"Presto presto che arriviamo tadi. I nonni ci aspettano per il Panevìn!"
"Uffa ma io non voglioooo....."
"Dai che c'è anche la pinza!"
Erano queste le parole magiche che mia madre conosceva bene per farmi scattare a prepararmi: la pinza! Davanti ad un dolce non dicevo mai di no.
Era un giorno speciale quello dell'Epifania perchè si andava in campagna dai nonni, che ogni anno preparavano assieme alle altre famiglie di contadini un enorme Panevìn, ovvero una catasta di legno, frasche e quant'altro con sulla punta un fantoccio detto "a vècia".
"Vara a vècia che a brusa!" Povera vecchietta...ogni anno la stessa storia. Lei li a bruciare mentre tutti sotto mangiavano e bevevano. Mi faceva pena perchè per me era la stessa vecchia che mi portava la calza piena di dolci, quindi che senso aveva bruciarla? Ma per gli adulti era così che si doveva fare ed io mi consolavo con un'altra fetta di pinsa.
La pinsa o pinza è per noi veneti il dolce dell'Epifania, che assolutamente non deve mancare durante il Panevìn. Come molti dolci tradizionali che appartengono alla cultura del riciclo, ne esistono tante versioni e ciascuna donna la faceva un po' a modo suo.
Ci sono però due fondamentali scuole di pensiero su questo dolce: la prima, forse la più diffusa, prevede l'uso della farina per polenta. Nella seconda invece si usava il pane vecchio. Ecco, io appartengo alla seconda. Non che la prima non mi piaccia, sia chiaro, è che con il pane la pinza risulta essere più morbida e meno sbriciolosa.
Quando quest'anno mio fratello mi ha chiesto "Mi fai la pinza? Quella col pane però!" sono rimasta piacevolmente sorpresa di sapere che su questo punto la pensiamo allo stesso modo.
Purtroppo non ho una ricetta familiare nel senso più stretto del termine: mia nonna se n'è andata quando ancora per me la cucina era solo un luogo dove rifocillarmi e per mia madre è da sempre solo un luogo di costrizione. Anche una telefonata a mia zia non ha dato i frutti che speravo. Ma per fortuna io ho due mamme! Una, la titolare, quella che però odia cucinare, e poi c'è la Lina! E' con lei che io stavo la mattina quando mia mamma era a scuola, è con lei che ho fatto i miei primi pasticci in cucina stando in piedi su una seggiola avvolta in un grembiule che cercava di proteggermi dalle nuvole di farina, è lei che ogni anno, anche quando non lavorava più da noi, mi preparava un dolce per il mio compleanno. Quindi, è da lei che sono andata alla caccia della mia ricetta tradizionale.
Abbiamo ricostruito assieme gli ingredienti ed il procedimento. Sulle dosi..beh...è stato un po' più complicato. Lei appartiene alla generazione per cui si cucina a occhio, senza bilancia e misurini, l'epoca in cui vigeva la regola del QB: quanto basta!
Ho dovuto quindi fare un po' di esperimenti, ma sono molto contenta del risultato ottenuto e quando la propongo in giro la mia pinza mi da un sacco di soddisfazioni!
Ingredienti
200
g pane vecchio
½
l latte
1
uovo
60
g uvetta
70
g fichi secchi
1
cucchiaio di semi di finocchio
20
g pinoli
100
g farina 00
80
g zucchero
1
cucchiaino di cannella in polvere
1
cucchiaio di grappa
Tempo: 45 min
Difficoltà: facile
In
una capiente terrina mettete il pane tagliato a pezzi e versateci
sopra il latte a temperatura ambiente. Lasciate il pane in ammollo
finchè non avrà assorbito tutto il latte e sarà dunque diventato
morbido
Dato
che ci vorrà un po' di tempo, preparate intanto tutti gli altri
ingredienti necessari per la ricetta. Sciacquate l'uvetta con
dell'acqua tiepida, lasciatela in ammollo per farla rinvenire,
tagliate a pezzi i fichi secchi.
Quando
il pane si sarà ben imbevuto di latte fino a diventare una pappa
morbida, si può procedere ad unire gli altri ingredienti.
Aggiungete
poco alla volta la farina setacciata e mescolate fino a completo
assorbimento. Poi proseguite con l'uovo precedentemente sbattuto con
un pizzico di sale, lo zucchero, la cannella in polvere ed il
liquore, mescolando bene dopo ogni ingrediente.
Infine
versate l'uvetta ben strizzata, i fichi a pezzetti, i pinoli ed i
semi di finocchio, sempre mescolando con accuratezza per amalgamare
bene il tutto. I semi di finocchio sono per me l'ingrediente
fondamentale, l'elemento caratteristico che da alla pinza quel gusto
particolare che lego alla mia infanzia. Insomma, non possono mancare!
Versate l'impasto in
una teglia rettangolare di 24 x 15 cm, precedentemente imburrata e infarinata.
Considerate che il dolce crescerà poco di volume in cottura.
Ponete
la teglia nel forno preriscaldato a 170-180°C per 1 ora e 15 minuti
circa.
Certo
se fosse possibile cuocere in un forno a legna come si faceva una
volta sarebbe l'ideale, ma noi ci accontentiamo del forno di casa.
A
fine cottura la pinza dovrà avere una crosticina consistente
all'esterno, ma rimanere morbida all'interno.
Lasciatela
raffreddare prima di addentarla e sappiate che il giorno dopo è ancora più buona. Servitela tagliata a cubotti e bon apétit!
Con questa ricetta partecipo al contest di "...La Cultura del Frumento".