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mercoledì 27 dicembre 2017

2017 up & down - cinema


Come si può notare dai salti di gioia, anche quest'anno è andata.
Passato Natale, possiamo tornare ad occuparci di cose più divertenti, tipo il cinema.
Nella sidebar trovate tutti i film visti sulla teiera con relativi voti.
Qui sotto una sintesi; mentre per i post completi il tag è film 2017.

I 5 MIGLIORI

La La Land - Damien Chazelle (uscita 26 gennaio)
Quest'anno non c'è gara. Damien Chazelle è un fuoriclasse: è giovanissimo e chissà cosa ci regalerà in futuro. Per chi ancora non l'avesse visto, approcciatevi senza troppi filtri; non per sospendere il giudizio, ma per goderne a pieno. Lasciatevi emozionare e trasportare come i due protagonisti, quando volano senza gravità nella scena dell'osservatorio. 

Blade Runner 2049 - Denis Villeneuve (uscita 5 ottobre)
Per dirla in breve: l'unico vero problema di Blade Runner 2049 è che quando uscì l'originale di Ridley Scott si era di fronte ad un'opera che non assomigliava a niente di visto in precedenza. Ciò non toglie che il regista canadese sia riuscito ad ottenere il massimo possibile da una sfida ad alto rischio, salvaguardando la propria autorialità e mantenendo al tempo stesso un solido collegamento all'universo visivo e narrativo di uno dei cult che ha fatto la storia del cinema, non solo di fantascienza.

Wind River - Taylor Sheridan (28 novembre Torino Film Festival)
Partendo da un soggetto classico e apparentemente sfruttato come il mito della frontiera selvaggia, si costruiscono ancora ottimi film come questo: basta saper utilizzare al meglio gli ingredienti giusti: sceneggiatura solida, lo sfondo maestoso della natura e una colonna sonora ispirata, garantita dalla coppia Warren Ellis/Nick Cave.

Arrival - Denis Villeneuve (uscita 19 gennaio)
Villeneuve riesce a schivare tutte le trappole insite nel genere invasione aliena e ad inventarsi qualcosa di originale. Due ore che fanno pensare ed emozionare, dove la comunicazione tra specie diverse e la percezione del tempo sono i temi affascinanti proposti.

Dunkirk - Cristopher Nolan (uscita 31 agosto)
La terra, il mare e il cielo protagonisti: alleati e allo stesso tempo carnefici nella lotta per la sopravvivenza. Nolan ha tracciato una nuova linea per i film di guerra.

MIGLIOR FILM ITALIANO

Tutto quello che vuoi - Francesco Bruni (uscita 11 maggio)
Il valore della memoria storica; la forza della parola e il suo potere evocativo: che sia scritta, orale o sotto forma di poesia incisa sui muri di una stanza come si racconta nel terzo film di Francesco Bruni con un commovente Giuliano Montaldo.

DELUSIONI

Madre - Darren Aronofsky (uscita 28 settembre)
Sul fatto che Aronofsky sia un autore con la a maiuscola non ci sono dubbi, come pure sulla certezza che quando si lascia trasportare da farneticazioni filosofiche e da un linguaggio eccessivamente metaforico riesce ad essere fastidioso se non insopportabile (vedi anche L'albero della vita). Per me la sua opera migliore resta Requiem for a Dream.

Song to Song - Terrence Malick (uscita 10 maggio)
Dopo 15 minuti la noia e la tristezza sono calate inesorabili sul mio volto. Un'impresa notevole visto il cast a disposizione e la location di Austin. Esiste un limite oltre il quale le ellissi, i salti spaziali, la destrutturazione del racconto e il diluvio di quesiti esistenziali diventano controproducenti.

DOWN

Famiglia all'improvviso - Istruzioni non incluse (uscita 20 aprile)
Il cinema francese gode di ottima salute, ma anche i cugini producono la loro dose di schifezze. In questo caso si continua a sfruttare l'effetto simpatia di Omar Sy (Quasi amici) fotocopiando un film messicano, peraltro peggiorandolo nettamente.

martedì 5 dicembre 2017

Finché c'è prosecco c'è speranza

Sulle colline del Prosecco, il suicidio teatrale di un conte viticoltore è il primo caso su cui deve indagare il neo ispettore Stucky.

Finalmente siamo riusciti a intercettare questo film in un piccolo cinema. Le aspettative erano discrete grazie al passaparola e per alcuni aspetti sono state mantenute: l'idea è originale e meritevole, come pure (come si diceva un tempo) il messaggio. Incantevole la fotografia agevolata dagli scenari delle colline del prosecco. Quello che spesso manca è il ritmo e in un giallo non è difetto da poco; una storia a tratti sonnacchiosa, (come a volte può essere la vita di provincia), che cuoce a fuoco lento per cento minuti senza grandi colpi di scena. L'intreccio è molto semplice e la formula giallo/indagine forse in realtà è solo un pretesto per realizzare un inno alla lentezza; un invito a saper indugiare sulle bellezze che abbondano nel nostro paese: il vino, il cibo, il paesaggio, elementi che non sappiamo più apprezzare e che purtroppo stiamo smarrendo. Trasferire tali concetti in un film non è cosa banale e può rivelarsi un'arma a doppio taglio, a rischio sbadiglio. In questo caso il pericolo prima serata Rai 1 è sempre latente, ma per fortuna c'è Battiston che nei panni di un ispettore fresco di nomina ci delizia con la sua ironia e la sua bravura accompagnato da alcuni personaggi ben caratterizzati; in particolare Teco Celio che interpreta il matto del paese, figura tipica che anche in provincia dalle mie parti non è mai mancata. I suoi sproloqui davanti alle tombe si protraggono più del dovuto, ma glielo si perdona. 
Un discreto esordio con ampi margini di miglioramento per il regista Antonio Padovan, originario di Conegliano, il quale prendendo spunto dal romanzo omonimo, ha voluto rendere un omaggio alla sua terra. All'età di 22 anni doveva restare a New York qualche mese per uno stage, poi la vincita di una borsa di studio grazie ad un corto che aveva girato, gli ha permesso di partecipare a vari festival di settore e iniziare a lavorare nell'ambito del cinema.




LEGENDA VOTI
@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

domenica 26 novembre 2017

Detroit

Ho passato mezz'ora con un senso di frustrazione furiosa come raramente è capitato al cinema e come spesso mi accade di fronte alla violazione dei diritti umani. La stessa sensazione orrenda dell'estate del G8 a Genova, poi riaffiorata dieci anni dopo durante la visione del film Diaz di Daniele Vicari. La vicenda è nota e descrive i giorni della rivolta degli afro-americani che devastò Detroit nell'estate del 1967; ribellione che si trasformò in un vero e proprio massacro con 43 morti, 1189 feriti e più di 7000 arrestati. Dopo un'introduzione storica forse necessaria ma un po' troppo didascalica, si parte per un viaggio che dalla visione d'insieme dell'evento si focalizza sui personaggi, protagonisti di una vicenda le cui ferite ancora oggi non si sono rimarginate. E' un incubo a tratti insostenibile quello che ci investe nella parte centrale del film, dove le stanze di un motel diventano un mattatoio con la polizia fuori controllo alle prese con persone inermi. 

Per una ricostruzione meticolosa degli avvenimenti, oltre a diversi testimoni, la regista ha rintracciato una delle vittime coinvolte: il vero Larry Reed che fino ad oggi non aveva mai parlato; vive ancora a Detroit e all'epoca cantava con The Dramatics, gruppo che raggiunse poi il successo con la Motown.
Per mio gusto personale l'uso massiccio della camera a mano, alla lunga dei 140 minuti (che comunque volano) risulta frastornante. Poco male: ancora una volta, anche se non con la micidiale efficacia di The Hurt Locker, Kathryn Bigelow riesce a raccontare in modo scrupoloso e senza sconti, una storia potente che nonostante i cinquant'anni trascorsi, incide nella carne e nelle nostre coscienze. 



LEGENDA VOTI

@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

domenica 19 novembre 2017

The Place (speriamo faccia ridere)

Ogni tentativo che si discosti dai soliti cliché che ingabbiano gran parte del cinema italiano è sempre ben accetto. Una posizione di cui sono convinto ancor prima che le luci si spengano in sala, dopo aver ascoltato i discorsi del gruppo di persone sedute nella fila dietro alla mia: Speriamo che faccia ridere come l'altro. Ci guardiamo perplessi...
Genovese conferma di essere un valido autore e con questo film dimostra di avere il coraggio di sfilarsi dal meritato successo di Perfetti sconosciuti per percorrere una strada assai diversa, ambiziosa e con un potenziale notevole dato dall'ispirazione letterariamente nobile. Inutile accennare alla trama (magari gli spettatori alle mie spalle qualcosa avrebbero dovuto leggere) si punta in alto con un impianto teatrale sorretto da un'ottima prova di tutto il cast, su tutti Mastandrea in versione diavolaccio stanco. Il risultato non è del tutto riuscito: la processione dei personaggi con le loro richieste è intrigante e inizialmente ti cattura, per poi diventare troppo ripetitiva, quasi meccanica. Risulta poi complicato adattare il fascino narrativo di una serie, con i suoi personaggi che acquistano spessore puntata dopo puntata, alla forma cinema che con i tempi molto più ridotti rischia di appiattire e condensare la loro personalità. Intento apprezzabile, risultato non eccezionale ma neanche da sbadigli come mi è capitato di leggere in giro. Di sicuro non lascia indifferenti anche solo per i quesiti morali e le tematiche profonde che solleva. 




LEGENDA VOTI

@ una cagata pazzesca
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lunedì 6 novembre 2017

Cinema: flop inattesi sulla teiera volante

Premetto che certe categorie di film, come le commedie italiane degli ultimi anni le ho quasi eliminate: mi annoiano a morte e se ne salvano davvero poche. Così quest'anno ho evitato robe come: Questione di Karma, Beata ignoranza, Chi m'ha visto e via dicendo. Capita però che le aspettative vengano disattese e ultimamente è successo più spesso del solito, con successive imprecazioni per aver sprecato tempo che si poteva dedicare a qualcosa di meglio.




Seven Sisters (Tommy Wirkola)
Netflix da un paio d'anni ci prova anche con il cinema. Questo film di (presunta) fantascienza distopica uscirà il 30 novembre al cinema, ma non bastano la presenza di Glenn Close, di un inutile Willem Dafoe e di Noomi Rapace che interpreta tutte e sette le sorelle, a rendere dignitosa una pellicola che ben presto scivola nel solito film d'azione che si auto-alimenta tramite inseguimenti e sparatorie.

The Meyrowitz Stories (Noah Baumbach)
Sono da sempre un fan del regista di Brooklyn; fra le nuove generazioni il predestinato a diventare l'erede Woody Allen.
Un'altra produzione Netflix con molte star ed alcuni camei, ma la noia prende presto il sopravvento sullo scontato sarcasmo dei dialoghi e sulle situazioni familiari che ruotano intorno a Harold Meyerowitz (Dustin Hoffman) docente e scultore newyorkese mai apprezzato negli ambienti che contano. Tutto abbastanza forzato, con l'aggravante di una verbosità estenuante. L'eco di Woody Allen si percepisce, ma è quello dei suoi film meno ispirati.

L'inganno (Sofia Coppola)
Mancanza di nuove idee? E' l'unica spiegazione per un'operazione che non aggiunge niente e toglie molto ad un cult come La calda notte del soldato Jonathan. Per non dire del carisma di Clint Eastwood vs Colin Farrell. Black comedy annacquata che sa di compitino svolto con un filo di gas.

Sole Cuore Amore (Daniele Vicari)
L'ho recuperato con discreta fiducia, vista l'ottima prova del regista, che con Diaz era riuscito a raccontare gli avvenimenti sconvolgenti che a Genova 15 anni fa hanno lordato la nostra democrazia.
In questo film (di denuncia sociale?) che cerca di affrontare temi di scottante attualità, purtroppo non c'è quasi niente di credibile.


Fortunata (Sergio Castellitto)
Flop non tanto per il film (che comunque non affonda solo grazie a una Jasmine Trinca strepitosa) quanto per le recenti dichiarazioni del regista riguardo la mancata candidatura all'Oscar della ditta Castellitto-Mazzantini:
Siamo vittime di un preconcetto perché facciamo cinema popolare ma di qualità. 
Evviva la modestia!

sabato 21 ottobre 2017

Wind River

Partendo da un soggetto classico e apparentemente sfruttato come il mito della frontiera selvaggia, si costruiscono ancora ottimi film come questo: basta saper utilizzare al meglio gli ingredienti giusti: sceneggiatura solida, lo sfondo maestoso della natura e una colonna sonora ispirata, garantita dalla coppia Warren Ellis/Nick Cave. Facile a dirsi! Azzeccare gli attori poi è il passo decisivo e in questo caso la scelta di Elizabeth Olsen e Jeremy Renner si è rivelata efficace.

Dopo le sceneggiature di Sicario e Hell or High Water, Taylor Sheridan debutta alla regia con un ottimo thriller ambientato in una fredda e inospitale riserva indiana del Wyoming. La trama in due righe:
Una ragazza nativa americana è stata ritrovata morta nella neve. Per le indagini da Las Vegas arriva una giovane ed inesperta agente dell'FBI che viene affiancata da un ranger locale, esperto cacciatore della zona. 

Tra paesaggi memorabili, dialoghi poetici ed esplosioni improvvise di violenza, a tratti tornano in mente film come Non è un paese per vecchi e Un gelido inverno, ma anche grandi classici del genere; per dire che il livello è alto. Premio per la miglior regia a Cannes 2017 nella sezione Un Certain Regard, ma ancora non distribuito in Italia.




LEGENDA VOTI

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giovedì 19 ottobre 2017

L'unico vero problema di Blade Runner 2049

Per dirla in breve: l'unico vero problema di Blade Runner 2049 è che quando uscì l'originale di Ridley Scott si era di fronte ad un'opera che non assomigliava a niente di visto in precedenza. Da allora in 35 anni, il cinema ha raccontato il futuro, specie quello distopico, in svariati modi e declinazioni; ecco perché gli scenari immaginati da Villeneuve li abbiamo più o meno già interiorizzati attraverso decine e decine di film di fantascienza con il rischio dell'effetto assuefazione. Ciò non toglie che il regista canadese sia riuscito ad ottenere il massimo possibile da una sfida ad alto rischio, salvaguardando la propria autorialità e mantenendo al tempo stesso un solido collegamento all'universo visivo e narrativo di uno dei cult che ha fatto la storia del cinema, non solo di fantascienza. Quasi tre ore che al cinema sono volate. Eccessivo pretendere di ritrovare sensazioni uniche come quelle trasmesse dal poetico monologo di Rutger Hauer nel finale.
E' chiaro che in un approccio di tipo maniacale, basato principalmente sul confronto con il predecessore, il film rischia di dissolversi nonostante la trama intelligente e un impianto visivo-cromatico affascinante grazie al lavoro di Roger Deakins
Solo qualche lievissima stonatura l'ho avvertita nella sequenza finale, pochi minuti in cui si scivola in un action-movie stranamente piatto e scontato; anche la figura di Wallace (Jared Leto nel ruolo del cattivo di turno) non è molto convincente convincente, forse anche a causa di un pessimo doppiaggio.
Villeneuve, canadese classe '67, ha dichiarato che fin da ragazzino è stato un appassionato di fantascienza e sognò di diventare regista proprio dopo aver visto Blade Runner. Bene, vista la filmografia del regista, aspirazione direi realizzata ai massimi livelli. 


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lunedì 16 ottobre 2017

Babylon Sisters

Capita di andare al cinema con discrete aspettative e restarne parzialmente delusi; è il caso di Babylon Sisters, prima fiction di Gigi Roccati, regista e sceneggiatore che ha diretto diversi documentari, tra cui Road to Kabul (2012).

Girato a Trieste nel rione di Ponziana, è una storia narrata attraverso gli occhi della piccola Kamla (Amber Dutta, finalista di Italian's Got Talent come danzatrice “bollywoodiana"), protagonista del film; è una storia di donne immigrate di diverse nazionalità che diventano amiche e che in occasione dell’ingiunzione di sfratto dall'edificio in cui esse abitano con le rispettive famiglie decidono di unirsi e tentare di trovare una soluzione, anche con l’aiuto di un operatrice della vicina “Casa delle culture”.




Il tentativo di combinare il cinema realistico (in questo caso con la tematica dell'immigrazione in primo piano), alle atmosfere bollywoodiane ha una sua originalità; purtroppo riuscire a mantenere l'equilibrio tra la drammaticità della questione e l'ingenuo ottimismo di fondo che pervade il film è risultato particolarmente complicato e a tratti irritante. I personaggi delle varie etnie (in maggioranza interpretati da attori non protagonisti) con i loro vissuti appena abbozzati, sono poco credibili e non generano empatia, così come le svolte narrative che porteranno all'atteso lieto fine con la creazione della scuola di danza indiana. 
Sempre di fiction si tratta, perciò è anche apprezzabile il tentativo di raccontare con leggerezza temi così complessi, ma la mia sensazione (nonostante lo spirito positivo e l'umanità del racconto) è stata di un'eccessiva semplificazione di problematiche tremendamente attuali quali la multiculturalità, l'accoglienza e l'integrazione. 


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giovedì 28 settembre 2017

Philip K. Dick’s Electric Dreams

E' imminente l'uscita di Blade Runner 2049 (operazione delicatissima però nelle ottime mani di Denis Villeneuve). Le prime reazioni della critica americana sono entusiastiche. La bibliografia di Philip Dick è ancora un'autentica miniera d'oro, oltre che attuale. Penso non ci siano altri scrittori cui il cinema di fantascienza debba così tanto.

Sono proprio appena reduce dalla visione del primo episodio di Philip K. Dick’s Electric Dreams, la nuova serie sulla britannica Channel 4 (orfana di Black Mirror passato a Netflix insieme al suo autore); si tratta di dieci puntate stand-alone, tratte da altrettanti racconti degli anni '50 dello scrittore americano, in cui la qualità come sempre elevata si spera possa dare buoni frutti.
Nei prossimi episodi Steve Buscemi, Timothy Spall (Codariccia di Harry Potter), Tuppence Middleton (Sense8), Anna Paquin (True Blood), Bryan Cranston, Liam Cunningham(Game of Thrones), Vera Farmiga (Bates Motel) e Greg Kinnear (Little Miss Sunshine).

Filmografia

Blade Runner - Ridley Scott 1982



Atto di forza -  Paul Verhoeven, 1990



Minority Report (Steven Spielberg, 2002)



Paycheck (John Woo, 2003)



A Scanner Darkly - Un oscuro scrutare (Richard Linklater 2006)



The man in the high castle- Serie prodotta da Amazon (2015)



Trasposizione del famoso La svastica sul Sole, romanzo ucronico che ipotizza la vittoria di Hitler nella II guerra mondiale e il nuovo ordine che ne deriva. Non mi ha convinto.

sabato 2 settembre 2017

Dunkirk

La terra, il mare e il cielo protagonisti: alleati e allo stesso tempo carnefici nella lotta per la sopravvivenza. Nolan ha tracciato una nuova linea per i film di guerra. Ho trovato particolarmente calzante questa definizione: un’esperienza immersiva totale e incredibilmente veritiera. Giusto un po' di retorica patriottica nel finale che ci sta, vista la portata storica degli avvenimenti.

Per concludere, una discreta lezione di stile a registi come Mel Gibson (vedasi il mattatoio Hacksaw Ridge).




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lunedì 26 giugno 2017

"Di che cosa hai paura?" Di vedere un altro film di Malick

Di solito sulla teiera preferisco segnalare le cose che mi hanno entusiasmato, sorpreso o almeno ben intrattenuto. Speravo di trovare qualcosa in Song to song l'ultimo film di Malick e invece, nonostante grandi attori e musicisti, dopo 15 minuti la noia e la tristezza sono calate inesorabili sul mio volto. Un'impresa notevole visto il cast a disposizione nella location di Austin. Esiste un limite oltre il quale le ellissi, i salti spaziali, la destrutturazione del racconto e il diluvio di quesiti esistenziali diventano controproducenti.
Perché piangi?” “Perché sono felice”, “Amo la tua anima”, Di che cosa hai paura? 


La prima versione durava 8 ore...


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martedì 6 giugno 2017

Tutto quello che vuoi

Il valore della memoria storica; la forza della parola e il suo potere evocativo: che sia scritta, orale o sotto forma di poesia incisa sui muri di una stanza come si racconta nel terzo film di Francesco Bruni.  

Per guadagnare qualche euro, un ventenne coatto trasteverino accetta di fare da accompagnatore ad un anziano poeta ormai dimenticato, affetto da Alzheimer, grande intellettuale e amico di Pertini. Un abisso tra i due per età, formazione culturale e linguaggio. Su questo contrasto si innesta l'abilità del regista (già sceneggiatore per Virzì) nel costruire con leggerezza l'incontro e la sintonia tra due mondi lontanissimi, complici le poesie che risvegliano nel ragazzo la curiosità intellettuale e la scoperta di nuovi/vecchi valori. Giuliano Montaldo, classe 1930, nei panni di Giorgio Gherarducci regala una performance indimenticabile sostenuto dalla fragile spigolosità di Andrea Carpenzano.
Una bella storia di formazione che mi ha anche toccato personalmente per la delicata tematica dell'Alzheimer che negli ultimi due anni purtroppo ha investito anche la mia famiglia.

 ...perché se libero un uomo muore, che cosa importa di morir?




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giovedì 2 marzo 2017

I Don't Feel at Home in This World Anymore

Il Gran Premio della Giuria al Sundance festival 2017 è andato a questo thriller, opera d'esordio di Macon Blair. Siamo nei territori di Blue Ruin (film che ha visto il regista come attore protagonista) con Melanie Lynskey e Elijah Wood a formare un'accoppiata improbabile affamata di giustizia che indaga sul furto subito da lei in casa da parte di una banda di squilibrati con risultati sanguinosi e imprevedibili. Una commedia/thriller grottesca che in 90 minuti fila via liscia, tra situazioni surreali che evocano i fratelli Coen in un'escalation demenziale di violenza. Il fatto che abbia trionfato al festival lascia un attimo perplessi, non per il valore del film che è godibilissimo, ma per la concorrenza che evidentemente non era eccezionale. Vedremo se nei prossimi mesi che cosa uscirà di buono: fra le cose interessanti il nuovo film di Luca Guadagnino, Call me by your name, di cui si è parlato bene. 

Da fine febbraio si può vedere sulla piattaforma Netflix che dopo essere diventato un punto di riferimento per le serie Tv, continua la sua scalata nel cinema. Non c'è che da esserne contenti: più scelta, con un taglio sempre originale che ormai è un marchio di fabbrica.




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domenica 26 febbraio 2017

T2 Trainspotting: la rimpatriata a volte è meglio evitarla


In realtà non mi aspettavo chissà che cosa: difficile passare oltre al peso di un'opera di culto che è entrata nell'immaginario fotografando in maniera sporca e indelebile gli anni '90. Anche stavolta viene rappresentata una sorta di decadenza forzata in un Edimburgo che però appare soleggiata (con le hostess finto scozzesi che distribuiscono depliant all'uscita dell'aeroporto) lontana da quella livida narrata vent'anni fa. La scelta di fondo non è di per sé negativa; purtroppo ad apparire distanti sono l'ispirazione e soprattutto l'aderenza alla realtà di personaggi che ci si è sforzati di immaginare in età matura con il rischio della caduta nel macchiettistico, sempre dietro l'angolo. Non mancano il sarcasmo tagliente delle origini più un paio di sequenze cult e anche per questo una visione se la merita.
Straordinario come sempre il talento stilistico di Danny Boyle: una cornice estetica notevole che però riesce con fatica a colmare la mancanza di soluzioni convincenti nella trama e nelle situazioni: ad esempio Franco/Robert Carlyle che evade di galera e se ne sta tranquillo a casa con moglie e figlio. 
La colonna sonora svolge un ottimo lavoro, sia nei brani nuovi, sia nel lavoro di raccordo con il primo film attraverso il recupero dei pezzi storici portanti (Lust for Life stavolta nella versione dei Prodigy). 
Alla fine, tra il malinconico e il divertito, si vuole bene a tutti e quattro i personaggi, come a quei vecchi amici ormai distanti che non frequentiamo più perché le scelte di vita ci hanno allontanato e di cui non sentiamo la mancanza. La rimpatriata sarebbe meglio evitarla, specie quando non c'è un granché da raccontarsi, poi alla fine si fa lo stesso; un po' come il film, che non è così indegno come si è anche letto in giro, ma semplicemente non aggiunge niente e racconta troppo poco dei nostri tempi. Peccato!




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mercoledì 22 febbraio 2017

Ciofeche e must see al cinema

Il 2017 al cinema è iniziato alla grande. Per me solo in questi primi due mesi, la qualità di ciò che si è visto ha già superato l'anno scorso. Tre film del livello di La La Land, Arrival e Manchester by the sea io non me li ricordo. L'unico forse Frantz di François Ozon.
A fianco di opere che ti fanno riconciliare con la settima arte, qualche volta ci facciamo ahimé tentare da quelle che il buon Lucio definiva innocenti (in questo caso indecenti) evasioni... Ed ecco che ieri sera, per riequilibrare la bilancia, ci siamo fatti intortare dal penoso e confuso Assassin's Creed, mentre qualche giorno fa da una commedia uscita a fine 2016 che si pensava innocua (e magari in grado di strappare qualche sorriso) intitolata Masterminds - I geni della truffa: una schifezza micidiale con Owen Wilson e Zach Galifianakis al minimo storico.
Un'altra cagata annunciata è molto probabile che sia Beata Ignoranza, ma questa ce la risparmieremo: lo sguardo tra l'imbarazzato e l'ironico di Giallini di fronte a un Fabio Fazio come al solito servilmente entusiasta, era tutto un programma. 
Questo weekend si punta su Jackie di Pablo Larraín di cui, a parte Neruda, ho visto tutti i film e T2.

domenica 19 febbraio 2017

Manchester by the sea


Lee Chandler è un tuttofare che vive alla periferia di Boston: scorbutico e scontroso, ma sempre efficiente sul lavoro. Un improvviso lutto familiare lo costringe a tornare nel Massachusetts, nella fredda cittadina di mare dove è cresciuto in modo scapestrato.

Struttura narrativa esemplare, dove tutto si svela (dolore compreso) con ritmo calcolato secondo le dinamiche interiori di uno straordinario Casey Affleck, perfetto nel ruolo dell'anti-eroe.
Kenneth Lonergan (regista che non conoscevo) si dimostra onesto fino in fondo: storie sulla perdita come questa non possono approdare a un lieto fine, ma solo raccontare in modo autentico la vita che scorre e va avanti, nonostante tutto. Chi ha scritto o stampato sulla locandina capolavoro comunque ha un po' esagerato: si tratta di un ottimo film, anche per la capacità di alternare il registro drammatico con quello più leggero, grazie alla presenza del nipote sedicenne affamato di vita. In ogni caso un racconto convenzionale col difetto (l'unico) di una colonna sonora a tratti invadente nel suo essere ostentatamente melodrammatica. La corsa con La La Land, dal mio punto di vista è persa, ma non per questo vanno sminuite le qualità di Manchester by the sea che resta un film da podio tra quelli finora usciti nel 2017.




LEGENDA VOTI

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sabato 11 febbraio 2017

Smetto quando voglio - Masterclass

Secondo episodio di quella che è diventata una trilogia. Nei primi venti minuti ho temuto il peggio: la sensazione era che si tendesse a campare di rendita; in più gli innesti dei nuovi personaggi, Greta Scarano a parte, non hanno del tutto convinto. Alla fine si apprezza perché tutto sommato l'impianto regge (seppur con qualche piccolo scricchiolio) regalando due ore di sano intrattenimento/divertimento, con l'aggiunta di qualche gag irresistibile. Una via di mezzo tra commedia e film d'azione che per lo standard medio italiano è più che meritevole. Merito a Sydney Sibilia (com'è successo anche a Gabriele Mainetti con Jeeg Robot) per aver creato qualcosa che prima non c'era.



LEGENDA VOTI

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domenica 5 febbraio 2017

Le emozioni e le citazioni di La La Land

L'ha intuito perfino la mia sconosciuta vicina di sedia. Ha passato quasi tutto il primo tempo a smanettare con il cellulare e durante la pausa ha ammesso candidamente con le amiche: Ne ho visto poco, però ho capito che mi piace. E dire che avevamo aspettato una settimana per evitare la ressa al cinema.

Dopo le dettagliate disquisizioni su cosa sia oggi il jazz; se si tratta o no di un musical con tutti i crismi e via dicendo, cosa aggiungere ancora su un film del quale si è letto e detto di tutto e di più? Pochissimo, se non che Damien Chazelle è un fuoriclasse: è giovanissimo e chissà cosa ci regalerà in futuro. Ieri ci siamo lasciati emozionare e trasportare come i due protagonisti, quando volano senza gravità nella scena dell'osservatorio. Per chi ancora non l'avesse visto: approcciatevi senza troppi filtri; non per sospendere il giudizio, ma per goderne a pieno. Io avrei già voglia di rivederlo e risentire quel giro di piano che entra sotto pelle. E il finale struggente? Indimenticabile!
Nel video in due minuti le citazioni che attraversano la storia del cinema che un utente di Vimeo si è divertito a scovare.

voto


giovedì 2 febbraio 2017

Hell or High Water

Qualunque cosa accada oppure A tutti i costi è un film d'altri tempi (inteso positivamente).
Film di rapine e di fuga con Jeff Bridges ancora una volta in un'interpretazione memorabile a supporto di due convincenti protagonisti: Chris Pine e Ben Foster. Storia di sopravvivenza di due fratelli che decidono di sanare i loro debiti a suon di rapine tra le soffocanti praterie del Texas più rurale.
David Mackenzie racconta una frontiera sempre più desolata, dove le banche approfittano della crisi razziando i terreni di agricoltori e allevatori. Una commistione felicemente riuscita tra western moderno, road movie e Buddy film. Il livello è alto. Il tutto impreziosito dalla colonna sonora di Nick Cave e Warren Ellis. Tanto per cambiare, un altro ottimo film senza distribuzione in Italia, nonostante la candidatura all'Oscar. Per ora solo su Netflix.





LEGENDA VOTI
@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

lunedì 30 gennaio 2017

The Founder

La comodità di un cinema praticamente sotto casa, insieme alla pigrizia ci hanno condotto ad una visione sostanzialmente inutile oltre che pedante. Non che la bellezza di un film si valuti in base alla sua utilità, ma sta di fatto che eravamo in quattro e alla fine del primo tempo ci siamo detti scherzando: che ce ne impipa di come è nato McDonald's? Forse un bel documentario sarebbe stato più stimolante che sorbirsi questo biopic con un Michael Keaton irritante con le sue pose innaturali e i suoi ammiccamenti. La regia di John Lee Hancock è insipida: una cronistoria minuziosa nella prima ora, mentre la seconda parte, quando si entra nel vivo dell'espansione, è più coinvolgente. Non sono vegetariano, ma in tutta la vita sarò entrato 3-4 volte da McDonald's perché mi disgusta l'odore che ti investe. Se è per questo non apprezzo particolarmente neanche facebook e non sono un fanatico del mocio, però ho trovato The Social Network geniale e innovativo e Joy un buon film. Questo è trascurabile.




LEGENDA VOTI

@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro