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lunedì 30 ottobre 2006

l'anima è hardware, ma sopravvive all'alzheimer

Ieri, chiacchierando con un amico a me molto caro, discutevamo delle persone cosiddette "diversamente abili". Mi raccontava di aver visto su Report un programma fatto esclusivamente da persone con handicap psichici, a suo dire molto bello.
Ovviamente l'ho subito - seppur con benevolenza, con lui è impossibile mordere - aggredito.
Ho in sospetto la retorica buonista che vuole cancellare il male, il brutto e la sofferenza.
Per molti anni sono cresciuta con lo stolto mito di sinistra della bellezza della follia, mito nutrito dagli antropologi (non diventano sciamani, i matti, in buonselvaggionia?) e quando qualche persona a me vicina ha perso il lume della ragione, io quella bellezza non l'ho vista per nulla, purtroppo.
Eppure.
Eppure caso vuole che oggi psicocafe ci segnali il caso di un pittore, William Utermohlen, che - malato di Alzheimer - ha continuato fino alla fine della sua malattia a dipingersi autoritratti.
Sul New York times si può vedere uno slide show delle sue opere, da sano a malato. Io sono sinceramente colpita: la forma si destruttura, con il procedere della malattia, ma l'espressività non solo è intatta: forse è addirittura più potente nelle ultime opere.

(grazie sempre a Giulietta di psicocafe per aver confortato ancora una volta noi antiproibizionisti. Lungi dal creare danni neurologici permanenti, la marijuana sembra curare l'alzheimer. )