lunedì 28 gennaio 2019
Quello che le ombre ci dicono
Qualche volta che non avete niente da fare, e non dovete magari correre d’urgenza all’hard discount più vicino per aggiudicarvi l'ultimo modello di “levigatopo” semiautomatica in titanio, super scontata a 3 euro e 99 centesimi fino a esaurimento scorte (offerta valida fino alle 17.32 del giorno stesso, mentre l’orologio segna già inesorabilmente le 17.21), potreste dilettarvi a dar la caccia alle ombre.
“Dar la caccia” solo per modo metaforico di dire.
Perché la caccia alle ombre non prevede l’uso di nessuna arma.
Se proprio proprio, si può portare con sè una macchinetta fotografica, o anche la fotocamera del cellulare.
Ma in generale la miglior caccia alle ombre si pratica addirittura equipaggiati di nulla più della propria fantasia e della curiosità di osservare e stanare ombre dalle sagome originali.
Le ombre sono una sorta di decorazione gratuita che si auto-disegna sulle più diverse superfici, dopo un preciso accordo fra la luce e le cose.
La luce ci mette il materiale, le cose la mano d’opera, e il risultato del loro lavoro di squadra sono le ombre.
Le ombre cambiano qualità a seconda delle superfici su cui si posano: se sono rugose, lisce, riflettenti, scure, chiare.
L’ombra è come un colore neutrale gentile, e si mescola di buon grado con ciò che trova, con ogni piano che la accoglie.
L’ombra è fedele all'oggetto che la genera, ma è anche una “tipa” amante della compagnia.
Se sul suo cammino incontra un’altra ombra, vi si può fondere o ci può giocare insieme, e far la gara a chi è più intensa, a chi prevale sull’altra regalandole contorni aggiuntivi interni.
La nostra stessa ombra può unirsi alle altre ombre.
Le ombre sono mutevoli, per mille cause: le nubi, il trascorrere delle ore della giornata, lo spostamento delle cose, lo spostamento delle persone, i nostri spostamenti, l'intervento di luci o fuochi accesi dagli uomini, l’effetto del vento sulle cose leggere…
Tra le mie ombre preferite, ci sono quelle derivate da oggetti dal disegno geometrico abbastanza definito, come le case o altre architetture, ma anche piccole cose che si reggono sul palmo della mano.
Suona un po' incredibile, ma le ombre sembrano caricarsi di diversa qualità, quando sono prodotte da oggetti diversi.
Un ombra fatta da un albero, la sentiamo diversa da quella fatta da un muro, anche a parità di luminosità e di piano su cui si posano.
Molto belle anche le ombre che possiamo provocare con le parti del corpo.
Anzi, nell'ambito della caccia alle ombre, forse questo è uno dei sotto-capitoli più strambamente poetici: divertirsi a fare ombra.
Le ombre fanno pensare, aiutano ad addentrarsi nei meandri di riflessioni e considerazioni profonde, che magari altrimenti avremmo trascurato.
Soprattutto quando l’ombra siamo noi a farla, in prima persona. L’ombra “fatta in proprio” è un po' ipnotica e un po' straniante, perché è come una parte di noi rapita dalla luce e restituita come sagoma impalpabile.
Forse, se più gente si concentrasse sul tipo di meditazioni derivate dal proprio atto di star facendo ombra, il mondo sarebbe migliore.
Ma per scrupolo di coscienza, con tre righe ben nette, mi sento in dovere di sottolineare “forse”…
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