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martedì 16 aprile 2019

Visioni: La donna elettrica - Osmosis e la fantascienza inflazionata

Nella Parigi di un futuro prossimo una società ha creato una nuova tecnologia con cui vengono impiantati nel cervello umano dei nano robot che aiutano a trovare l'anima gemella tra milioni di persone.
Osmosis è la conferma che di Black Mirror ce n'è uno solo e che il filone della fantascienza distopica sia parecchio inflazionato, soprattutto quando (in casi come questo) si cerca di seguire una tendenza in modo approssimativo, senza avere una visione originale. Prodotta da Netflix, è una serie francese che affronta tematiche già viste e riviste e che ben presto risulta irritante.



Dall'Islanda arriva il secondo film del regista Benedikt Erlingsson che affronta i temi ambientali in modo originale, in bilico tra dramma e commedia. La solitaria Halla, direttrice del coro del suo paese, combatte una guerra contro una multinazionale cinese che minaccia di stravolgere gli equilibri ambientali della sua isola. Per i toni mi ha ricordato Kaurismaki. La donna elettrica è uscito in sordina a fine 2018: un film utopico e ribelle che non cede mai ad una retorica scontata.
Jodie Foster ne ha acquistato i diritti con l'intenzione di girare una versione americana.


giovedì 2 marzo 2017

I Don't Feel at Home in This World Anymore

Il Gran Premio della Giuria al Sundance festival 2017 è andato a questo thriller, opera d'esordio di Macon Blair. Siamo nei territori di Blue Ruin (film che ha visto il regista come attore protagonista) con Melanie Lynskey e Elijah Wood a formare un'accoppiata improbabile affamata di giustizia che indaga sul furto subito da lei in casa da parte di una banda di squilibrati con risultati sanguinosi e imprevedibili. Una commedia/thriller grottesca che in 90 minuti fila via liscia, tra situazioni surreali che evocano i fratelli Coen in un'escalation demenziale di violenza. Il fatto che abbia trionfato al festival lascia un attimo perplessi, non per il valore del film che è godibilissimo, ma per la concorrenza che evidentemente non era eccezionale. Vedremo se nei prossimi mesi che cosa uscirà di buono: fra le cose interessanti il nuovo film di Luca Guadagnino, Call me by your name, di cui si è parlato bene. 

Da fine febbraio si può vedere sulla piattaforma Netflix che dopo essere diventato un punto di riferimento per le serie Tv, continua la sua scalata nel cinema. Non c'è che da esserne contenti: più scelta, con un taglio sempre originale che ormai è un marchio di fabbrica.




LEGENDA VOTI
@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

giovedì 2 febbraio 2017

Hell or High Water

Qualunque cosa accada oppure A tutti i costi è un film d'altri tempi (inteso positivamente).
Film di rapine e di fuga con Jeff Bridges ancora una volta in un'interpretazione memorabile a supporto di due convincenti protagonisti: Chris Pine e Ben Foster. Storia di sopravvivenza di due fratelli che decidono di sanare i loro debiti a suon di rapine tra le soffocanti praterie del Texas più rurale.
David Mackenzie racconta una frontiera sempre più desolata, dove le banche approfittano della crisi razziando i terreni di agricoltori e allevatori. Una commistione felicemente riuscita tra western moderno, road movie e Buddy film. Il livello è alto. Il tutto impreziosito dalla colonna sonora di Nick Cave e Warren Ellis. Tanto per cambiare, un altro ottimo film senza distribuzione in Italia, nonostante la candidatura all'Oscar. Per ora solo su Netflix.





LEGENDA VOTI
@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

martedì 27 dicembre 2016

2016 up & down - cinema

Mi divertono le classifiche di fine anno. Mi piace stilarle, ma anche leggerle perché danno la possibilità durante le vacanze natalizie di recuperare film e album persi per distrazione o per mille altri motivi. Per il cinema un anno così così: molto meglio il 2015.
Nella sidebar trovate tutti i film visti sulla teiera con relativi voti da @ a @@@@@. Qui sotto una selezione.

IL MEGLIO













Come ha scritto l'Alligatore: Frantz è un film fortemente pacifista, senti la stupidità della guerra. Girato in un bianco e nero magistrale, dopo il mezzo passo falso di Una nuova amica, segna il ritorno di François Ozon ai grandi temi.























Houda Benyamina, regista francese di origini marocchine è stata premiata con la Camera d’Or per la migliore opera prima a Cannes. Inspiegabilmente senza distribuzione nelle sale in Italia (è stato acquistato e trasmesso da Netflix). Il film è ambientato nel periodo delle rivolte studentesche e delle banlieue nel 2005 in Francia; racconta la storia di due amiche, in particolare Dounia che vive in un ghetto alla periferia di Parigi e cerca di uscire in tutti i modi (soprattutto illeciti) dalle condizioni di degrado che la circondano. Un'opera fresca e vitale con qualche ingenuità perdonabile.





















Quest'anno in vetta tutti film francesi, compreso questo uscito a marzo. Non so se è un caso, comunque recuperate questo gioiellino. Paradossale e stralunato, con una sceneggiatura scarna che però non sbanda mai grazie a dialoghi brillanti e concisi allo stesso tempo. Per l'assurdità delle situazioni e dei personaggi il primo regista che mi viene da accostare è Aki Kaurismaki. 

PODIO ITALIANO

Lo chiamavano Jeeg Robot (Gabriele Mainetti)
S is for Stanely (Alex Infascelli)


Perfetti sconosciuti (Paolo Genovese)

DELUSIONI

Per quanto ci ho giocato e mi piaceva il videogioco, per quanto mi hanno deluso il film e soprattutto Duncan Jones, che dopo le ottime doti mostrate in Moon e Source Code ha diretto qualcosa di indecente. Speriamo si riprenda con il nuovo Mute, prodotto da Netflix. Ulteriore dimostrazione che trasportare un videogioco al cinema è molto rischioso.

Presentato a Locarno lo scorso anno, mi aspettavo qualcosa, (non so bene cosa) dal ritorno di Zulawski. L'intellighenzia cinefila in generale l'ha esaltato, secondo me per partito preso o per vanità. Sinceramente all'inizio della visione ho dubitato delle mie facoltà intellettuali, poi è subentrato un sentimento di irritazione che mi ha accompagnato fino alla fine. Quando il colto si trasforma in sterile gioco cerebrale andando a braccetto con l'immodestia e con la noia.

venerdì 5 agosto 2016

Stranger Things - inossidabili anni '80

Se ci pensate, un certo immaginario che persiste tuttora nella fantascienza contemporanea è stato proprio costruito in questa decade. Ecco in parte spiegato il successo di una serie come Stranger Things (approdata su Netflix dopo svariati rifiuti di altri networks) grazie all'intuizione dei fratelli Duffer che hanno saputo sapientemente mischiare i temi e gli ingredienti dell'epoca riuscendo però ad andare oltre il puro citazionismo. Un romanzo di formazione ambientato nel 1983, dove l'orrore diventa metafora per raccontare il passaggio traumatico dall'adolescenza al mondo degli adulti. La spiazzante ingenuità della messa in scena (in realtà apparente) è legata a due fattori: il costante punto di vista infantile e la volontà di ricreare un mondo discendente diretto di quell'epoca cinematografica; otto episodi la cui visione stimola a dimenticare tutte le sovrastrutture che noi appassionati e criticoni ci siamo costruiti in decenni di visioni. 

Ottima la colonna sonora che alterna tappeti sonori elettronici con brani d'epoca: Clash, Joy Division, New Order, Modern English, ecc... anche se avrei apprezzato in certi momenti che alcuni brani fossero più in primo piano e non solo accennati e poi lasciati in sottofondo. 
Una menzione per la straordinaria protagonista, dotata di poteri telecinetici e identificata solo con il numero tatuato (11), interpretata dalla dodicenne Millie Bobby Brown.





LEGENDA VOTI

@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

mercoledì 18 novembre 2015

Netflix, Narcos e Peaky Blinders

Nel titolo del post tre nomi ricorrenti nelle ultime settimane sulla teiera volante. Non sono mai stato un divoratore di serie televisive (da giovane posso citare solo Twin Peaks e X-files), ma negli ultimi anni la qualità e la varietà si sono alzate a tal punto da non poterle ignorare, spesso a discapito di qualche visione filmica che non mi convince. Tra le più recenti come non citare: True Detective, Fargo, Il Trono di spade, Top of the lake, Better Call Saul, Breaking Bad e ultimamente Narcos e Peaky Blinders trasmesse in Italia con l'arrivo di Netflix, il network che ha aperto una sfida diretta con Sky.

In Narcos la parabola di Pablo Escobar viene raccontata magistralmente, circoscrivendo la fiction in una cornice realistica che comprende anche le immagini e i filmati di un'epoca che in pratica portò la guerra civile in Colombia, inondò gli Stati Uniti e in seguito tutto il pianeta di cocaina. Un romanzo criminale che parte dalla fine degli anni'70, attraversa tutti gli anni '80, per concludersi nei primi anni '90. Una guerra che ha visto da una parte una delle più feroci organizzazioni criminali del ventesimo secolo, opposta al governo colombiano e all'America. Si resta incollati alla storia in maniera febbrile per tutte e dieci le puntate.

Un sorpresa gradita si sta rivelando la prima serie di Peaky Blinders. Insolita l'ambientazione a Birmingham (seconda città del Regno Unito) negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, dove la famiglia Shelby si fa strada scalando il mondo della malavita e delle scommesse clandestine. Interprete principale un ottimo Cillian Murphy: dei tre fratelli delinquenti quello più ambizioso e carismatico. Anche in questo caso grande qualità (BBC2) unita ad originalità.
Ciliegina sulla torta, la fantastica colonna sonora a base di Nick Cave, White Stripes e Tom Waits. Date un'occhiata qua