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(Immagine: Juan Yanes)
Viene, con la pioggia.
È puntuale, inesorabile. Mi lascia in un angolo dopo avermi offesa, insultata, picchiata, calpestata.
Non posso fare molto: appena accostarmi con le spalle alla parete e abbandonarmi giù, all’impotenza delle gambe, al tremore delle braccia, e scivolare fino al pavimento.
Il pavimento è freddo, ma fa più freddo nello stomaco. Se ci penso, mi accorgo che è proprio là dentro, in fondo al mio stomaco, il suo nido ronzante e velenoso.
A volte mi assorda con il suo brusio di vespe inferocite. Posso urlare in quei momenti, ma dalla bocca non esce nessun suono.
La pioggia allora è una consolazione, una canzone. Anche se so che, con la pioggia, verrà un’altra volta, e un’altra volta, e un’altra volta.
La tristezza.
Noélia Drummond (Brasile), Vem, com a Chuva
(Tradotto da Os Orixás que moram em meus Olhos, Eu+Eu Editora, 1998)