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sabato 18 dicembre 2010

internazionalismo e modernità

Nella appassionata difesa delle manifestazioni degli studenti, in questo articolo Maltese lancia un accorato appello - data la gravità dalle situazione - a ragionare, coinvolgendo giustamente tutti - da chi giustifica i roghi di bancomat a chi applaude ai pestaggi dei manifestanti. E suggerisce di ascoltare gli studenti: in fondo proprio i vituperati no-global sono secondo lui stati - inascoltati - i primi a dare l'allarme: molte delle previsioni di quel movimento infatti sembrano drammaticamente realizzarsi: dalla devastazione del territorio al crollo del costo del lavoro, passando per la Madre di tutti i Casini del Mondo, ovvero l'esaurimento delle risorse.

Io credo invece che il movimento no-global abbia forse diagnosticato correttamente una componente del male, ma abbia certamente toppato la cura.

Infatti il loro errore, a me pare, così come l'errore in genere dell'ecologismo - di destra e di sinistra - è il pensare che il progresso si possa fermare, o - peggio - che sia possibile semplicemente mettere le lancette indietro e azzerrare dieci, cento, mille anni di storia.

Non è così, almeno credo, e a sostegno della mia analisi posso semplicemente citare il fatto che non è mai successo, che si torni indietro: alzare barriere doganali, chiudere le frontiere all'immigrazione, frenare l'outsourcing non sono cose giuste o sbagliate in se': sono cose irrealizzabili, per via politica: solo la catastrofe può azzerare tutto, ma non è quello che speriamo o quanto meno non lo spero io. E' una macchina lanciata a velocità massima, e puoi al più manovrare il volante, ma non puoi frenarla ne' mettere la marcia indietro. E la sinistra stessa, complessivamente, ha commesso e commette l'errore di non volercisi mettere al volante, teorizzando impossibili marce indietro: invece di ricorrere ad una delle sue matrici, l'internazionalismo, la sinistra si è rinchiusa da una parte nei vecchi - e oltre certi limiti anacronistici (ma vaglielo a dire a Vendola) braccio di ferro salariali (persi) o in una riscoperta, a sua volta vetusta (ma vaglielo a dire a Veltroni) del "liberismo", andando dietro ad un altra ideologia che oltre ad essere caratteristica della destra è anch'essa alle corde. Ridicolo.

Sappiamo che parte del male ha origine da una zona franca sovra-nazionale non sottoposta ad alcun controllo: dalle transazioni finanziarie allo sfruttamento della forza lavoro: possiamo far lavorare una banda di bambini del bangla desh senza incorrere in nessun reato.
E se lo sappiamo, che tutto questo non va, dove sono le sedi di coordinamento - virtuali, fisiche, di qualsiasi tipo - delle sinistre internazionali? Dove quelle dei sindacati? Chi sta elaborando un embrione di istituzione che governi i rapporti economici tra paesi? Perchè le sinistre mondiali non solo non lo stanno facendo, ma neppure suggeriscono che sia opportuno iniziarlo a fare, e invece si perdono in chiacchiere stupide - come ad esempio la spettacolare cazzata di litigare all'interno del PD sull'opportunità o meno di entrare... nel partito Socialista Europeo?

mercoledì 25 marzo 2009

della strutturalità del superfluo

Nella sostanza non c'è grande differenza tra una copertina di un cellulare e dieci grammi di cardamomo: articoli accessori, superflui, che generano potentemente mercato.
Checchè ne dicono gli avanzi del veteromarxismo antiglobalisti neocattolici, il mondo non è nato ieri.

Le spezie sono semi, frutti, radici, cortecce o sostanze vegetali usate in quantità irrisorie dal punto di vista nutrizionale come additivi per dare sapore ad un alimento.

Le spezie hanno avuto un ruolo importante nella storia sin dalla loro scoperta. Nel mondo antico e medievale erano tra i prodotti di maggior valore, che da soli giustificavano l'apertura di nuove rotte commerciali.

Ah, probabilmente per nessun motivo, gran parte delle spezie iniziano con la C.

Ieri ho fatto un piatto di cipolle glassata africane: la ricetta chiedeva cannella, curcuma, zenzero, zafferano e pepe nero: avevo tutto in casa...da noi il superfluo non manca.

venerdì 21 settembre 2007

globalizzazione

Un battito d'ali di farfalla in Giappone...


...crea un cataclisma nelle Filippine.

domenica 3 giugno 2007

kapital

Le tag di questo post sono la sintesi del mio giudizio - contraddittorio - su questo video.

mercoledì 16 maggio 2007

la proprietà intellettuale del brasato

Il punto è che sono abbastanza stufa di questo costante rivendicare e isolare la proprietà intellettuale "etnica" di questa o quest'altra cosa: inventi la carta, la volta a crociera, la matematica, la democrazia, la laicità dello stato, il brasato, le nanostrutture?
Bene, non ne sei proprietario, men che meno per via di sangue o di bandiera: la proprietaria intellettuale di ogni invenzione, esclusi brevetti il cui sistema sarebbe comunque da discutere, è l'umanità intera.
Pangloss, nei commenti qua sotto, dice che l'illuminismo è europeo e non francese: ma le armate di Napoleone erano francesi e che quei valori sono passati - anche in Europa - attraverso le armi, e di certo non bene accolti da tutti: in Italia sono ancora oggi avversati con violenza. Per assurdo, a chiudere il cerchio "etnico", lo stesso Napoleone diceva "L'Europa è una tana di talpe. Tutte le grandi cose vengono dall'Oriente".
E ricordo - a tutti quegli integralisti che attribuiscono al Corano il pericolo islamico (non nego ovviamente che esista oggi una spaventosa deriva politica fondamentalista nell'islam) che ovunque i bigotti vogliono imporre i loro libri - antichi e spesso enigmatici - alle costituzioni e ai codici, e ovunque essi sono un pericolo: viviamo in un paese dove è normale che la televisione pubblica commenti il libro infame di Toaff riferendosi agli "omicidi rituali degli ebrei" , dove è normale che la televisione pubblica attribuisca all'islam la violenza sulle donne, ma dove non si vedrà mai nelle TV pubbliche ne' in quelle private, dove vige l'autocensura, il documentario della BBC sull'insabbiamento ad opera delle gerarchie ecclesiastiche [hat tip: Ipazia], Ratzinger in primis, dello scandalo dei preti pedofili, che invece di essere denunciati alla polizia venivano spostati di parrocchia in parrocchia.

Ecco quanto è "occidentale" la fottuta laicità dello stato di cui alcuni - improvvidamente - vantano la proprietà intellettuale etnica.

giovedì 3 maggio 2007

imperi



martedì 24 aprile 2007

rock duro, ma non puro

Avevo dodici anni, era la vacanza più bella della mia vita, e la world music codificata come sorta di manifesto global , così come l'incupimento fondamentalista identitario erano fenomeni al di là da venire: in Turchia si suonava il rock duro (ma non puro) .
La rete è una memoria che contiene tutto, anche il passato più remoto e apparentemente dimenticato.

venerdì 6 aprile 2007

ethno girl

Con i teorici dello scontro di civiltà è impossibile entrare nel merito dei contenuti: in qualsiasi confronto arriva il momento in cui alzano un limite simbolico ma invalicabile, che non ammette repliche: non conta più l'oggetto della discussione ma soltanto i loro attori. La loro Fede, le loro Origini, la loro Identità. Accade con Dacia, con Oriana, con Deborah: nello stesso modo e con modalità simili.

Dacia, sul suo blog, scrive un post appassionato - beffardo e divertente come d'abitudine - ma inutile: programmaticamente e scientemente privo di contenuto.

Quando i fronti sono delineati non già dai contenuti - oggetti flessibili - ma dal sangue - oggetto simbolico di natura incerta e durezza adamantina (si basti pensare alla razza italica, per capire quel che intendo) - che senso può avere la parola?

Dacia profetizza un futuro generico movimento "di rottura": a tutt'ora sappiamo da lei solo che le sue schiere saranno ordinate su base etnico-religiosa - l'islam e gli africani protagonisti, e - chissà perchè - i buddhisti dello Sri Lanka comprimari - e che i suoi obiettivi di breve, medio e lungo raggio non sono unfortunately al momento disponibili. A parte - ovviamente - schiaffarla nel culo a moi (mica come persona, che son simpatica: come simbolo, ovviamente) che non sarà un granché sul piano della progettualità, dicamocelo, ma ha il dono della semplicità. Mica nulla di nuovo, eh: è un po' la buona vecchia logica della gambizzazione dei sindacalisti: colpiamo gli agenti dello SIM, quanto al resto si vedrà poi.

(per inciso, l'ottica etnica mi interessa meno di un cazzo, viceversa metterla nel culo ai fautori dello scontro di civiltà per me è un goal primario, eh? Solo perché il mio pacifismo non sia eccessivamente frainteso, we shall overcome sta minchia)

Come la beffarda fanciulla candidamente ammette, dunque, qualsiasi opzione, progetto politico, proposta, è in se' sospetta e inaffidabile non tanto per il suo eventuale contenuto - indiscutibile per definizione - ma per la sua fonte, cassata senza ulteriori indagini.

Lei rappresenta dunque la Giustizia: e per grazia ricevuta.

(ahi, se mai fosse sensato farlo, si potrebbe per una volta giocare a Miss Ethnic con Sua Etnicità in persona: CUANDO EL REY NIMROD sai i miei avi dhimmi, lavoratori alla salatura delle teste dei condannati in terra di Algeria , o erano a Tunisi? - URUH ma di sicuro sputati dalle navi a Livorno due secoli fa con le pezze al culo? Quello? E' un dijeridam, mi marido ha uno zio aborigeno, AVA NAGHILA, no che non sono andata in vacanza, stronza, noi sefarditi siamo abbronzati: per carità nulla al confronto, eh! C'ho il patronimico arabo! Prima si suona il violino sul tavolo: poi si balla la hora? NERENNENNAH)
Niente da fare, noi non si emana medioriente, non ci sono quarti di terzomondità ostentabili a fronte di tanta sovrabbondanza etnica.

Naturalmente far notare ad un teorico dello scontro di civiltà che la sua visione è manichea è impossibile. Si può forse convincere Oriana del fatto che i crociati fossero delle bestie? Giammai! Ammetterà mai Deborah le colpe di Baruch Goldstein? Ma no, troverà sempre delle ottime giustificazioni. E parimenti sarà impossibile far notare a Dacia - per esempio - che la storia del suo pueblo d'elezione, l'Islam, non è necessariamente una storia di gente aliena dal potere: che è - anzi - una storia di conquiste e di grandi imperi.
O che le carneficine tribali non sono affatto "pittoresche" solo perché agite da neri.
Chi teorizza lo scontro di civiltà è costretto ad esser cieco di fronte alla trasversalità del fenomeno del potere, nella storia dell'uomo: quella bestiaccia, il potere, che ciclicamente viene uccisa e che risorge a nuova vita, con nuove forme e nuovi attori, e che sfoggia abiti ogni volta diversi, techno, ethnic, american style, pure black, soviet chic, restando sempre invariata nella sostanza.
La stessa premessa - nel riconoscere una trasversalità di oppressori e oppressi - verrebbe a cadere, e con quella il castello ideologico - assai debole di sostanza ma forte nelle simbologie - che la sorregge.

Sarà per questa necessità di non mettere in discussione la fede nei doni innati, nelle rendite di posizione cromatiche, o per questo bisogno di negare la trasversalità di vizi e virtù umane, che Dacia - invitata a riflettere ed argomentare sulla qualità non etnica dell'esercizio del potere - liquida il destino tragico dei piccoli uomini della foresta, neri vittime di oppressione e di rapina ad opera di bastardi sì - ma concolori - con una bella, schietta, argentina risata?

migrazioni umane

Cliaccare per ingrandire. La colorazione delle frecce è relativa alle epoche delle migrazioni.


Tanto per dire che le migrazioni umane (quelle dall'Africa sono iniziate 100.000 anni fa e non sono ancora terminate) non sono esattamente un portato del capitalismo, come vorrebbe la visione schematica terzomondista e no-global. Per la verità l'incessante muoversi alla ricerca di nicchie migliori per la sopravvivenza, più ricche, più fertili, la fuga dalle pestilenze e dalla siccità e dalle carestie direi che inizia con i batteri, quegli agenti della mondializzazione giudo-pre-cambriana.

lunedì 19 febbraio 2007

sinologi dilettanti

Maria e Uriel, la prima qui nei commenti, il secondo - in un buffo e prevedibile contraddittorio con una sua proiezione - nel suo blog, contestano un paio di affermazioni sulla Cina: segnatamente 1) che il processo di modernizzazione cinese sia "salubre" e 2) che la Cina stia "uscendo dal comunismo".

Trascrivo due passi del Manifesto del nazionalismo cinese di Xiaodong Wang, fonte: Limes, che mi pare aggiungano una dimensione di maggiore complessità alle nostre opinioni, aggiungendo - se non altro - un punto di vista cinese.

A proposito dell'inevitabilità del processo, e del fatto che la sua "salubrità" venga percepita in modo diverso da chi vive in una capitalismo consolidato rispetto a chi vive quel vertiginoso sviluppo, con tutti i suoi negativi e positivi:

"Molti intellettuali cinesi fanno di tutto per convincere i loro connazionali a non farsi sedurre dallo stile di vita occidentale, scomodando a tal fine pensatori occidentali, la dottrina buddhista, filosofi cinesi come Lao Tsu, Zhuangzi, Confucio, Mencio e finanche Mao Zedong. Il totale fallimento di tali tentativi dimostra come sia perfettamente inutile, oltre che eticamente sbagliato, tentare di convincere i cinesi a non aumentare il loro tenore di vita, invece di aprire un serio dibattito scientifico su come permettere ai cinesi e al resto della popolazione mondiale di diventare benestanti, scongiurando al contempo la distruzione della terra."

Ammetto che definire il processo di modernizzazione della Cina superamento del comunismo sia un modo sommario e certamente incompleto di definire un fenomeno complesso. Peraltro non so nemmeno se la lettura orientale e fondata sul culto della personalità di una ideologia occidentale ottocentesca potesse essere definita "comunismo" a suo tempo, figuriamoci quanto la sua evoluzione moderna possa rientrare nelle categorie marxiste (al di là dell'evidente fallacia di argomenti come che "la Cina va verso la democrazia" e simili, che non ho mai usato e che vengono invece attribuiti a me, o a un interlocutore fantasma che - argomentando per bocca di Uriel - non può che fatalmente risultare svantaggiato nel contraddittorio).

"L'altro grande problema che si presenta attualmente alla Cina consiste nel vertiginoso aumento delle disuguaglianze interne. Garantire ad ogni cinese un buon livello di benessere e un grado di libertà sufficiente a dispiegare pienamente le proprie capacità rappresenta una priorità per la Cina, in quanto da ciò dipendono la solidità e l'equilibrio del suo sviluppo economico, nonchè il mantenimento della pace sociale e lo sviluppo nei cinesi di un forte sentimento di appartenenza e lealtà alla nazione. In Cina vi è una sparuta minoranza di intellettuali che - per raggiungere questo obiettivo, ritiene necessario un ritorno alle strategie di sviluppo maoiste. L'impraticabilità di questa via risulta evidente dal pragmatismo dei milioni di contadini che ogni anno migrano nelle città alla ricerca di opportunità di lavoro che consentano loro di affrancarsi dalla povertà. Le problematiche legate a tali dinamiche sono innegabili, così come la fragilità del presente modello di sviluppo. Tuttavia, quest'ultimo appare preferibile all'attesa messianica di un nuovo Mao".

lunedì 5 giugno 2006

il fascino discreto dell'autarchia


Osservavo i gusci delle telline, sulla spiaggia di Ostia ai cancelli, e al tempo stesso la mia mente che si lanciava in una buffa e ingenua fantasia autarchica: quante telline, in fondo ci si potrebbe anche vivere. Una capannuccia sulla spiaggia e vai: telline a gogò, per tutta la vita. Un brandello di infanzia che fa capolino, una fantasia molto profonda e gratificante, nella sua assurdità, e mi chiedo se solo mia. Quando ero piccola, e passeggiavo nei boschi, non c'era rovo di more, cespuglio di lamponi che non me la scatenasse. Una capannuccia saldamente ancorata tra i rami, e mi pareva che con quelle more, quei lamponi e magari qualche fungo ben scelto ce ne potesse essere per quel che mi restava da vivere, infatti da grande mi sono comprata il Cetto, vol I e II, e di funghi ne so qualcosa (anche se porcini e ovoli li trovo esclusivamente sulle pagine di quel libro).
E anche quando di notte non riuscivo a dormire, spesso mi immaginavo naufraga su un isola deserta, a mangiare pesce e ricci di mare (passione - anche quella - che coltivo ancora) davanti,savasandir, all'immancabile autarchica solida capannuccia di frasche. Persino ora, quando immagino la casa dei miei sogni, la penso prudentemente con camino e pannelli solari: di questi tempi non si sa mai. Una versione post picco della capannuccia di frasche, altro che galline, ovetti e pomodori: colza per l'olio della lanterna, che a leggere la sera - fosse anche la ricetta della ribollita - non ci voglio rinunciare. E' ovviamente una fantasia sciocchina (come spesso lo sono le fantasie, non so le vostre) ma mi sono chiesta se non sorga da una sorta di nucleo duro umano e istintivo. Non faccio un discorso politico - che sono convinta che la globalizzazione sia un fenomeno nato all'età della pietra, inevitabile anche se dove possibile da governare - ma chissà, mi chiedo, se l'idea di questa rete così fitta di dipendenza con tutti gli altri individui del mondo non sia sotto sotto antropologicamente inquietante, e se in cuor nostro ognuno di noi non coltivi il sogno di una ingenua, infantile, rassicurante perfezione autarchica...

mercoledì 22 marzo 2006

occasionali compagni di strada

Sul newsgroup it.politica.sinistra, qualcuno ha proposto di creare un documento wiki di elaborazione strategica della sinistra "radicale". Come dice Ipazia, che il manifesto di IPS l'ha scritto, il newsgroup si propone - tra le altre cose - come spazio di elaborazione teorica e costruzione di prassi politica, dunque che da qui nascano iniziative come questa è - secondo me - buona e fertile cosa.
Io però - se l'iniziativa va in porto - mi limiterò a leggere il lavoro di questi occasionali compagni di strada: la collaborazione tra sinistra radicale e moderata oggi è indispensabile per sconfiggere pericoli gravi, e sarebbe probabilmente buono poter fare un altro po' di strada insieme, ma è possibile?
Ho chiesto - sul newsgroup - quali fossero gli obiettivi e le strategie a breve, medio e lungo termine di un comunista. La prima osservazione dalle risposte che ho ricevuto è che una domanda volutamente "strettamente" pragmatica ha generato un sacco di teoria. La seconda osservazione è che - per qualche motivo - gli obiettivi di breve periodo sono stati totalmente trascurati, e sono emersi esclusivamente obiettivi di "medio" periodo, in estrema sintesi due: il matriarcato e la lotta alla globalizzazione. Tralascio l'ipotesi "matriarcato", tutto sommato fantasiosa e un po' mitologica, per dire un paio di cose sull'ipotesi no-global, che ha conquistato più di un cuore. Io - da molto tempo scettica, riguardo al marxismo - avevo parzialmente messo in discussione il mio parere proprio discutendo (con alcuni diessini) su quel gruppo: se le premesse strettamente evoluzionistiche di Marx si erano rivelate fallaci (le rivoluzioni infatti ci sono state solo in paesi che non hanno vissuto capitalismo maturo, diversamente da quello che lui pensava) il loro stesso fallimento e lo sviluppo in senso capitalista della Cina, potevano alla fine dar ragione a Marx. Dando il tempo sufficiente ai paesi in via di sviluppo attraversare il sistema capitalista, di avvicinare il costo della loro forza lavoro a quello della nostra, i lavoratori di tutto il mondo - finalmente uniti - avrebbero forse riacquistato la forza sufficiente per diventare una leva potente: mai pensato a un sindacato globale?
Non è affatto una ipotesi in cui io abbia fede: semplicemente - come via al socialismo - mi sembra assai più concepibile e coerente alle premesse di quella no-global, che lavora - in senso nazionalista - per la sconfitta della nazione americana, e sogna un'Europa di buona volontà, che "aiuta" - assistenzialmente e dall'alto - i poveri del mondo.