Strano rapporto quello che mi lega a Lucio Battisti, colonna sonora della mia infanzia e della prima adolescenza. Amatissimo, ma in seguito ripudiato e infine rivalutato da adulto dopo aver compreso a pieno il valore di capolavori come Anima Latina e la scelta coraggiosa di sperimentare strade poco battute dopo la rottura con Mogol. All'epoca in Italia l'intellighenzia lo snobbava considerandolo un canzonettaro disimpegnato, mentre all'estero lo copiavano e lo apprezzavano. Uno come Bowie, per dire, tradusse in inglese Io Vorrei, Non Vorrei, Ma Se Vuoi e Mick Ronson ne incise una cover.
Da un certo punto in avanti la fuga dai media invadenti. Come disse in una delle ultime interviste: non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare soltanto per mezzo del suo lavoro. L’artista non esiste, esiste la sua arte.
Da un certo punto in avanti la fuga dai media invadenti. Come disse in una delle ultime interviste: non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare soltanto per mezzo del suo lavoro. L’artista non esiste, esiste la sua arte.
Sto finendo il libro di Donato Zoppo: Il nostro caro Lucio. Uscito lo scorso anno nel ventennale dalla morte, è un'ottima biografia musicale (con diverse storie anche poco conosciute) che racconta attraverso momenti essenziali della sua carriera, l'evoluzione di un artista incredibile che dal mio punto di vista ha raggiunto l'apice con questo album e questa canzone. Quando la ascolto, non so perché, mi commuovo.