"Un pensiero al giorno"
161 - "The fool on the strip"
Ho riflettuto parecchio sulle famigerate vignette satiriche francesi riguardanti il terremoto. Ho letto varie opinioni e insulti assortiti; reazioni ponderate e sfoghi di repulsione genuina.
Ci ho riflettuto tanto, che non saprei cosa concludere; se non, per riassuntivo impulso, prendere atto di tutto il fenomeno nella forma di uno degli agglomerati di contraddittorietà che contraddistinguono le organizzazioni sociali complesse.
Poi però mi è venuta in soccorso la letteratura, come spesso capita. Mi ha offerto un nuovo spunto, che se non sarà utile a dire l'ultima parola sulla questione, perlomeno ne avrà arricchito le sfumature.
Ho pensato al re Lear di Shakespeare, e al suo Matto, "the Fool", un personaggio importante, nella logica dell'opera. Il giullare di corte era infatti una figura articolata sotto l'aspetto umano (si veda anche il Rigoletto verdiano). Non si trattava di un semplice intrattenitore, ma svolgeva un ruolo critico molto intenso e urticante, per il sovrano e per i componenti della corte. Egli doveva stimolarli a riflettere, metterli di fronte a realtà sgradevoli, servendosi al limite anche dell'offesa. Rappresentava quasi una personificazione beffarda della loro cattiva coscienza.
La reazione del re e dei cortigiani tuttavia andava di conseguenza all'intensità con cui il nervo scoperto veniva toccato dal Matto. Re Lear minaccia varie volte di farlo frustare, di man in mano che sciorina le sue insolenze. E chissà quante volte in passato lo ha fatto frustare per davvero. Il Matto sapeva che faceva parte del suo personaggio.
Nella questione vignette francesi, ci ho letto tante suggestioni simili. È sbagliato a mio parere continuare a dire che non volevano offendere. La vignetta voleva offendere, eccome. Mi sbaglierò, ma voleva offendere "anche" i morti, e non solo la "mafia". Li volevano offendere come persone che non hanno avuto la forza di opporsi in qualche modo alla mafia (come se fosse cosa facile...).
Soprattutto questi creatori di satira estrema, cercano il pugno nello stomaco, buttano più sale che possono sulla ferita. Che la gente si offenda, s'incazzi e li consideri individui meschini, fa parte della logica di tutto il meccanismo.
Ci ricordano, ricorrendo persino ai mezzi più odiosi, che nella vita, oltre alle visioni idilliache e ideali, esiste anche la merda, intesa sia come entità fisica, sia come retrobottega lurido di certe dimensioni dell'esistere.
Bisogna vedere poi se simili interventi satirici sono mirati davvero a suscitare un'indignazione "costruttiva", o se talvolta non sprofondino nel baratro dell'offesa pura (nel qual caso non hanno ragione di esistere).
Guardando alla fattispecie, l'idea che mi sono fatto è che con la prima vignetta abbiano pestato un discreto merdone. Non perché magari non fossero presenti feroci inviti alla riflessione, ma perché questi erano così affondati nella porzione offensiva, da risultare difficilmente leggibili. Infatti, lo ha mezzo dimostrato il codone di paglia che si son sentiti subito dopo attaccato dietro, e che li ha spinti a dover fare una seconda vignetta per spiegare la prima.
Che alla fine si guardi ai vignettisti come a persone un po' spregevoli, fa parte del rischio che loro stessi decidono di correre praticando questa impervia strada espressiva. Non vuole suonare come un giudizio, questa mia frase (anche se sembrerebbe). Più che altro, vuole essere una constatazione. A questo mondo serve anche chi maneggia la merda. Niente di più facile però che ne esca sporco, caricato di insulti, contro-offese e reazioni irrazionali.
E ciò corrisponde, per i vignettisti, alle frustate che toccavano in sorte ogni tanto al Matto di re Lear.
Poi, da tutta l'operazione, c'è la possibilità che ne sortisca uno shock positivo, oppure soltanto un gran polverone. Ma questo non lo può mai sapere nessuno, prima.