25/11/11
Pandolce genovese (basso)
Forse non è il caso di montarsi troppo la testa ma per essere una che con i dolci non ha mai avuto un gran feeling questa è stata una settimana decisamente fortunata. Dopo i cioccolatini, infatti, ho un altro grande classico natalizio da impacchettare e regalare e, visto che a Natale manca ancora un mese penso che non mi fermerò qui! Fra l'altro, non è che il mio umore in questo periodo sia particolarmente natalizio, anzi, ma forse proprio per questo spero che il Natale riesca a cancellare un po' di tensioni e stress.
Comunque, tornando al dolce in questione, anche il panettone genovese basso è decisamente più facile da realizzare di quanto pensassi. Basta non fidarsi ciecamente dei tempi di cottura scovati qua e là mettendosi a fare dell'altro come ho fatto io e correndo il serio rischio di bruciare tutto. A parte qualche chicco di uvetta annerita, però, questo panettone è davvero fantastico, per cui vi riporto le mie dosi, frutto di varie incursioni tra libri e web alla ricerca della ricetta più convincente. Rispetto alla ricetta tradizionale mancano le scorze d'arancia, e ci sono in più le nocciole (idea copiata dalla variante ponentina del pandolce di Fiordisale).
Panettone genovese basso
Ingredienti:
250 g farina
5 g lievito chimico
125 g burro
1 uovo
100 g zucchero a velo
40 g pinoli
20 g nocciole tostate
35 g cedro candito
170 g uvetta sultanina ammollata nel marsala
1 cucchiaio di semi di finocchio
Lavorate l'impasto come fosse una frolla. Unite cedro, pinoli e nocciole e per ultima l'uvetta sgocciolata. Rovesciate l'impasto su una teglia ricoperta di carta da forno e datele la forma del pandolce. Cuocete a 180° per circa 35-40 minuti, ma dopo 30 minuti controllate ed eventualmente abbassate la temperatura a 170°. Fate raffreddare su una gratella.
ps: il pandolce "basso" pur essendo un dolce tradizionale ligure non è molto antico, visto che contempla nella ricetta originale il lievito chimico inventato a metà Ottocento. Molto più antico è invece il pandolce "alto", lievitato naturalmente, che spero di trovare il tempo di fare a qui a Natale, sempre che trovi qualcuno che mi venda della pasta madre.
23/11/11
Gradite un cioccolatino (ripieno)?
Natale si avvicina ma quest'anno, grazie alle preziose chiacchiere culinarie con una collega, posso ufficialmente dire di aver trovato con buon anticipo il must dei miei regali golosi 2011: i cioccolatini! Non mi ero mai cimentata finora perché credevo fossero difficili da realizzare e servisse un'attrezzatura particolare. Niente di più falso: dopo un primo tentativo (e un paio di banalissimi errori) fatto qualche giorno fa, dopo quelli di oggi posso dire che i cioccolatini fatti in casa sono facili oltre che divertenti da preparare. E ho già in mente moltissime varianti.
Cioccolatini ripieni di cioccolato bianco e cointreau
Ingredienti (per 14 cioccolatini ma dipende dallo stampo)
150 g cioccolato fondente
50 g cioccolato bianco
25 g panna
25 g burro
25 grammi cointreau
Tutto quello che serve è uno stampo per cioccolatini (io ne ho comprato uno della Silikomart e mi sono trovata bene ma, per dire, ho fatto anche un tentativo veloce con gli stampi di plastica per i cubetti del ghiaccio e mi è sembrato funzionare anche così), eventualmente un termometro per cioccolato (io non ce l'ho e con qualche accorgimento se ne può fare a meno) e un paio di spatoline.
Per prima cosa tritate il cioccolato fondente con un coltello, mettetene due terzi in un pentolino e scioglietelo a bagnomaria. Quando è ben sciolto aggiungere il restante cioccolato tritato per temperarlo. Fate attenzione che il pentolino non finisca mai a contatto con l'acqua: il cioccolato deve sciogliersi semplicemente grazie al vapore. Il cioccolato fondente fonde a 35°, fate attenzione a non portarlo a temperature più elevate ma tenetelo sul fuoco fino alla consistenza giusta, che vuol dire che deve essere abbastanza liquido. A questo punto versate il cioccolato negli stampini riempiendoli fino a 1 mm dal bordo. Battete delicatamente lo stampo sul piano di lavoro per fare uscire eventuali bolle d'aria, poi rovesciatolo su un piatto: in questo modo il cioccolato in eccesso verrà eliminato e ne rimarrà solo uno strato a formare il guscio dei vostri cioccolatini. Mettete lo stampo in frigo per almeno 30 minuti.
Nel frattempo preparate la ganache mettendo a scaldare la panna in un pentolino. Spegnete il fuoco non appena accenna a bollire e aggiungete il cioccolato bianco a pezzetti, poi unite il burro e mescolate fino a far sciogliere bene il tutto, infine il cointreau mescolando ancora per amalgamare. Fate raffreddare fino a temperatura ambiente. Quando i gusci si sono rappresi mettete con l'aiuto di un cucchiaino la ganasce dentro gli stampini, lasciando sempre un mm di spazio che servirà per la copertura che chiude il cioccolatino. Mettete in frigo per un'altra mezzora o finché la ganache non si rapprende per bene (io mi sono aiutata con una decina di minuti in freezer).
A questo punto rimettete il cioccolato fondente a bagnomaria finché non è di nuovo bello liquido. Tirate fuori i vostri stampini e andate a chiudere i cioccolatini versando a filo fino al bordo. Io mi sono aiutata con un cucchiaino, altri usano delle spatoline sottili, insomma ognuno deve trovare la sua tecnica. Rimettete tutto in frigo per almeno un'altra ora, poi sformate i cioccolatini dallo stampo ed eventualmente rifilateli dall'eventuale cioccolato in eccesso aiutandovi con la lama di un coltellino.
25/10/11
Polpette speziate "definitive" (!)
Questa ricetta è segnata sulla mia agenda - che poi è il posto dove appunto le ricette quando mi dimentico di avere un blog - come polpette "definitive" con tanto di punto esclamativo a sottolineare l'importanza dell'affermazione. Forse può suonare un po' esagerato, ma in realtà significa solo che questa ricetta l'ho ideata e poi modificata un mucchio di volte fino a raggiungere un risultato che mi ha fatto dire "Ok, volevo esattamente mangiare delle polpette così!". In pratica trattasi di polpette speziate fatte con carne macinata mista (bovino e maiale) e feta. Non so neanche più da dove mi è venuta l'idea di questa ricetta che strizza l'occhio alla Grecia (ma è completamente inventata) forse semplicemente dalla mia passione smisurata per la feta e, poi, chissà, un pizzico di cannella, un cucchiaino di cumino, un po' di menta tritata et voilà... ecco le polpette "definitive". Da servire come secondo piatto (o come finger food se le fate piccoline) ma anche come piatto unico se decidete, come mi capita spesso, di cuocerci a lato degli spaghetti da condire con la salsa!
Polpette speziate
Ingredienti:
500 g di macinato misto
125 g di feta
1 spicchio d'aglio tritato
1 cucchiaino di cannella macinata
1 cucchiaino di cumino macinato
1 cucchiaino di menta fresca tritata
1/2 cucchiaino di pepe
poco sale
1 uovo piccolo
farina
olio per friggere, olio evo
passata di pomodoro
Mescolate la carne con tutte le spezie, la feta sbriciolata, un pizzico di sale e l'uovo. Formate le polpette, passatele nella farina e friggetele nell'olio. Nel frattempo preparate la salsa con un cucchiaio di olio evo, uno spicchio d'aglio e la passata di pomodoro. Scolate le polpette dall'olio appena sono dorate e mettetele via via su carta assorbente. Unite le polpette alla salsa, cuocetele ancora per una decina di minuti e servite.
19/10/11
Coda di rospo in crosta di mandorle
Confesso che il miglior piatto di pesce fatto in questi giorni è stato una semplice ma succulenta lampuga al forno preparata sabato per una coppia di amici. A ripensarci distanza di giorni mi viene ancora l'acquolina in bocca a conferma del fatto che il buon pesce ha bisogno davvero di poco (ehm, forse non dovrei dirmelo da sola, ma era veramente buonissimo!!). Putroppo però non ho fatto foto e quindi il post è rinviato... alla prossima lampuga!
Qualche giorno prima invece ho scoperto che la Coop adesso tiene i filetti di coda di rospo surgelati e non ho potuto fare a meno di comprarli perché dal mio pescivendolo la coda di rospo (anche nota come rana pescatrice) la trovo molto di rado. E anche se io mangerei sempre pesce azzurro ogni tanto anche un bel pesce dalle carni magre e dal sapore delicato ci sta, anche se surgelato e non proprio a km 0. Preparato così, è davvero sfizioso, tutto sommato light e adatto anche a chi non ama troppo il pesce.
Coda di rospo in crosta di mandorle
Ingredienti:
4 filetti (o tranci) di coda di rospo senza pelle
1 spicchio d'aglio schiacciato
4 cucchiai di pangrattato
4 cucchiai di mandorle tritate
la scorza di un limone non trattato grattugiata
1 peperoncino secco tritato
qualche foglia di basilico spezzettata
olio evo
sale
In una padella antiaderente fate tostare leggermente il pangrattato. Versate in una ciotola e unite gli altri ingredienti (aglio, scorza di limone, peperoncino, mandorle tritate, basilico spezzettato e un pizzico di sale). Aggiungete un paio di cucchiai d'olio per "impastare" i vari ingredienti e rotolateci i filetti di pesce per fare la panatura. Mettere su una teglia ricoperta di carta da forno e cuocete in forno già caldo a 200° per circa 10 minuti.
17/10/11
Zuppa di lenticchie e castagne
Premetto che non sono una grandissima fan delle castagne: mi piaciucchiano le caldarroste e le castagne bollite ma non amo per niente alcuni piatti tipici come le trofie con la farina di castagne o il castagnaccio. Però ieri, in una gita un po' improvvisata nei boschi della Val Graveglia, ce n'erano talmente tante e talmente belle, appena cadute dagli alberi a causa del forte vento di tramontana, che non potevamo fare a meno di raccoglierle. Abbiamo riempito le tasche di giacconi e zaini e, oplà, siamo tornati a casa con circa 3,5 kg di castagne! E adesso? Che fare oltre a ustistionarsi le dita con le caldarroste? (Fra l'altro avete mai provato a farle in forno? Riescono benissimo).
Le ho divise in pacchettini da mezzo chilo e messe sottovuoto per congelarle e regalarne un po' a parenti e amici che non hanno tempo di andar per boschi. E, in attesa di cimentarmi nel mont blanc, oggi ho deciso di sperimentare la mia prima zuppa con le castagne, precisamente questa, anche se poi ho fatto alcune varianti quindi vi posto la ricetta. Diciamo che sono entusiasta del risultato e ho già in mente un mucchio di altri esperimenti a cui destinare i miei preziosi pacchetti.
Zuppa di lenticchie, castagne e timo
Ingredienti:
1 cipolla
1 carota
un paio di rametti di timo fresco
200 g di lenticchie mignon
200 g circa di castagne già lessate e spellate
sale, pepe, olio evo
Tritate la cipolla e la carota e mettetele a soffriggere con un cucchiaio d'olio in una pentola dal fondo spesso. Unite le lenticchie lavate e scolate, aggiungere abbondante acqua, i rametti di tipo e un po' di sale. Fate cuocere finché le lenticchie non cominciano a essere tenere. A questo punto aggiungete le castagne e cuocete ancora per circa 10 minuti. Eliminate i rametti di timo, frullate con il minipimer parte della zuppa e servite con un po' d'olio a crudo e una macinata di pepe nero.
13/10/11
Seitan in salsa
Un paio di giorni fa Stella ha scritto un bel post sul rapporto tra alimentazione e tumori. Ottobre infatti è il mese di prevenzione del cancro al seno e sono molti i blog che si sono ornati di nastri rosa per pubblicizzare la campagna di informazione. Pochi però, come faceva notare Stella, stanno sottolineando l'importanza dell'alimentazione per prevenire i tumori e molte altre malattie, dal diabete all'ictus. Le regole sono piuttosto semplici e non valgono solo per il tumore al seno (rispetto al quale ci sono però studi specifici sulla dieta preventiva delle recidive): evitare il sovrappeso, poco alcol, niente fumo, un po' di esercizio fisico e un'alimentazione con pochi grassi animali e tanta frutta e verdura, pochi zuccheri semplici e tanti cereali integrali, poca carne e tanto pesce azzurro ricco di omega-3.
Tra le verdure le crucifere (cavoli, senape, rucola e ravanelli) hanno un posto d'onore. Quindi l'arrivo dell'autunno è il l'occasione per cominciare a fare il pieno delle preziose sostanze contenute nelle Brassicaceae. Quest'anno fra l'altro mi è preso un vero e proprio trip per l'insalata di verza cruda, condita semplicemente con olio, sale, un cucchiaino di senape all'ancienne e un goccio di aceto balsamico. Ne mangio insalatiere intere. Nella foto la verza fa da contorno a un piatto di seitan in salsa di tahini, una sorta di “vitello tonnè” vegan, recuperata dall'album dei ricordi del mio passato vegetariano, ma sempre buonissimo!
Seitan in salsa
Ingredienti:
150 g di seitan alla piastra
due cucchiai di tahini
1 cucchiaino di capperi
1 cucchiaino di senape all'ancienne
succo di limone, sale, pepe
olio evo
Tagliate le fette di seitan a bastoncini e fatelo saltare in padella con un goccio d'olio per un paio di minuti (se non trovate il seitan alla piastra raddoppiate il tempo in padella e aggiungere un gocchio di salsa di soia). Lasciate intiepidire. Nel frattempo preparate la salsa: sbattete il tahini in una ciotolina con una forchetta aggiungendo a filo prima un po' d'acqua (la crema improvvisamente indurirà), poi sempre a filo il succo di limone. Man mano che si aggiunge il liquido la salsa prenderà la consistenza di una crema sempre più morbida. A questo punto aggiungete i capperi dissalati e tritati, la senape, il sale e il pepe. Condite il seitan con la salsa e lasciate riposare una mezz'ora prima di servire.
11/10/11
Filetto di maiale in crosta
Non avevo mai fatto la carne in crosta di sfoglia, ma mi aveva sempre incuriosito perché si presenta molto bene ed è adattissima anche a cene classiche o comunque più formali. Non solo: ho appena scoperto che è semplicissima da preparare e molto molto buona.
Sarebbe interessante trovare il modo di fare la sfoglia in casa, perché la pasta sfoglia industriale non è che sia molto sana, ma non ho ancora trovato una ricetta che mi soddisfi in pieno. La ricetta l'ho presa qui, sostituendo però l'insaporitore artificiale con aglio e rosmarino freschi. Questo filetto l'ho servito ieri sera accompagnato da poche patate arrosto e molta verdura. Una “super” cena, divorata ancora più di gusto e con meno sensi di colpa dopo aver fatto 40 minuti di jogging!
Filetto di maiale in crosta
Ingredienti
1 filetto di maiale (circa 400g)
1 rotolo di pasta sfoglia rettangolare (ne servirà circa la metà)
4-5 fette di speck
senape in grani
Uno spicchio d'aglio schiacciato e un rametto di rosmarino
sale, pepe, olio evo
Salate lievemente il filetto e cospargete con aglio, rosmarino tritato e un po' di pepe nero. Mettete a rosolare da tutti i lati in una padella con un paio di cucchiai d'olio. Togliete il filetto e fatelo intiepidire. Cospargetelo ora con un cucchiaio di senape all'ancienne e avvolgetelo nelle fette di speck. Ritagliate la quantità di pasta sfoglia necessaria a ricoprire il filetto. Mettete in forno caldo (180°) per circa 20 minuti.
07/10/11
E autunno sia (forse)!
I previsori meteo dicono concordi: domani arriverà sul serio l'autunno. Qui a Genova ci sono in realtà 23°, sole e vento di tramontana. E io un pensierino sul fare un ultimo bagno domani lo sto facendo. Ma l'autunno una cosa bella ce l'ha: arrivano le zucche! La prima l'ho comprata qualche giorno fa e, in attesa che arrivino serate adatte a zuppe e vellutate ne ho usato una parte per fare degli gnocchi. La ricetta è questa anche se il risultato, oltre ad essere infotografabile, non mi ha convinto del tutto, ma probabilmente ho sbagliato qualche cosa. L'altra metà è finita in una variante della parmigiana di zucche e patate del Cavoletto. Ho sostituito la mozzarella con la scamorza affumicata e ho cotto la zucca in forno e le patate intere e poi affettate. Il risultato è un piatto saporitissimo, con il sapore affumicato della scamorza che bilancia perfettamente il dolce di zucca e patate.
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01/10/11
Crespelle di zucchine, feta e alici
Già lo sapevo. Non appena si accavallano impegni, appuntamenti e ansie lavorative varie il blog passa in ultimissimo piano. E pluff, neanche te ne rendi conto che sono passati 12 giorni dall'ultimo post.In un attimo è arrivato ottobre che dovrebbe portare le zucche, le castagne e la voglia di tepore casalingo. In realtà sto per andare al mare,quasi non ci credo neanch'io. So che non potrà durare all'infinito ma questa lunghissima estate me la sto godendo tutta. Il mare è molto ricco di pesce azzurro in questo periodo: acciughe, sarde, aguglie riempono i banchi delle pescherie con il loro profumo di fresco (che nulla a che vedere con certi odori nauseabondi che si sentono in certi posti e in taluni famosi supermercati). In più i prezzi sono un richiamo a fare una scorpacciata di proteine "buone" e omega 3. Insomma, come resistere? Anche se mi ci sono voluti 30 minuti esatti per pulire il mezzo chilo di alici che ho acquistato (erano piccolette ma davvero freschissime), la bontà della cena (e il costo) sono valsi senza dubbio il tempo della pulitura! Oltre alle solite amatissime alici marinate, ho provato anche a proporle "nascoste" in uno dei piatti preferiti del fidanzato (che sarebbe colui-che-il-pesce-non-lo-vorrebbe-mai-ma-quando-lo-cucino-poi-se-lo-pappa-di-gusto): le crêpes. Risultato: sono piaciute molto a entrambi. Si abbinano bene con l'acidità della feta e nell'insieme risulta una farcitura molto delicata e profumata. Finche trovate qualche zucchina in giro, sono davvero da provare.
Crêpes con zucchine, feta alici
Ingredienti per le crêpes:
100 g di farina
2 uova
250 cc di latte
25 g di burro fuso
sale
Ingredienti per il ripieno:
300 g di zucchine
uno spicchio d'aglio
1 peperoncino secco
200 g circa di feta sbriciolata
200 g circa di acciughe pulite (io ne ho usate un paio per ogni crepes, va a gusto)
basilico fresco
sale, olio evo
3-4 cucchiai di parmigiano grattugiato
Preparate la pastella per le crêpes e lasciatela riposare almeno 30 minuti in frigo. Nel frattempo affettate sottilmente le zucchine e cuocetele in padella con olio, pepeponcino e uno spicchio d'aglio. Salate, aggiungete il basilico spezzettato e mettete da parte. Preparate le crêpes e, quando si sono intiepidite, farcitele con un po' di zucchine un cucchiaio di feta sbriciolata e un paio di alici. Chiudetele e mettetele in una pirofila da forno. Corpargetele di grana e completate con un filo d'olio. Cuocete in forno a 200° per circa 10-15 minuti.
19/09/11
"Tonno" di pollo alla lavanda
Il "tonno" di coniglio è una ricetta che volevo fare da un sacco, almeno diciamo da quando ho ricominciato a mangiare la carne. Mi attirava l'idea della conservazione in olio e della consistenza del tonno appunto. Ma come spiegai tempo fa in questa famiglia non è che il coniglio (in pentola) vada tanto per la maggiore e poi in casa ho una gatta che rischierebbe di restare traumatizzata a vedere un coniglio intero sul tagliere! Così ho avuto l'illuminazione ("Perché non farlo col pollo?") che si è rivelata presto la scoperta dell'acqua calda, visto che in rete ci sono parecchie ricette del "tonno" di pollo. Ma alla fine non è che si deve sempre per forza inventare qualche cosa, no? Il tocco personale (se proprio lo vogliamo cercare) arriva dall'abbinamento con la lavanda, raccolta quest'estate nei prati della Val Gesso. Un po' di grani di pepe nero e un paio di spicchi d'aglio a bilanciare i sapori. Pare che i vasetti, se sterilizzati, si conservino anche 5-6 mesi, ma a me i sottolii fanno un po' paura e non ho corso rischi: i due vasetti "bonne maman" che ho utilizzato sono stati spazzolati a ventiquattr'ore esatte dalla produzione del "tonno".
"Tonno" di pollo alla lavanda
Ingredienti:
2 cosce di pollo
1 cipolla
1 carota
1 costa di sedano
1 mazzetto di erbe aromatiche
chiodi di garofano
sale, aglio, pepe nero, fiori di lavanda, olio evo
In una grande pentola mettete a bollire le cosce di pollo con la cipolla, la carota, il sedano i chido di garofano, qualche grano di pepe e il sala. Cuocete finche la carne non è molto tenera (circa 1 ora, 1 ora e mezza). Poi fatela raffreddare nel brodo. A questo punto eliminate la pelle e spolpate le cosce cercando di ottenere pezzi non troppo piccoli. Preparate i vasetti con un po' d'olio, qualche grano di pepe, un pizzico di lavanda e uno spicchio d'aglio, alternando le spezie alla carne e avendo cura di pressare un po' il tutto alla fine e ricoprirlo con uno strato di olio. Chiudete i vasetti e metteteli in frigo e aspettate almeno 24 ore prima di consumare il "tonno", perfetto con insalata mista o su crostini di pane tostato e lievemente imburrato. Il brodo, invece, filtratelo e mettetelo in frigo. Dopo poche ore si formerà in superficie uno strato di grasso che potrete eliminare in modo da utilizzare il brodo immediatamente o metterlo in freezer per la prima bollente minestra autunnale.
ps: se non avete la lavanda o preferite restare sul classico, sostituitela con la salvia.
15/09/11
Elogio della semplicità, ovvero tutti possono cucinare!!
A me piacciono le cose semplici: le preparazioni che non richiedono ore, quelle che tutti quelli che hanno un minimo di dimestichezza con i fornelli riescono a realizzare, quelle che si mettono in tavola senza dover andare a cercare gli ingredienti in mezza città ma, semplicemente, aprendo il frigorifero di una comunissima cucina. Sembrerà banale ma tornando a scrivere su questo blog dopo tanto tempo ho bisogno di chiarire anzitutto a me stessa come intendo riempire questo spazio che magari potrà offrire ancora qualche spunto utile a chi tornerà a leggerlo. Una delle ragioni che mi aveva portato ad abbandonare il blog, oltre a questioni logistiche di mancanza di tempo, era stata proprio la corsa dei foodblogger all'ingrediente più strano, più difficile da trovare e, possibilmente, più costoso e alla ricetta di più complessa e lunga realizzazione. Ovviamente, una volta ogni tanto, anch'io non disdegno l'acquisto sciccoso e neppure il mettermi ai fornelli per tutta la giornata, ma si tratta comunque di eccezioni. Beninteso, massima stima per i/le superchef, che quando descrivono una ricetta la devono suddividere in 7-8 fasi! Li ammiro molto, sul serio, e talvolta mi prendo il tempo per imitare le loro prodezze, tra preparazioni infinite e metodi di cottura improponibili perché sono curiosa e imparare cose nuove mi alletta sempre assai, ma la mia cucina di tutti i giorni è fatta di piatti piuttosto veloci e gli spunti che cerco sul web devono essere di facile realizzazione e riadattabili.
Per esempio questo tortino è una semplice rielaborazione di una ricetta del cavoletto, che ho fatto e rifatto un miliardo di volte. Devo dire che la variante con salmone è altrettanto gustosa. Ho usato del salmone affumicato omettendo il parmigiano previsto da Sigrid, ma secondo me viene benissimo anche con un paio di filetti di salmone fresco, aumentando di poco la quantità di sale.
Tortino di patate, salmone e mozzarella
4 patate medie
2 mozzarelle
200 g di salmone affumicato
aneto (io non lo avevo e l'ho sostituito col basilico)
olio evo, sale, pepe, pangrattato.
Affettate le patate sottilissime e mettetele a strati in una terrina unta d'olio, alternandole alla mozzarella sfilacciata e al salmone fatto a pezzetti. Condite ogni strato con sale, pepe e abbondante basilico. Terminate con uno strato di patate, olio, sale e pangrattato. Cuocete in forno a 180° per circa 25-30 minuti.
13/09/11
La colazione dell'estate che non vuol finire
Cielo blu, caldo e un solo pensiero in testa: riuscire a ritagliarsi ancora qualche ora/pomeriggio/week end per andare al mare. Sì perché dopo tre settimane in montagna, la voglia di mare è inesauribile. E la mattina a guardare certi colori è difficile pensare che la tua giornata dovrà necessariamente svolgersi davanti a un pc. Così ho pensato che ci volesse un dolcetto consolatorio per affrontare il rientro, da sbocconcellare con una tazza di caffè, magari dando un'occhiata alle previsioni meteo per il fine settimana!
Muffins 3 C (caffè-cocco-cioccolato bianco)
Ingredienti (x 7 piccoli muffins)
110 g farina
40 g di cocco grattugiato
100 g di cioccolato bianco fatto a pezzettini
4 cucchiaini di caffè solubile
40 g di burro fuso
50 g di zucchero di canna
1 cucchiaino di lievito per dolci
1 uovo
70 ml di latte
Si mescolano in una ciotola tutti gli ingredienti secchi; in un altro contenitore si sbatte l'uovo con il burro fuso, il latte e il caffè. Si uniscono gli ingredienti mescolando rapidamente. Si divide l'impasto (che risulterà piuttosto liquido) in una teglia per muffins e si cuoce per circa 15 minuti a 180°.
10/09/11
Val Gesso mon amour
Quest'estate niente barca e niente mare. Quasi non ci credo ancora neanch'io, ma così è andata e non sono per niente pentita. Tutta colpa di una meravigliosa casetta scovata per caso a fine giugno, proprio a due passi dalla locanda in cui ci siamo rifugiati spesso nel corso delle nostre incursioni tardo primaverili in Val Gesso. Colpa di un certo modo di fare dei piemontesi che, più che "falsi e cortesi", sono accoglienti e ti fanno sentire a casa; colpa di questa valle ripida e severa che, non appena ci entri sei già in montagna. Certo il mare e la barca un pochino mi sono mancati, ma è stata davvero una bellissima vacanza, tra colori intensi, panorami mozzafiato, lunghissime camminate e buoni amici.
Ecco qualche cartolina.
Il lago di Nasta (2800 m), sotto la Serra dell'Argentera, a fianco delle cime più alte delle Alpi marittime. Il laghetto lo si raggiunge dal rifugio Remondino arrampicandosi un po' tra massi e roccette. Dal Pian della Casa sono circa 3 ore e mezza e 1.100 m di dislivello.
Il lago bianco del Gelàs (2549), sotto l'omonimo monte. E' originato da uno dei ghiacciai delle Alpi marittime, che negli ultimi 100 anni si sono ridotti moltissimo. Basti pensare che nel 1913 a fine agosto (periodo in cui ho scattato la foto) il lago era per due terzi gelato. Negli ultimi trent'anni, proprio grazie alla riduzione dei ghiacciai, a poche decine di metri si è formato un altro bellissimo laghetto, il lago blu del Gelàs. Il percorso per questi laghi è però lunghetto e piuttosto ripido: partendo da San Giacomo di Entracque, si sale in circa 4.30 ore (1350 m di dislivello).
Dei numerossissimi rifugi delle Alpi marittime il rifugio Federici-Marchesini al Pagarì è quello che più mi è rimasto nel cuore. Un po' perché raggiungerlo e ridiscendere in giornata non è uno scherzo (5 ore e circa 1450 m di dislivello salendo da San Giacomo di Entracque e quasi 4 ore a scendere) e perché il gestore è un personaggio molto interessante e intraprendente. Lui e la moglie gestiscono il rifugio da vent'anni, cucina vegetariana/vegana (niente polenta con salsiccia, quindi, ma il ragù di seitan è ottimo, così come la crostata di mirtilli). Ma il vero must è la birra: il Pagarì infatti ospita il pìù alto birrificio d'Europa. E dopo cinque ore di salita sotto il sole, la birra gelata e leggera di Aladar è un piacere che ripaga di ogni fatica. Per chi vuole saperne di più sulla Val Gesso consiglio di leggere il suo libro. Io l'ho acquistato direttamente al rifugio, ma lo si trova in tutte le librerie di Cuneo, e presso il Cai di Genova.
Tanti stambecchi, tantissimi camosci e altrettante marmotte. Sarà che la Val Gesso rientra quasi in toto del Parco delle Alpi marittime, ma gli avvistamenti di mammiferi e rapaci (aquile e gipeti in particolare) sono molto più frequenti che nelle valli vicine. Questo stambecco, insieme ad altri due, bivaccava all'interno della casermetta dismessa del colle di Fenestrelle (2450 m circa), sul confine tra Italia e Francia. Unico grande mammifero che è praticamente impossibile incontrare è il lupo, ma a Entracque c'è un bellissimo centro faunistico che si occupa proprio dello studio del lupo ed è circondato da un grande recinto dove vengono tenuti e curati eventuali lupi trovati feriti. Con un po' di fortuna è possibile avvistarli.
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Infine un paio di collages di momenti, incontri e compagni di gite. Alla foto del bagno tengo particolarmente: è il lago del Vei del Bouc, poco più di 2 mila m di altitudine. Che bella la sensazione appena usciti dall'acqua gelida! Quest'anno potrei cimentarmi nel cimento!
Ecco qualche cartolina.
Il lago di Nasta (2800 m), sotto la Serra dell'Argentera, a fianco delle cime più alte delle Alpi marittime. Il laghetto lo si raggiunge dal rifugio Remondino arrampicandosi un po' tra massi e roccette. Dal Pian della Casa sono circa 3 ore e mezza e 1.100 m di dislivello.
Il lago bianco del Gelàs (2549), sotto l'omonimo monte. E' originato da uno dei ghiacciai delle Alpi marittime, che negli ultimi 100 anni si sono ridotti moltissimo. Basti pensare che nel 1913 a fine agosto (periodo in cui ho scattato la foto) il lago era per due terzi gelato. Negli ultimi trent'anni, proprio grazie alla riduzione dei ghiacciai, a poche decine di metri si è formato un altro bellissimo laghetto, il lago blu del Gelàs. Il percorso per questi laghi è però lunghetto e piuttosto ripido: partendo da San Giacomo di Entracque, si sale in circa 4.30 ore (1350 m di dislivello).
Dei numerossissimi rifugi delle Alpi marittime il rifugio Federici-Marchesini al Pagarì è quello che più mi è rimasto nel cuore. Un po' perché raggiungerlo e ridiscendere in giornata non è uno scherzo (5 ore e circa 1450 m di dislivello salendo da San Giacomo di Entracque e quasi 4 ore a scendere) e perché il gestore è un personaggio molto interessante e intraprendente. Lui e la moglie gestiscono il rifugio da vent'anni, cucina vegetariana/vegana (niente polenta con salsiccia, quindi, ma il ragù di seitan è ottimo, così come la crostata di mirtilli). Ma il vero must è la birra: il Pagarì infatti ospita il pìù alto birrificio d'Europa. E dopo cinque ore di salita sotto il sole, la birra gelata e leggera di Aladar è un piacere che ripaga di ogni fatica. Per chi vuole saperne di più sulla Val Gesso consiglio di leggere il suo libro. Io l'ho acquistato direttamente al rifugio, ma lo si trova in tutte le librerie di Cuneo, e presso il Cai di Genova.
Tanti stambecchi, tantissimi camosci e altrettante marmotte. Sarà che la Val Gesso rientra quasi in toto del Parco delle Alpi marittime, ma gli avvistamenti di mammiferi e rapaci (aquile e gipeti in particolare) sono molto più frequenti che nelle valli vicine. Questo stambecco, insieme ad altri due, bivaccava all'interno della casermetta dismessa del colle di Fenestrelle (2450 m circa), sul confine tra Italia e Francia. Unico grande mammifero che è praticamente impossibile incontrare è il lupo, ma a Entracque c'è un bellissimo centro faunistico che si occupa proprio dello studio del lupo ed è circondato da un grande recinto dove vengono tenuti e curati eventuali lupi trovati feriti. Con un po' di fortuna è possibile avvistarli.
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Infine un paio di collages di momenti, incontri e compagni di gite. Alla foto del bagno tengo particolarmente: è il lago del Vei del Bouc, poco più di 2 mila m di altitudine. Che bella la sensazione appena usciti dall'acqua gelida! Quest'anno potrei cimentarmi nel cimento!
04/05/11
Un buon rifugio
No, non mi riferisco ai burrosissimi biscotti della foto. Non sono mai stata una che cerca (e soprattutto trova) consolazione nei dolci. Parlavo del blog. Trascurato o, meglio, ignorato per mesi, è rimasto lì silenzioso ad aspettarmi. Ed eccomi qui, che quasi non me ne rendo conto nemmeno io, anche se magari è solo il capriccio di un momento o è tempo strappato ad altro o, ancora, tempo ritrovato per sé. Però è bello ogni tanto tornare a casa, fosse solo per fare un saluto e sentirsi a proprio agio.
Mentre attendo stasera di andare a provare la mia prima pizza da Eataly, vi lascio la ricetta semplicissima di questi fantastici shortbread. Capisco che non sia proprio il periodo più adatto, tra caldo che comincia a farsi sentire e prova costume che incombe (?) ma se, come me, a dieta non avete ancora avuto la forza di mettervi, allora fate ancora in tempo a provarli! L'idea era quella di tentare di riprodurre i Walkers shortbread con pepite di cioccolato, arrivati in questa casa in un cesto pasquale pieno roba e finiti nel giro di due giorni. Ho sostituito il cioccolato con i mirtilli ma, quanto a bontà, direi che possono sfidare gli originali!
Mirtilli shortbread
100g zucchero
200g burro
300g farina
mezzo cucchiaino di fleur de sel (io avevo del sale rosa dell'Himalaya pestato in un mortaietto)
50g mirtilli essiccati
Impastare velocemente gli ingredienti (io ho usato il kenwood), stendere l'impasto con un mattarello su un foglio di carta da forno formando un rettangolo alto circa 8 millimetri. Mettere tutto in frigo per un paio d'ore. Poi tagliare i biscotti con un coltello e infornare a 175° per circa 25-30 minuti.
ps: mi accorgo solo ora che l'ultima ricetta di questo blog erano proprio dei biscotti ai mirtilli, ma sono passati più di sette mesi e credetemi, non è che in tutto questo tempo sia stata a cucinare biscotti!
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