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sabato 7 giugno 2014

Maslow, Sheldrake e l'Esperienza culminale

L'altro giorno, al bar sotto casa, uno sconosciuto mi ha domandato quanti libri avessi scritto. Quando ho risposto "cinquantacinque" la sua espressione si è fatta attonita; mi ha domandato allora se ci fosse un tema costante che li univa tutti. Più tardi, giacendo insonne nel cuore della notte, decisi che avrei preso quella domanda come una sfida e che avrei cercato di riassumere il tema di fondo di tutto il mio lavoro. Il risultato è quel che segue: tanto prossimo a quel tema quanto è possibile arrivarci in uno spazio di diecimila battute. 
All'incirca venticinque anni fa ricevetti una lettera da un professore di psicologia americano che si chiamava Abraham Maslow, e l'originalità di quanto lui ebbe a dirmi mi lasciò senza parole. Nella sua professione di psicologo, diceva Maslow, si era stancato di studiare persone malate, che non parlano d'altro che della loro malattia. L'aveva colpito invece il fatto che nessuno si fosse mai dato la pena di studiare le persone sane. Per questo fece circolare fra gli amici la domanda: "Chi è la persona più sana che conoscete?" Successivamente riunì quelle persone sane e pose loro alcuni quesiti. Scoprì subito qualcosa di cui nessuno si era mai accorto: che le persone sane provavano con discreta frequenza quelle che Maslow chiamò "esperienze culminali", ossia esperienze di una spumeggiante, travolgente felicità. Eccone un esempio tipico: una giovane mamma si trova a osservare il marito e i bimbi intenti a fare colazione. Di colpo, un raggio di sole attraversa la finestra; lei pensa: "Dio mio, quanto sono fortunata" ed entra in un'esperienza culminale.
Parlando delle esperienze culminali ai propri studenti Maslow fece un'altra importante scoperta: i suoi allievi cominciarono a ricordare esperienze culminali avute in passato, delle quali si erano quasi del tutto dimenticati. Si rese allora conto di quale fosse il nocciolo della questione: tutti noi abbiamo esperienze culminali ma le diamo per scontate, dimenticandocene presto. Non appena però gli studenti presero a ricordarsi delle proprie esperienze culminali e a parlarne fra loro, cominciarono tutti ad averne più spesso. In qualche modo, parlarne e rifletterci sopra li metteva nella giusta condizione d'animo per sperimentarle di nuovo. 
Io fui tremendamente emozionato da queste scoperte, perché è evidente che, se la scienza fosse in grado di indurre esperienze culminali a piacimento, la maggior parte dei nostri peggiori problemi sociali scomparirebbe. Anche allora - nei primi anni Sessanta - era evidente che molti dei nostri problemi sono dovuti alla frustrazione e alla noia, che alcolismo, abuso di droghe, teppismo sportivo, vandalismo e crimini sessuali non sono che un'oscura e confusa ricerca di esperienze culminali. Se potessimo apprendere il segreto dell'esperienza culminale, saremmo davvero sulla strada giusta per arrivare all'"Utopia moderna" di H.G. Wells. 
Tuttavia, quando sottoposi a Maslow queste idee la sua risposta mi deluse: disse che non riteneva possibile avere esperienze culminali "a comando", che le esperienze venivano quando volevano e noi non potevamo farci niente. Mi parve però che un commento siffatto fosse in contrasto col suo ottimismo di fondo. Perciò mi misi all'opera per trovare io stesso un modo per indurre l'esperienza culminale.
Il primo indizio fu il fatto che gli studenti di Maslow avevano preso ad avere esperienze culminali più frequenti non appena avevano cominciato a pensarci sopra e a parlarne. Il motivo è evidente: pensare alla felicità e parlarne ci predispone all'ottimismo, e ci dà la sensazione che all'uomo sia stato dato il destino di essere felice. A questo proposito Epitteto ha fatto un'osservazione interessante: "L'uomo non è tanto afflitto dai problemi reali quanto lo è dalle proprie ansie immaginarie verso i problemi reali". Cioè, da condizioni di spirito totalmente negative. Questa è la ragione per cui le persone sane hanno esperienze culminali più frequenti: non perdono tanto tempo ad affliggersi per cose che non accadranno mai.
Durante gli scorsi venticinque anni ho appreso parecchio riguardo i diversi trucchi per indurre l'esperienza culminale, provando con mia personale soddisfazione che Maslow si sbagliava (sfortunatamente, l'interessato è morto prima che avessi il tempo di farglielo sapere). Esiste un gran numero di semplici tecniche mentali che permettono di indurre l'esperienza culminale e tutte si fondano sul medesimo metodo di base: generare deliberatamente una "tensione interna", subito seguita dal rilassamento. Graham Greene scoprì il metodo di base da ragazzo, quando giocò alla roulette russa con il revolver del fratello: nell'istante in cui il cane scattò a vuoto, egli sperimentò una travolgente sensazione di piacere. Un metodo del genere evidentemente non è raccomandabile, ma chiunque lo consideri con attenzione si renderà conto che contiene già tutto il necessario. 
Un paio di settimane fa, mi sono trovato per quattro giorni ad Amsterdam a insegnare, in un'aula affollata di "studenti maturi", tecniche per indurre l'esperienza culminale. L'esperimento ottenne un successo al di là delle mie aspettative. Nel corso dell'ultima sessione, due studenti si erano convinti di poter vedere una luce dorata, mentre un'altra disse che si era vista fluttuare al di sopra del pavimento.
 Tutto questo ci avvicina forse all'"Utopia moderna"? Cinque anni fa avrei risposto di no. Nel frattempo però si è avuto uno sviluppo nuovo e affascinante, in larga misura dovuto al lavoro di un singolo studioso, il biologo Rupert Sheldrake. Fu Sheldrake che in un libro intitolato A New Science of Life propose una teoria dell'evoluzione che la maggior parte dei colleghi più anziani trovò oltraggiosa. Secondo la biologia moderna l'evoluzione ha luogo per mutazione dei geni. Secondo Sheldrake, esiste invece un metodo assai più semplice e rapido, che egli chiama "risonanza morfica". Il modo più semplice di illustrarlo è citare l'aneddoto famoso delle scimmie dell'isola di Koshima., al largo delle coste giapponesi. Alcuni scienziati nutrivano le scimmie con patate dolci non lavate: una scimmia particolarmente brillante, Imo, scoprì che se lavava le patate nell'acqua di mare quelle non solo diventavano meno terrose, ma anche di gusto migliore. Di lì a poco tutte le scimmie di Koshima avevano imparato il trucco... ma altrettanto avevano fatto altre scimmie del continente, scimmie che non avevano avuto alcun tipo di contatto con quelle di Koshima. 
Si è trattato di una forma di telepatia? Pare di no, perché, oltre che negli animali, funziona nei cristalli. Ci sono sostanze estremamente difficoltose da realizzare in laboratorio: ma non appena si raggiunge l'obiettivo da qualche parte, la sostanza inizia a cristallizzare più facilmente ovunque nel mondo. Dapprima si è pensato che minuti frammenti dei nuovi cristalli venissero trasportati nei vestiti, o nella barba, da scienziati in visita, ma alla fine questa eventualità è stata scartata. Pareva che i cristalli stesero, in qualche modo, "apprendendo" l'uno dall'altro... Sheldrake volle portare numerosi esperimenti a conferma della sua teoria. Uno di questi consisteva nel diffondere migliaia di quelle "immagini magiche" dove sotto in groviglio di linee è celato un volto: egli calcolò che una volta che un certo numero di persone avesse imparato a "vedere" il volto, sarebbe subito cresciuto il numero delle persone in grado di vederlo all'istante. Il che avvenne puntualmente.
Sheldrake viene avversato con le unghie e con i denti dagli altri biologi, ma se fosse nel giusto dalla sua teoria deriverebbero di sicuro conseguenze di grande importanza. Per cominciare, saremmo costretti a riconoscere che ai nostri artisti e scrittori va attribuita buona parte della colpa per lo stato caotico in cui si trova la società. A quanto pare, considerare la vita cosa futile e priva di senso, e asserirlo in opere letterarie e teatrali il cui epilogo veda la sconfitta dell'eroe, è un requisito imprescindibile per ottenere un premio Nobel. Noi ingozziamo di questa velenosa immondizia i nostri figli, dalla scuola all'università, credendo con ciò di prepararli ad affrontare la vita; ma se la teoria della risonanza morfica ha un senso, allora quel che facciamo equivale al diffondere i germi della peste nell'acquedotto cittadino. 
D'altro canto, se un gruppo abbastanza ampio di esseri umani potesse imparare ad avere esperienze culminali a comando, o anche soltanto a porsi in una condizione d'animo disposta all'esperienza culminale, allora, secondo Sheldrake, questa capacità si propagherebbe di continuo e spontaneamente in un numero sempre più elevato di persone.
E forse di qui a un secolo, o forse molto meno, ciascuno verrà al mondo con la capacità di autoindurre l'esperienza culminale. E il volto della nostra civiltà ne sarà radicalmente mutato.

(Strani attrattori. Antologia di fantascienza radicale. Shake, 1996)





sabato 28 dicembre 2013

Anatomy of a Poet

Colin Wilson ci ha laciati il 5 dicembre. La Buona Annata gli rende omaggio con una collaborazione tra lo scrittore inglese e gli In the Nursery risalente a vent'anni or sono. Anatomy of a Poet non è tanto un concept in senso stretto quanto un album a tema che va a toccare uno dei temi principali dell'opera di Wilson. Ma lasciamo la parola agli stessi gemelli Humberstone:
The idea was to represent and musically convey the often self-destructive nature of creative artists. Why is that authors, artists, poets and musicians seem to create their best work out of depression? Colin Wilson, who had been in occasional correspondence with the band, was asked to recite some of this work along with a number of pre-prepared tracks. However, on arriving at Wilson's Cornwall retreat, the author thought it better to recite some of his favourite Romantic period poetry, wich he felt better suited the music.
Colin Wilson può a buon diritto essere considerato un precursore della cultura industriale nella sua riflessione su una mutazione antropologica studiata nei suoi aspetti più aberranti. Ma se l'interesse per assassini seriali e psicopatologia lo accomuna a Throbbing Gristle e ricercatori coevi, la sua esplorazione parte da più lontano: da quella sorta di peste psichica che sembra cogliere alcuni tra i più dotati e sensibili artisti del diciannovesimo secolo e che assume proporzioni di massa in quello appena trascorso. Ma Colin Wilson ha fatto anche di più: ciò che ha chiamato Facoltà X è un invito al superamento del nichilismo e del facile cinismo, a una riscoperta delle possibilità latenti e inespresse dell'essere umano. 




Bombed
Anatomy of a Poet
In Perpetuum
Motive
Hallucinations? (Dream World Mix)
Blue Lovers
Paper Desert
Byzantium
The Seventh Seal
The Golden Journey
Touched with Fire





Ritengo che a fare di Lovecraft, nello stesso tempo, un buon autore e un autore mediocre, sia il fatto che egli era uno scrittore ossessionato. E per questa ragione sono così poche le opere nella tradizione di Lovecraft che hanno raggiunto lo stesso livello di potenza immaginativa. August Derleth e Robert Bloch sanno rendere in modo eccellente lo stile e l'atmosfera di Arkham, ma ciò non esprime il loro vero centro di gravità come scrittori. Bloch è veramente se stesso negli orrori fin troppo possibili di Psycho, con le sue stanze di motel e l'atmosfera di malvagità naturale, simile a quella che potete trovare nelle pagine di una rivista tipo True Detective. In quanto a Derleth, le sue cose migliori appartengono ad una sfera ben lontana dall'orrore e dalla fantasia: i libri sulla vita quotidiana di Sac Prairie, sul mutare delle stagioni, gli animali e gli uccelli. (La sua opera mi ricorda, sotto molti punti di vista, quella di un romanziere inglese troppo sottovalutato, Henry Williamson, autore di Tarka the Otter, e quella di uno strano mistico della natura, Richard Jeffries). Derleth appartiene alla grande tradizione americana di Thoreau e di Withman... e in una certa misura, anche a quella di Sinclair Lewis.
Questo spiega perché Lovecraft è rimasto unico, nonostante il gran numero di autori che si sono lasciati affascinare dal suo mondo mitico e dal suo stile. Egli creò i Miti di Cthulhu per una necessità interiore, come per necessità interiore Blake creò i suoi libri profetici.
Tutto ciò equivale ad ammettere che Lovecraft aveva del genio. Ed è questo, secondo me, che fa di lui un personaggio sostanzialmente tragico: inoltre, lo collega alla mia tesi dell' "Estraneo", ed a questo romanzo.
Il mio punto di partenza, in The Outsider, era che, intorno all'anno 1800, si era prodotto uno strano cambiamento nella razza umana... o almeno in una sua parte importante. Comparve allora all'improvviso un nuovo tipo d'uomo: il romantico. Ai tempi degli antichi greci, il romantico sarebbe stato considerato un individuo malvagio e pericoloso. Un istinto profondo, infatti, gli dice che l'uomo non è un semplice insetto, una "creatura", ma è, in un senso importante, un dio. I greci chiamavano hybris questo peccato, che veniva punito dalla divinità con la follia e la morte. Ecco perché la sorte di tanti romantici avrebbe rafforzato nei greci la convinzione che costoro erano malvagi e pericolosi. Se ci pensate bene, l'elenco degli uomini geniali morti pazzi, o in incidenti, o di tubercolosi, o suicidi, è impressionante e agghiacciante. Shelley, Keats, Poe, Beddoes, Holderlin, Hoffmann, Schiller, Kleist, Nietzsche, Van Gogh, Rimbaud, Verlaine, Lautréamont, Dowson, Johnson, Francis Thomson... l'elenco potrebbe continuare per pagine e pagine. E sarebbero soltanto i più famosi. E tutti gli aspiranti poeti ed artisti che non raggiunsero mai la notorietà e morirono in silenzio in qualche lurida stanza ammobiliata?
Ora, tutti questi romantici hanno una cosa in comune. Sono come i marinai greci che udivano il canto delle sirene, e preferivano gettarsi tra i flutti piuttosto che tornare al mondo scialbo dell'esistenza quotidiana. Oppure come il bimbo zoppo del Piffero magico, il quale racconta che, quando il Pifferaio suonava, sentiva parlare di "una terra felice", dove "tutto era strano e nuovo"; e adesso il bimbo zoppo trascorre il resto della sua esistenza piangendo quella visione perduta. Moltissimi sembrano accontentarsi di trascinare un'esistenza banale; i romantici avevano intravisto qualcosa al di là della banalità. Tutto il romanticismo si può riassumere nella grandiosa battuta di Axel (nel dramma di Villiers de l'Isle Adam): "In quanto al vivere, provvederanno per noi i nostri servitori".
C'è un grande romanzo dello scrittore inglese L.H. Myers (morto suicida negli Anni Quaranta), intitolato The Near and the Far. Il primo capitolo simboleggia in modo perfetto l'aspirazione romantica. E' ambientato nell'India del secolo XVI, e si apre presentando il giovane principe Jali il quale, dall'alto di un palazzo, contempla il deserto attraversato quel giorno. Egli guarda il magnifico tramonto e riflette che vi sono due deserti: il primo è uno splendore per l'occhio; l'altro un tormento per i piedi, quando lo si percorre. E i due deserti non si uniscono mai: se Jali esce dal palazzo per cercare il deserto tanto bello per l'occhio, troverà invece l'altro, quello che è uno strazio percorrere. Il vicino e il lontano... ecco il problema fondamentale dei romantici. Come disse Yeats:
Nulla di ciò che troppo amiamo
è percettibile al tocco.
E' per questo che i romantici giudicano così squallido e sgradevole il mondo della realtà. Alcuni lo odiano al punto che la loro opera diviene un peana blasfemo, come quella di De Sade o di Lautréamont.
E' una storia che continua a ripetersi. Conosco l'autore di uno dei più bei romanzi del sovrannaturale che siano mai stati scritti, E.H. Visiak... un vecchio ormai vicino alla novantina. Il suo Medusa è un romanzo dotato di tale suggestione che continua ad ossessionare la mente per anni ed anni, dopo che lo si è letto. Alcune settimane fa, Visiak mi mandò in lettura il manoscritto della sua autobiografia. Non ne avevo letto più di dieci pagine quando pensai: "Sì, è sempre la stessa cosa..." La strana maledizione del secolo XIX. Visiak era stato un bambino timido e tranquillo, figlio di genitori appartenenti al ceto medio, e il mondo della sua infanzia era stato un mondo incantato. Poi crebbe, dovette mettersi a lavorare per vivere, e "le imposte della prigione cominciarono a chiudersi". Visiak trascorse i successivi vent'anni della sua vita nell'ufficio telegrafico d'una agenzia d'informazioni, non molto felice, conducendo un'esistenza solitaria e libresca. Da bambino, aveva trascorso i momenti più felici in riva al mare. Perciò cominciò a scrivere poesie sui pirati e su isole sconosciute, e poi fu la volta del suo primo romanzo, The Haunted Island; quindi, dopo molti anni, del suo capolavoro, Medusa. Adesso, superati gli ottant'anni, è un vecchio la cui esistenza non è stata straordinariamente felice, sebbene abbia avuto qualche visione ed alcune esperienze eccezionali. E' un uomo stregato e ossessionato, una delle tante vittime del canto delle sirene.
Il miglior amico di Visiak era lo scrittore David Lindasy, il cui Voyage to Arcturus, secondo me, è il romanzo più grande del XX secolo. La storia di Lindsay era molto simile a quella di Visiak... una visione grandiosa, espressa in Voyage to Arcturus e The Haunted Woman. Ma i suoi contemporanei non erano pronti per la sua opera: ed egli visse nella miseria e nell'oblio in Cornovaglia, e morì prima di arrivare a cinquant'anni.
Lindasy possedeva un genio magniloquente; il genio di Visiak ha invece un carattere più dolce e romatico. Eppure, entrambi gli scrittori sono stati vittime di questa "tragedia dell'estraneo", tanto comune nel nostro tempo: uomini la cui visione li rende inadatti alla lotta quotidiana per l'esistenza, ma il cui genio non ha un carattere "commerciale".
Questi estranei vivono da eremiti nelle città moderne. Se sono fortunati - come Kierkegaard - hanno una rendita, e possono scrivere in pace i loro libri strani e contemplativi. Se non hanno questa fortuna - come Lovecraft - la loro sorte è la più dolorosa del mondo.

(Colin Wilson. I parassiti della mente. Fanucci, 1977)

giovedì 8 agosto 2013

La Buona Annata's History Channel: Faculty X

Chesterton dice: "Noi diciamo grazie quando qualcuno ci porge il sale, ma non intendiamo veramente ringraziare. Diciamo che la terra è rotonda, ma non vogliamo veramente dirlo, anche se ciò è vero". Noi diciamo qualcosa e intendiamo dirla soltanto quando la Facoltà X è sveglia, soltanto quando possiamo arrivare-oltre-i-sensi. La Facoltà X è la chiave di ogni esperienza poetica e mistica; allorché si desta, la vita acquista immediatamente una qualità nuova, intensa. Faust sta per suicidarsi, sopraffatto dal tedio e dalla disperazione, allorché ode le Campane di Pasqua; esse gli riportano la sua infanzia e la Facoltà X all'improvviso è desta; egli sa che il suicidio è l'estrema ridicola assurdità.
La Facoltà X è semplicemente quel potere latente che gli esseri umani posseggono per arrivare oltre il presente. In fin dei conti, sappiamo perfettamente bene che il passato è altrettanto reale del presente, e che New York, Singapore, Lhasa e Stepney Green sono altrettanto reali di questo luogo in cui mi trovo in questo momento. Tuttavia i miei sensi non sono d'accordo. Essi mi assicurano che questo luogo, qui e ora, è molto più reale di qualsiasi altro posto e di qualsiasi altro tempo. Soltanto in certi momenti di grande intensità interiore so che questa è una bugia. La Facoltà X è un senso di realtà, di realtà di altri posti e di altri tempi, e è il suo possesso - per quanto frammentario e incerto - che distingue l'uomo da tutti gli altri animali.
ma se l'opprimente realtà di questo luogo e tempo è un'illusione. altrettanto lo è il mio senso di essere unicamente qui, ora. "Io no sto qui; né sto altrove", dice Krishna nel Bhagavad Gita. Quindi, se la Facoltà X può rendere Strindberg chiaramente conscio della realtà di un luogo distante parecchie centinaia di miglia, non è in tal caso concepibile che ve lo possa 'trasportare' in un altro senso?
Sarebbe un errore pensare la Facoltà X come una facoltà 'occulta'. Non lo è; essa è il potere di afferrare la realtà e essa unisce le due metà della mente dell'uomo, la conscia e la subconscia.
Riflettete: che accade se un brano musicale, o l'odore di legna che arde, all'improvviso mi fanno ricordare ciò che è successo dieci anni fa? E' come toccare la zampetta di una rana morta con un cavo elettrico. La mia mente si agita e si contrae afferrando all'improvviso la realtà del tempo passato come se fosse il presente. Lo stesso accade a Marcel nel romanzo Du coté de chez Swann, allorché assapora una 'madeleine' inzuppata nel tè - il suo passato fluisce all'indietro come una realtà. Ciò che accade è che la nostra consapevolezza normalmente pigra e diffusa si mette a fuoco, come io posso serrare il mio pugno. La melodia  o l'odore fornisce soltanto lo stimolo; la mia forza interiore fa il resto - una forza interiore di cui sono normalmente inconscio.
Alcuni anni fa, gli psicologi attuarono un classico esperimento con un gatto. Un filo elettrico venne connesso al nervo tra l'occhio del gatto e il suo cervello; l'altra estremità del filo fu collegata a un quadrante per la misurazione degli impulsi elettrici. Allorché un forte rumore veniva provocato vicino all'orecchio del gatto, l'ago del quadrante girava violentemente. Poi una gabbia di topi veniva posta di fronte al gatto. Questo si mise ad osservarla intensamente. Venne fatto risuonare lo stesso rumore vicino al suo orecchio. Questa volta l'ago non si spostò. Il gatto era così intento ai topi da ignorare i rumori e, in qualche maniera, esso 'spense' l'impulso fisico tra l'orecchio e il cervello. Scelse di mettersi a fuoco su qualcos'altro.
Tutte le creature viventi hanno questo potere di 'mettersi a fuoco' su qualcosa che le interessa, e di 'spegnere' tutto il resto. Un individuo abituato a una città moderna probabilmente si sottrae al 99 per cento degli stimoli che cadono sui suoi sensi. Lo sappiamo tutti. Ma ciò che non abbiamo afferrato è lo straordinario potere che possediamo di essere capaci di metterci a fuoco su aspetti particolari della realtà. Questo potere è la Facoltà X; ma presentemente, difficilmente ce ne serviamo, essendo inconsapevoli delle sue potenzialità.
Vale la pena di chiedersi: a che serve la consapevolezza? Allorché siete profondamente addormentati, non avete consapevolezza. Quando siete molto stanchi, la vostra coscienza è come una luce fioca che non illumina quasi nulla. Allorché siete completamente svegli e eccitati, la consapevolezza sembra aumentare in numero di candele. Il suo scopo è di illuminare la realtà, di arrivare sino ai suoi recessi, e in tal modo di renderci capaci di agire su di essa e trasformarla. E' ovvio che il nostro scopo fondamentale dovrebbe essere di accrescere il numero delle candele. Allorché questo è basso, la realtà diviene 'irreale'; se aumenta, la realtà si fa 'più reale'; diviene la Facoltà X.

(Colin Wilson, L'occulto. Astrolabio, 1975)




Hope by and by, hope by and by
Motes in the eye, portcullis is shut,
A skull isn't much
Of a castle to live in
When the change is going to come,
The change has got to come,
Explosions in the brain attest to it
Evolution down the drain - let all the rest do it...
Oh yeah, the only result is cumulative drek
It won't be the drug
It won't be the sex
It's got to be the faculty X
Looking for a method, I play a straight bat,
Throw away the chances to slip.
Yeah, you talk about the average 
I don't care about that
And my words are only giving me lip
When I know that the change has got to come
Or what am I living for? Or why am I here?
I running, I give in more,
Far away from the near
Go meta-physical world, the sign that protects
It wasn't the last
It won't be the next
It's Faculty X
Reading seeks, sages, prophets and obscurantsit tracts,
Draining the elixir to the dregs...
Active yeast in the bottom is on the attack
And it leaves me without any legs to stand on
Still I hope that the change will come
Meanwhile I don't know
I think I'll have to go
Yeah, go for the governing body my consciouness elect
It won't be so clear, it won't be direct.
It's all that I fear, it's all I suspect
And I'll disappear in Faculty X
I pluck all these characters out of thin air,
I push them down into the lungs;
I infuse them with meaning as much as I dare.
Stretch out for the shoreline and wait
For the wave...