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23 aprile 2019

Patria

Patria di Fernando Aramburu.
Appena ultimato. Una lettura che da subito mi ha preso e coinvolto nella storia di due famiglie basche amiche da una vita e separate dalla morte di uno dei padri di famiglia, ucciso forse per mano di uno dei figli dell'altra. Una vicenda che ci riporta negli anni delle bombe e degli assassinii dell'ETA, in un paesino vicino a San Sebàstian in cui si parla ancora la lingua Euskara per distinguersi chiaramente dagli spagnoli oppressori.
Devo dire che Aramburu non fa esattamente un buon servizio all'ETA, in questo romanzo i suoi membri sono descritti come ragazzi ignoranti e un po' disadattati che compiono attentati ed omicidi quasi a caso, colpendo nel mucchio,   trovando in questo una giustificazione alla loro esistenza.
Probabilmente non erano tutti così, ma va detto che da sempre i gruppi terroristici reclutano adepti dalla personalità fragile per poterli meglio imbonire e controllare, e buttare allo sbaraglio.
In ogni caso, l'omicidio del Txato,  cambia per sempre la vita delle due famiglie precipitate  nella sofferenza, nei ricordi di un'esistenza che di colpo appartiene al passato.
Ed ognuno continua come può, e lo scrittore è bravo nel calarsi in ogni personaggio, nei vari diversi tentativi di non farsi annientare.
Il romanzo è infarcito di vocaboli baschi, un glossario indispensabile è posto alla fine del libro, la lingua basca è difficile e piena di x, ma dopo un po' naturalmente non ce n'è più bisogno.

29 luglio 2018

La ragazza con la Leika e alcuni, antichi lavori.

- La ragazza con la Leika - di Helena Janeczek - ed.Guanda.
Appena terminato. Molto interessante, bello, a tratti commovente.
È la storia della prima fotoreporter di guerra, morta giovanissima alla fine della battaglia di Brunete, durante la guerra civile spagnola. È però anche l'entusiasmante ritratto di una parte di gioventù europea che prima della Seconda Guerra mondiale vive e respira ideali, affronta rischi e difficoltà con un entusiasmo ed un'energia  che solo la gioventù consente. E tanto coraggio anche.
Gerda Taro è raccontata come una figurina brillante e piena di fascino ed eleganza , coraggiosa ed intraprendente al limite della temerarietà, libera nel modo di vivere e di pensare, irresistibile, indimenticabile per quelli che sono stati i suoi amori che a distanza di anni, tanti, ne serbano un indelebile ricordo.
Durante la lettura del romanzo non ho potuto fare a meno di pensare a come deve essere stato complicato vivere in quel periodo, complicato e pericoloso. Un pensiero che mi ha attraversato la mente è stato quello per le  madri ed i padri di tutti questi giovani lontani da casa, sottoposti a privazioni e rischi, spesso non in grado di dare notizie di sé. Che ansia...
Unico neo, piuttosto fastidioso per me: la scrittura. In varie parti dell'opera i periodi si arrotolano su loro stessi, non si capisce dove iniziano, dove finiscono. A volte c'è il soggetto, ma poi? Manca il verbo che lo giustifica e lo completa ed uno ha voglia di leggere e rileggere la frase, non se ne viene a capo, non si capisce che cosa vuol dire la scrittrice.
La scrittrice è tedesca naturalizzata in Italia dove vive da trent'anni e quindi magari può essere comprensibile qualche incertezza, ma caspita, l'editor cosa stava facendo mentre lo leggeva? L'antica professoressa che continua a vivere in me si è innervosita molto devo dire, all'inizio ero persino tentata di mollare la lettura tanto la cosa era fastidiosa!

Però leggetelo il libro, vale la pena, non badate ai miei deliri...
Ultima cosa , mi ero ripromessa di finire alcuni secolari WIP, ebbene, ho terminato una tovaglia iniziata solo una quindicina di anni fa:

Una quantità di quadratini a punto croce



Beh, non ve li faccio vedere tutti, sono tanti! E per chiudere il post in bellezza anche un  altro paio di calzini per una carissima amica, sto cercando di procurare calzini caldi per l'inverno a tutte le amiche che hanno l'abitudine di camminare scalze in casa. Lo so che poi saranno contente!


28 marzo 2018

Otto montagne e sedici alberi

Qualche tempo fa ho letto "Le otto montagne" l'ultimo libro di Paolo Cognetti che mi è piaciuto tantissimo e mi ha permesso di conoscere uno scrittore di rara sensibilità e poetica. Narra la storia di due ragazzini, uno di città, l'altro di montagna che dividono le estati, una dopo l'altra fino a diventare adulti ed a ritrovarsi grandi amici, fratelli anche un po'. L'amore per la montagna, per la natura incontaminata, la solitudine ed il silenzio sono il collante di questo indissolubile rapporto.
L'amore che anima anche lo scrittore naturalmente e gli permette di condividere la grande fascinazione della willdernss unendo in sé molteplici attività che gli permettono di vivere e lavorare in posti incontaminati e leggendari. Non solo scrittore quindi, ma anche giornalista, inviato, fotografo, blogger.
E persona gentilissima che risponde ai commenti sul blog e ci fa conoscere altre persone come lui, profondamente radicate nella difesa della natura e del paesaggio naturale.
Proprio leggendo il suo blog sono capitata su un'intervista fatta ad Oslo a Lars Mytting, lo scrittore norvegese autore di Norvegian Wood , il manuale per tagliare ed accatastare la legna che tanto successo ha avuto su al Nord.

In questa intervista lo scrittore parla della sua ultima fatica, un romanzo che è tante cose, un percorso a ritroso per cercare un'identità celata, un giallo, un romanzo storico che parla della Seconda guerra mondiale in Norvegia tra nazismo e resistenza, ma anche un piccolo compendio sulla coltivazione della betulla e sulle tecniche utilizzate per modificarne la qualità ed il colore del legno. Costringendo i tronchi in stretti anelli di ferro si ottengono delle fiammate molto suggestive ed apprezzate in ebanisteria.
 La storia si dipana  tra le Shetland (una mia  fissa ultimamente...). i campi di battaglia della Somme in Francia ed il paesaggio collinare dello Gudbransdalen tra salti temporali e colpi di scena che rendono il romanzo veramente interessante.
Due bei libri che ci trasportano in un mondo diverso dal nostro, dal mio perlomeno, che ho trovato veramente interessanti e coinvolgenti.
Li consiglio!


1 maggio 2017

La Saga dei Cazelet

I Cazalet sono una grande famiglia alto borghese. Tre fratelli, tre mogli, un patriarca, sua moglie, la nonna, due vecchie zie svanite e polverose, tanti bambini, la servitù, la tenuta nel Surrey dove tutti trascorrono le vacanze estive durante l'estate che precede lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
E dove poi rimangono quasi tutti per sfuggire ai bombardamenti su Londra.
E sarà che adoro le saghe famigliari, i racconti delle vite che si dipanano nel tempo, ma questi volumi li ho letti proprio volentieri.
Per ora sono tre, poi saranno quattro perché il 20 di aprile è uscito il quarto e poi per finire cinque, quando Fazi Editore pubblicherà il finale.
Intendiamoci, non sono un capolavoro memorabile, ma sono assolutamente gradevoli ed i personaggi, soprattutto quelli femminili ti entrano nell'anima e non si può fare a meno di sapere come tutti, poi, andranno a finire.  Che è poi quello che mi piace della vita, quella reale, vedere come le nostre vite vanno a finire.
Ci penso spesso, anche alla mia, e devo dire che la cosa mi inquieta un po', specialmente quando non sono di buon umore e vedo il mondo ed il destino a tinte fosche. La malinconia è uno stato d'animo che mi corrisponde spesso e volentieri purtroppo...
In ogni caso è una lettura piacevole, a volte un po' lenta, ma mai noiosa, i personaggi, specialmente le  ragazze che diventano adulte durante la guerra e si ritrovano a vivere una nuova età in un mondo confuso ed instabile sono ben delineate con i loro timori e le loro ansie per il futuro.
Sono romanzi intelligenti, ironici, rendono bene un momento storico molto particolare in cui si ha la netta sensazione che il mondo sia radicalmente cambiato e che nulla sarà più come prima.

Lettura consigliata quindi, se vi piace il genere!

16 gennaio 2017

L'amore e le foreste

Un libro che ho dovuto un po' metabolizzare. Che mi ha fatto arrabbiare, un po' morboso, inquietante.
Alla fine, però, devo dire che mi è piaciuto, senz'altro una trama originale che non dimenticherò tanto facilmente.
È la storia di Bénédicte Ombredanne, giovane donna colta e raffinata, innamorata della letteratura, sposa e madre di due figli, insegnante in un liceo. Questa la facciata. Una facciata che cela una realtà fatta di pressioni e violenze psicologiche, un marito psicologicamente disturbato e manipolatore che diventa l'aguzzino della donna insinuandosi tra le pieghe della sua anima e colpendola nelle sue più profonde sensibilità.
Unico momento di ribellione, unico tentativo di riappropriarsi della propria identità, è la giornata trascorsa con Christian, uomo perfetto che nel libro è l'unico simbolo di passione, libertà ed erotismo.
Da questo momento in poi, la vita della nostra eroina sarà un'inarrestabile discesa all'inferno, vittima della sua incapacità di riprendersi la sua vita.
Voce narrante di questa vicenda è lo scrittore stesso, Éric Reinhardt, che dopo un piacevole scambio epistolare con Bénédicte la incontra in un caffè rimanendone affascinato. Lo scrittore stesso sta vivendo un momento di crisi, dopo il grande successo del suo primo romanzo, stenta a scriverne un altro, la storia che la donna inizia a raccontare, la storia della sua vita, lo incuriosisce. E sarà lui a scriverla, poi, dopo aver ricostruito i fatti, dopo averla cercata, dopo aver cercato le persone che la conoscevano.
E mentre leggevo, l'irritazione saliva, la frase che mi veniva in mente di continuo era: per ogni carnefice c'è sempre una vittima. Perché Bénédicte poteva andarsene, era giovane, con una famiglia accogliente alle spalle, economicamente indipendente. Ed invece rimane.
E qua, secondo me, sta la bellezza di questo romanzo che diventa un esempio di come i rapporti malati  siano alla base di tanta violenza sulle donne, all'interno dei loro nuclei famigliari, una violenza soprattutto psicologica che piano, piano, giorno dopo giorno si insinua sempre più esplicita fino divenire quotidianità.
A meno che uno non si ribelli e se ne sottragga.
Eric Reinhardt - L'amore e le foreste - Salani Editore

1 ottobre 2016

Non tutte le ciambelle...

A volte capita che si infili una successione di letture e lavori che non sono esattamente un granché. Mi è capitato ultimamente, con un libro, l'ultimo di Tracy Chevalier, "I frutti del vento" ed un modello di scialle, lo Shore Hap, pubblicato in The Book of Haps.
Partendo dal libro, sicuramente non è tra i migliori della Chevalier, scrittrice che amo per la sua capacità di creare storie e personaggi perfettamente inseriti in contesti storici che lei studia ed approfondisce e quindi ci fa conoscere. Inutile ricordare La Ragazza con l'orecchino di perla o Strane creature che ho amato tantissimo, o ancora Quando cadono gli angeli. Sono sempre storie di donne, spesso relegate ai margini dalla Storia ufficiale, quella scritta dagli uomini, ma determinanti e fondamentali.
In questo caso invece, il protagonista è un ragazzo, l'ambientazione è quella dell'America dell'800, ancora selvaggia e crudele, percorsa ed abitata da avventurieri e cacciatori, cercatori d'oro e di fortuna. Cercatori di semi e di piante anche, come il botanico William Lobb che viaggiava in cerca di nuove specie di piante  da inviare in Inghilterra o John Chapman, personaggio considerato precursore dell'attivismo ambientalista, conosciuto da noi come Johnny Semedimela, che trascorse la maggior parte della sua vita predicando e seminando piante di meli lungo tutto il Midwest.
L'amore per le piante che il protagonista ha ereditato dal padre lo porterà fino in California e fino alle Sequoie di Calaveras Grove, altissime e maestose, praticamente eterne, testimoni silenziose dello scorrere dei secoli.
Eccetera, eccetera... non è mia abitudine svelare la trama di un libro per non rovinarne il piacere della lettura!
Una lettura però che risulta noiosa, gli argomenti trattati sono molto interessanti, ho imparato tante cose nuove partendo dagli spunti offerti, ma i  personaggi sono tratteggiati in modo superficiale e sbrigativo, non ci si appassiona, quello che più colpisce di questo libro è forse la descrizione degli ambienti naturali. diciamo che in definitiva il ricordo di questa lettura è migliore della lettura stessa!
Per quanto riguarda i lavori invece, ho proprio sbagliato modello scegliendo di fare questo Shore! Ma chissà perché!! Intanto è veramente estenuante lavorarlo, non finisce mai ed è una noia mortale, giri e giri di tutto diritto che neanche i cambi di colore rallegravano un po'! E poi, sicuramente non lo porterò come indicato nelle foto, lo terrò con la punta sul davanti con le code girate sul collo e poi riportate sul davanti come una lunga sciarpa. Non mi piacerà lo stesso!


27 agosto 2016

Fresca lettura

Simenon è sempre una bella garanzia, mi piace la sua prosa così incredibilmente asciutta e moderna, la sua innata capacità di delineare i personaggi così acutamente, con poche scelte perfette parole.
Questo " Il passeggero del Polarlys" è il suo primo romanzo e lo si avverte da subito, è un po' meno scorrevole, a volte incriccato nei dialoghi e nelle situazioni, ma lodevolissimo lo stesso.

 Si svolge su un mercantile che fa la rotta tra Amburgo e l'estremo Nord della Norvegia e l'atmosfera e l'ambientazione sono veramente intriganti. Ci si sente al fresco, sballottati in un mare in tempesta, tra nebbia e ghiaccio, in viaggio verso le isole Lofoten e si impara come negli anni trenta la consegna e lo scambio  della posta e delle merci durante la stagione invernale avvenisse solo grazie alle navi mercantili che risalivano l'oceano ed i fiordi a raggiungere sperduti villaggi.
Molte di queste navi e di questi equipaggi affondavano, basta viaggiare un po' al Nord per trovare targhe e cippi commemorativi di questi tremendi naufragi eppure era così, in tanti sceglievano di fare il marinaio consci di rischiare la  vita praticamente ad ogni viaggio...
Chissà se Simenon ci era già veramente stato in quei luoghi per descriverli così bene, lui ha viaggiato per ogni dove, ma non so se all'epoca, quando ancora non aveva raggiunto il successo, potesse permettersi tanti viaggi.
Alle Lofoten ci sono arrivata al tramonto di un giorno d'agosto di tantissimi anni fa, uno spettacolo che mi è rimasto nel cuore. Sarà anche per questo che il libro mi è piaciuto!

17 febbraio 2016

La donna in bianco

Mai mi sarei aspettata di non vedere l'ora di ritrovarmi al calduccio sotto le coperte con il mio Kobo acceso sulle pagine di un romanzo vittoriano! Intendiamoci, li adoro, ma sono per me una sorta di "coccola", una lettura rilassante e confortevole, da assaporare con lentezza, persa tra le pieghe di una crinolina e l'erba di un pic nic.
Più riguardo a La donna in bianco
"La donna in bianco "invece, è proprio divertente e sorprendentemente avvincente.
Uscito a puntate sulla rivista pubblicata da Charles Dickens "All the year Round", ha un successo enorme e Wilkie Collins diventa con questa storia uno degli scrittori più famosi dell'epoca.
Intendiamoci, non è esattamente come i romanzi di Nesbo o di Stieg Larsson, eppure, anche senza scene traculente, senza serial killer matti da legare riesce lo stesso ad avvincere il lettore.
Ha un sacco di pagine, è pieno di parole e descrizioni,è scritto bene, scorre, è intrigante.
I personaggi sono ben  delineati, le donne ... eh le donne, appunto, poverine, l'autore evidenzia come siano spesso solo fragili creature inermi di fronte allo strapotere degli uomini, schiave di regole e convenzioni ridicole ed avvilenti.  Anche quelle più forti ed intelligenti come Marian Holcombe rischiano di soccombere.
Che dire? Lo consiglio!

14 luglio 2015

Letture estive

Uno dei vantaggi nella scoppiettante vita della casalinga/giardiniera è che quando l'alta pressione arriva direttamente dal centro del deserto algerino e si installa comoda comoda in casa tua per una quindicina di giorni si può scegliere di far finta di niente, dimenticarsi che fuori dalla porta c'è il mondo e sprofondare nel divano, nella canicola e  nella lettura.
E sciropparti le 619 pagine di "Le case degli altri" di Jody Picoult.
Più riguardo a Le case degli altri
La cosa interessante di questo ultimo lavoro della scrittrice americana è che uno dei protagonisti è un ragazzo affetto dalla sindrome di Asperger e quindi si ha modo di conoscere più da vicino questo argomento, questa diversità che colpisce tantissime persone e di cui si fa un gran parlare ultimamente.
Poi però è anche un legal thriller e quindi io mi aspetto che dopo tante pagine, spesso anche ripetitive, si arrivi a conoscere l'epilogo della storia, il verdetto della giuria. Ed invece no, la storia si interrompe  dopo un colpo di scena abbastanza scontato ed intuibile e lascia il lettore così, scontento ed insoddisfatto, abbastanza frustrato anche.
Ecco proprio non mi è piaciuto, lo sconsiglio vivamente.
Altra cosa invece la lettura di "Longbourn House" di Jo Baker che mi ha proprio divertita!
Più riguardo a Longbourn House
Tutti noi abbiamo letto La Austen e tutti noi abbiamo amato Orgoglio e pregiudizio, anzi abbiamo letto tutti i libri della Austen, abbiamo visto persino Il club di Jane Austin godendocela alla grande e desiderando di frequentare un così bel gruppo di lettura

ebbene, in questo caso Mr Bennet e la sua famiglia, la moglie , le figlie, Mr Darcy, i vari pretendenti rimangono sullo sfondo perché qua le storie sono quelle dei personaggi che nel romanzo appaiono per  un attimo, entrano ed escono da una porta senza dare nell'occhio, servono a tavola e puliscono la casa. Molto divertente, ed interessante e ben scritto anche. Specialmente nella prima parte non si rimpiange Jane, anzi, la lettura scorre veloce, i personaggi e gli ambienti sono ben delineati, c'è persino un contesto storico che nei romanzi della Austen è sempre tralasciato. Se proprio vogliamo trovare una pecca ecco, direi che forse la scrittrice si è presa qualche libertà con i personaggi austeniani originali, ma poco importa, sicuramente questo libro non ha la pretesa di essere una pietra miliare della letteratura, è solo un libro gradevole che fa venir voglia di riprendere in mano quelli di Jane!

4 settembre 2014

Scompartimento n.6

Mamma mia che angoscia... Una delle letture estive questo "Scompartimento n.6" di Rosa Liksom che si è rivelato un libro decisamente ostico e pesante.
Russia, anni '80, sul leggendario treno della Transiberiana diretto ad Ulan Bator, in Mongolia, due estranei si trovano a condividere lo stesso scompartimento: una timida e taciturna studentessa finlandese e un operaio russo, rozzo e violento. La ragazza ha lasciato a Mosca il suo fidanzato che per non dover andare combattere in Afghanistan si è finto pazzo ed è stai ricoverato in manicomio dove però finisce per impazzire davvero, l'uomo invece, è diretto in Mongolia a sfidare una volta in più il suo destino di violenza e miseria. Lo scompartimento è uno spazio claustrofobico, al di là del finestino l'immensità del desolato paesaggio siberiano immerso nel silenzio dell'inverno.  

Un paesaggio segnato dalle rovine di grandi opere in dissoluzione, simulacri di un mondo in disfacimento. Sono gli anni che precedono lo smembramento dell'URSS, l'economia affonda, lo stato continua a costruire casermoni di cemento in periferie squallide e remote, ovunque fango e disfacimento e povertà. 
Lo stile di Rosa Liksom è scarno, spesso crudo, nessuna indulgenza, nessun tentativo di cogliere qualche particolare rassicurante, lo squallore e la solitudine la fanno da padroni, viene da chiedersi come si possa vivere in questi luoghi così aspri e crudeli.
Non a caso i dissidenti ancora ai giorni nostri vengono mandati in Siberia.
Arrivata alla fine, chiuso per sempre il libro, mi sono sentita meglio. 

26 ottobre 2013

Noi siamo i Mulvaney


Le storie delle persone mi sono sempre piaciute.
Sin da piccola, nella cucina della nonna paterna adoravo sentire le vecchie storie, quelle dei bisnonni, delle zie zitelle, le "magne", o dei "barba", gli zii lontani, mai conosciuti.
Le famiglie, gli amori, i bambini, le speranze, i fallimenti, le gioie ed i dolori, i lunghi percorsi, la fine.
Naturalmente adoro i romanzi che mi raccontano la vita delle persone seguendole magari anche per più di una generazione e, quando sono dei romanzi scritti bene, allora ti sembra proprio di conoscerle quelle persone o perlomeno a volte ti ci ritrovi in certe situazioni.
Ultimamente ho letto "Una famiglia americana" di Joyce Carol Oates (una tra le mie preferite) :
Più riguardo a Una famiglia americana
il titolo originale è " We Were the Mulvaneys"e meglio sarebbe stato mantenerlo questi titolo, ma, a parte questo, mi è veramente piaciuto, mi ha fatto sorridere ed arrabbiare, mi ha lasciato una leggera malinconia ed io apprezzo grandemente la leggera malinconia!
La scrittura è fluida, piacevole, le parole sono tante, ma servono tutte per descrivere una famiglia unita ed amorevole, allegra e piena di entusiasmo che in un attimo implode e si sgratola, incapace di far fronte ad un evento traumatico.
A prescindere dalla storia ho amato tantissimo l'atmosfera della famiglia ai suoi inizi, i genitori pieni di forza e di entusiasmo, i bambini magnifici e perfetti come sono sempre i bambini, l'energia, il calore, la spensieratezza. E poi, piano piano, la vita, il tempo che logora, le difficoltà, i bambini che bambini non lo sono più.
Lo vedo tutti i giorni, capita anche a me, mi guardo indietro e spesso ho la sensazione che tutto, un po' di tempo fa, fosse più brillante, più leggero.
Succede sempre così quando si guarda indietro, si tende a ricordare solo i momenti migliori, non è vero? Spero di sì.

28 agosto 2013

Letture

Niente paura, continuo imperterrita nella lettura della "Recherche".
Mi sono solo fatta un po' furba e le parti più soporifere le scorro molto alla veloce. Mi piace però, il ragazzo è un grande, detestabile viziato ipocondriaco ma con una sensibilità ed una capacità di esprimere gli stati d'animo e le sensazioni più effimere che è portentosa. In certi passaggi ho ritrovato stati d'animo  personalissimi che mai sarei riuscita ad esprimere a parole.
Di tanto in tanto però una boccata d'aria ci vuole e leggo altro.
Paul Auster, per esempio.
Non lo conoscevo e casualmente ho iniziato dal suo ultimo lavoro, una quasi biografia.
Più riguardo a Diario d'inverno
Mi ha conquistata subito, per il suo tipo di scrittura, per l'umanità che ne traspare, per l'amore ed il rispetto verso le donne, per quel modo un po' buffo di raccontare una vita seguendo i traslochi di una vita ed il tutto fatto con semplicità ed  umiltà.
Paul Auster ha avuto una vita intensa e di successo e da poco è entrato in quel periodo in cui inevitabilmente si tirano le somme, si fanno dei bilanci e si prova a guardare comunque avanti facendo i conti con il tempo che è passato ed ha segnato il nostro corpo e il nostro spirito. Accolgo sempre con entusiasmo istruzioni per la vecchiaia!
Ed ecco quindi che ne ho letto un altro di Paul Auster, Sunset Park.
Più riguardo a Sunset Park
Bello, un romanzo coinvolgente, scritto benissimo, ti inchioda alla pagina e fino alla fine, incantati dalla storia e dalla scrittura si seguono le vicende di Miles Heller che ha ventotto anni, vive in Florida e fotografa gli oggetti lasciati nelle case abbandonate. Una piccola archeologia di esistenze passate, ricordi di una vita precedente,  anche Miles ne ha una  da cui si è allontanato da ben sette anni.








24 maggio 2013

La quasi luna

Più riguardo a La quasi Luna

 "A me piace pensare che tua madre sia quasi intera" mi rispose. "Nella vita, tante cose sono fatte di quasi, di non del tutto".
"Come la luna" dissi.
"Eh, già" disse lui. "La luna è intera sempre, ma non sempre riusciamo a vederla così. Allora vediamo una luna non intera, una quasi luna"
"
Una figlia cinquantenne ammazza la madre, vecchia, malata, non più in sé. Non la uccide solo per pietà, o meglio, la uccide per pietà verso sé stessa, per esasperazione, per cercare un riscatto forse.
Un libro molto duro, molto crudo che parla di amore e di odio, di vita vissuta, di malattia.
Mi è piaciuto, ma come sempre Alice Sebold riesce a trasmettermi uno strisciante senso di angoscia e di straniamento che mi spinge a finire in fretta la storia per potermene sottrarre



2 marzo 2013

Goccioline di nebbia...


"Goccioline di nebbia nascondono l'alba. Il paesaggio non ha contorni. E' piovuto tutta la notte.Spalanco le finestre e non sento entrare il freddo, pare di toccare una nuvola posatasi a terra. La bruma di queste giornate è come proteggesse dall'irruzione del tempo. Abbrustolisco il pane, preparo il caffè: l'aroma spicca più penetrante nell'umido dell'atmosfera.  Quando mi riaffaccio alla porta, il vapore acqueo si sta diradando ai raggi del sole: i campi, solo a tratti svelati, si accendono di una luce ancora bagnata, palpitante, il cielo luminoso si tinge di un pallido azzurro porcellana.
Scivolando leggeri sulle gocciolina acquee, i ragni costruiscono candidi nidi folti di fili, soffici contro i reticolato verde del cipresso."
  Pia Pera - L'orto di un perdigiorno - Ponte alle Grazie

Un libro bellissimo, un'ispirazione, perfetto per la lettura notturna, nel silenzio interrotto solo dai cani lontani.

18 settembre 2012

Toni Morrison

Alla fine di agosto ho letto un libro di Toni Morrison, Paradiso,
More about paradiso
e subito dopo, un altro, Amatissima.
More about Amatissima
E mi chiedo come una che come me si picca di amare la letteratura americana contemporanea possa essere così ignorante da non averla mai letta.
Afroamericana, vincitrice del Pulitzer e di un Nobel nel 1993, Toni Morrison ha una scrittura potente ed evocatrice,carica di magia e di poesia. Una scrittura al femminile, ricca di sfumature, capace di scavare nel profondo dell'animo umano, coraggiosa e nello stesso tempo sognante.
Una scrittura non facile, faticosa a tratti, fino a che non ci si rende conto che più che "capire" occorre "ascoltare" e lasciarsi trasportare dalle voci e dai sogni e dai ricordi delle donne e degli uomini della Morrison. E poi allora si capisce.



19 aprile 2012

Due libri

Un libro bellissimo, un viaggio a ritroso nel tempo seguendo le tracce di una preziosa collezione di netsuke (piccolissime sculture giapponesi, una sorta di alamari utilizzati per chiudere i chimono) ereditate dallo scrittore da parte della nonna materna.
More about Un'eredità di avorio e ambra
Una nonna materna discendente dalla famiglia degli Ephrussi commercianti di grano e poi banchieri ricchi e famosi come i Rothshild.
Edmund de Wall ci riporta nei salotti parigini del 1870 nella casa di Charles Ephrussi collezionista e mecenate, amico di Proust e di Degas, di Monet e Renoir e poi, seguendo la collezione, a Vienna nello stupendo palazzo di famiglia. Ed intanto narra le vicende di una famiglia ebrea, colta e raffinata che nonostante tutte le sue ricchezze è sempre comunque discriminata e guardata con sospetto. La PrimaGuerra Mondiale  mette a dura prova la famiglia, ma è sicuramente l'avvento del nazismo in Austria che nel giro di una settimana cancella praticamente gli Ephrussi e le loro attività, la collezione di netsuke si salva perchè è sottratta al saccheggio della Gestapo da una domestica che li nasconde nel suo materasso.
E' stata una lettura bellissima ed avvincente, è incredibile vedere come nel secolo scorso migliaia e migliaia di persone siano state totalmente inermi ed in balia di avvenimenti che hanno sconvolto e distrutto le loro esistenze. E' una cosa che mi fa sempre pensare e che spesso mi induce a considerare la mia vita in un'altra prospettiva.
E poi, per non farmi mancare niente, qualche tempo fa ho letto:
More about Avevano spento anche la luna
che ci ricorda un altro genocidio, ben maggiore di quello pepetrato sugli ebrei, ma molto meno conosciuto, spesso e volentieri addirittura trascurato e cioè quello delle popolazioni baltiche deportate nei gulag staliniani. Si calcola che Stalin abbia fatto uccidere più di 20 milioni di persone durante il suo regno del terrore. I paesi baltici di Lituania, Lettonia ed Estonia persero più di un terzo della loro popolazione durante la persecuzione sovietica e solo nel 1991 riottennero l'indipendenza. Questo libro aiuta a capire e a non dimenticare e lo fa con garbo e grande sensibilità.

21 marzo 2012

Il giorno dei libri!

Oggi è stata veramente una giornata speciale...oltre che la prima di primavera.
Proprio vero che a volte capitano fatti strani, inusuali, coincidenze. Questa sera mi ritrovo con tre libri regalati, ed in modo assolutamente inaspettato e bellissimo.
Inizio dal primo, "Il linguaggio dei fiori", me l'ha regalato un'amica dolcissima, compagna di scuola media ritrovata grazie a FB e rivista oggi dopo ben 42 anni.
Abbiamo parlato ininterrottamente per 5 ore, è stato bellissimo ritrovarla.
Tornata a casa, sulla scrivania mi aspettava "L'alba dei libri", dono di mio marito. Che ha davvero uno speciale talento nell'intuire molti dei miei desideri...e nell'esaudirli anche! Avevo sentito da poco una bellissima recensione su Raitre appunto di questo libro che racconta la nascita dell'editoria durante i primi decenni del '500 e mi era rimasta una gran voglia di leggerlo.
More about L'alba dei libri
Direi che ero già molto felice e quindi ho iniziato a preparare cena.
Ed aspettando che le patate cuocessero ho dato un'occhiata alle mail e.......HO VINTO IL GIVEAWAY di Kate Davies e quindi   Sweet Shawlettes!!!!!
Giuro è la prima volta che nella mia vita vinco qualcosa.....

11 marzo 2012

1Q84

More about 1Q84
Mi ha lasciato perplessa. Anche un po' annoiata. Ho preferito i capitoli dedicati ad Aomame ed in certi momenti la storia mi ha avvinto per poi lasciarmi andare, confusa e stanca da troppe parole, troppi particolari, troppi lungaggini.
Aspetterò il terzo libro.
E dire che Tokio Blues mi aveva fatto innamorare di Murakami...

26 gennaio 2012

Cormac Mc Carthy

E' un po' che non vi parlo delle mie letture, forse perchè molto leggo in rete, sui blog, nei gruppi e molto sferruzzo e si sa, anche la casa, gli affetti prendono tempo...
Questo non significa però che poi la notte, al calduccio del letto ed alla fioca luce della  lampada non riesca a leggere qualche pagina e ad innamorarmi perdutamente di uno scrittore noto, notissimo  ai più, ma sconosciuto per me!  In realtà di lui conoscevo la trasposizioni cinematografica di due sue opere, "La strada" e "Non è un paese per vecchi" e quindi, essendomi piaciuti molto i film pensavo di leggerlo prima o poi...
Ed allora, complice Gonza, la blogger di Libritudine,  ecco che mi sono divorata i primi due libri dei tre che compongono la "Trilogia della frontiera"
More about Oltre il confine
e
More about Cavalli selvaggi
Cosa vi posso dire? Nella scrittura di McCarthy non c'è spazio per il superfluo eppure sa trasmettere immagini ed emozioni , atmosfere, silenzi, profondità. Le sue parole appena lette a lungo sono rieccheggiate nella mia mente portandomi in luoghi pervasi da estreme solitudini e silenzi sferzati dal vento.
I suoi personaggi sono uomini sempre alla ricerca di qualche cosa, di un posto dove trovare pace forse, sono anche un po' selvaggi, rudi, estremi, eppure affascinanti, leali, fondamentalmente buoni e disperati.
Me ne manca uno, "Citta della pianura", faccio una piccola pausa, poi lo leggo!

8 dicembre 2011

Il Leopardo

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Amo i triller ed i polizieschi. Sono la lettura d'evasione che preferisco, specialmente quando sono ben scritti. E di triller e gialli e polizieschi ben scritti per fortuna ce ne sono tanti. Da ragazzina ho trascorso notti e pomeriggi interi immersa nelle pagine di Rex Stout, di Conan Doyle, di Agatha Christie o di Chandler tanto per citarne qualcuno.
E non ho mai smesso, ne ho letti tantissimi.
Ultimamente sono fantastici gli scrittori noir che vengono dal Nord, carichi di un fascino tutto particolare, soffuso e cupo, in cui la solitudine dei paesaggi è spesso intimemente correlata alla solitudine dei personaggi. Le storie narrate sono il più delle volte molto angoscianti, i crimini efferati, la crudeltà senza limiti, la follia sempre dietro l'angolo. E le storie avvincono!
Non fa eccezione "Il leopardo" dello scrittore nervegese Jo Nesbo. Ancora una volta , protagonista di questa storia è Harry Hole, il tormentato poliziotto alcolista e solitario che già troviamo nelle opere prcedenti e le prime vittime sono due donne morte soffocate nel loro sangue, la bocca con ventiquattro ferite identiche. Si inizia così, e non si smette più. O meglio, a volte si smette perchè le pagine sono tante, i nomi norvegesi anche, ed ogni tanto bisogna andare a controllare di chi si parla, poi però si continua e da Hong Kong si va ad Oslo e poi dai ghiacci norvegesi ai vulcani africani  ed il libro assolve alla sua funzione, intriga ed avvince, ed i pensieri, anche quelli cupi, si devono rincantucciare in un angolino e starsene lì, buoni per un po'.