna che mi aspettano con un bicchierone di te verde freddo. Sono persone per me molto speciali, lei insegna yoga e lui è uno scienziato, allegria e serenità te la comunicano anche solo con uno sguardo.
Il programma per i primi giorni, incluso il fatidico compleanno, prevede un viaggio verso il nord dello stato di New York e il Vermont. La prima sosta è in un ashram nelle catskill a fare yoga, poi si guiderà per ore e andremo a Jeffersonville Vermont dove ci raggiungerà anche un’altra mia specialissima amica che vive a Houston, lei è dell’Arkansans ed è un’altra di quelle persone speciali che la vita di mette davanti per amarle.
La zona delle catskill è parecchio sottosviluppata, il posto dove andiamo si trova accanto ad un paesino a prevalenza hassidim, il venerdì è un casino con tutti che corrono a destra e a manca perché poi arriva il sabbath e quindi tutti fermi come sassi.



L'ashram è un posto incantato e fuori dal tempo dove si pratica yoga 4 ore al giorno, si fa vita comunitaria, si medita etc. etc. io sono stanchissima tendo ad addormentarmi ovunque ma lo yoga mi piace e mi rilassa, poi farlo all'aria aperto è particolarmente piacevole. Lo yoga non è una mia pratica quotidiana, ma l'ho praticato per diversi anni e rinnovare questo "incontro" mi mette di buon umore.
Lavo piatti, cerco di stare sveglia durante la meditazione, faccio lunghe passeggiate per fumare di nascosto, dato che qui sono banditi tutti i vizi, dall'alcool, alla nicotina passando per la caffeina le cipolle (?) e l'aglio(?). Intorno boschi, silenzio e io dormo come un sasso, pare che durante la notte sia pure partito l'allarme anti incendio ma io non ho sentito nulla.
Rigenerati nel corpo e nello spirito, partiamo alla volta del Vermont. Ovviamente la prima sosta riguarda caffeina e bevande varie, per il viaggio si dice, ma in realtà il gallese è in crisi d'astinenza da caffeina. Si guida per ore e ore, piove che dio la manda, io continuo a dormire sul sedile posteriore. Poi si apre il cielo e siamo arrivati. Montagne, prati verdi, boschi ancora diversi e soprattutto c'è anche la mia amica dell'arkansans. Ci si abbraccia e si fa festa, lei contrariamente ai miei compagni di viaggio, gente allegra ma contenuta nei modi, mi somiglia nel modo di fare: facciamo un gran casino quando siamo insieme, ridiamo forte, parliamo ad alta voce, gesticoliamo. Insomma siamo due terrone!
Dormiamo in un bel posto gestito da una coppia gay (Mary e Moiran), un B&B dove il breakfast vale fino alla cena. Arriva il compleanno e mi dico che sono stata saggia. Passo una giornata spettacolare, tra passeggiate, negozietti, mercatini e chiacchiere, per concludere con una splendida cena con tanto di torta speciale (sorbetto alla sangria con candelina annessa).
Sono contenta come non mi succedeva da tempo, la malinconia è cancellata dalla bellezza del posto e dalla compagnia.
E' arrivato il momento di ripartire, noi torniamo in New Jersey, la mia amica va a recuperare la figlia a Lake Placid e ritorna al sud. Ci promettiamo di rifare qualcosa del genere magari l'anno prossimo, lei poi ha una vita faticosa e non facile, le auguro davvero ogni bene e cose belle. Risaliamo in macchina. Si guida in mezzo alla campagna, il cielo è di un azzurro vivissimo con nuvole bianche che corrono via, niente inquinamento qui.
Attraversiamo Lake Champlain con il ferry, imbocchiamo la highway verso sud e si guida per tutto il giorno. Alle 5 del pomeriggio dopo quasi 8 ore di macchina siamo a casa. Il gatto one-eye detto onesy ci accoglie facendo feste da cane con salti e giravolte. Vediamo cosa ci inventiamo per domani. Buon compleanno a me!