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lunedì 6 maggio 2024

Toprofumi







Pierfiorpino de Burfaldi Spini Priori

Era un topino ghiotto perso di bei fiori

 

Decespugliava un’aiuola di iris e viole

Così che l’alito gli veniva color del sole

 

Quando baciava la baffuta cara morosa

Lei fluttuava da gran Giantopa ben giocosa

 

Divoravano insieme dolci sillabari

Fino a squittire poco dopo in versi binari

 

Il Rosicchia e la Giantopa

Viaggiaron tutta l’Europa

 

Prima tappa nella Spagna di dentro

Dove lui pasteggiò a sangria e rododendro

 

Fu passando anche dalla Francia di sotto

Che Pierfiorpino si ingollò fior di bergamotto

 

Quando arrivarono in Slovacchia orientale

Una cesta si sbafò di purpurea digitale

 

Di veleno dei fiori ne beveva a galloni

Perché era tutelato da 22 assicurazioni

 

Con gusto infatti in un soggiorno londinese

Senza una piega pappò oleandri per un mese

 

Nella Russia dei sovieti

Sbocconcellò dieci roseti

 

In Belgio si coprì di foruncoli

Esagerando coi ranuncoli

 

Di passaggio dalla Pannonia

Si fumò via chili di begonia

 

Sfiorando la punta di Gibilterra

Fagocitò di gerani un’ampia serra

 

Alla dolce casa un bel dì ci fu il ritorno

Fra sospiri odorosi di robinia e di viburno

 

E insufflando oggi a tutto fiato boccette di zagare e lillà

Vendono profumi marchio Giantopa in de Burfaldi Spa

 




 

giovedì 22 agosto 2019

Chiediti dove sta andando un gatto



Ma che giro fanno i giri dei gatti, indaffarati e trasognati, nel trastullo di traiettorie, trascurate e tutt’altro che trafelate?

Loro vagano senza meta, in un’apparenza di casualità assoluta, ma in realtà perfettamente calcolando l'imperscrutabilità della poesia felina, in un passaggio rasente a un muretto, nella sosta al cassonetto, lungo la coda tenuta a terra, dentro una sorta di guardinga gioia in guerra.

I gatti son molto seri passeggiando, ma in ogni loro atto pare che il mondo stiano beffeggiando, con quella pelliccia indossata ad ogni costo, quasi per irridere l'ustoria boria d’agosto.

I giri dei gatti sono senza fatti, si soffermano sopra un niente, fanno di un filo d’erba la ragione onnipotente.

Non gliene frega di diavolerie satellitari, schivan come cacche certi rettilinei dai gusti militari, fan più che a meno del GiPiESSE, bastando loro un ben più sgangherato MiCiESSE.

Se non ti sei mai domandato dove vanno i gatti, sappi che finora hai vagolato fra i matti.

È nel loro ondivago andare e stare, che si nasconde il mistero del mare.

Fra i gatti e la risacca, non ci capiremo mai un’acca.

Entrambi raccontano di felicità nascoste nella fiacca: e chi proprio non ci crede, ignaro se ne sta del mondo, lieto pargolo di baldracca, del suo sé gran grullo, e giocondo.


martedì 25 giugno 2019

Sentirsi il nulla di un tutto...


Per ogni minimale goccia di questa linfa di tempo che mi scorre dentro, stasera, un universo esplode lontano dentro diecimila altri universi, ed è ogni cosa un moltiplicarsi di infiniti assorbiti dentro ad altri infiniti, germoglianti l’uno nell'altro nella globale pastura vivificante dell’amore totale.

Niente ha senso e, ciascun dove, e ogni qual quando, risplendono limpidi, laddove la contraddizione sconfinata del tutto non è mai stata così chiara, perfetta, logicamente ineccepibile.

Abbracciamo la vastità del paradosso per aggrapparci al sentirci vivi, unico dato che conta ormai.

Entrando nel mondo, abbiamo pianto, originario marchio di fabbrica di una bramosia d’esistenza che continuamente ci respinge.

Anche.

Dolore e gioia sono così dannatamente appiccicati vicini, un velo talmente sottile, a separare la disperante euforia, dall’inabissarci a pupilla asciutta nelle densità della meraviglia.

Tienimi immerso in te, mia ancora dell’adesso…in questo momento, di questo tempo, sperduto nell’oceano dell’inafferrabile, sei tu sola capace di accendere un prezioso lumino sui marosi d’ogni “incomprendibile” cosa.

giovedì 6 giugno 2019

Con in tasca California


Siamo noi
Sospesi su un gradino del tempo
Sorpresi lungo il binario di un sorriso
A esplorarci le buffe periferie del viso
Bloccati in un incanto
Increduli di tanto
Del non potuto essere
Di quanto bello a perdere
E dolcezza d’ossessione
Che l'innamorarsi è ciclico
Come il rewind d’una canzone
Di cui nessun tono pratico
Saprà mai scriver l'equazione
Perché l’eccesso di bellezza
Avrebbe saputo scioglierci
Nella gran certezza del farsi
Di una solenne persuasione
Con l’anima a schiantarsi
Contro il muro di un magone
Val la pena di rischiare
Se l’immenso è il vero gusto
Acciuffato per scampoli di ore
Dietro a un velo di incombusto
Somigliante a un tuffo al cuore

sabato 18 maggio 2019

Giro-tonto per tutti e per nessuno


Tutti desiderano essere desiderati
Ognuno desidera desiderare altri
Chiunque ha desiderio di desideri in sé
Nessuno ama essere odiato
Tutti odiano non essere amati
Tutti amano sentirsi dire sei bravo
Nessuno vuole sentirsi dire sei brutto, incapace, inutile
Potendo, molti preferiscono perlopiù non sentirsi dire nulla
Tutti vogliono vincere
Pochi capiscono che al mondo è molto importante chi perde
Tutti sono fragili
Molti fanno finta di no
Alcuni sono forti perché sanno di essere anche fragili
Ciascuno cerca la compagnia
Nessuno vuole sentirsi solo
Tutti ogni tanto vogliono stare soli continuando a sentirsi come in compagnia
Chiunque gode a godere
Quasi tutti godono a far godere
Molti godono ad essere goduti
Nessuno vuole mai piangere
Ciascuno preferisce sempre sorridere
Tutti in generale stanno meglio seri
A chiunque piace fare l'amore
Nessuno vorrebbe aspettare che l'amore venga fatto
Tutti puzzano di quando in quando e di dove in dove
Il problema di ciascuno son le volte che il quando non conosce il dove
Chiunque preferirebbe odorare di buono sempre, o al limite di niente
Tutti scoreggiano di gran gusto
Molti non si sono ancora riconciliati con l’idea
Pochi sanno di non sapere
Molti credono di conoscere
Ognuno, più sa e più soffre, però con la coscienza distesa
Nessuno vorrebbe soffrire, ma si ritrova con la coscienza accartocciata
Molti non riescono a guardarsi dentro, per la paura insostenibile
Tanti continuano a guardarsi fuori e intorno
Alcuni si osservano dentro e vedono un gran vuoto
Qualcuno comprende che provare a colmare quel vuoto è un’avventura affascinante, e ne vale la pena
Tanti pretendono di sapere
Nessuno sa veramente qualcosa
Tutti non sanno nulla
Tutti vorrebbero essere nessuno, ogni tanto
Ciascuno è obbligato a essere qualcuno, quasi sempre
Io non so niente e ringraziando il cielo non sono nessuno
O almeno così molte volte mi piace sperare


mercoledì 27 marzo 2019

Quel gran quasi mai non credere di esser stato parte d'essere


Ci son giorni furbi e agili con i piedi fatti a nuvole, che camminano irreali in un tuffo di oltre favola, cosa potevo saperne poi io del tuo tempo messo in musica? Quei rari attimi cristallizzati, proprio a mezzo d’un distratto muoverci, ormai dimentichi del loro mare, ci stupiscono un bel domani, come ninnoli gradevoli riscoperti in un cassetto, ci riscivolano fra le mani, sembran quasi mai stati nostri, eppure suggono intera e piena tutta la polpa del ricordo, solo in seguito completo, noi veggenti di noi stessi, bravi molto a prevedere quanto è stato, non invece il ciò banale pronto a venire senza fanale, ben persuasi ormai a sapere il passato uno strano futuro, senza frac né cilindro al muro, ma con indosso soltanto i panni d’un giorno qualunque senz’affanni, di quel bel ieri soltanto adesso fatto panorama e maturo…

giovedì 21 marzo 2019

Lo sgusciar dell'inapparente


Sotto il velo del presente sta nascosto il non-assente
In superficie d’ogni cosa
Affiora patina luminosa
Dentro alberga il gran mistero
Tre grammi sempre lontani dal vero
Sfugge il senso più profondo
Nell’insaputo errabondo
Più riluce meno si arguisce
È profumo da ascoltare
Un bel suono da leccare
Che risponde con un bacio
Lieve tocco d’aereo micio
Abbacinante sole del meriggio
Reca enigmi a vasto raggio
Il non osare si fa legge
In evidenza candida da gregge
Viene meno così il coraggio
Della rinuncia al gran miraggio
Eppur è proprio il non sapere
A risonar in rima con sperare



lunedì 18 marzo 2019

Colto a mezzo di un nonnulla, fra una mattina e nubi a farfalla


L’una e venti del pomeriggio è un'impressione primitiva.
Giusto perché m'hanno garantito ch'è vera, ma fosse per me, giurerei che l’una e venti del pomeriggio è un istante mai esistito.
L’una e venti del pomeriggio è l'eccentrico frangente che sfila in bici da corsa a passo d'uomo scivolando su note fracassone.
Eppure sembra proprio impossibile di aver sentito qualcosa oltre lo strombettio a bassotuba dei piccioni.
All’una e venti del pomeriggio la realtà fa uno scarto lungo il tempo, si auto-nasconde sotto il tappeto, poi quando risbuca non pare nemmeno d’esser esistiti.
L’una e venti del pomeriggio è una vecchia ora pensionata che ti guarda come avessi nell’anima un cantiere edile.
L’una e venti di pomeriggio è un complotto inventato dalla lobby degli orologiai per giustificare il prezzo di vita speso per un paio di numeri sul quadrante altrimenti inspiegati.
L'una e venti del pomeriggio sono pensieri in ammollo come cipolline in agrodolce, quando nel piatto sta già passando la torta.
All’una e venti del pomeriggio, qualsiasi idea ti venga in mente, sembra sempre destinata a non sopravvivere per un minuto ancora.
Ma poi con somma sorpresa, te le ritrovi tutte imbottigliate dentro a un sogno.
L’una e venti del pomeriggio è un sogno tirato su dalla pentola ancora ben al dente.
L’una e venti del pomeriggio odora di chiacchiere indolenti scivolate via sull’odore di una manciata di secondi fritti.
All’una e venti del pomeriggio se ti nascondi dietro a un dito stai sicuro che nessuno ti vede.
L’una e venti del pomeriggio è tempo anziano e scivolato lungo il filo dei ricordi.
Lo saluti, ti fa un cenno, ma in quell'attimo stesso poi ricade nel largo abbraccio di dubbi sordi.

giovedì 28 febbraio 2019

In riva alle parole


Adesso che il Grande Fiume si prepara a indossare di nuovo il cappottino primaverile…sulle sue falde vellutate, scritte da salici amanuensi con le dita spoglie nel vento, e fra le tasche di pioppi, crespe di ramaglie ancora nude…si tornano a vedere capannelli di ex-giovanotti seduti a raccontarsi le loro pensionistiche memorie.

Reputo il fiume un “moltiplicatore di riti”, per cui son quasi certo che ciascuna piccola abitudine popolare di un paese, si rifletta più o meno uguale in tutti gli altri paesi affacciati sulla corrente.

È un gioco di specchi dei modi di fare quotidiani.

A ogni ansito d’ansa, a ogni nautica un minimo accogliente, a ogni natica fluviale formata dal capriccio delle pendenze idrauliche, ecco “accadere” puntuale e regolare, come la malinconia dell’una e dodici del pomeriggio, una ridotta compagnia di chiacchieratori anziani.

Parlano perlopiù con le voci rivolte alla sponda, non hanno tanto bisogno di guardarsi in faccia, le loro parole le dicono in buona parte all'acqua in movimento.

Sono fatti che valgono vite intere, a venir tirati in ballo.

Notti di turni in fabbrica…quella volta, sotto una volta soltanto di stelle, con la Palmira dietro un macchione…una razzia di ciliegioni finita con un bagno nella lanca…e com’erano buono i salumi di una tempo…le migliaia di ore trascorse in compagnia dell’aratro attaccato al trattore…e come cantavamo da giovani nelle osterie…

Con questa farina di parole s’infornano le pagnotte di racconti dei vecchi in riva al fiume.

E l'acqua, ce la mette l'umido che porta a valle.

E il lievito, le folate di brezza, ancora attardata a soffiare sulla coda all’inverno dalle erbe ingiallite.

Così le storie raccontate dai vecchi, si involano placide nel canale, e le parole di cui sono fatte si incontrano strada facendo.

Uno spizzico di racconto partito da una nautica, rimane incagliato più avanti, nel seguito di una storia pronunciata cento chilometri in là.

Il particolare di un fatto buffo si smarrisce dal resto della trama, e finisce per infilarsi in un episodio diverso, creando un racconto composito, alla fine nato dietro il riparo creativo di mille pioppi…

In questo modo, il fiato del fiume nel suo corso verso il mare si intepidisce di cento storie mescolate come un gran mazzo di carte, ognuna calata che era una briscola, ma rialzata a riva con la bizzarria di un inedito scartino.

E con la Palmira allora si mangiò pane e salame in fabbrica…i ciliegioni li regalavamo alla miglior voce intonata della compagnia…mentre nella lanca, calando il bilancino, venne a galla, non si sa in virtù di quale balla portentosa, un aratro intero…

Di questo s’impasta, l’aria del fiume, nel suo correre a valle. Del miscuglio di poesia delle storie dei vecchi, che da mille piccole ch’eran nate, una grande e unica ne sfociano, tra la salsedine e le spiagge…

domenica 24 febbraio 2019

Soffi di nulla


Respirare è il passatempo più praticato al mondo.
Smettendone la pratica infatti, smette anche di passare il tempo.
Potrebbe sembrare una battuta, ma mi sento in ogni caso di dare un avviso: non provateci a casa per verificare se è vero.
I respiri si muovono sia accarezzando un’andata, sia assecondando un ritorno. Occorre munirsi di biglietto per entrambe le tratte.
I respiri sono invisibili, eppure hanno anche mille forme e colori.
Il respiro di un’innamorata è color cielo di Provenza, alle 13 e 22 di una giornata d’inizio estate.
Il respiro di un innamorato è color rosa pantera, mentre fuori sta passando la corriera.
Quando questi due tipi di respiro hanno la buona sorte di potersi unire, mescolandosi, diventano color pigiatura d’aurore marine, in un aroma di salsedini frenetiche diffuso tutto in giro.
Il respiro, quando si veste con l’abito per le cerimonie ufficiali, diventa sospiro.
I sospiri di un matematico che si danna per dimostrare un teorema sono quadrati alla radice, ma poi volano alti e asintotici per x tendente a più infinito.
I sospiri di due amanti incagliati fra le umide secche della passione colorano l’aria di odori insospettabili, che fanno crescere un prato fra steli di fiato, su cui si adagia con mollezza la vasta schiena dei loro desideri.
Dietro al respiro si nasconde un piacevole inganno.
Sembra che l’intero lavoro lo facciano la bocca o il naso. Ma in realtà tutto è nascostamente azionato sotto la direzione invisibile di un muscolo discreto, il diaframma.
Il diaframma è un tizio che ha continuamente a che fare col cuore e con la pancia, passa dall'uno all’altra centinaia di volte al giorno, quindi è il massimo esperto di emozioni e sentimenti che possiate incontrate sulla piazza.
Il diaframma è un muscolo che si muove senza evidenza: nessuno meglio di lui poteva trattare con un materiale così leggero come il respiro.
Il respiro, quando si sente importante, sale a cavallo delle sillabe e dei suoni, così, lungo i propri soffi, trascina catene di parole, o note, o canzoni.
Il respiro, che è sempre ottimo modello di costanza, regolarità, discrezione, levità, elevazione, puntualità, senso del dovere e fedeltà alla freschezza, ha una rozza cugina confusionaria, inopportuna, asfittica, maldestramente saltuaria, retrograda frequentatrice di oscuri bassifondi.
Dato che si presenta sempre cominciando per “sc” e terminando in “eggia”, il respiro ormai la disconosce in pieno, e ci tiene da matti a non mescolarsi assolutamente con lei.

sabato 2 febbraio 2019

Ascolto


Ascolto quello che dicono
Ascolto la voce della gente
Ascolto gli scricchiolii fra le vite
Ascolto le parole del mondo
Ascolto il vibrare delle cose
Ascolto il crescere degli alberi
Ascolto il mutare delle nubi
Ascolto il suono di pioggia che lava il mare
Ascolto la fretta d’una moffetta
Ascolto lo specchio nello sguardo d’un gatto
Ascolto una carezza che do al vento
Ascolto la superficie d’un tormento
Ascolto l’irradiarsi dell'amore
Ascolto il rinsecchirsi dell’odio
Ascolto il tempo in cammino
Ascolto un sacco di ore sciupate bene
Ascolto la meraviglia di ogni vigilia
Ascolto il respiro dei giorni
Ascolto le chiacchiere del corpo
Ascolto il dire “io” del desiderio
Ascolto il farsi chioma dei pensieri
Ascolto il mio parlare interno
Ascolto l’eloquenza del silenzio
Ascolto l’allontanarsi delle galassie
Ascolto il setacciarsi degli atomi
Ascolto le pause fra gli attimi
Ascolto in una scoreggia l'eco del Big Bang
Ascolto in un'erezione il tramestio dell'evoluzione
Ascolto il mio scrivere di ascolto
Ascolto lo sbocciare delle idee
Ascolto le parole che non so parlare
Ascolto tutto il coro degli ascolti
Ascolto la vita che s’ascolta
Ascolto la saggezza del reale
Ascolto la follia del vitale
Ascolto l'armonia dell’ascoltare
Ascolto il mio odore fra gli odori
Ascolto il mio essere io rarefatto nel tutto
Ascolto il mio meravigliarvi
Ascolto ogni espressione far staccare un'incrostazione
Ascolto ciascun intimo “sorrisarmi”
Ascolto in ogni cuore questo mantra proseguire

martedì 22 gennaio 2019

Non mi schiavo più da qui


Quando mi sento domandare
Con non poca sicumera
A cosa serva la letteratura…

O con voce un po' indolente
Odo dire blandamente
La poesia non serve a niente…

Oppure ancora, a chi si lamenta
Nel bel mezzo della via:
È proprio inutile la filosofia!

Vien spontaneo replicare
Mi sai tu per caso dire, oh mio utile profeta
A che cosa serva mai la vita?

Non concordi con me forse
Che dell’esistenza, servire non è motivo
Stante che il vivere più puro non può essere di nulla schiavo?

La vita non serve
Semplicemente vive

E se nel corso del sentiero
Di utilità fa un suo destriero
Non risiede lì di certo il profondo profumo del Vero

sabato 12 gennaio 2019

Gratuiti si nasce


Siamo l'esercito dell’inutile
Fino alla vita
Ci schiereremo nel futile
Mostraci, chiara
La cosa che a nulla serve
C’adopreremo nel procurarne
A caterve
Sempre più caro ci sarà
L’ermo folle
Gran sacerdote
D’ore belle e ribelle
Ciò che nulla costa
È la giusta risposta
Ondeggia più ricchezza
In un bel culo di ragazza
Che in mille casseforti
Blindate a fortezza
Ovunque ci sia odor di
Mancanza d’obiettivo
Noi siamo già pronti
A proclamare “arrivo”
Se proprio nessun fine
È del tutto garantito
Ci troverai lì, giusto in punta di dito
Perché chi in apparenza
Par che il tempo consumi
Di bellezza in realtà
Fa straripare sei fiumi



lunedì 7 gennaio 2019

Già Autorevoli Ti Trattano Invano


“Già
Autorevoli
Ti
Trattano
Invano”

I gatti sanno Tutto
Ma non te lo diranno mai
Cosa è buono, cosa è brutto
Dov'è il bello, dove i guai
I gatti han capito Picasso
Ma non rallentano mica il passo
Sanno l'oroscopo e il teorema di Pitagora
Però non escono mai di metafora
Si lisciano di zampa
Travalicano l’orecchio
Disegnano la scia d’un apparecchio
I gatti camminano così leggeri
Che non si stacca l’oggi da ieri
Fan movimenti tanto arcani
Da non far mai venir domani
I gatti s’affilano le unghie sui sogni
Nel pelo nascondono le chiavi di sei regni
Ci fanno il surf sui progetti degli umani
Per loro contano soltanto i divani
Dov'è appena passato un gatto
Sembra sempre rimanere una nuvola
Ti senti savio, ti senti matto
Ti senti al centro d'una favola
I gatti sì, loro lo sanno
Quale che sia il mistero del mondo
E mentre poi di gomito si danno
Ti lasciano lì, frescone giocondo



lunedì 31 dicembre 2018

Spettator non visto d'osservati non guardanti


Sopra una panchina affacciata sul nulla, posa spesso le proprie eteree terga l'invisibilità flemmatica d'un nobilitante non agire.

La ricerca di evidenza non è forse la strada maestra da imboccare per allontanarsi dall'insipienza.

Ascoltare, osservare, assaporare, respirare il mondo. Più probabile siano queste, le carte vincenti di un passivante viatico alla non-Vittoria.

Il tempo si lascia scorrere, la realtà s’abbandona al proprio fluire…come può l’uomo, minimale per natura e costituzione, arrogarsi d’aver voce in capitolo nella maestosità di tale portento?

Siamo solamente il frammentario castone d’un’immensa meraviglia, pinzati per le chiappe e applicati al vero attraverso la traballante montatura di una panchina affacciata sul nulla.

giovedì 27 dicembre 2018

Rivelazione lineare


Convegni di righe, strade irraggiate lungo percorsi in riunione, sentieri che s’affollano, dove i camminamenti s’imparentano, mentre ponti lanciati su scartamenti a lato, riflettono l’avanzare, intento nel proclama d’un retrocedere tutto preso a far le bizze, e intanto il risalire emette acuti, l’impennarsi si sublima, parallelismi oliati dialogano con ortogonalità in rodaggio, incroci al bacio vanno a braccetto con zigzag a congresso, snodi scivolosi si insinuano negli amplessi fra piani, obliquità ubique traducono volumetrie in boccio, cerchi esplodono, ogive s’intessono, quadri fioriscono, gemmano parallelogrammi e diaframmi tutti
Segni
Tracciati nell’artificio
Astratte presenze del concreto
Per intero estratte
Dal Caos
Rugoso, terragno, calcareo, salace di siliceo zelo, profondo di “milioannuari” sfregamenti ipogei, lapideo, argilloso, sotterraneo, minerario, lavico, estrattivo, ribollente di rimuginare, rifrangente di rocciosi attriti fra l'indeterminabilità degli evi affondati nell’orbitale potenza alla deriva, del deflagrato mistero “Big-Bang-Ante”

sabato 22 dicembre 2018

Sfera e gatta


C'è un istante sotto sera
Svelto come il riso d’un gatto
Che ogni cosa sembra più vera
Ed esser vivi è un lavoro da matto

La giornata va in sposa al buio
Tramestio lieve su bacio d’ambra
Il cielo con l'animo fa il paio
Di colpo, un Uno, tutto sembra

Nevicano piano nel pensiero
Tutti quelli che sono stati
Indicandoci un sentiero
Fatto d’azioni, amori e fiati

Poi l’incanto si rifrange
Ci si riprende su un filo di sogno
E una striscia di chiazze e arance
Rimane nel cuore se c'è bisogno





domenica 16 dicembre 2018

In alto i calici mezzi pieni, disse la moglie alticcia alla botte ubriaca, e intanto i topi ballano, ma il gatto suona le maracas


Quando penso
A tutti i tempi
Del mio personale tempo
Sorprendo me stesso
Incapiente di un recepire
Tutto teso ad un vuotare
Ma fatto sì che a ben
Guardare
Si traveste da riempire
Contento vuol dir quasi felice
Ma anche contenuto
Che si contiene al contempo
Nel trascorrere del tempo
Sono sempre più di me
E un poco meno di io
Si sommano gli anni
Ciò ch’eravamo
Sopravanza quel che saremo
Eppure tradisco l’algebra
Con due lievi cenni di palpebra
E nel meno che pur si muta
Fiorisce il più che non si dica



sabato 8 dicembre 2018

An English man ind'la Bàsa"


That was me
At the feet of a tree
Half a human,
Or a root, maybe
Part of the river
You could nearly me see…
Of the wind on the back
Feeling whole
the strong beat
8th of December butterfly
I suddenly sail in the sky

[“Un inglèś in the lower lands”

Ecco me
Ai piedi di un albero
Mezzo umano
O una radice, forse
Parte del fiume
Mi potevi quasi vedere…
Del vento nella schiena
Sentendo l’intero
Gagliardo battito
Farfalla dell’8 dicembre
Veleggio d'improvviso nel cielo]

martedì 27 novembre 2018

Errare suinum ovest


Cirri su Rocca
Roridi di rosa
In riverberi rari
D’un pre-dicembrino
miraggio
Stratificato a gradi
Con brilli e con trilli
Su lembi di nembi
Rallegranti sino ai lombi
Trasparenze cerulee
Affettate in tinta suina
Solidale di festosa eco
Nello strascico
D’orgoglio paesano
D’un luogo
Agli occhi spesso in salita
Ma a guardarlo
Talvolta
Con cuore e sorpresa
Ti stupisce improvviso
D’una luce in discesa