Suicida — Ricardo Bernal

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Decido di porre fine alla mia vita per stanchezza, sazietà, io in eccesso che vogliono detronizzare il vero io. Esco sul terrazzo: sopra ci sono luna, stelle, gemme, le fusa degli aerei e le nuvole; sotto il rumore, le luci delle macchine, molto lontano come in un subuniverso inesplorato. Mi arrampico sul cornicione, faccio un passo, un altro, continuo camminando nell'aria e a ogni passo cade uno dei miei io, plana compiendo circoli, si incarna nel corpo di un cittadino in più, formica frettolosa nel rumore randagio della notte. Quando arrivo a metà del tragitto sono soltanto io, sudo molto. Alzo la testa e ti scopro: anche tu hai camminato fino a qui dal tuo terrazzo, sei ringiovanita, più trasparente, e già spogliata dei tuoi altri io. Mi guardi sorridente, increspi le labbra e mi tiri un sonoro manrovescio. Cado.


Ricardo Bernal (Messico), Suicida

(Tradotto da El callejón de la carne)

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