Visualizzazione post con etichetta libri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta libri. Mostra tutti i post
04 febbraio 2008
Non ci posso credere
Sono nei guai. L'ho improvvisamente realizzato adesso.
Etichette:
libri,
vita accademica,
vita quotidiana
08 gennaio 2008
Diffidenza
Diotima (04:46 PM) : ma tu da piazza XXXXX quando porti via un po' di libri? ;-)
Duke (04:47 PM) : quando avrò predisposto idonee scaffalature in Via XYZ.
Diotima (04:47 PM) :
Duke (04:48 PM) :
Diotima (04:49 PM) :
Diotima (04:49 PM) :
Duke (04:51 PM) :
preferisco non fidarmi...
Diotima (04:51 PM) :
Etichette:
icq,
libri,
vita quotidiana
01 gennaio 2008
Libri
Update: il problema sono i libri senza ISBN o codice a barre...
Grazie a .mau. ho scoperto Anobi. Mi sono registrata immediatamente. Potrebbe anche essere la volta che a poco a poco metto in ordine la mia libreria, invece di rovistare bestemmiando quando mi serve un libro che sono certa di avere.
Grazie a .mau. ho scoperto Anobi. Mi sono registrata immediatamente. Potrebbe anche essere la volta che a poco a poco metto in ordine la mia libreria, invece di rovistare bestemmiando quando mi serve un libro che sono certa di avere.
16 dicembre 2007
Regali
"Improvvisamente, il dì di 20 aprile 1749, di uscita di Pèsach [la Pasqua ebraica] domenica alle ore 17 in circa fui rapita a viva forza, per una falsa denunzia contro la mia casa e contro me innocente, data da un rashì, un malvagio. Costui con inganno fece staccare un ordine di Monsignor Vicegerente: la mia casa si empì di sbirri, mi rubarono, il bargello e i suoi uomini mi tramezzarono con le pistole cariche alla mano. Non mi diedero modo né tempo di mutarmi d’abito, né di dire una parola ai miei Signori genitori: mi presero rapidamente come una guitta e mi trascinarono fuori di casa con l’abito di cucina. Il mio Signor Padre che voleva dirmi una piccola parola, fu minacciato dal Bargello con la pistola puntata sul petto. Postami in carrozza, con gran veemenza fui condotta nella Casa de’Catecumeni come un vento, e arrivata lì fui consegnata alla priora che mi prese per mano e mi condusse in una piccola stanza dove c’era solo un piccolo letto malandato, un piccolo tavolino, una piccola cassetta per conservare il cibo. Fui rinchiusa sotto chiave e lasciata sola."
Dal 6 al 19 maggio del 1749 Anna del Monte viene tenuta rinchiusa nella Casa dei Catecumeni, in Santa Maria dei Monti. Rilasciata, dettò un Diario nel quale descrive nei particolari i ricatti, i tormenti e le vicende della sua prigionia. Anna riesce sempre a tener testa ai suoi aguzzini, che tentano di convertirla a forza al cristianesimo.
Inedito per duecento anni, il Diario viene pubblicato nel 1989 a cura di Giuseppe Sermoneta.
Dal 6 al 19 maggio del 1749 Anna del Monte viene tenuta rinchiusa nella Casa dei Catecumeni, in Santa Maria dei Monti. Rilasciata, dettò un Diario nel quale descrive nei particolari i ricatti, i tormenti e le vicende della sua prigionia. Anna riesce sempre a tener testa ai suoi aguzzini, che tentano di convertirla a forza al cristianesimo.
Inedito per duecento anni, il Diario viene pubblicato nel 1989 a cura di Giuseppe Sermoneta.
06 giugno 2007
Libri
Quello dei libri è un problema serio. Casa mia è suddivisa da "single"; 150 mq due grandi stanze e una camera da letto. E questo significa che mancano le pareti.
(adesso poi ci sono altre due persone, di cui una colleziona strumenti musicali...)
Non mi sono mai posta il problema del tipo di libreria, in pratica quando ho
bisogno di scaffali vado all'ikea e compro. Il che vuol dire che ho assemblati vari; io e mio fratello un bel giorno abbiamo deciso di unire alcuni settori di interesse comune e ci siamo impadroniti della stanza degli ospiti dei miei, facendone qualcosa di meditato ex novo, ma questo solo per alcune cose appunto - preistoria, storia antica, letturature varie- e i problemi reali sono rimasti intatti. Il disordine librario regna sovrano; per esempio gli ultimi due giorni li ho parzialmente persi a cercare invano Il computer di Platone, salcazzo dove è finito. (non l'ho trovato e quando devo ricomprare un libro che so di possedere mi viene l'ulcera da rosicamento compulsivo)
Per lavorare seguo ormai da anni un utile consiglio di Eco: tenere tante scrivanie quanti sono gli argomenti in corso, peccato che ormai i miei percorsi siano per certi versi così strettamente intrecciati che è diventato un consiglio obsoleto.
Senza contare che ogni scrivania ha di fianco le relative pile che non
trovano spazio sopra.
Non sono una bibliofila e mi rendo che il modo con cui tengo i libri fa inorridire, ma non sono altro che strumenti, e mostrano i segni dell'uso. D'altro canto, con il trascorrere degli anni il numero dei libri acquistabili è inevitabilmente e fortunatamente diminuito.
Sia lode al signore dell'universo per la specializzazione.
(adesso poi ci sono altre due persone, di cui una colleziona strumenti musicali...)
Non mi sono mai posta il problema del tipo di libreria, in pratica quando ho
bisogno di scaffali vado all'ikea e compro. Il che vuol dire che ho assemblati vari; io e mio fratello un bel giorno abbiamo deciso di unire alcuni settori di interesse comune e ci siamo impadroniti della stanza degli ospiti dei miei, facendone qualcosa di meditato ex novo, ma questo solo per alcune cose appunto - preistoria, storia antica, letturature varie- e i problemi reali sono rimasti intatti. Il disordine librario regna sovrano; per esempio gli ultimi due giorni li ho parzialmente persi a cercare invano Il computer di Platone, salcazzo dove è finito. (non l'ho trovato e quando devo ricomprare un libro che so di possedere mi viene l'ulcera da rosicamento compulsivo)
Per lavorare seguo ormai da anni un utile consiglio di Eco: tenere tante scrivanie quanti sono gli argomenti in corso, peccato che ormai i miei percorsi siano per certi versi così strettamente intrecciati che è diventato un consiglio obsoleto.
Senza contare che ogni scrivania ha di fianco le relative pile che non
trovano spazio sopra.
Non sono una bibliofila e mi rendo che il modo con cui tengo i libri fa inorridire, ma non sono altro che strumenti, e mostrano i segni dell'uso. D'altro canto, con il trascorrere degli anni il numero dei libri acquistabili è inevitabilmente e fortunatamente diminuito.
Sia lode al signore dell'universo per la specializzazione.
14 aprile 2007
With a little help from my friends
Mi servono delle indicazioni bibliografiche.
Sto cercando dei diari femminili tra gli anni venti e quaranta del novecento, di donne della piccola e media borghesia italiana.
Possono anche essere dei falsi, purché verosimili.
Il motivo della richiesta ve lo svelrò più avanti.
thanks in advance
Sto cercando dei diari femminili tra gli anni venti e quaranta del novecento, di donne della piccola e media borghesia italiana.
Possono anche essere dei falsi, purché verosimili.
Il motivo della richiesta ve lo svelrò più avanti.
thanks in advance
20 gennaio 2007
Teeteto
Socrate: «Perché gli uni, come tu hai detto, hanno sempre del tempo a loro disposizione, e i loro discorsi li fanno in pace, con agio; e, come noi ora, per la terza volta, passiamoda un discorso ad un altro, così anche essi, ove un argomento nuovo, affacciandosi d’improvviso alla loro mente, come ora alla nostra, piaccia loro più di quello che hanno a mano; e di ragionare più o meno a lungo non si preoccupano punto, purché imbrocchino il vero. Quegli altri invece parlano sempre come gente a cui manchi il tempo – giacché gl’incalza l’acqua che scorre “nella clepsidra” – e la parte avversa non li lascia ragionare di ciò che desiderano, ma sta loro addosso, brandendo la legge inflessibile e l’atto d’accusa di cui si dà lettura, che segnano i confini da’ quali non è lecito uscire».
Con poche, significative parole Socrate delinea la differenza, anzi, l’antiteticità tra il rètore sofista e il filosofo; sono separati da scelte opposte, in primo luogo esistenziali. Il filosofo è estraneo alla città e all’agone politico che la contraddistingue, è alla ricerca della verità e quando viene giudicato con il metro del comune sentire fa la stessa figura di Talete davanti alla schiava tracia, suscitandone il riso perché mentre è intento a guardare in cielo cade in un pozzo. Il filosofo è impegnato nella ricerca sull’essenza dell’uomo, su come gli uomini debbano vivere e quali sono le cose che meritano di essere conosciute. Il filosofo deve quindi fuggire la città e la comunità degli uomini per assomigliare il più possibile a dio, diventare cioè giusto e sapiente. Non ci potrebbe essere distanza più grande dalla tesi protagorea, non è l’uomo a essere misura di tutte le cose, ma dio, e la giustizia e la sapienza non possono essere separate l’una dall’altra. Questa parte del dialogo, che non casualmente occupa un posto centrale, fa chiarezza sul legame che esiste, secondo Platone, tra scienza e sapienza, tra sapere pratico e sapere teorico e si comprende come la ricerca in campo morale ed etico abbia le stesse caratteristiche della conoscenza scientifica e tecnica.
Platone, La verità, p.XII
Con poche, significative parole Socrate delinea la differenza, anzi, l’antiteticità tra il rètore sofista e il filosofo; sono separati da scelte opposte, in primo luogo esistenziali. Il filosofo è estraneo alla città e all’agone politico che la contraddistingue, è alla ricerca della verità e quando viene giudicato con il metro del comune sentire fa la stessa figura di Talete davanti alla schiava tracia, suscitandone il riso perché mentre è intento a guardare in cielo cade in un pozzo. Il filosofo è impegnato nella ricerca sull’essenza dell’uomo, su come gli uomini debbano vivere e quali sono le cose che meritano di essere conosciute. Il filosofo deve quindi fuggire la città e la comunità degli uomini per assomigliare il più possibile a dio, diventare cioè giusto e sapiente. Non ci potrebbe essere distanza più grande dalla tesi protagorea, non è l’uomo a essere misura di tutte le cose, ma dio, e la giustizia e la sapienza non possono essere separate l’una dall’altra. Questa parte del dialogo, che non casualmente occupa un posto centrale, fa chiarezza sul legame che esiste, secondo Platone, tra scienza e sapienza, tra sapere pratico e sapere teorico e si comprende come la ricerca in campo morale ed etico abbia le stesse caratteristiche della conoscenza scientifica e tecnica.
Platone, La verità, p.XII
27 dicembre 2006
Tentazioni nicciane
Si, lo so, questo post sembra essere (ed è) in contraddizione con quello appena sotto.
Ma non ho potuto dire di no.
Non ho saputo dire di no.
Non ho voluto dire di no.
Uno dei più prestigiosi editori italiani (in coedizione francese e forse tedesca) mi ha chiesto di pubblicare il mio libro su Nietzsche.
Ne avevo presentato qualche capitolo (ehm...due) qualche tempo fa.
E così, ho un'altra scadenza. Febbraio 2008.
Sembra lontano.
Sembra!
Ma non ho potuto dire di no.
Non ho saputo dire di no.
Non ho voluto dire di no.
Uno dei più prestigiosi editori italiani (in coedizione francese e forse tedesca) mi ha chiesto di pubblicare il mio libro su Nietzsche.
Ne avevo presentato qualche capitolo (ehm...due) qualche tempo fa.
E così, ho un'altra scadenza. Febbraio 2008.
Sembra lontano.
Sembra!
13 dicembre 2006
Scrittura e gioventù
Questo post della profe mi colpisce in un punto veramente doloroso. Qualche (ehm...) anno fa, mentre ero tutta intenta nella redazione della tesi di laurea, mollai tutto per qualche mese per scrivere un romanzo giallo. La scelta di genere era un po' un pretesto per raccontare alcune cose di questa città che non mi piacevano molto.
Il destino volle che conoscessi in quel periodo, per puro caso, il decano dei giallisti bolognesi che - cortese e disponibilissimo - lesse il dattiloscritto e mi suggerì di portarlo alla redazione di una casa editrice cittadina.
Questi mi richiamarono dopo un paio di settimane. Il responso fu:
pubblicabile.
A patto, però, di cambiare qualche tratto ai protagonisti, troppo riconoscibili per il loro ufficio legale, e di mutare il finale, anzi il colpevole. Quel colpevole immaginato da me non era proprio possibile passarlo.
Rifiutai.
Mi dissero che si trattava di un paio di settimane di lavoro al massimo, che mi avrebbero aiutato, ma io mi schermai dietro la storia delle tesi da finire e declinai l'offerta.
Uscii dalla casa editrice molto contenta per la verità, pensando che tutto sommato per essere il primo tentativo l'esito era stato assolutamente inaspettato e delizioso.
E che tutto quello che mi avevano detto fino a quel momento, che pubblicare era difficilissimo se non impossibile, si era rivelato falso. Non l'avevo forse provato di persona?
Ovviamente, dopo quell'occasione non ne ho avute altre e per quel che riguarda la narrativa non ho mai pubblicato niente.
A pensarci adesso ho ancora la tentazione di tornare indietro e prendermi a sberle da sola.
Il destino volle che conoscessi in quel periodo, per puro caso, il decano dei giallisti bolognesi che - cortese e disponibilissimo - lesse il dattiloscritto e mi suggerì di portarlo alla redazione di una casa editrice cittadina.
Questi mi richiamarono dopo un paio di settimane. Il responso fu:
pubblicabile.
A patto, però, di cambiare qualche tratto ai protagonisti, troppo riconoscibili per il loro ufficio legale, e di mutare il finale, anzi il colpevole. Quel colpevole immaginato da me non era proprio possibile passarlo.
Rifiutai.
Mi dissero che si trattava di un paio di settimane di lavoro al massimo, che mi avrebbero aiutato, ma io mi schermai dietro la storia delle tesi da finire e declinai l'offerta.
Uscii dalla casa editrice molto contenta per la verità, pensando che tutto sommato per essere il primo tentativo l'esito era stato assolutamente inaspettato e delizioso.
E che tutto quello che mi avevano detto fino a quel momento, che pubblicare era difficilissimo se non impossibile, si era rivelato falso. Non l'avevo forse provato di persona?
Ovviamente, dopo quell'occasione non ne ho avute altre e per quel che riguarda la narrativa non ho mai pubblicato niente.
A pensarci adesso ho ancora la tentazione di tornare indietro e prendermi a sberle da sola.
21 novembre 2006
Lettura lenta
La lettura è buona parte del mio lavoro e questo me ne rovina il piacere. Leggere per lavoro fa si che io legga molto in fretta, non tutto, e spesso con un fine ben preciso in testa.
Purtroppo porto questa pessima abitudine nella lettura per diletto.
A tirarmi le orecchie e richiamarmi all'ordine è lettura lenta, in un'intervista pubblicata per intero sul suo blog ma, udite udite!, nata per un articolo de La Stampa.
Purtroppo porto questa pessima abitudine nella lettura per diletto.
A tirarmi le orecchie e richiamarmi all'ordine è lettura lenta, in un'intervista pubblicata per intero sul suo blog ma, udite udite!, nata per un articolo de La Stampa.
16 novembre 2006
Risvegli
Dopo meno di tre ore di sonno sono rotolata giù dal letto all'ultimo minuto utile per prendere alle 07.44 un intercity per Piacenza. Niente colazione, niente giornali, niente caffè. Sul treno la carrozza bar non funziona. Accendo il portatile, sull'hp di repubblica campeggia un errore di battitura grande come un cocomero che, LOL!, sta nel titolo di lancio di microsoft vista. Travolta da una tempesta lavorativa stanotte ho messo in borsa un libro su Lukacs, che dovrei recensire. Non aggiungo altro, se non che nessuno dei blog che seguo è stato ancora aggiornato.
Potete ben immaginare che il libro è ancora al sicuro nella borsa.
L'ultima volta che mi sono svegliata alle 06.30 deve essere stato prima dell'11 settembre.
E' proprio vero che niente è come prima.
Potete ben immaginare che il libro è ancora al sicuro nella borsa.
L'ultima volta che mi sono svegliata alle 06.30 deve essere stato prima dell'11 settembre.
E' proprio vero che niente è come prima.
Etichette:
libri,
vita quotidiana
05 ottobre 2006
Acquisti
Uno degli ultimi acquisti è
Petros Markaris, Si è suicidato il Che
E' uno dei due giallisti europei che mi piacciono di più in assoluto, l'altro è
Mankell Henning
di entrambi è uscito qualcosa anche negli oscar mondadori (io li ho scoperti in quella collana)
Petros Markaris, Si è suicidato il Che
E' uno dei due giallisti europei che mi piacciono di più in assoluto, l'altro è
Mankell Henning
di entrambi è uscito qualcosa anche negli oscar mondadori (io li ho scoperti in quella collana)
20 settembre 2006
Info
Mi hanno richiamato in mail perché cito autori senza dare nessun riferimento. Questi sono quindi dedicati all'autore del rimprovero. (ad personam: non ti abituare, non accadrà più, impara a usare i motori di ricerca).
Su Pierre Lévy - oggetto della mail - il primo riferimento di Google è a Mediamente, e precisamente qui.
Su Pierre Lévy - oggetto della mail - il primo riferimento di Google è a Mediamente, e precisamente qui.
19 settembre 2006
Libri
Ha qualche anno, ma secondo me sta reggendo alla prova del tempo.
Pierre Lévy, Il virtuale, Cortina Editore.
Pierre Lévy, Il virtuale, Cortina Editore.
15 settembre 2006
Il cacciatore di aquiloni
E' uno dei libri che mi sono portata in Croazia.
Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini. L'ho letto in meno di due ore. Straziante e consolatorio. Da non perdere secondo me.
gli altri? uno degli altri è questo:
Gli storici dell'arte e la peste di Sandra Pinto e Matteo Lanfranconi;
tutt'altro genere ovviamente. Ma se volete sapere lo stato dell'arte della storia dell'arte italiana questo è il libro giusto.
Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini. L'ho letto in meno di due ore. Straziante e consolatorio. Da non perdere secondo me.
gli altri? uno degli altri è questo:
Gli storici dell'arte e la peste di Sandra Pinto e Matteo Lanfranconi;
tutt'altro genere ovviamente. Ma se volete sapere lo stato dell'arte della storia dell'arte italiana questo è il libro giusto.
01 settembre 2006
Nulla appare invano
E' il titolo di una raccolta di Roberta De Monticelli pubblicata da Baldini Castoldi Dalai. Nonostante tutto, in Italia non mancano le teste filosofiche di pregio. A prescindere dal fatto che si condivida o no la loro riflessione studiosi come Severino, Rovatti, Cacciari, Penzo (è mancato da poco purtroppo) hanno qualcosa da dire.
Ma su tutti io preferisco Roberta De Monticelli.
Per capacità di analisi, stile di scrittura, chiarezza espositiva che non concede nulla alla banalizzazione.
E anche in questo libro, che raccoglie articoli già pubblicati su una rivista, e che quindi è adatto anche a coloro non particolarmente versati a questo tipo di letture, non si smentisce. Chiara, profonda, "semplice" alla maniera di Platone.
Nulla appare invano
Ma su tutti io preferisco Roberta De Monticelli.
Per capacità di analisi, stile di scrittura, chiarezza espositiva che non concede nulla alla banalizzazione.
E anche in questo libro, che raccoglie articoli già pubblicati su una rivista, e che quindi è adatto anche a coloro non particolarmente versati a questo tipo di letture, non si smentisce. Chiara, profonda, "semplice" alla maniera di Platone.
Nulla appare invano
Etichette:
De Monticelli,
filosofia,
libri
12 agosto 2006
Cervia
Domani mattina sono a Cervia.
Per la rassegna Cervia la spiaggia ama il libro presento il bel libro di Eleonora Buratti, Il terzo desiderio, SPEB edizioni.
Per la rassegna Cervia la spiaggia ama il libro presento il bel libro di Eleonora Buratti, Il terzo desiderio, SPEB edizioni.
07 agosto 2006
01 agosto 2006
Vidal-Naquet
Le Monde di ieri
di Nicole Lapierre:
"L'historien Pierre Vidal-Naquet est décédé dans la nuit de vendredi à samedi à l'âge de 76 ans, à l'hôpital de Nice, ont annoncé dimanche 30 juillet les éditions La Découverte. Il était dans le coma depuis lundi à la suite d'une hémorragie cérébrale".
Avec la mort de Pierre Vidal-Naquet, vendredi 28 juillet, à l'hôpital de Nice, des suites d'une hémorragie cérébrale, la cité s'assombrit. Car ce n'est pas seulement un grand historien que l'on perd, c'est aussi un recours et un repère : une conscience morale, un chercheur épris de justice et de vérité, une figure exemplaire de l'intellectuel engagé. En ces temps où la pensée trop souvent s'isole et se replie, sa voix va nous manquer, nous le savons déjà. Et il y a du désarroi à devoir parler au passé de cet homme d'érudition et de passion, porté d'un même élan vers l'histoire, la mémoire et les urgences du présent.
De l'Antiquité à l'actualité, d'Athènes à Jérusalem, d'Alger à Auschwitz, Pierre Vidal-Naquet a mené travaux savants et combats militants en cherchant obstinément à dire le vrai. "Je suis un homme passionné qui s'engage, doublé d'un historien qui le surveille de près, enfin, qui devrait le surveiller de près", disait-il, sans dissimuler la difficulté qu'il y avait à concilier ainsi deux êtres en lui. Double, il l'était par tempérament ; son ami Jean-Pierre Vernant le décrit "excessif parfois dans ses prises de position, et lucide, critique par rapport à lui-même, aux extrêmes dans ses attitudes et mesuré, centriste dans sa réflexion".
Double également dans ses attachements à la France des valeurs républicaines et au destin juif. Et aussi dans sa manière de travailler sur des "couples d'oppositions", en reliant le mythe et la tragédie, la chasse et le sacrifice, les systèmes de pensée et les formes de sociétés.
Double, enfin, dans son existence même, prise entre le feu de l'action et le recul de la réflexion. Cette dualité, qui irriguait sa vie et lui donnait cette ouverture au monde déjouant les spécialités et les identités clôturées, prenait sa source dans une longue généalogie familiale.
Pierre Vidal-Naquet est né le 23 juillet 1930, à Paris, au sein d'une famille de la bourgeoisie juive assimilée, profondément républicaine et résolument patriote. Il était le premier enfant de Lucien, avocat parisien, et de Margot, issue d'une vieille famille comtadine. Des deux côtés, une
lignée de Français déjudaïsés qui n'avaient pas, pour autant, renié leurs origines.
Moïse Vidal-Naquet, son trisaïeul, marchand de vin à Montpellier et responsable consistorial, écrivait dans L'Echo du Midi du 7 mai 1843 : "Au temple ou à l'église, l'on est juif ou chrétien ; dans les actes de la vie politique, l'on doit être français avant tout." Edmond, son grand-père,
avocat lettré et mélomane, fut un farouche dreyfusard, comme son grand-oncle Emmanuel, personnage aux multiples activités professionnelles et politiques (banquier, économiste, journaliste, membre du premier comité de la Ligue des droits de l'homme...). A l'évidence, une figure de référence."
*CONTRE LA RAISON D'ETAT*
C'est à 11 ans, en pleine guerre, que le jeune Pierre apprend ce que fut cette lutte, pour la justice et contre la raison d'Etat, menée au nom d'une haute idée de l'honneur de la France : "Toute ma vie a été marquée par le récit que m'a fait mon père à la fin de 1941 ou au début de 1942 de
l'affaire Dreyfus."
La famille est alors réfugiée à Marseille. Les temps sont menaçants, mais de l'inquiétude croissante des parents, du sentiment de Lucien notant qu'il "ressent comme Français l'injure qui lui est faite comme juif", des contacts pris avec la Résistance, les enfants, protégés et insouciants, ne savent rien. Deux ans plus tard, le 15 mai 1944, c'est la "brisure" quand Lucien et Margot sont arrêtés, puis "l'attente", lancinante et vaine après leur déportation à Auschwitz. L'ombre portée de ce drame ne se dissipera jamais.
Orphelin au sortir de l'adolescence, il revient à Paris, termine ses études secondaires et entre en hypokhâgne à Henri-IV. C'est là, en 1947-1948, qu'il prend la décision de "se consacrer à l'histoire". Les classes préparatoires, puis la Sorbonne, ces années de formation sont celles d'une vie intellectuelle intense, où il découvre la politique, s'éprend de littérature, de théâtre et de poésie. Celles, en même temps, où se nouent d'indéfectibles amitiés. Avec le futur indianiste Charles Malamoud, c'est "un coup de foudre". Malamoud est alors communiste, l'attraction du PC est "écrasante", Vidal envisage d'adhérer, sous réserve de "faire de l'opposition à Staline". Impossible évidemment!
Cet intransigeant n'est pas fait pour la discipline de parti. L'indépendance est dans les revues. Avec Pierre Nora et d'autres, il lance Imprudence, un titre qui claque tel un défi, trois numéros seulement, mais l'un d'eux lui vaut une lettre de René Char, avec ces mots : "Tenez votre liberté et surveillez vos illusions, vous n'en serez que plus profond." Sous le signe de Char et celui du jeune Péguy se précise une aspiration. Entre Jaurès et Platon s'affirme une vocation.
Au printemps 1955, il obtient son agrégation et, l'automne suivant, est nommé professeur au lycée Pothier d'Orléans. La guerre d'Algérie entre dans son douzième mois, un nombre croissant de jeunes Français sont jetés dans la "sale guerre" et, sur les premiers intellectuels exprimant leur opposition, les arrestations commencent à tomber. Celle de l'universitaire André Mandouze, le 9 novembre 1956, le fait "entrer dans l'action". Contre cette guerre coloniale qui déshonore son pays, il mobilise dès lors toute son énergie : il faut rompre le silence, alerter les consciences !
Quand son vieil ami de lycée, l'historien Robert Bonnaud, lui raconte les massacres perpétrés par l'armée française, Vidal l'exhorte à témoigner, porte son texte à la revue Esprit, qui le publie en 1957, et s'attend à un immense scandale. Il n'en est rien, c'est le début d'un long combat. La même année, il devient l'un des principaux animateurs du comité Maurice Audin, du nom de cet assistant de mathématiques à la faculté des sciences d'Alger, arrêté le 11 juin 1957, déclaré "évadé" le 21 et, en réalité, tué par les militaires.
En 1958, il publie, aux Editions de Minuit, le dossier de L'Affaire Audin, une pièce à conviction contre la censure et le mensonge. Puis, avec le même acharnement sur les faits, il anime la revue Vérité-Liberté. Suspendu d'enseignement en 1960 (il est alors assistant à Caen) pour avoir signé le Manifeste des 121 sur le droit à l'insoumission, il milite en "permanent",
multipliant articles et interventions publiques.
Ce qui le pousse à se mobiliser tout entier ? Une exigence à la fois morale et politique et une profonde indignation dans laquelle résonne l'écho d'épreuves anciennes : son père a été torturé par la Gestapo et l'affaire Audin, qui rappelle le montage mensonger de l'affaire Dreyfus, est aussi l'histoire d'une disparition, qui évoque celle de ses parents. Au fond de son "engagement total", il y a une dette à l'égard du passé que le présent doit honorer. Elle est nôtre désormais : ce que l'on sait sur la torture dans la République, sur les forfaitures de la raison d'Etat, sur ces
ferments de totalitarisme nichés dans l'apparente quiétude démocratique, on le sait, pour l'histoire et l'avenir, grâce à lui.
Avec la fin de la guerre d'Algérie, en mars 1962, Vidal-Naquet revient à la pensée grecque, au CNRS d'abord, puis à la VIe section de l'Ecole pratique des hautes études, devenue en 1975 Ecole des hautes études en sciences sociales, où il enseignera jusqu'à sa retraite, en 1997.
La Sorbonne et ses "dévots d'une Grèce immortelle et éternelle" n'est pas faite pour cet homme rétif à tous les dogmes. Son parcours sort des sillons préétablis : point de thèse ni de maître ouvrage, mais des essais qui renouvellent l'approche de la culture hellénistique. Ces travaux ne le conduisent pas pour autant à délaisser le présent. Il est de ceux qui lancent, en novembre 1966, le comité Vietnam national, qui dénoncent le coup d'Etat des colonels, à Athènes, en avril 1967, ou que l'on retrouve en Mai 68 heureux de sentir passer un "souffle de liberté".
*DESTIN JUIF*
C'est aussi à partir de la fin des années 1960 que Vidal-Naquet va multiplier prises de position et réflexions sur le destin juif. Côté engagement, après la victoire israélienne de 1967, il avance, dans Le Monde, l'idée d'une paix fondée sur l'existence de deux Etats, et il ne cessera ensuite de prôner un rapprochement israélo-palestinien.
Son dernier acte public est la signature d'un appel intitulé "Assez !" à propos du Proche-Orient, paru dans Libération du 27 juillet au nom du collectif "Trop c'est trop". "A l'opposé de la logique guerrière, nous pensons que des victoires militaires ne garantissent pas l'avenir d'Israël",
écrivent les sept signataires, avant de conclure : "Assez de cette course effrénée vers l'abîme."
Côté savant, en étudiant La Guerre des Juifs de Flavius Josèphe - qui témoigne de la confrontation entre l'hellénisme et le judaïsme -, il découvre une figure du lointain néanmoins familière : Josèphe, un homme à la croisée des cultures, et un "intermédiaire", comme Vidal-Naquet lui-même voulut l'être "entre les Arabes et les Juifs". Par ailleurs, à travers
plusieurs textes autobiographiques., il revisite l'histoire de ce franco-judaïsme dont il est issu. Et, dans de nombreuses préfaces à des ouvrages sur le génocide et les camps, il éclaire les rapports entre la mémoire, le témoignage et l'histoire. Enfin, contre les négationnistes,
Assassins de la mémoire, il mène avec l'ardeur du militant et la rigueur de l'historien un combat exemplaire.
Pierre Vidal-Naquet est mort et les temps sont plus sombres. Mais il nous reste le sens de sa vie intense, de ses engagements en conscience, de sa passion historienne tendue vers une vérité dont il savait qu'elle ne pouvait être qu'un horizon. On a envie de dire qu'avec lui, et après lui, ses combats continuent : le mensonge et l'injustice ne passeront pas.
*Bibliographie*
L'Affaire Audin (Ed. de Minuit, 1958).
La Raison d'Etat (Ed. de Minuit, 1962).
Clisthène l'Athénien, avec Pierre Lévèque, (Belles Lettres, 1964).
La Torture dans la République (Ed. de Minuit, 1972).
Mythe et tragédie dans la Grèce ancienne, avec Jean-Pierre Vernant (éd.
Maspero, 1972).
Les Crimes de l'armée française (éd. Maspero, 1975).
Le Chasseur noir (éd. Maspero, 1981).
Les Assassins de la mémoire (La Découverte, 1987).
Les Juifs, la Mémoire et le Présent (La Découverte, 1991).
La Grèce ancienne, avec Jean-Pierre Vernant, (3 vol., Seuil, 1990-1992).
Mémoires, I et II (Seuil/La Découverte, 1995-1998).
L'Atlantide. Petite histoire d'un mythe platonicien (Belles Lettres, 2005)."
di Nicole Lapierre:
"L'historien Pierre Vidal-Naquet est décédé dans la nuit de vendredi à samedi à l'âge de 76 ans, à l'hôpital de Nice, ont annoncé dimanche 30 juillet les éditions La Découverte. Il était dans le coma depuis lundi à la suite d'une hémorragie cérébrale".
Avec la mort de Pierre Vidal-Naquet, vendredi 28 juillet, à l'hôpital de Nice, des suites d'une hémorragie cérébrale, la cité s'assombrit. Car ce n'est pas seulement un grand historien que l'on perd, c'est aussi un recours et un repère : une conscience morale, un chercheur épris de justice et de vérité, une figure exemplaire de l'intellectuel engagé. En ces temps où la pensée trop souvent s'isole et se replie, sa voix va nous manquer, nous le savons déjà. Et il y a du désarroi à devoir parler au passé de cet homme d'érudition et de passion, porté d'un même élan vers l'histoire, la mémoire et les urgences du présent.
De l'Antiquité à l'actualité, d'Athènes à Jérusalem, d'Alger à Auschwitz, Pierre Vidal-Naquet a mené travaux savants et combats militants en cherchant obstinément à dire le vrai. "Je suis un homme passionné qui s'engage, doublé d'un historien qui le surveille de près, enfin, qui devrait le surveiller de près", disait-il, sans dissimuler la difficulté qu'il y avait à concilier ainsi deux êtres en lui. Double, il l'était par tempérament ; son ami Jean-Pierre Vernant le décrit "excessif parfois dans ses prises de position, et lucide, critique par rapport à lui-même, aux extrêmes dans ses attitudes et mesuré, centriste dans sa réflexion".
Double également dans ses attachements à la France des valeurs républicaines et au destin juif. Et aussi dans sa manière de travailler sur des "couples d'oppositions", en reliant le mythe et la tragédie, la chasse et le sacrifice, les systèmes de pensée et les formes de sociétés.
Double, enfin, dans son existence même, prise entre le feu de l'action et le recul de la réflexion. Cette dualité, qui irriguait sa vie et lui donnait cette ouverture au monde déjouant les spécialités et les identités clôturées, prenait sa source dans une longue généalogie familiale.
Pierre Vidal-Naquet est né le 23 juillet 1930, à Paris, au sein d'une famille de la bourgeoisie juive assimilée, profondément républicaine et résolument patriote. Il était le premier enfant de Lucien, avocat parisien, et de Margot, issue d'une vieille famille comtadine. Des deux côtés, une
lignée de Français déjudaïsés qui n'avaient pas, pour autant, renié leurs origines.
Moïse Vidal-Naquet, son trisaïeul, marchand de vin à Montpellier et responsable consistorial, écrivait dans L'Echo du Midi du 7 mai 1843 : "Au temple ou à l'église, l'on est juif ou chrétien ; dans les actes de la vie politique, l'on doit être français avant tout." Edmond, son grand-père,
avocat lettré et mélomane, fut un farouche dreyfusard, comme son grand-oncle Emmanuel, personnage aux multiples activités professionnelles et politiques (banquier, économiste, journaliste, membre du premier comité de la Ligue des droits de l'homme...). A l'évidence, une figure de référence."
*CONTRE LA RAISON D'ETAT*
C'est à 11 ans, en pleine guerre, que le jeune Pierre apprend ce que fut cette lutte, pour la justice et contre la raison d'Etat, menée au nom d'une haute idée de l'honneur de la France : "Toute ma vie a été marquée par le récit que m'a fait mon père à la fin de 1941 ou au début de 1942 de
l'affaire Dreyfus."
La famille est alors réfugiée à Marseille. Les temps sont menaçants, mais de l'inquiétude croissante des parents, du sentiment de Lucien notant qu'il "ressent comme Français l'injure qui lui est faite comme juif", des contacts pris avec la Résistance, les enfants, protégés et insouciants, ne savent rien. Deux ans plus tard, le 15 mai 1944, c'est la "brisure" quand Lucien et Margot sont arrêtés, puis "l'attente", lancinante et vaine après leur déportation à Auschwitz. L'ombre portée de ce drame ne se dissipera jamais.
Orphelin au sortir de l'adolescence, il revient à Paris, termine ses études secondaires et entre en hypokhâgne à Henri-IV. C'est là, en 1947-1948, qu'il prend la décision de "se consacrer à l'histoire". Les classes préparatoires, puis la Sorbonne, ces années de formation sont celles d'une vie intellectuelle intense, où il découvre la politique, s'éprend de littérature, de théâtre et de poésie. Celles, en même temps, où se nouent d'indéfectibles amitiés. Avec le futur indianiste Charles Malamoud, c'est "un coup de foudre". Malamoud est alors communiste, l'attraction du PC est "écrasante", Vidal envisage d'adhérer, sous réserve de "faire de l'opposition à Staline". Impossible évidemment!
Cet intransigeant n'est pas fait pour la discipline de parti. L'indépendance est dans les revues. Avec Pierre Nora et d'autres, il lance Imprudence, un titre qui claque tel un défi, trois numéros seulement, mais l'un d'eux lui vaut une lettre de René Char, avec ces mots : "Tenez votre liberté et surveillez vos illusions, vous n'en serez que plus profond." Sous le signe de Char et celui du jeune Péguy se précise une aspiration. Entre Jaurès et Platon s'affirme une vocation.
Au printemps 1955, il obtient son agrégation et, l'automne suivant, est nommé professeur au lycée Pothier d'Orléans. La guerre d'Algérie entre dans son douzième mois, un nombre croissant de jeunes Français sont jetés dans la "sale guerre" et, sur les premiers intellectuels exprimant leur opposition, les arrestations commencent à tomber. Celle de l'universitaire André Mandouze, le 9 novembre 1956, le fait "entrer dans l'action". Contre cette guerre coloniale qui déshonore son pays, il mobilise dès lors toute son énergie : il faut rompre le silence, alerter les consciences !
Quand son vieil ami de lycée, l'historien Robert Bonnaud, lui raconte les massacres perpétrés par l'armée française, Vidal l'exhorte à témoigner, porte son texte à la revue Esprit, qui le publie en 1957, et s'attend à un immense scandale. Il n'en est rien, c'est le début d'un long combat. La même année, il devient l'un des principaux animateurs du comité Maurice Audin, du nom de cet assistant de mathématiques à la faculté des sciences d'Alger, arrêté le 11 juin 1957, déclaré "évadé" le 21 et, en réalité, tué par les militaires.
En 1958, il publie, aux Editions de Minuit, le dossier de L'Affaire Audin, une pièce à conviction contre la censure et le mensonge. Puis, avec le même acharnement sur les faits, il anime la revue Vérité-Liberté. Suspendu d'enseignement en 1960 (il est alors assistant à Caen) pour avoir signé le Manifeste des 121 sur le droit à l'insoumission, il milite en "permanent",
multipliant articles et interventions publiques.
Ce qui le pousse à se mobiliser tout entier ? Une exigence à la fois morale et politique et une profonde indignation dans laquelle résonne l'écho d'épreuves anciennes : son père a été torturé par la Gestapo et l'affaire Audin, qui rappelle le montage mensonger de l'affaire Dreyfus, est aussi l'histoire d'une disparition, qui évoque celle de ses parents. Au fond de son "engagement total", il y a une dette à l'égard du passé que le présent doit honorer. Elle est nôtre désormais : ce que l'on sait sur la torture dans la République, sur les forfaitures de la raison d'Etat, sur ces
ferments de totalitarisme nichés dans l'apparente quiétude démocratique, on le sait, pour l'histoire et l'avenir, grâce à lui.
Avec la fin de la guerre d'Algérie, en mars 1962, Vidal-Naquet revient à la pensée grecque, au CNRS d'abord, puis à la VIe section de l'Ecole pratique des hautes études, devenue en 1975 Ecole des hautes études en sciences sociales, où il enseignera jusqu'à sa retraite, en 1997.
La Sorbonne et ses "dévots d'une Grèce immortelle et éternelle" n'est pas faite pour cet homme rétif à tous les dogmes. Son parcours sort des sillons préétablis : point de thèse ni de maître ouvrage, mais des essais qui renouvellent l'approche de la culture hellénistique. Ces travaux ne le conduisent pas pour autant à délaisser le présent. Il est de ceux qui lancent, en novembre 1966, le comité Vietnam national, qui dénoncent le coup d'Etat des colonels, à Athènes, en avril 1967, ou que l'on retrouve en Mai 68 heureux de sentir passer un "souffle de liberté".
*DESTIN JUIF*
C'est aussi à partir de la fin des années 1960 que Vidal-Naquet va multiplier prises de position et réflexions sur le destin juif. Côté engagement, après la victoire israélienne de 1967, il avance, dans Le Monde, l'idée d'une paix fondée sur l'existence de deux Etats, et il ne cessera ensuite de prôner un rapprochement israélo-palestinien.
Son dernier acte public est la signature d'un appel intitulé "Assez !" à propos du Proche-Orient, paru dans Libération du 27 juillet au nom du collectif "Trop c'est trop". "A l'opposé de la logique guerrière, nous pensons que des victoires militaires ne garantissent pas l'avenir d'Israël",
écrivent les sept signataires, avant de conclure : "Assez de cette course effrénée vers l'abîme."
Côté savant, en étudiant La Guerre des Juifs de Flavius Josèphe - qui témoigne de la confrontation entre l'hellénisme et le judaïsme -, il découvre une figure du lointain néanmoins familière : Josèphe, un homme à la croisée des cultures, et un "intermédiaire", comme Vidal-Naquet lui-même voulut l'être "entre les Arabes et les Juifs". Par ailleurs, à travers
plusieurs textes autobiographiques., il revisite l'histoire de ce franco-judaïsme dont il est issu. Et, dans de nombreuses préfaces à des ouvrages sur le génocide et les camps, il éclaire les rapports entre la mémoire, le témoignage et l'histoire. Enfin, contre les négationnistes,
Assassins de la mémoire, il mène avec l'ardeur du militant et la rigueur de l'historien un combat exemplaire.
Pierre Vidal-Naquet est mort et les temps sont plus sombres. Mais il nous reste le sens de sa vie intense, de ses engagements en conscience, de sa passion historienne tendue vers une vérité dont il savait qu'elle ne pouvait être qu'un horizon. On a envie de dire qu'avec lui, et après lui, ses combats continuent : le mensonge et l'injustice ne passeront pas.
*Bibliographie*
L'Affaire Audin (Ed. de Minuit, 1958).
La Raison d'Etat (Ed. de Minuit, 1962).
Clisthène l'Athénien, avec Pierre Lévèque, (Belles Lettres, 1964).
La Torture dans la République (Ed. de Minuit, 1972).
Mythe et tragédie dans la Grèce ancienne, avec Jean-Pierre Vernant (éd.
Maspero, 1972).
Les Crimes de l'armée française (éd. Maspero, 1975).
Le Chasseur noir (éd. Maspero, 1981).
Les Assassins de la mémoire (La Découverte, 1987).
Les Juifs, la Mémoire et le Présent (La Découverte, 1991).
La Grèce ancienne, avec Jean-Pierre Vernant, (3 vol., Seuil, 1990-1992).
Mémoires, I et II (Seuil/La Découverte, 1995-1998).
L'Atlantide. Petite histoire d'un mythe platonicien (Belles Lettres, 2005)."
Etichette:
giornali,
libri,
vidal-naquet
Vidal-Naquet
Il mondo è un luogo più povero e triste. E' morto Pierre Vidal-Naquet.
Per chi non l'avesse ancora fatto suggerisco di leggere almeno Il cacciatore nero
e, se lo trovate, Gli assassini della memoria, Editori Riuniti.
Per chi non l'avesse ancora fatto suggerisco di leggere almeno Il cacciatore nero
e, se lo trovate, Gli assassini della memoria, Editori Riuniti.
Etichette:
libri,
vidal-naquet
Iscriviti a:
Post (Atom)