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06 ottobre 2006

Darfur/6

José Manuel Barroso si è detto "molto preoccupato" per la situazione in Darfur. In visita a Khartum, il presidente della Commissione Europea ha cercato di convincere il governo sudanese ad accettare l'invio di forze delle Nazioni Unite in Darfur, la regione nell'ovest del Sudan in preda da più di 3 anni a una guerra civile che ha provocato almeno 200mila morti.
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03 ottobre 2006

Emirati Arabi

Chi si commuove - da lontano - sulla sorte dei poveri arabi palestinesi soffocati dall'imperialismo israeliano farebbe bene a dare un'occhiata all'ultimo post del blog petrolio dal titolo Se Dubai è Las Vegas l'Oman sarà la Svizzera.
Anche per rinfrescare la memoria su dove stia veramente la ricchezza del mondo occidentale.

25 settembre 2006

darfur/3

Dal Corriere della Sera un altro resoconto dal Darfur. Vi ripropongo l'articolo In Darfur prosegue il massacro di Massimo A. Alberizzi perchè penso che certe notizie sia meglio farle circolare il più possibile.

"L’ultimo attacco è stato lanciato venerdì. Aerei dell’esercito sudanese hanno bombardato villaggi nel nord Darfur, poi sono arrivati i janjaweed, i miliziani arabi a cavallo o a dorso di cammello per completare, come al solito, il lavoro: ammazzare gli uomini sopravvissuti, violentare le donne, insultarle e schermirle umiliandole (“ora hai in grembo un figlio arabo”), rapire i bambini per trasformarli in schiavi, portar via le mandrie e saccheggiare il saccheggiabile."

SCORRERIE QUOTIDIANE - Ma forse, nel momento in cui leggete, quella di venerdì è diventata la penultima incursione. Infatti le scorrerie dei miliziani arabi contro le popolazioni civili di origine africana che abitano le regioni occidentali del Sudan si ripetono ormai quotidianamente. “Non c’è più tempo! Il governo di Khartoum deve accettare un contingente di pace dei caschi blu per fermare il genocidio”, ha ammonito il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, venerdì, a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, durante un incontro tra 25 paesi e l’Unione Europea.

ANNAN E LA RICE - Sabato le ha fatto eco il segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan che, in un editoriale pubblicato da un giornale francese, ha lanciato un appello al Sudan perché sia ragionevole: “Condanno l’escalation che sta prendendo il conflitto in Darfur – ha scritto il capo dell’Onu –. E’ una vergogna per tutta l’Africa”, ha aggiunto. Mentre la Rice ha ribadito la posizione americana: “Se Khartoum continuerà a impedire l’accesso in Darfur, occorrerà pensare a un’azione unilaterale”.
Il Consiglio di Sicurezza a fine agosto ha deciso l’invio nella martoriata regione sudanese di una forza di pace di 17 mila uomini e 3000 poliziotti, per sostituire l’attuale missione dell’Unione Africana, che conta 7200 soldati male armati e male organizzati. Grazie alla Cina e alla Russia, che minacciavano di porre il veto, però è stato aggiunto un codicillo: la missione si farà solo se sarà accettata dal governo di Khartoum. Un’assurdità visto che quel governo è considerato il mandante (e talvolta con i bombardamenti aerei, anche l’esecutore materiale) del massacri e delle grossolane violazioni dei diritti umani in quell’area.

PACE VIOLATA - Ad Abuja in maggio è stato siglato un trattato di pace, accettato da una sola delle fazioni darfuriane. Un trattato che è morto subito, perché violato dal governo e dai ribelli. L’unico risultato è che Minni Minnawi, capo della fazione firmataria, si è sistemato con un bel posto di vice presidente del Paese, assistente del Presidente Omar Al Bashir per le questioni del Darfur. Ora vive a Khartoum con una scorta, un’auto di lusso e una bella residenza. I suoi uomini, pochi per la verità perché il suo gruppo si è assottigliato, partecipano alle razzie assieme agli arabi.
“E’ in corso una grande offensiva del governo – racconta Jahafar Monrò, portavoce della fazione del Sudan Liberation Army, guidata da Abdul Wahid Al Nur -. I soldati e le milizie filogovernative stanno distruggendo le campagne per impedire i raccolti. Tagliano gli alberi da frutta e ammazzano il bestiame. Chi non è stato ucciso dalla violenza rischia ora di morire di fame. L’esperienza del Ruanda dovrebbe insegnare qualcosa; se la comunità internazionale non si muove saremo sterminati. Dopo non pianga e non ci venga a dire “Abbiamo sbagliato a non intervenire, Chiediamo scusa”.

LA GUERRA SEGRETA - Al di là della violenza e dei massacri, in Darfur si combatte una guerra segreta tra Stati Uniti, Cina e Russia. Il Sudan dava ospitalità a Osama Bin Laden ed era stato messo dagli Stati Uniti nella lista dei “Paesi canaglia”. Così le compagnie petrolifere americane che esploravano il sud del Paese, dove è stato trovato oro nero in gran quantità, sono state costrette ad andarsene, immediatamente rimpiazzate da cinesi e malesi: imprenditori, operai, impiegati, ma anche capimafia e capi bastone cinesi hanno letteralmente invaso il Sudan. E concessioni minerarie di vario genere (comprese quelle petrolifere) sono state assegnate a uomini chi Pechino. Assieme a Russia e Ucraina, poi, la Cina ha fornito a Khartoum ogni genere di armi trasportate con urgenza all’aeroporto della capitale dove per innumerevoli notti sono stati segnalati in arrivo enormi cargo Antonov. I pezzi più grossi, elicotteri e (si dice, ma non c’è conferma) carri armati sono arrivati invece a Port Sudan, scalo sul mar Rosso.

I CINESI - La capitale sudanese è ormai piena di negozi gestiti da cinesi, di palazzi in costruzione o appena terminati eretti dai cinesi e di motociclette importate dalla Cina. I cinesi sono dappertutto e hanno anche il permesso di violare le rigide regole islamiche: ci sono perfino i bordelli cinesi e naturalmente i ristoranti, gli unici dove, nonostante l'alcool sia severamente bandito, si possa bere apertamente davanti a tutti vino, birra e il tradizionale stomachevole liquore alla rosa. Solo in quei locali si ha la certezza che non arriverà nessuna guardia islamica che, per tutelare la moralità religiosa, potrebbe farci condannare a 100 frustate sulla pubblica piazza.

Darfur/1

Sul corriere della sera Franco Venturin nel suo articolo dal titolo Se l'Africa chiama ricorda alcuni piccoli particolari, ignoti a quanto pare al grande pubblico e alla stragrande maggioranza dei giornalisti e inviati nostrani:

"In Darfur le incursioni dei miliziani arabi contro le popolazioni civili di origine africana hanno fatto 300.000 morti in poco più di tre anni. Due milioni di rifugiati vivono a ridosso dei confine con il Ciad, ma la furia dei janjaweed li insegue anche nei campi profughi dove uccisioni, stupri e rapimenti sono all'ordine del giorno. Per chi sopravvive alle pallottole, c'è in agguato la morte per denutrizione: come in altre regioni africane le carestie sono ormai un appuntamento fisso, e quel che non distrugge la siccità viene bombardato o incendiato dalle milizie filogovernative. Già, perché il governo di Karthoum e il suo presidente Omar al-Bashir promettono aiuti e interventi pacificatori, ma nei fatti appoggiano la pulizia etnica attuata dalle bande arabe."

Pulizia etnica. Arabi contro neri. Così, tanto per ricordare che la storia passa invano. O qualcuno ignora ancora che i più grandi commercianti di schiavi erano proprio arabi?

07 agosto 2006

Come stanno i palestinesi in Libano?

Dal blog di Rolli:

L'inferno dei palestinesi sono gli arabi

Mentre affermano di combattere Israele in nome e per conto della causa palestinese, i libanesi mantengono i rifugiati nei campi profughi - i peggiori di tutto il Medio Oriente - in condizioni pessime, privi di diritti e di assistenza.
Ai rifugiati palestinesi in Libano non è concessa la cittadinanza, nonostante siano presenti sul territorio ormai da decenni, tantomeno l'accesso al sistema sanitario - invece concesso ad altri stranieri - o alle scuole statali.
Non possono essere proprietari di immobili o terreni, nè esercitare 73 tipi di mestieri, tra i quali medicina, ingegneria, legge); dal 1998 il governo libanese vieta, in molti insediamenti, l'introduzione di materiali da costruzione, utili per riparare le baracche ormai ridotte a tane. L'acqua non è potabile e le fogne sono a cielo aperto, tra le baracche
Nessun deputato di Hezbollah in Parlamento, ha ha mai posto all'ordine del giorno la situazione vergognosa dei campi profughi palestinesi in Libano
All'interno, la situazione dei profughi palestinesi tra i fratelli arabi, raccontata in un'inchiesta di Francesco Ruggeri.

potete leggere il resto direttamente qui