I giacinti nell'aiula sono quasi passati, la camelia in vaso è piena di fiori, splendidi a vedersi e sentirsi.
La gatta selvatica ha partorito due micini, morti.
Il glicine è sbocciato, la bouganville - invece - temo non ce l'abbia fatta.
Al lavoro i progetti vivono di vita propria: issue, task e bug si moltiplicano come teste dell'Hydra di Lerna. Io le sfalcio ma quelle ritornano e l'ansia mi sotterra.
Il mio già scarso senso di adeguatezza è minato dal fatto che per la stanchezza faccio errori idioti, la cui colpa - io lo so- risiede nel fottutissimo file sul cloud- che però è un file perfetto, a detta di tutti, e io invece no.
Io sono una stanca tizia con maglietta dell'Atari e un grosso pile a quadri che cerca di non sprecare gli ultimi 12 mesi di fatiche e possibilmente dormirci su la notte.
Il biondino è riassumibile in un equilibrato mix di spensieratezza, cazzeggio e totale inettitudine all'antica e sottovalutata arte della calligrafia corsiva.
Nella descrizione della sua famiglia la sorella è la Regina dei Diavoli della Tazmania, suo padre è "sempre di buon umore", sua madre "invece mai", il che - oltre ad essere un evidente falso storico - è soprattutto una grossa pugnalata alle spalle.
Nina affronta ogni giorno come neanche tanto segretamente le invidio: spudorato ottimismo, dispotico controllo della situazione, imperturbabile scazzo di fronte all'inevitabile.
Possa la forza crescere in me, e la bouganville ripigliarsi.
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20 aprile 2018
30 novembre 2016
Quella sera nella piazzola della stazione.
Anche se non dormo: continuo a svegliarmi, la notte, per via di Roborowsky il criceto che corre come un dannato su quella cazzo di ruota.
Ho fatto il primo sogno bello, stanotte.
Eravamo in casa io e mia madre, come ieri quando abbiamo preparato ghirlande pungendoci con l'aspargina e la perfida rosa canina. Tu dovevi accendere la stella di carta della Lidl e a un certo punto salendo dalle scale io guardavo fuori dalla finestra ed era tutto bianco, di uno strato sottile, e cadeva la prima neve da anni.
Allora gridavo "bambini! venite!!" e poi più niente, ché mi sono svegliata.
Ma mi è rimasta addosso quella mia voce, mentre li chiamavo.
Anche se non so come sia là fuori per voi, ma qui c'è sempre qualcosa che rende il tutto un po' più complicato del previsto.
Anche se tu lavori troppo, ed io troppo poco.
Anche se la partita iva costa.
Anche se a fine anno abbiamo la rata della casa e al solo pensiero ma vegnan i ravìscc, come diceva Zia.
Anche se la macchina si è rotta e sta su per miracolo e anche quest'anno ci abbiamo buttato dentro un sacco di soldi, perché non ne abbiamo per comprarne una nuova.
Anche se il pensiero della notte mi fa ancora paura e in quei due giorni che tu sai avevo quel solito dannato mostro sulla schiena che mi giudicava, mi schiacciava, mi annientava, e per due giorni ho mollato, trascinata giù.
Anche se ho perso, tu eri lì.
Anche se non è cambiato niente ma un certo punto mi sono detta "ora basta", e sono risalita, aiutata invero da Bing Crosby e parecchia caffeina.
Anche se quella sera hai perso due treni.
Anche se avevo accumulato astio, e volevo trattarti male e starti lontana.
Anche se ho fermato la macchina nella piazzola e urlato ai bambini "ficcatevi in bocca questi dannati panini e non voglio più sentire un solo verso, neanche UNO: sono stata chiara??". E loro hanno frignato -spaventati- e sbriciolato ovunque, peraltro.
Anche se ero stanca, e ingiusta, e persa.
Anche se fino a qualche istante prima avevo meditato contro di te.
Quando poi ti ho visto vicino alla cabina, coi tuoi occhi stanchi sotto il berretto.
Quando mi hai sorriso e ho visto la tua barba striata di grigio, come un Ulisse arrivato a Itaca col suo bagaglio di coraggio e stanchezza e Ciclopi accecati nell'isola metropolitana, l'unica cosa che ho pensato è stata baciarti il più a lungo possibile, il più in fretta possibile.
Che l'aspettarti è lungo e crudele, delizioso.
Anche se quella sera alla piazzola ho dato il peggio, quello era il mio meglio.
Anche se non sembravamo noi, lo eravamo ancora.
Anche se c'era stanchezza e c'era amore, e un po' dovunque il peggio ed il meglio, di noi.
E loro due, sui sedili posteriori, addormentati, finalmente.
Ho fatto il primo sogno bello, stanotte.
Eravamo in casa io e mia madre, come ieri quando abbiamo preparato ghirlande pungendoci con l'aspargina e la perfida rosa canina. Tu dovevi accendere la stella di carta della Lidl e a un certo punto salendo dalle scale io guardavo fuori dalla finestra ed era tutto bianco, di uno strato sottile, e cadeva la prima neve da anni.
Allora gridavo "bambini! venite!!" e poi più niente, ché mi sono svegliata.
Ma mi è rimasta addosso quella mia voce, mentre li chiamavo.
Anche se non so come sia là fuori per voi, ma qui c'è sempre qualcosa che rende il tutto un po' più complicato del previsto.
Anche se tu lavori troppo, ed io troppo poco.
Anche se la partita iva costa.
Anche se a fine anno abbiamo la rata della casa e al solo pensiero ma vegnan i ravìscc, come diceva Zia.
Anche se la macchina si è rotta e sta su per miracolo e anche quest'anno ci abbiamo buttato dentro un sacco di soldi, perché non ne abbiamo per comprarne una nuova.
Anche se il pensiero della notte mi fa ancora paura e in quei due giorni che tu sai avevo quel solito dannato mostro sulla schiena che mi giudicava, mi schiacciava, mi annientava, e per due giorni ho mollato, trascinata giù.
Anche se ho perso, tu eri lì.
Anche se non è cambiato niente ma un certo punto mi sono detta "ora basta", e sono risalita, aiutata invero da Bing Crosby e parecchia caffeina.
Anche se quella sera hai perso due treni.
Anche se avevo accumulato astio, e volevo trattarti male e starti lontana.
Anche se ho fermato la macchina nella piazzola e urlato ai bambini "ficcatevi in bocca questi dannati panini e non voglio più sentire un solo verso, neanche UNO: sono stata chiara??". E loro hanno frignato -spaventati- e sbriciolato ovunque, peraltro.
Anche se ero stanca, e ingiusta, e persa.
Anche se fino a qualche istante prima avevo meditato contro di te.
Quando poi ti ho visto vicino alla cabina, coi tuoi occhi stanchi sotto il berretto.
Quando mi hai sorriso e ho visto la tua barba striata di grigio, come un Ulisse arrivato a Itaca col suo bagaglio di coraggio e stanchezza e Ciclopi accecati nell'isola metropolitana, l'unica cosa che ho pensato è stata baciarti il più a lungo possibile, il più in fretta possibile.
Che l'aspettarti è lungo e crudele, delizioso.
Anche se quella sera alla piazzola ho dato il peggio, quello era il mio meglio.
Anche se non sembravamo noi, lo eravamo ancora.
Anche se c'era stanchezza e c'era amore, e un po' dovunque il peggio ed il meglio, di noi.
E loro due, sui sedili posteriori, addormentati, finalmente.
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21 settembre 2016
Il #backtoschool ma per davvero.
Il mio bambino va a scuola.
Torna con piccole frasi impresse a matita sul foglio, le lettere in stampatello, i puntini a dividere una parola dall'altra.
Ha una piccola cartella, una piccola merenda e una piccola aula colorata.
Ha anche un piccolo orario, fino ad Ottobre, che mi causa piccoli esaurimenti, ma guardarlo entrare e uscire da quell'edificio in questi primi giorni è un misto di emozione, cupida curiosità e timore che non cambierei con nessun orario definitivo al mondo.
Fino ad Ottobre, s'intende. Poi emigro, se non attivano la mensa.
Il mio bambino ha la passione per: le classificazioni, le nomenclature, le collezioni.
Potenzialmente è un grande naturalista, filatelico o anche serial killer, solo il tempo potrà dircelo.
Al mio bambino ho promesso che, se si comporterà bene a scuola, potrà avere il criceto che desidera.
Potenzialmente è un grande naturalista, filatelico o anche serial killer, solo il tempo potrà dircelo.
Al mio bambino ho promesso che, se si comporterà bene a scuola, potrà avere il criceto che desidera.
Nina è entrata nel nuovo asilo e ha un po' di amici maschi più una femmina.
Porta un laccino con una coda arcobaleno direttamente sulla bananina in testa, gira a torso nudo tirando in porta, digrigna i denti e all'occorrenza dichiara di avere già 3 figli di cui 2 allattati da lei: una specie di via di mezzo tra la figlia dei Flinstons, il bambino selvaggio del viaggio di Arlo e una comare di quartiere ma vestita da Elza Regno di Cristallo.
Io sono stata lontana da qui, negli ultimi due mesi, perché impegnata assai a tirarmi le paranoie stavo preparando un esame e tirandomi le paranoie.
L'ho dato lunedì alle 13.30.
h. 13.10: che cosa ci faccio qui? e perché mi sento sempre una disadattata? è perché io SONO una disadattata.
h. 13.20: non ce la farò mai, ma dove credo di andare. E se non lo passo? è VITALE che io lo passi, o mi considererò un essere inutile.
h.13.40: cosa mi sta chiedendo costei.
h 13.50: concentrati dannazione e porta a casa il risultato come meglio sai fare: dicendo cose a caso, ma convinta.
h. 14.15: minchia sono un genio, fate largo.
h. 14.16: ah non dite più niente, eh? non avete il coraggio, eh? pezzenti. Fate largo, vi dico. Hic et nunc, eccomi, sono io, la Sfolgorante. Un fottuto genio, ecco cosa sono.
h. 14.40: dio però che stanchezza, non ho più l'età.
h. 16.00: probabilmente è stato pure un fatto di culo, ma comunque brava.
h. 20.00: in ogni caso - mi chiedevo- chissà se mi servirà a qualcosa.
h. 23.00: temo l'avrebbe fatto chiunque, mi è sempre più chiaro.
h. 24.00: In fondo non significa nulla. Esiste sicuramente un'altra validissima ragione per cui sentirmi disadattata, e domani -cascasse il mondo- io la troverò.
In attesa di capire cosa farò da grande, per il resto tutto bene.
1 giugno 2016
Se lui non c'è: i vantaggi della mamma single part-time
Che per buona parte della settimana sono sola, ormai lo sapete.
Quest'anno poi è stato lavorativamente devastante per lui, e ci siamo dovuti rimboccare le mani tutti, naturalmente.
Sapete anche già, perché a volte mi pare di non parlar d'altro, dei risvolti negativi che questo comporta: responsabilità solo tue, riunioni scolastiche solo tue, laboratori solo tuoi, feste degli amici solo tue, malattie e code dal pediatra solo tue, giorni solo tuoi e notti solo tue.
La cosa si potrebbe sintetizzare con: non avere alternative.
Ora lo so cosa mi direte voi: un'alternativa c'è sempre. Chiama la nonna. La babysitter. La au pair. Ri-trasferisciti (col cazzo, che mi ri-trasferisco. Pardonnez-moi le francesismo).
Ma non è vero: l'alternativa c'è, è vero, ma ogni tanto. Qualche volta chiami la nonna, l'amica, la vicina con figli. Meno spesso la baby sitter, che costa.
Però quello che t'ammazza è che nel restante 99% del tempo ci sei tu, E BASTA.
Tu il centro dell'universo. Tu il sistema solare.
Loro chiamano "mamma!" e a un certo punto smetti di guardarti in giro sperando che qualcuno risponda al posto tuo, perché sai che non esiste, che non ti è concesso un cambio: sei proprio tu, quella che stanno chiamando, e non serve nascondersi.
Quando c'è lui invece adoro caricare la lavastoviglie, ad esempio: tanto li addormenta lui.
Quando c'è lui posso lasciargliene uno e fare una spesa leggera solo con l'altra.
Quando c'è lui, delle 88volte in cui tra le 19 e le 21 mia figlia va in bagno, 44 se le smazza lui.
Per lui, all'opposto, c'è il fatto di essere privato di certa quotidianità. Il vedere la recita sul telefonino. La stanchezza del lavorare fino a tardi e chiamare a casa "che fai?" "esco ora, tu?" "li sto mettendo a a letto".
Comunque.
Sorprendentemente questa situazione ha anche dei vantaggi, che ho imparato a riconoscere e non sottovalutare negli anni.
1. Impari a fare praticamente tutto.
In un mondo in cui ho scoperto -sgomenta- che molte donne ancora non guidano in autostrada perché "lo fa sempre lui, io non sono abituata", come madri single part-time imparerete la sublime arte dell'arrangiarsi. All'inizio tentennerete e aspetterete che "arrivi lui". Poi, siccome quando lui torna ha la reattività di un paramecio morto, vi rimboccherete le mani e farete da voi. E non importa che non siate brave, o non abituate: non lo sarete comunque, probabilmente, anche dopo averlo fatto. Almeno io continuo a non saper fare bene alcune cose, ma le faccio, semplicemente perché non ho alternative che non siano procastinare indistintamente, cosa che detesto. Così passo l'erba, poto la siepe, vango, riparo il sifone, parlo con l'elettricista, istruzioni alla mano faccio ripartire la lavatrice, ordino materiale edilizio, lo carico e lo scarico, all'occorrenza butto i miei figli in macchina e mi sparo 400 km da sola e fine delle danze.
2. Impari a lasciar andare.
Fino allo scorso anno lavoravamo spesso anche il sabato.
La casa, i panni, le cose che non eri riuscito a sistemare in settimana, la domenica.
Quest'anno mi ha insegnato a lasciar andare il superfluo.
Se abbiamo solo 36 ore da passare insieme, Santa Gesualda saranno le 36 h più belle che ci saremo concessi.
La casa non conta, il pavimento sbriciolato non conta, la mensola in camera che richiede di essere appesa da 6 mesi non conta (a meno che io non impari a trapanare, è un'opzione da non sottovalutare).
Conta invece: nuotare insieme, fare la pizza, uscire in bici, guardare un film, fermarmi e baciarti in bagno, disfare il letto appena fatto, comprarci il mobiletto da campeggio, piantare i pomodori, guardarli improvvisare uno spettacolo sui gradini, baciarti in giardino.
3. Impari a non dar nulla per scontato.
Non vedo i tuoi occhi pesti ogni mattino, e quando accade, si supera anche la fiatella delle 7.30.
La cena non è un rituale quotidiano da buttare là nella stanchezza di tutti: è qualcosa di prezioso, di bello, di atteso.
Il rumore del cancelletto che si apre e noi tre tutti in casa significa che sei arrivato, e la festa ha inizio, anche se è giovedì. Il fatto che ti aspettiamo, lo rende tale.
La gente oggi aspetta poco, o lo fa consumando in fretta le giornate in ansiosa attesa del weekend.
Noi invece consumiamo lentamente la nostra aspettativa, godendoci il tuo avvicinarsi: "che giorno è? quindi mancano 3 sere e 2 giorni e poi arriva papà, vero? Vado a preparare il lego che gli ho promesso".
4. Il sesso.
Facciamo che non l'ho detto, comunque vorrei vedervi a voi, dopo tutti 'sti giorni senza.
Quest'anno poi è stato lavorativamente devastante per lui, e ci siamo dovuti rimboccare le mani tutti, naturalmente.
Sapete anche già, perché a volte mi pare di non parlar d'altro, dei risvolti negativi che questo comporta: responsabilità solo tue, riunioni scolastiche solo tue, laboratori solo tuoi, feste degli amici solo tue, malattie e code dal pediatra solo tue, giorni solo tuoi e notti solo tue.
La cosa si potrebbe sintetizzare con: non avere alternative.
Ora lo so cosa mi direte voi: un'alternativa c'è sempre. Chiama la nonna. La babysitter. La au pair. Ri-trasferisciti (col cazzo, che mi ri-trasferisco. Pardonnez-moi le francesismo).
Ma non è vero: l'alternativa c'è, è vero, ma ogni tanto. Qualche volta chiami la nonna, l'amica, la vicina con figli. Meno spesso la baby sitter, che costa.
Però quello che t'ammazza è che nel restante 99% del tempo ci sei tu, E BASTA.
Tu il centro dell'universo. Tu il sistema solare.
Loro chiamano "mamma!" e a un certo punto smetti di guardarti in giro sperando che qualcuno risponda al posto tuo, perché sai che non esiste, che non ti è concesso un cambio: sei proprio tu, quella che stanno chiamando, e non serve nascondersi.
Quando c'è lui invece adoro caricare la lavastoviglie, ad esempio: tanto li addormenta lui.
Quando c'è lui posso lasciargliene uno e fare una spesa leggera solo con l'altra.
Quando c'è lui, delle 88volte in cui tra le 19 e le 21 mia figlia va in bagno, 44 se le smazza lui.
Per lui, all'opposto, c'è il fatto di essere privato di certa quotidianità. Il vedere la recita sul telefonino. La stanchezza del lavorare fino a tardi e chiamare a casa "che fai?" "esco ora, tu?" "li sto mettendo a a letto".
Comunque.
Sorprendentemente questa situazione ha anche dei vantaggi, che ho imparato a riconoscere e non sottovalutare negli anni.
1. Impari a fare praticamente tutto.
In un mondo in cui ho scoperto -sgomenta- che molte donne ancora non guidano in autostrada perché "lo fa sempre lui, io non sono abituata", come madri single part-time imparerete la sublime arte dell'arrangiarsi. All'inizio tentennerete e aspetterete che "arrivi lui". Poi, siccome quando lui torna ha la reattività di un paramecio morto, vi rimboccherete le mani e farete da voi. E non importa che non siate brave, o non abituate: non lo sarete comunque, probabilmente, anche dopo averlo fatto. Almeno io continuo a non saper fare bene alcune cose, ma le faccio, semplicemente perché non ho alternative che non siano procastinare indistintamente, cosa che detesto. Così passo l'erba, poto la siepe, vango, riparo il sifone, parlo con l'elettricista, istruzioni alla mano faccio ripartire la lavatrice, ordino materiale edilizio, lo carico e lo scarico, all'occorrenza butto i miei figli in macchina e mi sparo 400 km da sola e fine delle danze.
2. Impari a lasciar andare.
Fino allo scorso anno lavoravamo spesso anche il sabato.
La casa, i panni, le cose che non eri riuscito a sistemare in settimana, la domenica.
Quest'anno mi ha insegnato a lasciar andare il superfluo.
Se abbiamo solo 36 ore da passare insieme, Santa Gesualda saranno le 36 h più belle che ci saremo concessi.
La casa non conta, il pavimento sbriciolato non conta, la mensola in camera che richiede di essere appesa da 6 mesi non conta (a meno che io non impari a trapanare, è un'opzione da non sottovalutare).
Conta invece: nuotare insieme, fare la pizza, uscire in bici, guardare un film, fermarmi e baciarti in bagno, disfare il letto appena fatto, comprarci il mobiletto da campeggio, piantare i pomodori, guardarli improvvisare uno spettacolo sui gradini, baciarti in giardino.
3. Impari a non dar nulla per scontato.
Non vedo i tuoi occhi pesti ogni mattino, e quando accade, si supera anche la fiatella delle 7.30.
La cena non è un rituale quotidiano da buttare là nella stanchezza di tutti: è qualcosa di prezioso, di bello, di atteso.
Il rumore del cancelletto che si apre e noi tre tutti in casa significa che sei arrivato, e la festa ha inizio, anche se è giovedì. Il fatto che ti aspettiamo, lo rende tale.
La gente oggi aspetta poco, o lo fa consumando in fretta le giornate in ansiosa attesa del weekend.
Noi invece consumiamo lentamente la nostra aspettativa, godendoci il tuo avvicinarsi: "che giorno è? quindi mancano 3 sere e 2 giorni e poi arriva papà, vero? Vado a preparare il lego che gli ho promesso".
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9 febbraio 2016
'sera.
Ore 19.00, in trasferta in Città Grande, pensando di essere sola in ufficio.
"Ciaoooo Nina, come stai Nina-del-mio-cuor? tutcho bene? mamma ti manca? macccììì amore mio, anche tu! Ti diverti con la nonna? e tuo fratello?? SI E' VESTITO DA PISELLO? ma è meraviglioso amore mio! chissà che BEL PISELLO che era! massì mamma torna presto, certo che ti voglio bene. Pciù. smack. Ti voglio tanto bene amorino. Ma tanto, sai? mamma ti pensa sempre. A domani eh, mangia tutta la pappa e poi dritta a nanna! buona notte. Fai bei sogni d'oro. W I PISELLI, sììì!"
click.
"...bè, hem. Ciao allora, ci si vede domani, eh."
"..."
"..."
"Tu eri qui?"
"Già."
"Ottimo."
"...'sera..."
"...'sera."
"Ciaoooo Nina, come stai Nina-del-mio-cuor? tutcho bene? mamma ti manca? macccììì amore mio, anche tu! Ti diverti con la nonna? e tuo fratello?? SI E' VESTITO DA PISELLO? ma è meraviglioso amore mio! chissà che BEL PISELLO che era! massì mamma torna presto, certo che ti voglio bene. Pciù. smack. Ti voglio tanto bene amorino. Ma tanto, sai? mamma ti pensa sempre. A domani eh, mangia tutta la pappa e poi dritta a nanna! buona notte. Fai bei sogni d'oro. W I PISELLI, sììì!"
click.
"...bè, hem. Ciao allora, ci si vede domani, eh."
"..."
"..."
"Tu eri qui?"
"Già."
"Ottimo."
"...'sera..."
"...'sera."
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nina
11 agosto 2015
Mentre voi, noi.
Mentre voi vi sollazzate al mare o in montagna intasandomi la timeline di instagram con i vostri "yawn, che fatica alzarsi alle 11", "poteva andarmi peggio. #figata" #beneanzibenissimo" "#wow" "#arrostincini&" "#a-a-bbronzatissimi" , più varianti eventuali, noi:
- sturiamo cessi
- tiriamo giù pareti di cartongesso a calci
- bonifichiamo da liquami sospetti una ex-comune di artistoidi rasta gang style apparentemente dediti alla filosofia jungiana
- sogniamo pomodori nell'orto, a 400 km di distanza
- telefoniamo a bambine urlatrici, cattive, selvagge e nudissime
- spediamo foto a bambini improvvisamente fattisi saggi, seguaci indefessi della filosofia Jedi, talentuosi e concentratissimi manipolatori lego, Girardengo dell'anima, Sante Pollastri del cuore.
- ci tuffiamo nell'ennesima, affogante, appagante, spaventosa, fiduciosa, incredibile avventura.
Poi, se tutto va come deve andare nei miei diabolici piani, tutto questo avrà fine, e ci ricongiungeremo alla nudista, al biondo Bandito e biondo Campione, e quest'estate -almeno un poco- troverà ciò che resta di noi.
28 luglio 2015
Dello splendore, delle endorfine e del mio luminoso e tenebroso io.
In trasferta nella Città Grande:
1. I vecchietti sono la parte umanamente più splendida di Città Grande.
Ho conosciuto il Signor Piero per 30 secondi in sosta al passaggio pedonale ed è stata una delle più sfacciate e deliziose presentazioni di 30 secondi di tutta la mia vita.
2. Le fasce d'età non pensionabili generalmente non consentono quel minimo contatto visivo che potrebbe stabilire il loro splendore o meno.
Da vera provinciale con ansia da contatto sociale Susibita saluta e sorride indistintamente a tutti, attendendo fiduciosa.
3. L'uomo di cui Susibita è innamorata persa conduce in Città Grande una vita indaffarata, spericolata, appassionata, incasinata.
Per amore solo per amore mio, dei miei occhi delle mie parole Susibita si è rapidamente adeguata ai ritmi stakanovisti, avvantaggiata invero da una certa predisposizione naturale all'abnegazione lavorativa.
Dio benedica i geni del Profondo Nord ereditati da Nonno-che-somigliava-paro-paro-a-Vladimir-Ilic-Ulianov-Lenin, ma a dirla tutta quello che le tiene su le endorfine sono le usmate al cesto di pomodori dell'orto che per ogni evenienza si è portata da casa.
4. Durante il breve intermezzo con Nonna Pensaci Tu, la suocera-che-non-perdona ha dichiarato che il ragazzo è stressato, se tu Susibita non cambi idea e ti ri-trasferisci a Nord dove si sta così bene, mica come lì da voi in mezzo al niente, lui presto si ammalerà, L'ANNO PROSSIMO MORIRA' e tu rimarrai vedova.
Tocchiamoci tutti abbondantemente.
5. La storia che Susibita gestisce bene il distacco dai bimbi era un bufala, o comunque non si estende a 10 giorni.
Susibita ha pianto per 40 minuti al momento della partenza.
Questo messaggio si autodistruggerà tra -10, 9, 8...
6. Stavo meditando di assaggiare il sushi, tipico piatto locale, mi dicono.
7. Sto bene. Sto male. Ho paura. Sto bene. Male. Ni. Pfffi.
8. Bambini a parte. Ché i bambini son splendidi ovunque, e fanno eccezione sempre, insieme al Signor Piero di cui sopra.
1. I vecchietti sono la parte umanamente più splendida di Città Grande.
Ho conosciuto il Signor Piero per 30 secondi in sosta al passaggio pedonale ed è stata una delle più sfacciate e deliziose presentazioni di 30 secondi di tutta la mia vita.
2. Le fasce d'età non pensionabili generalmente non consentono quel minimo contatto visivo che potrebbe stabilire il loro splendore o meno.
Da vera provinciale con ansia da contatto sociale Susibita saluta e sorride indistintamente a tutti, attendendo fiduciosa.
3. L'uomo di cui Susibita è innamorata persa conduce in Città Grande una vita indaffarata, spericolata, appassionata, incasinata.
Per amore solo per amore mio, dei miei occhi delle mie parole Susibita si è rapidamente adeguata ai ritmi stakanovisti, avvantaggiata invero da una certa predisposizione naturale all'abnegazione lavorativa.
Dio benedica i geni del Profondo Nord ereditati da Nonno-che-somigliava-paro-paro-a-Vladimir-Ilic-Ulianov-Lenin, ma a dirla tutta quello che le tiene su le endorfine sono le usmate al cesto di pomodori dell'orto che per ogni evenienza si è portata da casa.
4. Durante il breve intermezzo con Nonna Pensaci Tu, la suocera-che-non-perdona ha dichiarato che il ragazzo è stressato, se tu Susibita non cambi idea e ti ri-trasferisci a Nord dove si sta così bene, mica come lì da voi in mezzo al niente, lui presto si ammalerà, L'ANNO PROSSIMO MORIRA' e tu rimarrai vedova.
Tocchiamoci tutti abbondantemente.
5. La storia che Susibita gestisce bene il distacco dai bimbi era un bufala, o comunque non si estende a 10 giorni.
Susibita ha pianto per 40 minuti al momento della partenza.
Questo messaggio si autodistruggerà tra -10, 9, 8...
6. Stavo meditando di assaggiare il sushi, tipico piatto locale, mi dicono.
7. Sto bene. Sto male. Ho paura. Sto bene. Male. Ni. Pfffi.
8. Bambini a parte. Ché i bambini son splendidi ovunque, e fanno eccezione sempre, insieme al Signor Piero di cui sopra.
13 maggio 2015
Dei miei giorni intensi, con tahina in borsa.
Ciao città che vivi un sacco, la notte.
Ciao colleghi, amici, adulti in carne e ossa, che vi vedo interi dalle occhiaie in giù, e non dietro lo schermo di una chat.
Ciao dove vai? ma torni? ci vediamo dopo per una birretta? [ciao concetto di birretta]
Ciao signore iraniano del minimarket, imbruttito perché non trovo la tahina alle 11.30 e tu vuoi chiudere.
Ciao nutrie - unici esemplari pervenuti di biodiversità cittadina, a parte i cani con collari assurdi e le zanzare. A Maggio.
Ciao giovani donne con fondotinta extraterrestri e lo smalto in tinta con la borsa.
Ciao bizzarri giovani uomini con barbe ordinate come aiuole svizzere, pantaloni alle caviglie, scarpe in pelle senza calze (scarpe in pelle senza calze??).
Ciao granita, musica in piazza, profumo d'estate giovane e afosa.
Ciao uomo che dormi nell'androne delle macchinette self-service. Ciao, pietà.
Ciao gelsomini in fiore.
Ciao piantine tristi, su terrazzini impolverati di strada.
Ciao rumore, rumore. Un sacco di rumore.
Ciao vetrine in gran spolvero, bancomat ogni 50 metri, farmacie sotto casa, tutto molto facile, tutto molto vicino.
Ciao sentire che esiste qualcosa di più grande, di più teatrale, di più comodo, di più tragico, di più eccitante, di più artificiale, di più futuristico, di più sporco, di più europeo, con meno cielo, con più musica, con più gusti gelato, con più adulti, più drink, meno Mediterraneo, con grande fascino e un po' di poesia, molto bello e molto brutto, molto ricco e molto povero.
E' stato bello, davvero.
Ma ho dei pomodorini nuovi, da piantare.
E un silenzio che non so spiegarti, se mi capisci.
Ciao colleghi, amici, adulti in carne e ossa, che vi vedo interi dalle occhiaie in giù, e non dietro lo schermo di una chat.
Ciao dove vai? ma torni? ci vediamo dopo per una birretta? [ciao concetto di birretta]
Ciao signore iraniano del minimarket, imbruttito perché non trovo la tahina alle 11.30 e tu vuoi chiudere.
Ciao nutrie - unici esemplari pervenuti di biodiversità cittadina, a parte i cani con collari assurdi e le zanzare. A Maggio.
Ciao giovani donne con fondotinta extraterrestri e lo smalto in tinta con la borsa.
Ciao bizzarri giovani uomini con barbe ordinate come aiuole svizzere, pantaloni alle caviglie, scarpe in pelle senza calze (scarpe in pelle senza calze??).
Ciao granita, musica in piazza, profumo d'estate giovane e afosa.
Ciao uomo che dormi nell'androne delle macchinette self-service. Ciao, pietà.
Ciao gelsomini in fiore.
Ciao piantine tristi, su terrazzini impolverati di strada.
Ciao rumore, rumore. Un sacco di rumore.
Ciao vetrine in gran spolvero, bancomat ogni 50 metri, farmacie sotto casa, tutto molto facile, tutto molto vicino.
Ciao sentire che esiste qualcosa di più grande, di più teatrale, di più comodo, di più tragico, di più eccitante, di più artificiale, di più futuristico, di più sporco, di più europeo, con meno cielo, con più musica, con più gusti gelato, con più adulti, più drink, meno Mediterraneo, con grande fascino e un po' di poesia, molto bello e molto brutto, molto ricco e molto povero.
E' stato bello, davvero.
Ma ho dei pomodorini nuovi, da piantare.
E un silenzio che non so spiegarti, se mi capisci.
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17 febbraio 2015
La nipote del Gran Mogol.
Susibita ha in programma una breve tappa lavorativa nella Città Grande.
La doverosa premessa a quanto segue è che dal momento in cui Susibita ha messo i piedi, anzi prima ancora gli occhi, sulla Collina dei Conigli, ha saputo di non essersi sbagliata, di aver fatto cosa buona e giusta.
Non c'è stato un solo momento in cui abbia rimpianto la vita di prima.
Perché la Collina, dovete sapere, è proprio fatta per lei.
Negli anni Susibita si è sempre più mollemente adagiata nel degrado stilistico a cui il suo armadio tendeva -invero- anche prima.
Ha progressivamente abbandonato jeans stretch e maglioncini, per gettarsi - spensierata e temeraria - nel bolo di tute in acetato e felpe con cappuccio che è diventato il fondo del suo letto.
La cosa figa di lavorare da casa è che puoi avere una call skype alle 12.30 con un tizio nel Canterbury e sembrare una persona seria, una che ne sa - indossando il pigiama di flanella, le crocks e puzzando vagamente di stufa a legna.
Forse la cosa che le manca sono solo i colleghi, gente adulta con cui parlare, prendere un caffè.
Per carità, Google simpaticissimo, sta accucciato ai piedi che è una meraviglia. Non fosse che qualche volta è un po' petomane, ma magari quello è un problema che avete anche voialtri là fuori nelle Città Grandi, col vicino di scrivania. E a 'sto punto -perdonate- ma francamente meglio il mio cane.
Tuttavia anche questo fatto di levarsi il pigiama ogni tanto e ricordarsi che si è degli esseri umani e non dei teletubbies, non è da sottovalutare.
Inoltre Susibita sa per certo che nella città grande esistono un sacco di ristoranti fichissimi, lo vede dalle vostre foto su Instagram.
Robe che mi parete tutte a Niuiorch, gente. Ma che posti frequentate?
Noi qui al massimo cinghiale in umido, se dico che sono vegetariana generalmente rispondono con sincera afflizione: "Mi spiace. E per quanto tempo, ancora?".
Come una malattia che è piombata addosso dall'alto e da cui prima o poi ti riprenderai, inconcepibile la scelta volontaria.
Insomma Susibita è felice e garrula come una poiana in primavera per questo piccolo diversivo nella quotidianità campestre.
Ha tirato fuori jeans e maglioncini e addirittura la piastra.
E' felice e garrula come una rondinella all'idea di andare in un ufficio dove pare ci sia gente, addirittura delle donne (Susibita lavora nel 99% dei casi con uomini. No scusate, peggio: con uomini, e ignegneri).
E' felice e garrula perché pregusta brevi ma felicissime reunion con amici cittadini.
E' felice e garrula perché per qualche ora non avrà bambini intorno a sé.
Lo so, fa brutto messa così, ma è la vera verità.
E' altrettanto vero che dopo 8 h senza di loro telefonerà a sua madre chiedendo "come stanno? che fanno? s'ammazzano? me li passi?" e che al suo rientro li stritolerà di baci, ancora galvanizzata dalle notti di sonno ininterrotto.
C'è solo un piccolo problema, niente di che: lui s'è portato via l'unico trolley di casa.
Dunque Susibita si presenterà in ufficio per conoscere tutta 'sta nuova gente in zaino Quechua.
Ciò la definirà immediatamente ed irrimediabilmente per quella che essa - invero - è: la nipote quindicenne del gran Mogol, direttamente dal Campus Estivo delle Giovani Marmotte.
La doverosa premessa a quanto segue è che dal momento in cui Susibita ha messo i piedi, anzi prima ancora gli occhi, sulla Collina dei Conigli, ha saputo di non essersi sbagliata, di aver fatto cosa buona e giusta.
Non c'è stato un solo momento in cui abbia rimpianto la vita di prima.
Perché la Collina, dovete sapere, è proprio fatta per lei.
Negli anni Susibita si è sempre più mollemente adagiata nel degrado stilistico a cui il suo armadio tendeva -invero- anche prima.
Ha progressivamente abbandonato jeans stretch e maglioncini, per gettarsi - spensierata e temeraria - nel bolo di tute in acetato e felpe con cappuccio che è diventato il fondo del suo letto.
La cosa figa di lavorare da casa è che puoi avere una call skype alle 12.30 con un tizio nel Canterbury e sembrare una persona seria, una che ne sa - indossando il pigiama di flanella, le crocks e puzzando vagamente di stufa a legna.
Forse la cosa che le manca sono solo i colleghi, gente adulta con cui parlare, prendere un caffè.
Per carità, Google simpaticissimo, sta accucciato ai piedi che è una meraviglia. Non fosse che qualche volta è un po' petomane, ma magari quello è un problema che avete anche voialtri là fuori nelle Città Grandi, col vicino di scrivania. E a 'sto punto -perdonate- ma francamente meglio il mio cane.
Tuttavia anche questo fatto di levarsi il pigiama ogni tanto e ricordarsi che si è degli esseri umani e non dei teletubbies, non è da sottovalutare.
Inoltre Susibita sa per certo che nella città grande esistono un sacco di ristoranti fichissimi, lo vede dalle vostre foto su Instagram.
Robe che mi parete tutte a Niuiorch, gente. Ma che posti frequentate?
Noi qui al massimo cinghiale in umido, se dico che sono vegetariana generalmente rispondono con sincera afflizione: "Mi spiace. E per quanto tempo, ancora?".
Come una malattia che è piombata addosso dall'alto e da cui prima o poi ti riprenderai, inconcepibile la scelta volontaria.
Insomma Susibita è felice e garrula come una poiana in primavera per questo piccolo diversivo nella quotidianità campestre.
Ha tirato fuori jeans e maglioncini e addirittura la piastra.
E' felice e garrula come una rondinella all'idea di andare in un ufficio dove pare ci sia gente, addirittura delle donne (Susibita lavora nel 99% dei casi con uomini. No scusate, peggio: con uomini, e ignegneri).
E' felice e garrula perché pregusta brevi ma felicissime reunion con amici cittadini.
E' felice e garrula perché per qualche ora non avrà bambini intorno a sé.
Lo so, fa brutto messa così, ma è la vera verità.
E' altrettanto vero che dopo 8 h senza di loro telefonerà a sua madre chiedendo "come stanno? che fanno? s'ammazzano? me li passi?" e che al suo rientro li stritolerà di baci, ancora galvanizzata dalle notti di sonno ininterrotto.
C'è solo un piccolo problema, niente di che: lui s'è portato via l'unico trolley di casa.
Dunque Susibita si presenterà in ufficio per conoscere tutta 'sta nuova gente in zaino Quechua.
Ciò la definirà immediatamente ed irrimediabilmente per quella che essa - invero - è: la nipote quindicenne del gran Mogol, direttamente dal Campus Estivo delle Giovani Marmotte.
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11 febbraio 2015
Il Giorno Feriale.
Il problema del giorno feriale è che - per tutto il mondo- è un giorno in cui la gente lavora.
La gente, quel giorno feriale, si aspetta che tu lavori.
La gente non accetta alternativa.
Bambini ammalati? epidemia di scarlattina? le cavallette?
E' un giorno feriale: la gente ti scrive, ti chiama, ti faxa, ti chatta, ti lancia piccioni.
Il giorno feriale imbruttisce tutti, ma le madri lavoratrici single part-time in particolare.
Bambini ammalati? epidemia di scarlattina? le cavallette?
E' un giorno feriale: la gente ti scrive, ti chiama, ti faxa, ti chatta, ti lancia piccioni.
Il giorno feriale imbruttisce tutti, ma le madri lavoratrici single part-time in particolare.
h. 8:50: avvìo del computer.
h. 9:00:
"Mamma accendiamo tv?"
"Certo, click."
h.10.00
"Mamma, abbiamo fame."
"Toh." (lancio di merendina, oltre la schiena)
h. 10.30
"Caro cliente, mi rincresce aver dovuto posticipare la nostra call di ieri su skype ma tornavo allora dalla pediatra che mi annunciava una sospetta scarlattina, avevo fatto il giro di 2 farmacie e 15 tornanti, erano le 12.30, questi c'avevan fame, avevo appena messo su l'acqua ed era impensabile che di lì a 20 minuti io potessi collegarmi, ho avuto un piccolo imprevisto che mi ha trattenuta fuori ufficio..."
h. 11.40
Ma se mi faccio un'altra mano di rosso sui capelli poi devo schiarire pure le sopracciglia?
h. 12.00
"Mamma, abbiamo fame."
"Toh." (lancio di pezzo di hemmental oltre le spalle)
h. 12.50
"Mamma abbiamo guardato troppa televisione e adesso abbiamo mal di testa."
"Cosa? non pensateci proprio: voi ora rimanete lì. Su-su, poche storie, che devo ancora metter su l'acqua."
h. 13.15
ricordatidichiamarel'estetista, ricordatidichiamarel'estetista, ricordatidichiamarel'estetista, ricordatidichiamarel'estetista.
h. 14.30
"Mamma ci leggi una storia?"
"Non potete giocare?"
"Già fatto, ci stiamo annoiando."
"Ma come? domino? domino lo avete provato? dama? il puzzle? supercluedo? trivial pursuit con la marmotta?"
"Mamma ma che dizi?"
"E' l'ultima mail, giuro, poi arrivo."
h. 13.15
ricordatidichiamarel'estetista, ricordatidichiamarel'estetista, ricordatidichiamarel'estetista, ricordatidichiamarel'estetista.
h. 14.30
"Mamma ci leggi una storia?"
"Non potete giocare?"
"Già fatto, ci stiamo annoiando."
"Ma come? domino? domino lo avete provato? dama? il puzzle? supercluedo? trivial pursuit con la marmotta?"
"Mamma ma che dizi?"
"E' l'ultima mail, giuro, poi arrivo."
Non importa quanti libri di Marcello Bernanrdi voi abbiate letto, non importa quanto tempo cosiddetto di qualità voi abbiate dedicato ai vostri figli.
Pirma o poi Il Giorno Feriale arriva, a ricordarvi che la verità è che siete dei mostri.
Orrendi, stanchissimi, pelosissimi mostri.
Orrendi, stanchissimi, pelosissimi mostri.
13 gennaio 2015
Le cose che restano, e quelle che arrivano.
Lui gioca coi Lego Chima, fa la cacca sfogliando il catalogo Lego Chima, sogna il suo compleanno e nuovi personaggi Lego Chima.
Lei cavalca moto, offre passaggi a suo fratello, mi bacia dal mento fino alle orecchie facendomi il solletico.
Io ho tagliato i capelli.
E niente, tra poco i Golden Globes, poi Sanremo, gli Oscar, Pasqua e ormai le maniche corte.
Alcune cose non cambiano mai, tipo io in questo 2015 ho già dimenticato Nina al nido e siamo solo a Gennaio.
Altre invece.
Altre invece.
La verità però è che i capelli sono il cambiamento più piccolo e meno evidente.
Tanto per cominciare NonnaPensaciTu, anche detta LaSuocerachetammazza, ha preso il treno per tornare a casa.
Salutandomi mi ha detto "devo ringraziarti perché sei sempre gentile e piena di attenzioni. Mi avete fatto passare un Natale pieno di gioia, tu e i bambini: siete bellissimi. Chissà come mi mancherete, domani."
Susibita, che 1 minuto prima stava così:
E' rapidamente passata a questa fase qui:
E niente.
Ha vinto lei, tanto per cambiare.
Poi io ho la testa piena di idee, una roba mai vista, vi dico. Che devo svuotarla nello scolapasta, addirittura.
L'altra cosa - in quello che mi aspetta - è che sono sola.
Ma non sola che ho paura, che mi sento fragile, abbandonata o che.
Nono.
Sola che me la faccio nelle mutande, ma un po' ghignando.
Tipo così:
Buon 2015 a me.
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7 ottobre 2014
lunedì, di martedì facendo.
Se di lunedì mattina mi dici che non hai voglia di andare a scuola perché non ci sono mamma e papà e che preferisci di gran lunga restare a casa, e due soli giorni sono troppo pochi, e la settimana ti sembra lunghissima.
Se ti rispondo ma no, guarda che bello, coi tuoi compagni, le tue maestre, e poi non è così lunga come ti sembra.
Se ho un certo senso di nausea, e un groppo in gola tipo una polpetta di sale grosso.
Se però smettila ora davvero di fare i capricci eh, che è lunedì mattina per tutti, mica solo per te.
Se tutte le precedenti, allora vuol dire che te la sto raccontando, che me la sto raccontando.
Perché hai ragione tu.
Credo di aver toccato il fondo nel momento in cui ho cercato su google lo streaming dell'oroscopo di Paolo Fox.
Se ti rispondo ma no, guarda che bello, coi tuoi compagni, le tue maestre, e poi non è così lunga come ti sembra.
Se ho un certo senso di nausea, e un groppo in gola tipo una polpetta di sale grosso.
Se però smettila ora davvero di fare i capricci eh, che è lunedì mattina per tutti, mica solo per te.
Se tutte le precedenti, allora vuol dire che te la sto raccontando, che me la sto raccontando.
Perché hai ragione tu.
Credo di aver toccato il fondo nel momento in cui ho cercato su google lo streaming dell'oroscopo di Paolo Fox.
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24 luglio 2014
Se vuoi far ridere Dio, raccontagli i tuoi progetti.
Io mi ero organizzata, capite?
Avevo una mia mappa mentale e reale di chi sarebbe stato ubicato dove e per quanto nel mese di Luglio, un piano ad alta definizione - oserei dire chirurgica - della distribuzione settimanale delle ore di lavoro, del momento esatto in cui mia madre avrebbe avuto il tracollo e io mi sarei palesata tipo maria redentrice avvolta in un fascio di luce, sollevando lei dall'incombenza dei due rospi, e al contempo me stessa dai sensi di colpa.
Che è andato tutto in vacca neanche ve lo devo dire, immagino.
Quindi al momento mi prenderei a vergate in bocca per non averli iscritti al campo estivo, pagando una cifra persino superiore alla normale retta mensile.
Viviamo alla giornata: abusando della tv per poter lavorare, abusando di mia madre per tenermene almeno uno, abusando di caffè per rimanere sveglia, abusando di farmaci per alleviare l'influenza, abusando di vitamine per ripigliarmi dall'influenza. Insomma abusando.
Abusi a parte, ho ritrovato un vecchio romanzo di mia madre sulla Cina rurale, di Pearl S. Buck, non so se avete presente.
Una storia d'amore, sostanzialmente, ma soprattutto d'incontro e scontro tra un mondo antico, quello della Cina rurale e tradizionalista, in cui ogni gesto è carico di significati e simbologie - con quello moderno portato dall'Occidente, dalla scienza che salva le vite, che libera anime e idee, ma in cui la ieratica e poetica formalità del gesto nel suo dettaglio non ha valore, e pur senza intenzione -semplicemente- non ha senso.
Al che grave dramma e turbamento nella protagonista, presa dalle due forze contrastanti.
Ora esattamente il perché il mio post abbia imboccato questa piega bislacca non ve lo saprei dire, ma vorrei aggiungere che è ricominciata la stagione turistica, e a casa di mia madre hanno ripreso a transitare individui non italofoni, generalmente dotati di sandalo in tela e crema solare, di non meno di due figli, di cappellini da pescatore ma soprattutto di grande entusiasmo per la gastronomia locale.
Mentre lavoro li sento di là che cantano girogirotondo prima in Italiano e poi in Slovacco, che ha un suono che non si capisce una minchia, ma dolce, mi pare. Che mangiano cosce di pollo e cereali dalla scatola alle 5 del pomeriggio. Che giocano a hideandseek? do you want?, più banalmente detto nascondino, contando un po' a cazzo, devo dire.
Poi a un certo punto lui -completamente biòtto (=ignudo)- gira l'angolo seguito dalle due biondine sui 7 anni, si ferma sull'uscio di casa e con un laconico si iu leitar, friends tutto italiota, le abbandona perplesse al proprio destino.
Avevo una mia mappa mentale e reale di chi sarebbe stato ubicato dove e per quanto nel mese di Luglio, un piano ad alta definizione - oserei dire chirurgica - della distribuzione settimanale delle ore di lavoro, del momento esatto in cui mia madre avrebbe avuto il tracollo e io mi sarei palesata tipo maria redentrice avvolta in un fascio di luce, sollevando lei dall'incombenza dei due rospi, e al contempo me stessa dai sensi di colpa.
Che è andato tutto in vacca neanche ve lo devo dire, immagino.
Quindi al momento mi prenderei a vergate in bocca per non averli iscritti al campo estivo, pagando una cifra persino superiore alla normale retta mensile.
Viviamo alla giornata: abusando della tv per poter lavorare, abusando di mia madre per tenermene almeno uno, abusando di caffè per rimanere sveglia, abusando di farmaci per alleviare l'influenza, abusando di vitamine per ripigliarmi dall'influenza. Insomma abusando.
Abusi a parte, ho ritrovato un vecchio romanzo di mia madre sulla Cina rurale, di Pearl S. Buck, non so se avete presente.
Una storia d'amore, sostanzialmente, ma soprattutto d'incontro e scontro tra un mondo antico, quello della Cina rurale e tradizionalista, in cui ogni gesto è carico di significati e simbologie - con quello moderno portato dall'Occidente, dalla scienza che salva le vite, che libera anime e idee, ma in cui la ieratica e poetica formalità del gesto nel suo dettaglio non ha valore, e pur senza intenzione -semplicemente- non ha senso.
Al che grave dramma e turbamento nella protagonista, presa dalle due forze contrastanti.
Ora esattamente il perché il mio post abbia imboccato questa piega bislacca non ve lo saprei dire, ma vorrei aggiungere che è ricominciata la stagione turistica, e a casa di mia madre hanno ripreso a transitare individui non italofoni, generalmente dotati di sandalo in tela e crema solare, di non meno di due figli, di cappellini da pescatore ma soprattutto di grande entusiasmo per la gastronomia locale.
Mentre lavoro li sento di là che cantano girogirotondo prima in Italiano e poi in Slovacco, che ha un suono che non si capisce una minchia, ma dolce, mi pare. Che mangiano cosce di pollo e cereali dalla scatola alle 5 del pomeriggio. Che giocano a hideandseek? do you want?, più banalmente detto nascondino, contando un po' a cazzo, devo dire.
Poi a un certo punto lui -completamente biòtto (=ignudo)- gira l'angolo seguito dalle due biondine sui 7 anni, si ferma sull'uscio di casa e con un laconico si iu leitar, friends tutto italiota, le abbandona perplesse al proprio destino.
18 dicembre 2013
Sogni.
"Senti, lo sai come si dice sul lavoro, no? tutti sono utili, nessuno indispensabile. Ecco, diciamo che ci sono alcuni meno utili di altri."
"?"
"Voglio dire, devi ammettere che l'altro giorno con quel documento hai fatto un po' di casino."
"Sì lo so, ma ho poche ore, troppe cose da fare, poi sono stordita da sempre, no? mica lo scoprite oggi."
"Sì ma speravamo migliorassi, poi eri incinta... che potevamo fare, lasciarti a casa?"
"Ma...e le mie competenze? la mia esperienza?"
"Competenze, competenze, ntch-ntch Susi: sii onesta. Vogliamo davvero aprire il capitolo curriculum e formazione? No perché non devo dirtelo io, no? senza offesa, ma questo tuo essere né carne né pesce -bah- che dire? non porta a molto."
"??"
"Che poi -guarda- non è neanche una questione di curriculum: sei proprio tu. Tu come persona: un po' indefinibile, un po' indefinita, senza una direzione tua. Eddai su, non devo spiegartelo io."
"Ma...ma quindi..."
"Quindi niente ci abbiamo pensato: sei fuori."
"???"
"Su dai non fare quella faccia, pensavo te lo aspettassi. Fuori dai giochi. Cerca di capire: dobbiamo espanderci, progredire, non possiamo portarci dietro palle al piede come te."
"..."
"Tu non dovrai preoccuparti di nulla, abbiamo già pensato a tutto noi. Guarda qui: sei già ricollocata. Toh il contratto."
"Ma chi? i tizi della caldaia? Quelli che hanno sbagliato preventivo 3 volte e l'hanno mandato in .xls, che avevano indicato l'iban scorretto: quelli? davvero quelli? "
"Precisamente."
"Ma io non so un cazzo di caldaie."
"Oh Susi. Piccola, candida, irragionevole Susi. Perché di altro ne capisci?"
"...ma...ma...e che contratto è? ho la retta dei bimbi da pagare."
"Oh per quello non preoccuparti: è uno stage. ma RETRIBUITO, eh!"
"??"
"...di 6 mesi."
"6 mesi? e come faccio? come faccio a ricominciare con lo stage? ci sono i bambini, e ho studiato un sacco, ho appena finito un altro corso, ho due figli da mantenere e i 40 son dietro l'angolo, presto sarò in menopausa e..."
"Sì ma non è che puoi farne una colpa a noi, eh: questo è il mercato, tesoro."
Ora.
Io lo so che questi qui che ho sognato non sono loro.
So che siamo tutti utili e anche tutti indispensabili.
Perciò -cortesemente- qualcuno lo spieghi anche a quella zoccola della mia autostima.
"?"
"Voglio dire, devi ammettere che l'altro giorno con quel documento hai fatto un po' di casino."
"Sì lo so, ma ho poche ore, troppe cose da fare, poi sono stordita da sempre, no? mica lo scoprite oggi."
"Sì ma speravamo migliorassi, poi eri incinta... che potevamo fare, lasciarti a casa?"
"Ma...e le mie competenze? la mia esperienza?"
"Competenze, competenze, ntch-ntch Susi: sii onesta. Vogliamo davvero aprire il capitolo curriculum e formazione? No perché non devo dirtelo io, no? senza offesa, ma questo tuo essere né carne né pesce -bah- che dire? non porta a molto."
"??"
"Che poi -guarda- non è neanche una questione di curriculum: sei proprio tu. Tu come persona: un po' indefinibile, un po' indefinita, senza una direzione tua. Eddai su, non devo spiegartelo io."
"Ma...ma quindi..."
"Quindi niente ci abbiamo pensato: sei fuori."
"???"
"Su dai non fare quella faccia, pensavo te lo aspettassi. Fuori dai giochi. Cerca di capire: dobbiamo espanderci, progredire, non possiamo portarci dietro palle al piede come te."
"..."
"Tu non dovrai preoccuparti di nulla, abbiamo già pensato a tutto noi. Guarda qui: sei già ricollocata. Toh il contratto."
"Ma chi? i tizi della caldaia? Quelli che hanno sbagliato preventivo 3 volte e l'hanno mandato in .xls, che avevano indicato l'iban scorretto: quelli? davvero quelli? "
"Precisamente."
"Ma io non so un cazzo di caldaie."
"Oh Susi. Piccola, candida, irragionevole Susi. Perché di altro ne capisci?"
"...ma...ma...e che contratto è? ho la retta dei bimbi da pagare."
"Oh per quello non preoccuparti: è uno stage. ma RETRIBUITO, eh!"
"??"
"...di 6 mesi."
"6 mesi? e come faccio? come faccio a ricominciare con lo stage? ci sono i bambini, e ho studiato un sacco, ho appena finito un altro corso, ho due figli da mantenere e i 40 son dietro l'angolo, presto sarò in menopausa e..."
"Sì ma non è che puoi farne una colpa a noi, eh: questo è il mercato, tesoro."
Ora.
Io lo so che questi qui che ho sognato non sono loro.
So che siamo tutti utili e anche tutti indispensabili.
Perciò -cortesemente- qualcuno lo spieghi anche a quella zoccola della mia autostima.
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1 ottobre 2013
I piedi si parlano.
Questo è il tempo delle consegne, il tempo del non c'è tempo.
Questo è il tempo dell'aumento d'iva, degli appuntamenti a nastro, dell'ansia da prestazione.
Questo è il tempo dei rendiconti. Di vedere se hai investito giusto oppure no, se invece hai sprecato il tuo tempo, il tuo preziosissimo tempo, e basta.
Quando Susibita diede l'ultimo esame in università pensò "è finita, non sarà più così. Basta. Niente più strappi alla pancia, come se ti tirassero per l'ombelico. Sarà dura, ma mai più così."
Era una cazzata, naturalmente.
Vorrei essere Nina.
Rubare ciucci, scappare via ridendo lasciando i miei compagni in lacrime, prendermi la cazziata dalle maestre. Avere questo come mio problema più grosso.
Vorrei vivere in Nina, nel suo mondo di ruspe selvagge, di moccoli e baci.
Oppure dentro quell'altro, che ha due piedi che si parlano, la notte.
Mi riferiscono di gran discorsi, sotto le coperte.
Questo è il tempo dell'aumento d'iva, degli appuntamenti a nastro, dell'ansia da prestazione.
Questo è il tempo dei rendiconti. Di vedere se hai investito giusto oppure no, se invece hai sprecato il tuo tempo, il tuo preziosissimo tempo, e basta.
Quando Susibita diede l'ultimo esame in università pensò "è finita, non sarà più così. Basta. Niente più strappi alla pancia, come se ti tirassero per l'ombelico. Sarà dura, ma mai più così."
Era una cazzata, naturalmente.
Vorrei essere Nina.
Rubare ciucci, scappare via ridendo lasciando i miei compagni in lacrime, prendermi la cazziata dalle maestre. Avere questo come mio problema più grosso.
Vorrei vivere in Nina, nel suo mondo di ruspe selvagge, di moccoli e baci.
Oppure dentro quell'altro, che ha due piedi che si parlano, la notte.
Mi riferiscono di gran discorsi, sotto le coperte.
25 settembre 2013
Mentitemi, piuttosto.
Sono certa che sarà capitato anche a voi di dimenticarvi di vostro figlio alla fermata del pulmino.
Vi sarà certamente successo di essere completamente, candidamente ignare dell'esistenza di qualunque altra cosa nell'universo salvo la vostra casella mail, la chat coi colleghi e il tizio della banca al telefono.
Naturalmente capite bene la sensazione d'irritazione che in quel frangente può suscitare il ripetuto suonare di un clacson di fronte al vostro ingresso, e immagino che anche voi l'avrete comprensibilmente liquidato con un infastidito 'fanculo le melanzane, presumendo si trattasse del furgoncino dell'ortolano e non dell'autista imbestialito del sopraddetto pullmino - ora incastrato in mezzo alla via, il vecchietto volontario che fa assistenza ai bimbi con la mano destra schiacciata sul vostro campanello e quella sinistra in quella di vostro figlio: piccolo, attonito, ingrembiulato.
Io non ve lo dico come mi hanno guardata.
Non ve lo dico perché -ne sono certa- lo sapete meglio di me, immagino.
Ma soprattutto non vi descrivo il faccino dell'ingrembiulato, in quel grembiulino più grande di lui, il visino appuntito, gli occhi enormi, giganti.
Sono certa che mi capite.
E se non mi capite, mentitemi, piuttosto.
Vi sarà certamente successo di essere completamente, candidamente ignare dell'esistenza di qualunque altra cosa nell'universo salvo la vostra casella mail, la chat coi colleghi e il tizio della banca al telefono.
Naturalmente capite bene la sensazione d'irritazione che in quel frangente può suscitare il ripetuto suonare di un clacson di fronte al vostro ingresso, e immagino che anche voi l'avrete comprensibilmente liquidato con un infastidito 'fanculo le melanzane, presumendo si trattasse del furgoncino dell'ortolano e non dell'autista imbestialito del sopraddetto pullmino - ora incastrato in mezzo alla via, il vecchietto volontario che fa assistenza ai bimbi con la mano destra schiacciata sul vostro campanello e quella sinistra in quella di vostro figlio: piccolo, attonito, ingrembiulato.
Io non ve lo dico come mi hanno guardata.
Non ve lo dico perché -ne sono certa- lo sapete meglio di me, immagino.
Ma soprattutto non vi descrivo il faccino dell'ingrembiulato, in quel grembiulino più grande di lui, il visino appuntito, gli occhi enormi, giganti.
Sono certa che mi capite.
E se non mi capite, mentitemi, piuttosto.
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19 agosto 2013
Ma io stasera.
Ho finito di lavorare alle 19.30.
Ho il raffreddore, il mal di gola, il mal d'orecchi e il cranio spaccato in due dalla sinusite.
Mi lacrimano gli occhi e ho preso una tachipirina 500.
Ho un senso di colpa agghiacciante per via dei bimbi da mia madre in stazione permanente e il mio continuo avanti-indietro.
I peli mi ricrescono e l'aggravante sono le gambe non abbronzate.
Sono acida e incazzata, soprattutto con voi tutti che postate foto in spiaggia.
Ma io stasera chiudo le valigie.
Ohhssì che le chiudo.
Poi -giuro- spengo anche il computer.
Ho il raffreddore, il mal di gola, il mal d'orecchi e il cranio spaccato in due dalla sinusite.
Mi lacrimano gli occhi e ho preso una tachipirina 500.
Ho un senso di colpa agghiacciante per via dei bimbi da mia madre in stazione permanente e il mio continuo avanti-indietro.
I peli mi ricrescono e l'aggravante sono le gambe non abbronzate.
Sono acida e incazzata, soprattutto con voi tutti che postate foto in spiaggia.
Ma io stasera chiudo le valigie.
Ohhssì che le chiudo.
Poi -giuro- spengo anche il computer.
12 agosto 2013
Il lavoro secondo mia madre.
Nonna Oroscopo è connessa.
"Finalmente! Così potete lavorare anche da qui e nelle pause stiamo insieme!".
Segue la cronaca della prima ora e mezzo.
h.10.00
"Caffè? l'ho appena fatto. Che fate? Siete molto presi? Oh ma avete visto quant'è bellina Nina tutta nuda come un verme? Cosa facciamo per cena stasera? Lo sai che passano a trovarmi gli ungheresi dell'anno scorso? "
h.10.40
"Magùùùù! Ninaaaa! Venite qui!! Dove sono andati? non posso neanche andare in bagno. Ma voi una pausa non la fate mai? Sono ORE che siete chiusi qui dentro. Avete visto i bambini, per caso?"
h.11.15
"Certo amore che puoi andare su dalla mamma, sta lavorando ma vedrai che non la disturbi...vero che non ti disturba? Per stasera avrei pensato a prosciutto e melone, però che palle con sta cosa che non mangi la carne. Che c'è? cazzo di carattere che c'hai, se ti do fastidio basta dirlo, eh."
"Mi dai fastidio."
"Stronza."
27 maggio 2013
Fatevelo bastare.
Per la festa di fine anno scolastico di Magù Susibita ha stilato il seguente programma:
- Si presenterà senza il materiale per la pesca.
Sta messa che non ha tempo di buttare la spazzatura da circa 10 giorni, fate voi.
Non ha tempo o forse voglia, quando se ne ricorda o è tardi ed è buio o è mattina presto ed è in ritardo.
Per farle raccogliere annaffiatoi, secchielli o gli accessori accessori bagno che segnalate dovevate avvisarla prima. Tipo a Natale.
- Non si presenterà, di qui a metà Giugno, ogni giorno dispari dalle 15 alle 17 per i laboratori genitori.
A quell'ora lavora, se non lavora manda avanti la baracca di figli/casa/spesa da sola, se non manda avanti la baracca da sola lavora.
- Non confezionerà, in alternativa, i lavori a casa: non sa cosa sia un albero della pioggia, la ricetta dei lecca lecca fatti in casa -credetemi- è meglio che non le venga passata, non ha un cazzo di tempo possibilità di confezionare copricapo a tema marino da cartoncino riciclato.
Poi per chi mi avete presa, una craft blogger?checcazzo, non c'è più rispetto.
- Comprerà in blocco i 10 biglietti della pesca lenendo così - ma malamente- il senso di colpa per non avere idea se riuscirà -effettivamente- ad andare alla festa e vedere suo figlio.
Ora io lo so che la baracca la mandano avanti gli altri, le maestre e tutti quei genitori che alle 5 hanno finito di lavorare, che hanno i sabati pomeriggio liberi per montare la staccionata nuova dell'area giochi, la capacità e la buona volontà di esserci e di fare.
Lo so che se fosse per me e per quelle come me non si farebbe un cazzo della festa e i bimbi si terrebbero la staccionata vecchia e con le schegge.
Vabbè e io lavoro, faccio girare un po' l'economia, faccio la mia parte, oh ma che volete?
Detto questo.
Bè?
Che deve fare 'sta poraccia di Susibita? Ammazzarsi?
Non ce la fa.
Compra i biglietti della pesca, ok?
Porta il succo alla festa, ok?
Fatevelo bastare.
p.s. aggiornamento del mattino dopo aver riletto il mio post:
Forse ieri sera ero un tantino stanchinella e rileggermi tutto l'elenco di quello che ci veniva chiesto di fare mi ha inacidita.
Sia messo agli atti che sono grata a maestre e mamme e padri fantastici che sono tanto bravi da rendere più bella la festa anche per mio figlio.
Bravi, tutti bravissimi, davvero.
So che è un modo per avvicinare scuola e famiglia, so che - in linea del tutto teorica - è giusto e sacrosanto.
Però alla fine, come dice la Tess, che si strozzassero tutti con la colla a caldo.
p.s. aggiornamento del mattino dopo aver riletto il mio post:
Forse ieri sera ero un tantino stanchinella e rileggermi tutto l'elenco di quello che ci veniva chiesto di fare mi ha inacidita.
Sia messo agli atti che sono grata a maestre e mamme e padri fantastici che sono tanto bravi da rendere più bella la festa anche per mio figlio.
Bravi, tutti bravissimi, davvero.
So che è un modo per avvicinare scuola e famiglia, so che - in linea del tutto teorica - è giusto e sacrosanto.
Però alla fine, come dice la Tess, che si strozzassero tutti con la colla a caldo.
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22 aprile 2013
Grazie.
Grazie perché esistono i surgelati.
Il nurofen bimbi.
Wetransfer.
Il vicino di casa babysitter.
Grazie ai due con cui lavoro: precisini, un po' gnègnè, che mi s'inacidiscono per ogni minima cazzata, che convivono nel loro monolocale molto nerd, molto ingegnere e molto lontano.
Grazie perché ci sono, sempre.
E se il mondo là fuori è tosto e gli scrivo "non ce la faccio più, ho fatto fin qui, tra poco svengo, pensateci voi", loro ci pensano.
Grazie per Strawberry Fields.
Forever.
Il nurofen bimbi.
Wetransfer.
Il vicino di casa babysitter.
Grazie ai due con cui lavoro: precisini, un po' gnègnè, che mi s'inacidiscono per ogni minima cazzata, che convivono nel loro monolocale molto nerd, molto ingegnere e molto lontano.
Grazie perché ci sono, sempre.
E se il mondo là fuori è tosto e gli scrivo "non ce la faccio più, ho fatto fin qui, tra poco svengo, pensateci voi", loro ci pensano.
Grazie per Strawberry Fields.
Forever.
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