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venerdì 14 maggio 2010

un disprezzatissimo shoppa

La verità è che mi piacerebbe moltissimo trovare un sistema paraculo per fermare la marea nera, ma oltre ad essere scarsa in economia, sono un ingegnere di nessun pregio e pertanto sono costretta a mantenere - anche qui - un basso profilo. E così, dopo lunghe riflessioni sull'incongruità del trivellare oceani per produrre un oggetto - il famigerato sacchetto di plastica - che viene prodotto al solo scopo di portare le mie cose dal negozio a casa e poi finisce nell'immondizia, mi sono comprata uno splendido shoppa rosso profumato di cumino, che porto fedelmente in borsa.
Incredibile a dirsi, l'esser - se pur lo ammetto assai miseramente - virtuosi produce negli altri un disgusto realmente incontenibile: ieri mi presento in cassa con un paio di bragazze (in una catena di strazze da due soldi, preciso) pago, e quando la commessa tira fuori il suo pezzo di petrolio sorrido e dico "no grazie". Mentre mi guarda esterrefatta e perplessa, mi sposto più in là per fare posto alle clienti successive, estraggo il mio rutilante shoppa, e ci infilo dentro la braga, percependo una scia di brusio alle mie spalle. Mentre scendo le scale, mi raggiungono le due tipe e - volutamente a voce alta, per manifestare il loro sommo disprezzo: "ma guarda questa, pur di non prendere il sacchetto di plastica, dove mette la roba". Non ho avuto la forza di rispondere, ma la cosa mi ha lasciato assai perplessa: capisco avessi fatto paternali, rotto il cazzo, ostentato virtù, fatto concioni ecologiste, ma può accadere che sia socialmente obbligatorio portare la merce nel sacchetto fornito dal negoziante? Quale segreto rituale ho violato, osando portare la mia merce in un pezzo di petrolio riciclabile invece di riempimi la casa di immondizia?

lunedì 14 settembre 2009

granceola, o memorie di una wannabe veg


Chi ama mangiare lo sa: l'attesa di una cena all'aperto, cucinata da un amico-ottimo-cuoco e annaffiata da ottimi vini è un momento festoso e allegro. Tanto più se è una casa al mare, se la calura agostana si è appena sciolta in una mite e frizzante atmosfera settembrina, se è il crepuscolo e il sole decide di tingere il cielo di tutte le sfumature dal verde smeraldo al viola violacciocca.
E così quando il mio amico Francesco torna dalla spesa, mi offro (dovere, sono ospite a casa sua) per un aiuto in cucina: ho già bevuto un bicchierozzo, tanto da perfezionare qb la gioia di vivere, ed essere al tempo stesso presente e partecipe.
Sfodera - all'inizio non capisco perchè - un ghignetto apertamente sadico ed estrae dai sacchetti di plastica gli incarti della pescheria, spiegandomi che sì, certo, ovvio che posso aiutare.
Si tratterebbe insomma di tagliare in due i granchi-sugo-per-la-pasta, che sono talmente freschi - pensa che figo - da essere ancora vivi, infatti l'incarto si muove.
L'inattesa corvè improvvisamente trasforma la lieta aspettativa della cena in un incubo psichedelico. Chiarisco subito che sono disposta ad offrire il mio aiuto per qualsiasi mansione - fosse anche la più umile - che non implichi la trasgressione di uno dei dieci comandamenti, intesi in senso allargato.
Dunque no, non taglierò in due alcuna creatura vivente.
L'amico mi congeda con malcelato disprezzo. Non c'è - a quanto pare -altro da fare, e questo mi permette di sedermi di fronte al tramonto a fare due conticini con la mia coscienza, quella intollerabile scassacazzi.
La cena sembra ormai rovinata, perché - come implacabili impietose formiche - i pensieri scorrazzano impazziti mettendomi di fronte alle mie contraddizioni.
Non aiuto l'amico, io? quella delle bisteccone alla fiorentina da un chilo? E quando all'amica americana che mangia carne "but not babies" gli ho propinato il vitel tonnè a la maniera di Ada Boni spacciandolo per vetusto tacchino? Tutti gli stufati, i cosci d'abbacchio, i deliziosi roast beef...ogni singolo pollo arrosto, trancio di pesce spada, per non parlare dei polpi (mio padre non li mangia, sostiene siano intelligentissimi) sfilano davanti ai miei occhi, sbattendo i ciglioni disneyani.
Provo a fare i conti: di quanti cadaveri - io anima pia che mi tiro indietro inorridita se si tratta di tranciare in due un granchio - mi sono resa responsabile? Quanti babies pecorelle, cefalopodi da nobel della fisica, quanti capi fiduciosi e giocherelloni sono passati all'altro mondo (o al limbo? Dove vanno? Dove finirò io, pecorella sbattezzata?) per la mia cruda mano , se pure così vile e ipocrita da non riuscire a finire il granchio che renderà buona la mia cena?
Sopraffatta dai pensieri e sperando di distrarmi rientro in cucina. Serve per caso aiuto?
Non serve, e gli arti della granceola già fremono sul fuoco. Ebbene sì, si muovono ancora, la pentola è tutto un brulicare, un fremere, un contorcersi. La visione mi colpisce come un pugno nello stomaco. Torno in fretta al mio tramonto ormai scialbato cercando di calmarmi. E' un riflesso, la bestia non soffre più, mi ripeto. Ma i dubbi si insinuano velenosi: chi mi dice che in ogni emi-granchio ancora vitale non ci sia un emi-io in un inferno di dolore? Sì, lo so, una parte di me osserva che io sono favorevole all'aborto, e infatti confermo: lo sono, quanto più precoce possibile: gli arti se pure assai eso-ossuti della granceola mi ricordano i miei e quelli dei fratelli assai più della catena di DNA di una morula e ad ogni buon conto ho sulla coscienza un milione di capi di bestiame, tra ovini, bovini, suini, prodotti ittici e pollame, e neppure una morula.
Hitler era vegetariano, mi ripeto, cercando di far evaporare la fila di abbacchi schierati davanti ai miei occhi non per saltare l'ostacolo e portarmi al sonno ma per andare al patibolo. "Ad baculum", recita l'etimo, e il bastone del boia lo tengo in mano io.
Stasera pasta all'olio, e in futuro con la carne ho proprio chiuso.
E mentre mi dimeno, torturata dai miei sensi di colpa di carnivora come un granchio in una pentola, inizia a levarsi il profumo: il sugo di pomodoro danza con il delicato pesce freschissimo in un matrimonio coronato da semini di finocchiella selvatica. I colori hanno lasciato posto ad un nero pieno di stelle....massì, forse posso apparecchiare e versarmi un altro bicchierozzo di Elba Bianco.
Portare le stoviglie in tavola mi fa bene, nella pentola la granceola si muove sì, ma solo per effetto del bollore del sugo: la quiete della morte è sopravvenuta, nessun emi-granchio semicosciente può inchiodarmi alla mia mortalità, la mia percezione del dolore e a quella dei fratelli. Il fratello granchio è diventato oggetto: nessuna empatia per i cadaveri.
Il mio amico Emiliano - e il ricordo mi allevia la pena - se potesse scegliere nella prossima vita si reincarnerebbe in un maiale selvatico in Corsica: per quei giorni da bestia brada e felice sarebbe disposto a finire salsiccia e figatellu.
E forse in effetti quei granchi hanno avuto giorni migliori dei miei, rifletto, e forse potrei correggere un po' i miei propositi vegetariani: magari potrei partire da domani.

O potrei - chessò - limitare la mia natura carnivora nutrendomi esclusivamente di quelle bestie antipatiche: magari potrei mangiare caimani, serpenti, boje panatere.

Che poi, a dirla tutta, pure i bovini tutta questa simpatia non me l'hanno mai fatta, eh.

giovedì 20 agosto 2009

non si è nerd per nulla

Una piscina affollata è prima che strumento di benessere fisico o di allenamento sportivo, una palestra di convivenza. Ogni corsia deve diventare un orologio, con lancette perfettamente sincrone a dispetto di ogni possibile differenza di velocità: la distanza di ognuna delle lancette da tutte le altre è direttamente proporzionale al benessere di tutti. Quattro vasche sue sono due mie. Se mi arriva dietro mi fermo e lo lascio partire.
Mentre rifletto su questa "fisica" o forse "antropologia dei nuotatori" in attesa appunto che le corsie si svuotino all'avvicinarsi dell'ora di chiusura, una silouhette poco o nulla imponente si staglia di fronte a me.
E' un ometto sui venticinque anni, occhiali a culo di bottiglia e costume a braghette con le palme: sorride, ignaro del fatto che l'oscurare a me l'ultimo sole del pomeriggio è poco meno che un'onta.
"posso prendere la sdraio"?
La domanda è singolarmente cretina. Io sono sdraiata su un'altra sdraio, e ovviamente per quello che mi riguarda la sdraio accanto a me può fondersi per l'effetto joule, venire rubata da Alphadraconiani, o essere lanciata ad altezze vertiginose dallo sbruffo di un geiser. Me ne straimpippo.
Sento una specie di pizzicorino che dagli arti converge nella pancia, e subito debbo realizzare che non si tratta - purtroppo - di frisson erotico per Quattrocchi ne' di sballo da fumi di cloro. E' irsutismo da irritazione.
"sì, certo" rispondo secca.
"sicura"?
Non si è tolto dal sole e io sono sicura.
"Non c'è problema."
"ma sicura-sicura? Era solo perchè volevo farmi un pisolino, ma posso farne a meno".
Respiro e trattengo l'impulso di stringere forte forte il suo pallido colluccio da pollo. Mi freno. Povero ragazzo, non ha fatto niente di male e io sono una jena, tanto per cambiare.
"Sicura-sicura" azzardo un sorriso a la Nicholson, e mi alzo per controllare la piscina. Oramai sono rimasti in pochi, uno per corsia, e una sola risplende vuota, invitante e placida sotto l'ultimo sole: è il mio momento, la mia corsia. Il mio bagno di fine giornata.
Congedo il nerd e mi avvio a passo rapido verso l'agognato momento clou. A quell'ora è bellissimo nuotare: schizzi e schiamazzi si sono chetati, il primo bagno ha corroborato il corpo e la mancanza di abbaglio da sole diretto aiuta a rendere il nuoto una attività ad un tempo fluida, ritmata, piena di energia e senza affanno.
Finita la seconda vasca di puro piacere, sollevo la testa.
E' lui.
Niente "pisolino" a quanto pare.
Quattrocchi ha deciso di essere il mio compagno di corsia, a quanto pare.
Per la seconda volta evito di soffermarmi con troppa voluttà sul colluccio da pollo.
E tenendo conto che qualsiasi avventore della piscina di sesso maschile - per vetusto, malandato, magro, bambino, zoppo, sordo, cieco, muto o paralitico che sia - va più veloce di me, per la seconda volta sfodero un sorriso-Shining e lo invito ad andare.
"Prego"
"No, no, io sto un po' qui" mi fa dimesso, appoggiando i culi di bottiglia sul bordo della piscina.
Mi sorprendo a ghignare tra me e me: ho trovato il primo maschio a cui dare una lezione natatoria comme il faut, - penso. Una volta partita però, bracciata dopo bracciata - mi accorgo subito che non è la competizione il motore e la ragione ultima del mio bagno: sono determinata a ritrovare l'incanto della piscina di fine giornata.
A fine vasca azzardo una caprioletta per ripartire e mi accorgo che lui è dietro di me.
No, non dietro di me a metà vasca. E' a una bracciata da me.
Mi freno.
Lo guardo.
Sorrido Shining.
"prego" gli faccio.
"no, no" bela lui. "io mi riposo un po'".

Aspetto mezzo prezioso minuto (le sei e mezzo son lì che arrivano) e poi, rassegnata, mi avvio.
Per tutta la vasca una percezione idrodinamica mi suggerisce ciò che tutta me stessa rifiuta di credere.
Lui è lì, a pochi centimetri da me. Mi fermo, lo invito ad andare, mi comunica che vuole riposarsi, riparto, arrivo, ed è lì. Una, due vasche. Mentre nuoto non l'acqua tiepida, non la tensione muscolare, non la respirazione è il centro del mio io, ma una domanda ed un dubbio: è sadico o è cretino?
Arrivata al bordo mi avvio alla scaletta, esco: l'orologio mi darebbe ancora cinque minuti ma ormai è del tutto chiaro che la festa è finita.
Mi giro e lo vedo.
Nuota, sereno, nel blu.
Sadismo? Stupidita?
Semplice genio.
Il bastardo mi ha fottuto.

sabato 18 aprile 2009

io, la diabolica regina delle zolle

Non capita sempre, in treno, ma la settimana scorsa - sull'intercity per Torino - i compagni di viaggio erano un autentico piacere. Una gradevole signora romana, sulla sessantina, un suo coetaneo meridionale - un po' aspro ma simpatico - vissuto molti anni in Piemonte, e un tranquillo e piacevole ventiseienne di Pescara. Si parla del più e del meno, il giovane e mio figlio hanno interessi in comune, la musica, e poi la vivibilità di Torino e di Roma, e le chiacchiere scorrono gradevoli e leggere come allegre farfalline.
Quando fatalmente si arriva al terremoto e ognuno parte con le sue.
E chiacchiera che ti richiacchiera, io mi sono svegliato, io no, e le campanelline tintinnavano, e conosco una signora a cui è caduto un quadro in testa....il giovane pescarese - fino a quel momento mite e apparentemente del tutto ragionevole - assume una facies da Mr Hide e con occhio immoto e incarnato livido spara la seguente sentenza:

"D'altra parte è evidente che i terremoti fanno comodo a qualcuno".

Improvvisamente il vagone dell'intercity scompare e io mi ritrovo in it.politica.internazionale. La domanda è sul punto di sbocciare dalle mie labbra, con lingua biforcuta e sorriso sarcastico mi appresto a chiedere: "a chi...giovane ragazzo di Pescara - farebbero comodo i terremoti?" - ma la visione del volto di mio figlio, aduso sì ad una mamma un'anticchia scassaminchia ma non a quel mostro informe ed assassino che solo i NG riescono ad evocare, mi frena.
In fondo non è poi necessario sentire le sgangherate teorie deliranti di "tizio-qualsiasi-che-sembrava-così-simpatico": abbiamo tutti socializzato, andiamo d'amore e d'accordo, a che pro dunque appestare l'aria?

Reprimo il moto compulsivo alla flame, mi esce solo un verso tipo "gnuckm", e mi metto a leggere, dopo aver sorriso tra me e me delle mie paranoie. Di fondo debbo ammetterlo: è la paura di essere - io me personalmente - accusata di smuovere le zolle per qualche mio recondito interesse che io ignoro ma il giovane pescarese sa, che scatenano la mia avversione per il complottismo, avversione che arriva a farmi detestare Matrix ed X-Files senza neppure accorgermi delle innovazioni cinematografiche.

La cosa finisce lì dimenticata finchè oggi cazzeggiando in rete scopro che è proprio così.

E' per minare la moschea di Al Aqsa, che noi andiamo in giro per il globo a smuovere le zolle.

Al sito sono arrivata da Kelebek, dove si discute accanitamente la plausibilità della teoria, copio qui uno dei commenti della discussione scientifica perchè è un capolavoro:

"... io ho subito collegato gli ultimi bombardamenti su Gaza (bombardamenti a tappetto con bombe di ultima generazione di peso notevole... non certo leggere come le noccioline o le piume di un cardellino) con il terremoto in Abruzzo (v. la posizione geografica di Gaza)... ho il sospetto che possa aver contribuito ad accelerare e aumentare il fenomeno, già esistente in loco, dello sciame sismico... gli anziani di una volta solevano dire "non svegliare il can che dorme".
Tempo fa lessi sul giornale di un esperimento fatto in Gran Bretagna... all'ora x tutti gli individui presenti negli edifici scolastici dovevano saltare ... l'esperimento funzionò...il saltare insieme di oltre 1 milione di individui provocò un piccolissimo terremoto registrato dai sismografi... Inevitabili certe conclusioni se si considerano i continui bombardamenti,le trivellazioni, i vari esperimenti di cui noi non sappiamo o altro... e che siamo in più di 6 miliardi di individui a fare di tutto e di più ... concludo dicendo che forse il tizio non ha detto una cazzata...
http://eduseis.na.infn.it/didattica/moduloIII/onde.htm"

venerdì 13 giugno 2008

le porte del paradiso

Ne era affetta Teresa D'avila, che pensava fossero le Porte del Paradiso, e ne parla Oliver Sacks nel suo libro "Emicrania".
Inizia come un puntino brillante e si allarga a mezza luna, una corona di punte colorate e luminose, lasciando un area di cecità. Dopo un quarto d'ora è finito, ma se viene in macchina tocca fermarsi e aspettare che passi. E' lo scotoma scintillante, e il modo migliore per far capire com'è è disegnarlo, mentre mi funesta la serata.

Chi vuole provare insieme a me e a Teresa l'esperienza mistica, può ingrandire l'immagine qua sotto, cliccandoci sopra.




giovedì 12 giugno 2008

il vero problema delle donne

Svolto l'angolo su un marciapiede, in una delle mie scarsissime uscite di questi giorni di lavoro lavoro e lavoro, e ti vado a incrociare due omarini sui trent'anni che parlano fitto fitto, concentrati e un po' mesti. Uno bassino e cicciottello, con gli occhiali e una specie di pizzetto, l'altro un po' più alto e magro, di quelli che hanno l'aria giovane ma sono già pelati, e con la pelle leggermente provata dall'acne giovanile. Lo sai - fa il bassino con espressione dolente - qual è il vero, enorme problema delle donne?
E scompaiono, inghiottiti dalla traversa e dai rumori della strada, senza lasciarmi neppure un indizio.

giovedì 6 marzo 2008

felicità è

Consegnato il lavoro, trovare questo sito e riuscire a fare senza difficoltà tutti gli accordi strani (tipo midim7aumplus) delle canzungelle dei beatles, che in decenni di strimpellate non erano mai stati ne' cercati ne' trovati. Ah, internette...

giovedì 7 febbraio 2008

il tempo del viaggio

C'è uno strano rapporto - inversamente proporzionale - nella percezione del tempo, almeno per me. Se è tempo denso di eventi e di emozioni, corre veloce mentre lo vivi ma rallenta sui lassi temporali più estesi: acquista profondità. Al contrario, una giornata di routine sembra infinita, dieci anni di routine passano in un fiato. Forse la percezione del tempo è così diversa, soprattutto nell'infanzia ma anche nell'adolescenza, proprio perché ogni giornata è - indipendentemente dagli eventi - densa. Di conoscenza, di novità, di paura, di concentrazione, di felicità e di traumi.
E così, il tempo del viaggio, del viaggio lungo e lontano, diventa una specie di bolla in cui le regole del tempo normale e adulto, il tempo di routine, scompaiono e si ritorna alla percezione infantile. Più o meno così:
creando una buffa distorsione: quando si torna e si rientra al tempo di routine, ciò che è accaduto prima del viaggio...sembra assai più vicino di quello che è accaduto durante.
Questo è solo perché avevo voglia di dire che sono contenta di avere condiviso il tempo esteso e intenso di imprevisti, gioie e difficoltà di un lungo viaggio con un certo ragazzotto che oggi compie giusto diciassette anni, e che presto - come natura vuole - prenderà il volo e i lunghi viaggi se li farà da se'.

giovedì 27 settembre 2007

segreti e bugie

Interno, mattina.

Moglie è al PC, ha appena interrotto il lavoro per rispondere per le rime ad un nazimaoista di Joppolo, Marito entra, affannato e seccato:

Marito: Eccoti le chiavi della macchina. Ma perchè cazzo non funziona più l'apertura a distanza?

Moglie: (con occhio vitreo) Non ne ho la più pallida idea.

Moglie (voce pensiero) Ma non posso escludere che sia perchè il girone "90 minuti a 90 gradi" con aggiunta di varichina raramente giova all'elettronica...

martedì 18 settembre 2007

stromboli 4 - il mare a settembre

Una spiaggia deserta, lunga, nera, il vulcano dietro alle spalle e un mare piatto e trasparente.
Vento fresco sulle spalle, sole caldo sulla pelle, acqua tiepida sui piedi: profumata, invitante.
Addosso solo una piccola maschera, e via: cosa al mondo può rovinare un tuffo così?

stromboli 3 - cuore di cappero

Dico, avere il grano a sufficienza per farti svoltare 6 mesi d'estate a Stromboli (che tanto dura lì) a vendere ammennicoli radical chic in una boutique è motivo sufficiente e/o necessario per mettere su una spocchia che financo in un docente di antropologia culturale della Sorbona risulterebbe indigeribile?
"i gechi sono un simbolo dell'isola?" chiede l'ingenua avventrice, poco avvezza per sua sfortuna in Strombologia Simbolica, dopo aver visto l'animaletto stampigliato su ogni singola braga, insegna d'albergo, spilletta, gioiellino, menù di ristorante e fa che t'nabie.
"i gechi sono roba commerciale," sibila con una smorfia di disgusto la Eminente Strombolologa "li vendiamo perché la gente li compra, ma si trovano qui come a Ibiza o a Capri: quale simbolo e simbolo" incalza emettendo una nube di antipatia a dir poco radioattiva.
"Questo!" e sbatte un orrendo cuore rosso fogliato in stile lavoretto in das e vernidas "è l'unico simbolo dell'isola: il cuore di cappero"
Me ne sono andata, per evitare la contaminazione, mentre imperversava una lezione alla avventata avventrice sul bel tempo andato, quando le donne s'arrampicavano su pe' l' vulcano a far capperi e col simbolo strombologico apotropaico ricamato sullo zaino, a metà tra il cristologico e il gastronomico, o forse il cuore è pura anatomia, niente religione: per scongiurare l'infarto sotto la canicola (quello - per intenderci - che io mi sono risparmiata mollando il gruppo di escursionisti a metà gita, neanche a 500 mt sul livello del mare, dei 900 di ripida salita necessari al godimento di sbuffi neri e bianchi, lava, lapilli e umori sulfurei, sarà che non avevo il cuore di cappero con me)

stromboli 2 - meteorologia

"che tempo fa, lì?" mi chiedono al telefono.
Domanda banale, ma quando hai davanti a te una sfera celeste che si produce a partire dalla tua destra e andando verso sinistra , e in assoluta contemporaneità in: nubi plumbee, fulmini e temporali all'orizzonte, squarci di sole che argentizzano il mare, cielo blu orlato solo di una teoria di piccole tenui nubi sangallo all'orizzonte, e - dietro - vulcano con nube di fumo e vapore, beh, la risposta è un po' più complessa.

"variabile" non rende l'idea di sto casino, veramente.
Peccato: mentre buttavo palle di vestiti nello zaino, ho dimenticato la macchina fotografica.

stromboli 1 - la partenza

Se il dentista ha un dubbio diagnostico "uhm, se è gengiva passa, ma se è nervo vedrà le stelle, e dio solo sa come sono i dentisti a Stromboli" se la febbre è salita a 39, e non si riesce neppure a masticare un tortellino frullato, e il lavoro l'è tutto da finire, può essere ragionevole decidere che per questa volta niente vacanze, si resta a casa, e pazienza per il buon vecchio amico Alberto.

O - anche - si può finire il lavoro, appallottolare i vestiti che si trovano in giro - più o meno a casaccio - e gettarli in valigia, e precipitarsi al treno con in borsa termometro, antibiotici, un vasetto di omogeneizzato al tacchino corredato di bottiglietta di wolchester e/o tabasco.

E magari scoprire con gioia, in traghetto, che una fetta di pesce spada sminuzzata e carote bollite ci può pure stare.

lunedì 3 settembre 2007

mal di denti

Le stelle non le vedo, sono fuori dal mio campo visivo.

domenica 19 agosto 2007

passeggiate

Io e il mio amico Giorgio, in passeggiata sui monti della Laga, gravati dai nostri pesanti fardelli di paranoie.

mercoledì 25 luglio 2007

back in barcelona - prima parte: la catalanità

"Ai miei tempi era meglio" è una frase che evito di formulare persino nel privato di me medesima, e figuriamoci.
Ho visto attempate signore annaffiarsi i solchi vermigli e fumanti come vulcani appena eruttati sulla loro coccia incandescente e ferita al lamento di "il sole non è più quello di una volta".
Naturalmente lungi da me il minimizzare i pericoli del buco nell'ozono, ma resto dell'idea che un essere umano, e con lui la sua povera pelle, degeneri in tempi più rapidi del sole, financo del povero sole martoriato dalle bombolette deodoranti.

E così, in questi giorni a Barcellona, mi sono sorpresa più volte a dovermi ripetere che la rambla non era stata proditoriamente allungata dalla mia ultima permanenza in città, che le cozze non erano vecchie e che no, quel vinello non era fatto con le cartine.

Attraversare, dopo una visita al barrio gotico, le ramblas in lungo e in largo zavorrati di paella e tempranillo è qualcosa che a diciassette anni si fa con una certa nonchalance. A venti, come nel mio caso, già un po' meno.

Il punto è che una costante vigilanza sulle proprie distorsioni prospettiche e sul proprio considerarsi misura del mondo, non ripara purtroppo dall'inevitabile sorgere di una nuova categoria di errori.

E così ci ho messo un po' a capire che le sinapsi del mio sia pur polveroso spagnolo non erano affatto evaporate negli anni, ma che proprio in Catalogna una qualche genia di leghisti appena un po' più efficienti dei nostri nell'opera di abbarbicamento identitario suicida hanno preso il sopravvento, e lo spagnolo da quelle parti - semplicemente - non si parla più.

Non si tratta di un lieto e vivace omaggio alla tradizione dei padri, praticato nelle cucine delle famiglie e nei mercati, no. I loro cartelli parlano català, la loro radio parla català, la loro televisione parla català, e i bambini a scuola imparano tutte le sacrosante materie in català, e ovviamente studiano il català.
Allo spagnolo son riservate un paio d'ore alla settimana, e che si fotta, quel babbeo di Cervantes, quel che conta è coltivare e conservare la catalanità, fattore che consiste nell'avere più o meno lo stile di vita, di pensiero, di vestiario, di abitudini, rientranti nella gamma più o meno vasta praticata dal materiale umano di qualsiasi capitale europea, ma nel contempo parlare rigorosamente e solo cispadano, snobbando l'idioma che è secondo per diffusione in tutto il globo terracqueo. [continua]

venerdì 22 giugno 2007

una futura nonna dei fiori

A dispetto di qualsiasi età mi capiti tra capo e collo, e perdinci da qualche tempo in qua me ne capitano di tutti i colori, resto in buona sostanza per quanto concerne il luc, una dannata fricchettona.
Non importa quali e quante evoluzioni possa avere il mio pensiero filosofico e politico: potrò fra vent'anni diventare neo-stronz, liberal, conserva-chic, e forse - un giorno - iscrivermi all'UDC (mai dire mai quando si tratta di politica) ma sarò immancabilmente, invariabilmente, una nonna dei fiori.
Corredo questo penoso outing, a cui mi ha portato il blog delle malvestite, con una fotografia dei miei due tutoni, comprati a 8000 lire l'uno tipo 12 anni fa, che da sempre - ad ogni estate - fanno piangere di vergogna il mio figliolo. Per compare le calzature invece, un incrocio bizzarro tra sandali tecno e artigianato hopi, tempestati di perline in vetro verdi e megadiamanti in plastica, ho dovuto accendere un mutuo, essendo oltre che inspiegabilmente orrende, inspiegabilmente care.
Il bracciale, una coroncina di finti diamanti in cristallo giallo e arancione, sono una delle mie innumerevoli concessioni alla passione dello sberluccichio.

Da notare l'escamotage atrocemente malevestito del cuore per mascherare il volto. Spero faccia punti, quei sandali in premio sul blog delle malvestite mi hanno dato l'acquolina in bocca.

venerdì 1 giugno 2007

scartoffiofobia

Le fobie sono cosa strana.

Evidentemente un giorno, da piccola, ho visto una scartoffia mentre un ape mi pungeva il culo, e da quel giorno lì ne ho un irrazionale quanto sacro terrore.

Non sto scherzando ed è un problema. Nell'ingresso di casa mia le scartoffie di contenuti i più vari - multe, bollette, foglietti con numeri di telefono, pubblicità, si accumulano finché una qualche causa di forza maggiore - e per causa maggiore non intendo punto la scadenza delle bollette, particolare trascurabile, ma - ad esempio - l'arrivo dell'ufficiale giudiziario per il pignoramento - non subentra, costringendomi ad affrontare il mazzo in preda al terror panico.

Un po' come un incendio farebbe uscire di casa un agorafobico.

E così da qualche tempo mi piovevano in casa - come ogni anno - le "ritenute d'acconto" (o certificato dei compensi, non chiedetemi dove sia la differenza) roba che serve a fare un misterioso rito annuale da celebrare sotto la tutela di uno speciale guru chiamato "commercialista".

Credo sia collegato con l'arrivo dell'estate, perché mi risulta che la suggestiva ancorché misteriosa perturbazione cartacea arrivi di solito in maggio.

E così, da qualche tempo, mentre il mazzo ingrandiva si ingigantiva con lui il mio turbamento, diventando zavorra inconscia ogni giorno più gravosa: qualche parte di me temeva che accumulare il cartaceo di pregio in quel mucchio spurio e informe mi esponesse al rischio di arrivare impreparata al rito, di perdere qualcosa di fondamentale: sapevo che protratta oltre un certo limite la rimozione mi avrebbe esposto a interminabili file, a telefonate a numeri verdi e ad ogni sorta di persecuzione da parte di grigie e pericolose Autorità.

Ma ciononostante, e anzi, proprio per quello, accumulavo.

Finché lunedì scorso non mi chiama la segretaria del guru, con voce chissà perché ad un tempo stizzita ed esterrefatta - chiedendomi che fine avessi fatto, e ingiungendomi senza mezzi termini di affrettarmi a prendere un appuntamento.

Ieri - giorno prefissato - ho affrontato il mucchio un'ora prima del rito.


Dirimere un cumulo di scartoffie è un po' come fare un carotaggio nei ghiacci, o studiare i cerchi di un tronco.

Ogni strato corrisponde ad uno specifico periodo: e le promozioni GS fresca primavera, multe riferite al periodo in cui ignoravo la presenza di ausiliari del traffico acquattati all'incrocio sotto casa mia (intorno a febbraio) auguri natalizi, sotto sotto, nel primo strato, una busta chiusa il cui contenuto mi ha chiarito senza ombra di dubbio i misteriosi moti dell'animo della segretaria.

venerdì 27 aprile 2007

condizionatori

Non basta non avere una politica energetica, essere in ritardo sul solare, avere detto di no al nucleare. Nel mio palazzo sono quasi tutti uffici, e per qualche motivo che ignoro non sembrano affatto interessati a contenere gli sprechi. Ogni anno è una lotta al coltello per farli tacere nelle ore notturne (osservare nella foto la distanza del condizionatore dal davanzale della camera dove lavoro, e dormo).
Ma quest'anno abbiamo raggiunto il top: siccome erano ancora accesi i riscaldamenti, i mentecatti invece di girare le manopole dei termosifoni hanno fatto partire i condizionatori.
Penso mestamente a come si commenteranno questi scempi dementi, quando si leggerà questo post (che ora stampo) con un lumino ad olio di colza.

venerdì 12 gennaio 2007

riflessioni su un treno

Non metterai le autoreggenti e le minuscole braghe fiorate per gelarti le chiappe su una panca a meno cinque. Ne' per esibire il tuo culo a tutto il vagone, che la gonna leggera si incastra nell'elastico quando esci inconsapevole dal cesso. Donna! Amica! Madre! Quando la pianterai di elencare le doti della tua prole? Io vorrei andare al cinema, invece! Ho visto anche zingari felici, ma la donna seduta sulla panca della stazione non lo era, e neppure la sua bambina. La smetta di parlare al cellulare, maleducato! (altro treno) La smetta di cantare neanche fosse la Callas, che io devo pure studiare! (breve pausa) Capotreno! La signorina canta! "Hai un amante anche tu" "ma lui non sa decidersi" "Neanche tu" "Ma non l'ho mai lasciato, a causa dell'altra" "Neanche lui ha lasciato tua sorella per l'altra, così dice" "Non è la stessa cosa, perchè lui è uno stronzo. Mi raccontasti una lugubre leggenda per farti beffe di me, e ora ti risenti perchè ne rido? Ehi, occhi vuoti, ruski iasik, è la seconda volta che ti trucchi. Te lo riesci a pittare un bagliore di intelligenza, una sfumatura di interesse, un tocco di curiosità? In questa dimensione i filari di alberi spogli mi riempiono il cuore di noia (nell'altra non saprei) Ha delle belle borse sotto gli occhi, il signore, ma eviterei la blefaroplastica. Tanto cammina comunque come un vecchio. Mi ricordo quel posto lunare dove andammo con Giulia. Peccato, si sia convertita, anche se a dire il vero non mi è mai stata simpatica. Quello studente pelato mi guarda sempre. L'ho colpito? Gli faccio senso? Usa la mia faccia come un comodino per gli occhi? Opto per la numero 3. Piccolo dilemma sul treno: sprecare o meno l'elegante taccuino nuovo? Non sono israeliana, sono ebrea, non sono ebrea, sono giudaizzante, non sono giudaico cristiano, sono ebreo, non sono ebrea, sono italiana, non sono religiosa, sono ebrea, non sono ebrea, sono atea. Sei ebrea? Sì. Allora non sei italiana. Sei ebrea? Sì. Mi sai dire perchè trattate i palestinesi come i nazisti hanno trattato voi? Sei ebrea? Sì. Allora ti hanno avvertito di stare alla larga dal WTC. Io lo posso dire, perchè mio nonno era ebreo. Sei ebrea? Sì. Allora non guidi di sabato. E' sabato, e sto guidando. Per quello hai il cambio automatico. Sei ebrea? Sì. Allora perchè tua madre si chiama Badussaro? Sei ebrea? Sì. Allora perchè sei bionda? Gli ebrei sono orientali! Sei ebrea? Sì. Allora perchè sei scura? Gli ebrei sono occidentali! Sei ebrea? Sì! Sorella maggiore, vieni che ti faccio strada con la candela. Sei ebrea? No. Ho mangiato un grumo di molecole che sapevano di vol aux vent.

Fonti:
Il treno (clicca qui)
Il taccuino (clicca qui)