Visualizzazione post con etichetta racconti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta racconti. Mostra tutti i post

4 aprile 2016

Storia della pinzipessa Lola.

Z'ea una votta la pinzipessa Lola.

"Ohibò -dìssce- sono sola, non z'è il pinzipe!"

Incontò una zimize.

"AIUUUUTOOO! PUZZA! MODDE! è PEICOLOSA!!"

E la zimize la manzò, alla pinzipessa Lola.

"Ohibò -dìssce- sono sola, non z'è il pinzipe!"

Così feze un buco nella tetta della zimize con un bel cottellino, e se ne ussì dal buco, Lola.


E quetta è la fine della ttoia.
TTOP.



Da cui deduciamo che:

- incastonare parti di libri altrui -ad esempio le pulcette in giardino- e ficcarle dentro una storia di tua invenzione potrebbe effettivamente non ledere il copyright di alcuno, chiamandosi più propriamente "citazione". Anche a 3 anni e mezzo.

- Hoibò è un'interiezione eccentrica ma di fascino indubbio, e val la pena indulgere nel suo abuso.

- In mancanza di un principe, certe pinzipesse non si fanno troppi problemi a ricorrere a mezzi forse un po' splatter, ma invero efficaci.




21 ottobre 2011

Lei legò i lunghi capelli biondi in una coda alta, il laccino in bocca e un libro aperto sulle ginocchia.
Fece un grosso nodo dietro la nuca, scostò l'ultima ciocca, inarcò la schiena e fece scricchiolare il collo, voltò pagina.
Il grosso gatto bianco dentro il trasportino di vimini miagolò.
Lei sporse l'indice oltre le sbarrette per una distratta grattatina sotto il mento, senza staccare gli occhi dalla pagina.
Le 7.
L'uomo accanto a lei si alzò, spense la sigaretta.
"Andiamo, tra poco chiamano.".
Lei  chiuse il libro e lo infilò nella borsa, si alzò con precauzione, un po' sbilanciata, e si avviò verso la dogana con quell'andatura cadenzata, vagamente ridicola, della donna incinta.

Lui avrà avuto 25 anni, un corpo esile e probabilmente del tutto insulso fuori dalla divisa.
Un paio di baffetti neri curatissimi e l'aria di chi sta portando la proria carriera esattamente dove aveva programmato che andasse.
Che noia, gli ci voleva un'altra sigaretta.


"La borsa."
"Buona, Cleo, che c'è? ora saliamo, ntch-ntch, stai tranquilla."
"Amore, la borsa."
"La borsa. La svuoti qui."
"Eh? Cosa? Ah la borsa, sì."
L'astuccio del trucco, un pacchetto aperto di caramelline alla menta, gli occhiali, il foglio spiegazzato con la ricetta della torta allo yogurth di sua madre, il libro.
Il libro.
Lui lo prese in mano, lo rigirò. Fissò il titolo sulla copertina, le labbra increspate in un sorriso sarcastico. Disse qualcosa al collega alle spalle, qualcosa di brutto.
Con disprezzo, si capiva, perchè lo fece sputando le consonanti.
"Merda. Non può portare questa merda dentro al paese."
Gettò il libro nel cestino dietro di lui, lei lo vide cadere tra mozziconi e fazzoletti sporchi.
"Mer...? Cosa?? ma come si perm..."
"Zitta. Lascia stare. Va bene, arrivederci, grazie. Toh, piglia i documenti e andiamo."
"Ma come grazie? Ehi, non tirare, hei!"
"Cosa ti credi, di essere a Malpensa? Non ti voltare, non li guardare. Occhi bassi e andiamo."
Lei fece solo in tempo a rivedere la copertina, tra le carte e la cenere.
Per.Chi.Suona.La.Campana.
Qualcuno ci sputò sopra.

Così poteva succedere, ad atterrare alle 7 di una mattina del 1980, mentre Tripoli si stava appena svegliando.

Ieri ho pensato tutto il giorno a quel soldato.
Che ne è stato, della sua carriera. Dei suoi sogni, del suo credo.
Se si è ricreduto, o gli e è rimasto fedele.
Se è stato felice, se si è innamorato, sposato.
Se ha mai regalato un libro.
Se qualcosa gli è mai stato rubato.
Se ha amato un figlio, o più di uno.
Se ha preso botte, o ucciso qualcuno.
Se è stato tradito.
Se ha provato pietà.
Se ha capito di avere torto oppure ragione.
Se ha mai pensato che la campana suona per tutti, mai per uno solo.


13 ottobre 2011

Ascoltami, Magù

Ascoltami, Magù.
Voglio raccontarti una storia.
Non è una favola, non è una storia con effetti speciali, ma è una storia che sa di vero ed è bella per questo.

Tua mamma è nata in un giorno d'autunno e quando la portarono a casa faceva quel freddino che fa nelle sere in cui si è persa l'estate e l'aria di vetro ha quella luce un po' bagnata che sa di condensa e di fumo.
Al suo terzo natale le fu regalato un pupazzo a forma di coniglio coi baffetti impomatati e un ridicolo papillon a pois  bianchi.
Lei ne fu travolta.
Travolta da quell'amore cieco, assoluto, senza respiro che amano solo i bambini.
Quello che non capisce, non tollera le assenze.
Quello che s'aggrappa ai pantaloni e si getta per terra, che dorme avvinghiato, vuol esser dondolato.

Amò intensamente il suo coniglio e per questo lo riempì di baci, gli insegnò a prendere il tè col gruppo delle bambole e lo pteurosauro, lo invitò ai suoi compleanni e a quelli dei suoi amici, lo portò in gita alle piramidi e in sella a quella vecchia cavalla bianca con le coccarde sulla porta del box.
Gli insegnò com'è che si comporta un vero pirata e alla fine, soddisfatta, lo fece ufficiale del proprio vascello.
Fu generosa e offrì sempre aranciata e formaggio in abbondanza, non lasciò mai che dormisse da solo e perchè non vedesse i rami frustati dal vento sul vetro nelle notti di tempesta, lo stringeva forte al viso e gli cantava storie di cuscini.
D'altronde era per lei un fratello e quando lo diceva si faceva seria seria, perchè non vi fossero dubbi: lei non stava scherzando.
Lesse per lui ogni libro di fiabe nel modo in cui leggeva lei a 4 anni: col libro al contrario e la vocina acuta e saccente, succhiando una fetta di limone.
 Lui la ricambiava gettandole lo stesso costante, fiducioso sorriso da ogni angolo della casa in cui lei lo avesse appoggiato. Ascoltava ogni suo racconto, placidamente appagato e deliziato, senza fare domande. Declinava gentilmente ogni offerta e lasciava che fosse lei a finire anche la sua parte di gelato. Consolava le sue lacrime calde e le asciugava nel cotone delle proprie orecchie di cui lei  abusava talvolta per indagare i recessi delle proprie narici, già che c'era.

Dove c'era lui, c'era lei.
E si amavano, sai, per via del fatto che ogni paura di lei era la paura di lui, ogni dubbio che lei si poneva era la domanda che attanagliava anche lui, ogni ingiustizia subita era da vendicare insieme, ogni languorino era lo stesso mal di pancia, ogni febbre il comune delirio, ogni puntura l'identico terrore.
Così lei non fu mai veramente sola, per molti anni, in qualunque posto andasse.

Ti sembrerò banale, ma è una storia così, senza una vera fine.
Quel che conta, in questo caso, è più il viaggio.
Per questo  stasera, quando ti sei portato a letto quel coso blu che credo miri a sembrare un orso, io ti ho chiesto come si chiamasse e tu ci hai pensato un paio di secondi e poi mi hai fatto: "A-ha", io mi sono ben guardata dal prenderti sotto gamba e gli ho detto: "Benvenuto a bordo, Ufficiale."