giovedì 13 settembre 2018
Il paradiso delle signore (1883) - Émile Zola
Ho letto “Il paradiso delle signore” (“Au Bonheur des Dames” - 1883) di Émile Zola (Edizione Mondadori - € 11).
Definirei quest'opera un capolavoro di arguzia narrativa e di sensibilità per l’arte romanzesca.
È una delle prime storie di finzione letteraria (se non la primissima) ad addentrarsi nelle dinamiche del moderno fenomeno consumistico.
L’aspetto di assoluto rilievo non risiede tuttavia nella particolare originalità della trama, che anzi segue percorsi abbastanza classici, soprattutto in ordine agli schemi del Romanticismo.
C'è la figura dello spregiudicato “avventuriero esistenziale”, Octave Mouret, che asservirà ai suoi voleri commerciali una città intera (attaccandola soprattutto sul suo versante femminile), grazie all’imperioso e, via via, sempre più ipertrofico grande magazzino della moda da lui creato (intitolato appunto, come il romanzo stesso, “Au Bonheur des Dames”).
A fargli da contraltare, ci pensa poi la giovane, e da principio miseranda, commessa Denise Baudu, che a colpi di purezza di cuore, darà la scalata a quel mastodontico moloch della vendita, riuscendo alla fine nella sua conquista, in molti e diversi sensi.
C'è tutto un panorama al contorno, fatto di sfacelo sociale e del fallimento di tante piccole imprese tradizionali fagocitate dal “mostruoso” nuovo che avanza.
Ci sono sentimenti che appassionano e intrecci amorosi vari (il principale dei quali avrete già intuito fra chi), ci sono tradimenti, miserie umane e nobili emozioni.
In più, il tutto viene raccontato con gran maestria, attenzione per il ritmo, nonché mirabile cura per il senso della sorpresa continua.
Ma come dicevo, il pregio del romanzo non sta in questi pur già preziosi ingredienti, bensì nel taglio prospettico dal quale Zola propone le vicende.
Avendo intuito, fin dagli albori del loro manifestarsi, che il consumo di massa e la conseguente mercificazione della realtà, sono fenomeni dotati di un’energia persuasiva scaturente in primo luogo nell’intimo dell’individuo (perché fanno leva su corde interiori ancestrali e profondissime), tutto viene presentato al lettore inducendolo ad assaporare “dall’interno” l’intera potenza ammaliante della nascente fascinazione collettiva.
Il consumo di massa è forse il più formidabile mezzo di controllo delle coscienze mai escogitato, ancor più efficace delle feroci dittature o delle burocrazie dalle kafkiane sottigliezze.
Zola lo vuol raccontare, immergendo chi legge la sua storia nel medesimo incantamento.
Ecco allora che la forza critica della sua posizione non deriva tanto da un atteggiamento banalmente moralistico, quanto dall’andare a toccare sul vivo il nervo scoperto delle contraddizioni in atto.
Alla fine ne risulta un paradossale effetto conclusivo di fondo: tutta la vicenda di per sé potrebbe profilarsi come ammantata di atmosfere positive.
Eppure, è di tutt’altro tono la persuasione effettiva che se ne trae. Si sente di aver assistito al minaccioso operare di un gran meccanismo totalizzante, in grado di manovrare (talvolta in termini tremendi) le vite delle persone, al di là di ogni loro immaginabile possibilità di controllo o perlomeno di autodifesa.
E se non è di estrema attualità tutto ciò, non saprei proprio dirvi quale altro argomento lo possa essere.
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2 commenti:
Zola...j'adore!!!
(La foto spacca!!!) :-D
Vera mutanda coatta :-D sì, è il primo libro di Zola che leggo, ma mi ha davvero impressionato per la bellezza :-)
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