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Visualizzazione dei post con l'etichetta gocce di me

ristorazione e cuore dolente: Tomoyoshi Endo, la fine di un'era

Al 31 marzo, come da termine dell'anno commerciale in Giappone, Tomoyoshi Endo chiude. Non si tratta "solo" di un ristorante giapponese tra i più antichi, autentici e buoni di Milano, ma è parte della storia della ristorazione giapponese in Italia. Ed è, tra l'altro, un pezzo fondamentale della mia vita. Sono stata l'altra sera a cena da Masako e Kato-san, per salutarli come titolari di un'attività che so per sicuro rimpiangeremo in molti, ma soprattutto per abbracciarli come amici. Sapendo che continueremo a vederci anche fuori dal loro locale, come è accaduto spesso in questi ultimi 25 anni, ma che il profumo avvolgente della loro spettacolare cucina non mi farà più da punto di riferimento. Grazie a loro ho imparato le basi della cucina giapponese: negli anni mi hanno fatto assaggiare ingredienti e pietanze che non avrei altrimenti mai conosciuto in Italia, mi hanno illustrato tecniche e procedimenti per alcuni piatti base che sono diventati il mio quotidian

scene da un matrimonio: A + J, featuring C & A

19 agosto 2022, Fregene, primo pomeriggio. Finalmente grazie al vento la pioggia si è allontanata e decido con il resto dello staff di riprendere ad allestire il prato di fronte al mare al posto della sala interna.  Asciugate le sedie le vestiamo con cuscini bianchi e teli da spiaggia di cotone, mentre i fioristi completano le decorazioni colore del mare, della sabbia e dell'aurora e dal ristorante i camerieri apparecchiamo i tavoli: ogni cosa bianca, centrotavola di conchiglie e candele galleggianti, i menu segnaposto ritraggono un'onda che si allunga sulla spiaggia. Gli sposi arrivano con il sole basso, in una luce dorata impensabile fino a un attimo prima. Gli amici musicisti cantano, i convitati sorridono. Il bouquet di lei e la boutonnière di lui sono fiori di carta origami. Suona strano usare parole francesi per dettagli giapponesi di un matrimonio italo-brasiliano. Ma anche qui i colori sono sempre gli stessi: il mare non è un tema casuale qui, poiché sembrava separare e

Saluto a V.

Mi lavo con sapone di Aleppo, so che ne cogli il senso umano prima ancora che politico. Poi indosso un abito nero perchè oggi al tuo funerale sarò triste. Prima di uscire infilerò al collo una collana africana di legno colorato: insieme è la "tua" Africa e le infinite tinte di tutte le cose stupende che tu mi hai insegnato a scoprire. Poco tempo fa mi hai chiesto "vienimi a salutare" e sono corsa. Lì mi hai confidato di quanto hai coltamente scritto negli anni di pensieri filosofici che possono preparare alla morte e di come ti sia sorpreso a rinnegarli quando ti sei reso conto che a morire eri tu.  Fermo nel letto hai bevuto da assetato i racconti dei miei ultimi viaggi, hai ricordato, tra i tuoi innumerevoli, quello tuo più felice insieme a tua moglie, e ogni volta che la nominavi ti brillavano gli occhi.  Stanco nella vista mi hai chiesto delle mie ultime letture e mi hai inondato di consigli: come sempre è più forte di te dispensare sapienza, istillare curiosità

pastasciutta e coccarde, per la gioia della libertà

Ognuno vive la propria infanzia come "normalità", fino a che non prende coscienza di sé e non comincia a confrontarsi con l'altro e con esperienze differenti dalla propria. Così solo verso la fine delle elementari mi sono conto che i racconti che ascoltavo tutti i giorni, rapita, pendendo dalle labbra di mio nonno erano diversi da quelli che sentivano altri bambini. Insieme a filastrocche e canzoncine che mi insegnavano a scuola o all'oratorio per me era "normale" imparare dal nonno i canti della Resistenza e quelli degli Alpini della Prima Guerra Mondiale, accomunati da un nemico simile e dallo stesso coraggioso, dolente cuore. I suoi racconti invece non parlavano di fate o draghi ma di fantasiosi escamotage per procurare viveri ai partigiani nascosti, di dispetti ai soldati tedeschi, di blitz per liberare prigionieri antifascisti, di resistenza alle torture in carcere, di sopravvivenza nel campo di concentramento di Fossoli, di una rocambolesca fuga al mom

passate le feste 2: linguine allo scoglio our way

Avrei voluto in questi primi giorni dell'anno parlare del Natale ucraino che cadeva ieri, ma erano talmente preoccupati e afflitti i miei amici al di qua del confine ucraino a talmente in pericolo e difficili da raggiungere quelli al di là che di fatto nessuno se l'è sentita di impegnarsi davvero nel celebrare secondo la tradizione ne' nel cucinare piatti carichi di simboli di serenità, pace, famiglia e speranza.  Condiviso un pasto frugale, ieri chi riesce ancora a crederci ha concentrato le proprie energie nella preghiera, gli altri hanno semplicemente parlato della situazione attuale e di quanto a lungo sarà ancora da patire. Condividere il dolore aiuta ad umanizzarlo, mi dicevano ieri, e chi mi circondava sosteneva anche che è sbagliato da parte mia sentirmi in colpa per le piccole felicità che mi arrivano mentre ad altri sono negate.  Loro stessi mi hanno suggerito di postare sul blog le ricette del mio Natale, con la speranza che avremo presto qualcosa da festeggiare

come capito per caso anche quest'anno nel Capodanno giapponese

Questo assurdo 2022 si chiude oggi per me con alcune sorprese inaspettate, tra cui quella del Consolato Generale del Giappone, che ieri ha condiviso ufficialmente sulla sua pagina Facebook  il video di una conversazione in merito a cibi e usanze del Capodanno giapponese che avevo registrato insieme a Chiara Bettaglio , appassionata quanto me di cultura nipponica. Fino a pochi giorni fa mi riproponevo di ignorare questa volta il Capodanno, che se ci consegna una pandemia quasi risolta ci abbandona nelle grinfie di una guerra senza senso e, vista da qui, pure senza fine. Non pensavo che sarebbe valsa la pena di impegnarsi in bilanci e speranze, e non sapevo nemmeno cosa augurare a chi mi avrebbe letta, visto le conseguenze che tutti stiamo pagando (anche se, in fondo casualmente, da noi soprattutto di riflesso). A livello personale, invece, questi ultimissimi giorni dell'anno mi hanno donato soddisfazioni e credibili nuove prospettive di vita che non avrei prima considerato possibili

mood strano, da gnocchi

Ho le ultime stentate foglioline sulla pianta di basilico del davanzale. Ho del pecorino romano pieno di significato che occhieggia dal frigo insieme ad una ricotta vaccina assolutamente anonima. Ho dubbi su cosa essere nella vita, situazione che alla mia età suona un po' ridicola anche se il saggio dice che può succedere, di non crescere mai.  Ho forse bisogno di un momento per me, nell'aria tiepida di questo cielo grigio di un ottobre milanese qualsiasi. Sto in bilico tra storia e futuro, un po' come quel basilico smorto che non è ne' estate ne' autunno, e non capisco da che parte voglio cascare.  Farò come le foglie, mi affiderò al vento. Farò pure degli gnocchi di pecorino buono e ricotta anonima, che alla fine danno pure un senso al pranzo anche se in partenza poteva non sembrare. Sarà merito del limone, o del pepe. Oppure proprio del basilico, chi lo sa.  GNOCCHI DI RICOTTA E  PECORINO  AL LIMONE  PEPE E BASILICO ingredienti per 4 persone: 500 g di ricotta 160

ravioli ai porri, farciti di gamberi come in Cina e brasati come in Giappone

Dopo la scorpacciata di biscottini natalizi svizzeri , che qui sul blog ha seguito una serie di preparazioni miste tra orientali e italiane, non posso che chiudere questo 2021 con una ricetta che miscela tre culture: sono dei ravioli, ma anche un po' xiao mai  e un po' gyoza,  la cui sfoglia viene pensata e stesa all'italiana, la cui farcitura è concettualmente cinese e la cui cottura risulta tipicamente giapponese. Degli xiao mai , i ravioli aperti cinesi, avevo già parlato qui , proponendo un ripieno misto di maiale e gamberi e spiegando come la farcitura di soli gamberi esiga una sfoglia più sottile. Ho invece nominato spesso i gyoza giapponesi  senza però mai raccontarne la storia e i dettagli. In attesa di dedicare loro un post specifico ne propongo qui il tipico metodo di cottura, che mi riservo di illustrare in futuro in modo più ampio. A livello di ingredienti, questa diventa una ricetta tutta italiana se si sostituisce il vino di riso con due parti di Marsala dilu

biscottini natalizi svizzeri di famiglia, puntata 1: i Brunsli

Ho avuto occasione ultimamente di dover spiegare ad amici recenti come la mia famiglia composita non abbia in verità sviluppato vere e proprie tradizioni di ricette natalizie. Se mediamente nel Nord Italia è poco considerata la cena della Vigilia e si da più importanza al pranzo di Natale, sia come momento di riunione familiare che come allestimento di un pasto speciale.  Eppure noi abbiamo invece due curiose abitudini: la colazione della Vigilia , primo momento in cui tutta la famiglia si siede attorno allo stesso tavolo, e la "cena leggera" della sera della Vigilia, come continua a definirla mia madre, che prevede zuppa di cipolle  di nostra mamma e  baccalà  di nostro padre, a volte affiancato o sostituito da  trippa .  Per quanto riguarda il pranzo di Natale la tradizione di famiglia, da quando sono mancati la nonna paterna ed il suo pollo arrosto, è stata rifarci ogni volta ad un tema differente, allestendo di anno in anno un pranzo sempre diverso e sempre speciale, che

garganelli prosciutto e piselli, tra sfoglia e pasta

Dopo aver partecipato finalmente in presenza ad un corso di sfoglia emiliana tirata a mano tenuto da  Rina Poletti  mi sono resa conti di quanti errori avevo fatto nei miei tentativi precedenti , quando seguivo questa mitica e simpaticissima insegnante solo on line. E' da qualche settimana quindi che  preparo in casa pasta fresca ogni volta che posso.  Anche l'essere che mi vive a fianco ha registrato il cambiamento, trovandosi quasi ogni domenica più che volentieri, a sua detta, a pranzare "come si deve" con piatti di pasta tradizionali italiani invece che con i miei strani esperimenti di cucina internazionale. E mi ha pure chiesto la differenza tra pasta di grano duro e non, segno che l'argomento lo tocca davvero, e si è pure  sorbito con pazienza la mia risposta storico-geografica "senza fare un plissè", come avrebbe detto mia nonna. Vero che intanto stava mangiando garganelli... La "pasta secca" è un impasto di semola di grano duro e acqua

la rivincita della "polentina molla", con pesce e broccoli

Oggi si parla di polenta. E se nell'articolo per il Calendario del Cibo Italiano  racconto la polenta come fenomeno regionale, in questo spazio più privato mi addentro nelle esperienze della mia famiglia, partendo dall'irrisolta contrapposizione tra la “polentina molla” di mia zia  Bettina, che io adoravo e che mi ha insegnato le poche cose che ho imparato in cucina da bambina, e la "polenta dura" preferita da suo fratello Antonio, che poi era mio nonno, il quale ha trasmesso il suo gusto personale anche a mio padre e ai miei fratelli. Curioso come all'interno della stessa famiglia, cresciuta sulle montagne del Bellunese, esistesse (ed esista ancora in noi discendenti) la stessa differenza di pensiero che di solito contrappone i Veneti ai Bergamaschi...   Ma un'altra serie quasi infinita di differenze di gusto era ricorrente da noi in famiglia in tema di polenta, quando quasi ogni domenica da autunno a primavera mio padre rovesciava sul tagliere la su bella po

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!