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martedì 9 maggio 2017

Dischi senza tempo

Ci sono gruppi, o meglio dischi, di cui ci si innamora intensamente e poi il tutto si consuma nell'arco di poco tempo e vengono abbandonati, anche per sempre. A me è capitato con Achtung Baby e gli U2 in generale; oppure il processo è avvenuto a fuoco lento, però il risultato finale è stato simile (ad esempio con i Pink Floyd).
Ci sono dischi che col passare degli anni diventano colonne sonore ricorrenti della tua esistenza: a volte ti piacciono fin dal primo ascolto, altre volte partono in sordina per poi conquistarsi un posto speciale; alcuni, invece, li scopri a distanza di anni dalla loro uscita, vuoi per motivi anagrafici, vuoi per una casualità. I nostri archivi musicali sono diventati enormi, ma sta di fatto che per motivi insondabili ci sono album che non ti stancano mai e nell'arco di un anno senti il desiderio di riascoltarli anche più di una volta: in auto, in cuffia mentre cammini, a casa. Sotto alcuni esempi. Con chi vi capita?

Nick Drake - Pink Moon (1972)
Mi rilassa e fa sognare. Con poche pennellate è riuscito a creare undici perle. Un songwriter sopraffino come pochi nella storia della musica.








Lucio Battisti - Anima Latina (1974)
Mi ci sono voluti vent'anni per comprendere a pieno quello che può essere considerato un capolavoro assoluto. 


The Beatles - Revolver (1966)
L'album dei fab four che non mi stancherò mai di riascoltare. Cinquant'anni fa, per primi, hanno scoperchiato tutto il potenziale rivoluzionario della musica pop cambiandone le coordinate.







Talking Heads - Stop Making Sense (1984)
Dal film (alla regia il grande Jonathan Demme) all'album con i Talking Heads nel loro massimo splendore.
Una sintesi esauriente del loro repertorio e una goduria totale grazie all'utilizzo per la prima volta della tecnologia digital audio.






THE THE - Infected (1986)
E pensare che c'è chi ancora sostiene che gli anni '80 siano stati una decade fasulla musicalmente. Basta grattare sotto la plastica e riscoprire artisti dimenticati come Matt Johnson.








Alice in Chains - Jar of Flies (1994)
Struggente, poetico, fuori da ogni catalogazione.


If I can't be my own
I'd feel better dead
Nutshell
Air - Moon Safari (1998)
Uno degli ultimi arrivati e uno dei preferiti quando si tratta di viaggiare dopo il tramonto.

lunedì 13 febbraio 2017

A day in the life

Cinquant'anni fa, tra gennaio e febbraio del 1967 negli studi di Abbey Road, i Beatles composero il capolavoro che chiude Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band.
Nell'arco degli anni ci sono state diverse canzoni dei Fab Four che ho amato, ma questa è quella che sceglierei definitivamente. C'è la melodia senza un vero ritornello, la sperimentazione, un testo enigmatico e per la prima volta un'orchestra di 41 elementi. Fu Paul a insistere con George Martin per inserire la parte orchestrale nonostante le resistenze della Emi. La mia immaginazione si era infiammata: un'orchestra sinfonica!  Capii subito che il risultato sarebbe stato magnifico. 

Il quinto Beatles si mise al lavoro e scrisse una partitura che consegnò ai musicisti con una raccomandazione, come racconta lo stesso Martin nel suo libro L'estate di Sgt. Pepper:
Voglio che ognuno vada per conto proprio e ignori tutto ciò che gli succede accanto; badate soltanto al vostro suono. Risero: metà di loro pensò che eravamo completamente pazzi e l'altra metà che la situazione era uno spasso.
La registrazione fu un vero e proprio happening con la presenza in studio di amici e musicisti come Mick Jagger, Marianne Faithfull, Brian Jones e Graham Nash. 
Il risultato fu questa meraviglia, con un finale che (come il brano) è entrato nella storia della musica per il potentissimo accordo in Mi maggiore eseguito su tre pianoforti che spezza il crescendo infernale dell'orchestra.
Una sola canzone dei Beatles da portare in un'altra vita: quale scegliereste?

giovedì 26 dicembre 2013

1967: L'estate di Sgt. Pepper

Finalmente è stato tradotto in Italia il libro di George Martin (geniale produttore e arrangiatore definito anche il quinto Beatles) che racconta dall'interno la genesi che ha portato alla nascita di Sgt Pepper's lonely hearts club band, un album che come pochi altri ha cambiato la storia della musica pop. Un po' di parte e autocelebrativo, anche perché all'epoca non esistevano solo i Fab Four, ma risulta irresistibilmente affascinante per un appassionato di musica conoscere il processo creativo di canzoni come A day in the life, Lucy in the sky with diamond e altri capolavori realizzati nei mitici studi di Abbey Road. Lo sto gustando pagina dopo pagina, come un ottimo dessert natalizio.
Certo che essere teletrasportati nel 1967, anche senza biglietto di ritorno, non sarebbe male. E non solo per la musica: ma per l'ottimismo, seppure ingenuo, la summer of love, la fiducia nel futuro e tutto il resto. Se potessi scegliere un anno per viaggiare nel tempo sceglierei proprio questo.

Con Sgt. Pepper i Beatles misero il mondo di fronte a uno specchio. E al suo interno il mondo poté guardarsi nella versione caleidoscopica e rutilante del '67. Non ci vide soltanto le confuse e spesso bizzarre eccentricità del movimento hippie, quanto soprattutto la sua espressione migliore, la più idealmente elegante: non il sordido sottobosco della tossicodipendenza, ma le intriganti potenzialità derivanti da un uso creativo delle sostanze stupefacenti.
L'estate di Sgt. Pepper -  di George Martin - La Lepre Edizioni  (pag.21)

Oltre al citato capolavoro dei Beatles si potevano ascoltare...


martedì 29 novembre 2011

George Harrison: living in a material world

Sembra ieri, eppure sono già passati dieci anni. Il 29 novembre 2001 se ne andava George Harrison. Non ho mai avuto una venerazione musicale per lui, ma mi è sempre piaciuto per la sua discrezione e per i suoi modi.
Da qualche giorno è disponibile in rete il documentario di Martin Scorsese (George Harrison: Living in a material world) che ripercorre la sua esistenza terrena: una buona occasione per conoscere meglio la sua storia che poi è anche un pezzo importante di storia della musica.



Come si legge su youtube fra i vari materiali raccolti da Scorsese c'era anche questo spezzone d'intervista rilasciata nel 1990 a Red Ronnie che poi non è stata utilizzata.

mercoledì 3 agosto 2011

Per pacifisti e sognatori, cinici astenersi

Across the Universe - Julie Taymor (musical 2007)
33 canzoni dei Beatles rivisitate e utilizzate come tessuto narrativo per una classica storia d'amore, amicizia e ribellione ambientata negli anni della contestazione e della controcultura giovanile americana.
Già solo questa premessa tre anni fa mi aveva condotto al cinema completamente privo di senso critico. Se poi il tutto si è rivelato incredibilmente esaltante grazie ad un mix visionario e psichedelico di musica e immagini, ecco il motivo per cui l'ho rivisto per la terza volta.
Se per caso ve lo siete perso, che aspettate?