Alcuni giorni fa mi è capitato di vedere su Raitre una bella trasmissione dedicata a Lucio Battisti, un omaggio alla sua carriera, con tanti stralci delle sue stupende canzoni e altri filmati interessanti. Uno di questi spezzoni era tratto da una trasmissione tv del 1969, Speciale per voi, condotta da Renzo Arbore. Lucio era ospite fisso del programma e proponeva dal vivo i suoi brani ad una platea di ragazzi presenti in studio.
Mi ha fatto riflettere ed anche “intellettualmente incazzare” un episodio che capitò proprio in quella trasmissione, testimonianza di certo “bovinismo” ideologico caratteristico fra le altre cose di quell’epoca, che pur rappresentò un fondamentale passaggio storico per lo svecchiamento del mondo. Fra una canzone e l’altra, era previsto uno scambio di opinioni fra Lucio e i ragazzi: questi ad un certo punto gli contestarono il “disimpegno” delle sue canzoni, il disinteresse dimostrato nei confronti di temi sociali e politici ai quali invece i giovani dell’epoca stavano dedicando si può dire tutta la propria esistenza di allora.
La risposta di Lucio non fu molto chiara, non rispose con le argomentazioni profonde ed articolate che certamente avrebbe saputo trovare, ma si limitò a dire un paio di cose sull’importanza del saper cogliere le emozioni genuine trasmesse dalle canzoni, tagliando poi il discorso con atteggiamento un po’ stizzito, come colui che giustamente sta pensando: “…ragazzi miei, se non ci arrivate da soli ascoltando la mia musica, è proprio inutile che mi ci metta io a spiegarvelo…”.
Vi sembrerà strano, ma questa cosa vista alla tele mi ha fatto ripensare ad alcuni ragazzini delle medie o dei primi anni delle superiori ai quali ho dato qualche ripetizione di matematica. Di fronte ai passaggi più impervi presentati dalla materia, la domanda che scattava esattamente con precisione matematica era sempre la solita: “…Ma a cosa serve?...Cosa me ne faccio, un giorno che avrò un lavoro, che dovrò pensare ad una famiglia, cosa me ne faccio delle equazioni di secondo grado o del teorema di Ruffini?...”
E ripensando alle argomentazioni frammentarie che sul momento mi è venuto istintivo portare ai miei “allievi”, ho capito meglio lo spirito della risposta di Battisti ai giovani contestatori. Anche la mia reazione è sempre stata infatti epidermica ed emotiva: “…se non ci arrivi da solo, ogni motivazione che ti posso dare, sarà inutile…”. Ricordavo ad esempio come io, alla loro età, a scuola ero attratto proprio dalle materie ufficialmente bollate fra le più “inutili”: filosofia, latino, storia dell’arte. Non mi sono mai chiesto “a cosa serve?”.
Mi affascinava la sfida con il Pensiero di per sé, e anzi, forse gli unici momenti di disappunto e sconforto li provavo quelle volte che ero costretto ad ammettere la mia sconfitta intellettuale di fronte a battaglie con argomenti di studio troppo ardui. Mi dava fastidio invece questo “utilitarismo meschino” dimostrato dai ragazzi, e il fastidio ha sempre prevaricato la mia capacità del momento di argomentare meglio le mie ragioni.
Se però dovessi cercare di spiegare la faccenda, utilizzerei una similitudine informatica. Ciascuno di noi ha in dotazione un hardware, che è fatto di cervello e cuore, tanto per semplificare. Neuroni, sinapsi, capacità di emozionarsi e di sognare, sono patrimonio di ogni essere umano. D’accordo, c’è chi ha ancora un pentium 2, chi ha solo 512 di ram, ma bene o male ogni persona ha in sé talenti, piccoli ambiti di genialità, sprazzi di originalità, che possono essere espressi meglio proprio con le caratteristiche del “personal computer” insito nella sua personalità.
Che cosa sono allora il latino, le canzoni di Battisti, le equazioni, la critica della ragion pura e lo studio dei significati della cappella Sistina? Sono i software da installare sul nostro pc personale. La mente e il cuore seguono percorsi, meccanismi, modalità di fondo che sono familiari al pensare e al sentire di ogni uomo.
Nel latino, nelle canzoni di Battisti, nelle equazioni, nella critica della ragion pura e nello studio dei significati della cappella Sistina, questi percorsi li possiamo trovare. E una volta installati correttamente in noi, sono sempre lì a disposizione del nostro cervello e del nostro cuore: potranno caricare ed elaborare ogni tipo di “file”, dai problemi lavorativi alle gioie e alle difficoltà familiari, fino alle più vaste tematiche di carattere sociale e politico.
Per questo “I giardini di marzo” è ancora oggi un software sul quale il linguaggio binario di tanti cuori e di tante menti può ancora trovare percorsi interessantissimi, mentre “Contessa” di Paolo Pietrangeli (brano portato dai ragazzi sessantottini come esempio di canzone “impegnata”) è ormai solo un “file” di testimonianza di un’epoca o poco più.