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sabato 14 novembre 2015

Knife - Shaking the habitual (2013)

L'inizio è davvero eccellente: A tooth for an eye è una elaborazione electro-pop-etnica che rende la pariglia sia ai Talking Heads d'antan che al Peter Gabriel maggiore; Olof e Karin Dreijer Anderson, duo svedese (inaugurarono la carriera all'insegna del pop danzereccio) non si fermano, però, a tale manierismo, pur se di alto livello (incluse le notevoli Without you my life would be boring e Raging lung).
Il disco, infatti, sempre sostenuto dal martellato elettronico, si avventura in territori quasi epici (Wraps your arms around me), sino a sconfinare nelle lande della pura avanguardia con l'obliqua Cherry on top e, soprattutto, gli attoniti venti minuti di Old dreams waiting to be realized, uno strumentale memore dei paesaggi lunari di Ligeti.
Da ascoltare.

mercoledì 10 dicembre 2014

Nurse With Wound list vol. 39 (Ray Russell/Terje Rypdal/Martin Saint-Pierre/Second Hand/Zamla Mammaz Manna/Günter Schickert/Secret Oyster)

NWW vol. 39. Günter Schickert

228. Ray Russell (Gran Bretagna) - Secret asylum (1973). Chi ben comincia è a metà dell’opera: i primi sette minuti consistono in un furibondo duetto noise fra chitarra e batteria; il tutto pare acquietarsi in un andamento jazz quasi classico, ma le Erinni della free form sono dietro l’angolo; e si ricomincia: spetezzi di sassofono, drumming inesauribile, brandelli di chitarra elettrica. La seconda parte è sulla falsariga della prima. Noise jazz di vaglia. Ray Russell, chitarra, tastiere; Gary Windo, fauto, sassofono; Harry Beckett, tromba, corno; Daryl Runswick, basso; Alan Rushton, batteria.

229. Terje Rypdal (Norvegia) - Odissey (1973). Storico doppio album, qui presentato nella versione in vinile (dove sono presenti i quasi ventiquattro minuti di Rolling stone). Otto strumentali impossibili da classificare: si ritrovano atmosfere da tramonto artico (Midnite, Adagio, Fare well), lente e sospese, oppure più calde progressioni (Over Birkerrot, la stessa Rolling stone), o pezzi semplici e struggenti (Ballade). Un classico da ascoltare subito. Terje Rypdal, chitarra, tastiere, sassofono; Brynjulf Blix, tastiere; Torbjørn Sunde, trombone; Sveinung Hovensjø, basso; Svein Christiansen, batteria.

230. Martin Saint-Pierre (Argentina) - Solo création (1977). Francese d’adozione, ma argentino di nascita (fu esule a causa della dittatura), Saint-Pierre è un percussionista e, per quanto il sottoscritto, inetto alla tecnica, possa giudicare – un percussionista d’alto livello. Il disco si compone di tre brani; tre assoli. A questo punto si è di fronte al dilemma già sorto, presso alcuni di voi, con il post Drumming is our life: possiamo andare oltre l’apprezzamento della tecnica o dobbiamo limitarci alla degustazione della pura bravura, pena l’inascoltabilità? Mettiamola così: nei quindici minuti di Document, Saint-Pierre sembra davvero trascendere la bruta essenza del proprio strumento riuscendo a produrre materiale inaudito; per questo, e per la sua storia, merita il nostro interesse.

231. Zamla Mammaz Manna (Svezia) - För Äldre Nybegynnare (1977). E va bene, lo ammetto, al primo ascolto (del loro primo album) li avevo ridimensionati. Invece i Samla, qui provvisti di ‘z’ (ad esacerbare la ragione sociale), sono una colonna dell’alternative svedese. För Äldre Nybegynnare è un capolavoro in cui si ritrovano tutte le asperità del Rock in Opposition: disarmonie, concretismi, sbeffeggiamenti, incedere vaudeville; un progressive sghembo e disarticolato alle soglie della genialità. Da ascoltare subito. Eino Haapala, voce, chitarra; Lars Hollmer, voce, tastiere; Lars Krantz, tromba; Lars Krantz, basso; Hasse Bruniusson, voce, batteria, percussioni.

232. Günter Schickert  (Germania) - Samtovogel (1974). Pioniere della echo-guitar, Schickert licenzia un classico della psichedelia germanica dei Settanta (il termine fa riferimento a quella scena peculiare); tre brani per sola chitarra (5’58’’, 16’30’’, 21’13’’): echi, riverberi, vocalizzi dilatati, sovrapposizioni di strumming spaziali; un andamento sospeso di cui faranno tesoro i gruppi della rinascita psichedelica degli anni Ottanta. Da ascoltare subito.

233. Second Hand (Gran Bretagna) - Death may be your Santa Claus (1971). Già recensiti qui.

234. Secret Oyster (Danimarca) - Secret Oyster (1973). Formati sulle ceneri di tre gruppi preesistenti (Burnin’ Red Ivanhoe, Hurdy Gurdy, Coronarias Dans), gli Oyster propongono un progressive strumentale di notevole fattura declinato secondo le attitudini pregresse dei vari interpreti: si passa, quindi, da soluzioni Canterbury a fluidità jazz-rock sino a inflessioni blues o propriamente rock (non manca, in Vive la quelle un bell’assolo di batteria); la varietà (e la preparazione tecnica individuale) non prevaricano, tuttavia, la piacevole compattezza dell’opera. Claus Bøhling, chitarra; Karsten Vogel, tastiere, sassofono; Kenneth Knudsen, tastiere; Mads Vinding, basso; Bo Thrige Andersen, batteria. 

mercoledì 29 ottobre 2014

Anekdoten - Vemod (1993)

Ancora svedesi, Anekdoten (Nicklas Berg, voce, chitarra, tastiere; Anna Sofi Dahlberg, voce, tastiere; Jan Erik Liljeström, voce, basso; Peter Nordins, batteria, percussioni).
Un disco storico, che alcuni ricordano con nostalgia indicibile (almeno a Roma; almeno coloro che erano devoti alle radio rock locali).
Thoughts in absence fu un hit assoluto dell'immaginario di tale minoranza spirituale che vedeva dissolversi gli ultimi aneliti anticommerciali e frontisti. Gli anni Ottanta avevano infierito; i primi Novanta (proprio in contemporanea con il successo del grunge) tumularono quelle esperienze libertarie: si apriva l'era delle radio con le playlist a gettone, gonfie di pubblicità e invase dalla chiacchiera e da quell'idiota anelito di partecipazione degli ascoltatori (messaggi, messaggini, melensaggini, battutine).

* * * * *

Thoughts in absence è una ballata delicata come un prezioso cristallo, ma il resto dell'album è positivamente tributario dell'hard progressive dei King Crimson di Red.

* * * * *

Ma dove sono più le nevi di un tempo?
Ditemelo voi: è tutto perduto?
Dove sono le nevi del bel tempo che fu?

domenica 26 ottobre 2014

Virgin Forest vol. 7 - The Swedish progg Pärson Sound - Pärson Sound (2001; recordings 1966-1968)/Träd Gräs och Stenar - Djungelns Lag (1971)/Kultivator - Barndomens stigar (1981)

Träd, Gräs och Stenar

Progg con due 'g' ... progressive svedese, prossimo alle istanze libertarie del coevo Rock in Opposition. In realtà il progressive si trova, brillantissimo e fuori stagione, solo nel disco dei Kultivator. Per Pärson Sound e Träd Gräs och Stenar (sono, di fatto, lo stesso gruppo) si può parlare di psichedelia d'avanguardia. I due ensemble, assieme alla loro terza incarnazione International Harvester (da ascoltare qui, NWW23), hanno licenziato, in pochi anni, una delle più importanti discografie europee nell'ambito musicale sopra delineato.

Il disco edito dai Pärson Sound nel 2001 raccoglie persino un esperimento elettronico (del 1966, a opera di Persson), ma si sostanzia soprattutto di lunghe jam strumentali che anticipano, di quasi trent'anni, la nuova psichedelia degli anni Novanta. From Tunis to India in fullmoon (20'29''), Tio minuter (10'30''), India (slight return) (13'06''), Skrubba (28'57''), stranite dal violoncello di Arne Ericsson, sono processioni acidissime, a mezzo fra il minimalismo orientale di Riley e inflessioni dei Velvet di John Cage; le date di pubblicazione dei dischi, tuttavia, congiurano a una loro indubbia originalità. sciolti i Pärson Sound, i Nostri pubblicano, come International Harvester, l'ottimo Sov gott Rose-Marie, quindi si riassestano attorno a una psichedelia con alcune concessioni rock: come Träd, Gräs och Stenar (Alberi, Erba e Pietre), infatti, licenziano alcune cover (All along the watchtower, The last time, Satisfaction), debitamente stravolte; il tono sonoro, tuttavia, non rinuncia a quelle marce elettriche, fluviali e antimelodiche che caratterizzavano gli esordi: Tidigt om morgonen (13'46) e Amithaba-In kommer gösta (31'54'') alcuni dei monoliti presenti nel live Djungelns lag.

Pärson Sound - Pärson Sound (2001; recordings 1966-1968). Ulla Berglund, voce; Torbjörn Abelli, voce, basso; BoAnders Persson, voce, chitarra; Arne Ericsson, violoncello; Thomas Tidholm, voce, sassofono; Thomas Mera Gartz, voce, batteria.

Träd, Gräs och Stenar - Djungelns lag (1971). Torbjörn Abelli, voce; basso, armonica; voce, Thomas Merz Gartz, batteria, armonica; Jakob Sjöholm, voce; chitarra; Bo Anders Persson, voce; chitarra, violino; Arne Eriksson, tastiere; Ulla Berglund, percussioni.

KultivatorBarndomens stigar (1981). Jonas Linge, voce, chitarra; Ingemo Rylander, voce, tastiere; Johan Hedren, tastiere; Stefan Carlsson, basso; Johan Svärd, batteria, pecussioni; Hädan Sväv, cori.

sabato 17 maggio 2014

Baby Grandmothers - Baby Grandmothers (recordings 1967-1968)/Turn on tune in drop out (recordings 1967)


Come Baby Grandmothers (Kenny Hákansson, chitarra; Bella Linnarsson, basso; Pelle Ekman, batteria) durarono lo spazio di un mattino, meno di un anno, nonostante l’incubazione datasse dal 1965.
Si esibivano al Filips Café, ritrovo della psichedelia svedese, dove passarono The Mothers of Invention (Jimmy Carl Black partecipò ad alcune loro jam) e la Jimi Hendrix Experience (a cui si unirono durante la tournée svedese). Quindi il Filips Café chiuse, sostituito da un grande magazzino, alla fine del 1968: e finirono i Grandmothers.
I loro due unici dischi sono collezioni di session dal vivo: gli svedesi, più ancora della Experience e dei Guru Guru, sono l’epitome della psichedelia elettrica di fine anni Sessanta: un diluvio che si sfilaccia, si ingolfa, riprende vorticosamente il corso, si disperde in decine di emissari:  sette, dieci, quindici, venti minuti di jam … strumentali che riconfermano tutti i magnifici luoghi comuni della psichedelia da power trio. A tratti si ha la sensazione inequivocabile del capolavoro: il desiderio, cioè, da parte dell’ascoltatore, di lasciarsi portare per ore lungo tali mantra che adducono alla rivelazione rock.
“Andavo nel posto peggiore del mondo, e ancora non lo sapevo, per settimane e centinaia di miglia su per un fiume che serpeggiava attraverso la guerra come un cavo elettrico – con il terminale inserito direttamente dentro Kurtz …”.

E Kurtz non è metafora, come spiegai … è la sintonizzazione, magica, fra musica e ritmo biologico, non altro … i tamburi africani, il rosario, la tragedia greca, Nam-myoho-renge-kyo, assolvono alla stessa funzione … la progressiva perdita dell’identità volgare e la risoluzione entro l’unità primordiale ... finalmente …
D’altra parte, riflettete: cos’è un concerto rock classico se non una tragedia greca come la intese il Vecchio Matto: c’è un eroe, una storia di amore e morte, il sudore quasi agonico, il sacrificio e la rinascita … tutto questo ciarlare dei front men come sciamani: notazioni non del tutto inaccurate, anzi …
I dischi sono da ascoltare, ovviamente; un altro tassello che sconvolge il disegno musivo delle vecchie gerarchie.

sabato 3 maggio 2014

Virgin Forest vol. 2 - Pregnant rainbows for colourblind people/The essence of Swedish psychedelic music 1967-1979 1^ parte/2^ parte/3^ parte/4^ parte

Baby Grandmothers

Bene, ecco le prime propaggini di una nuova foresta da esplorare: la Svezia.
Non si sa cosa ci riserverà la ricognizione finale: una blanda delusione o un nuovo Eldorado. Posso anticipare questo: le gioie dell'ascolto, a parte quelle adolescenziali (inebrianti e, purtroppo, decisive, poiché incatenano a luoghi comuni quasi impossibili poi da estirpare), si fanno, anno dopo anno, più avare; entusiasmi sconfinati (la scoperta di certa avanguardia, del kraut, della psichedelia nascosta) si alternano a pozze statiche in cui si passano in rassegna i trofei del passato ... pozze che rischiano di allargarsi a oceani ... occorre mettersi in cammino ... e ne vale la pena, stavolta: lo dico da novello Pizarro. E vale la pena di lasciare gli ascolti sul piatto e, domani, domenica, godervi questi quattro dischi zeppi di mirabilie: space music, psichedelia, toni hard, fughe allucinate ... un concerto sonoro che suona già d'alto livello e che indagheremo con cura nei prossimi mesi (se il dio dei blogger ce lo concede). 

Cominciate con quei signori in alto, Grandmothers Baby ... poi virate verso personaggi già noti alle nostre latitudini: Älgarnas Trädgård (NWW6), Arbete och Fritid (NWW18), International Harvester (NWW135),  Samla Mammas Manna ... quindi gettatevi nel folto della foresta ... lo ripeto, ne vale la pena.

I

1. Andreas Arflot - Surraya part 1
2. Alexander Lucas - Svarta Skogen
3. Arbete Och Fritid - Gånglåt Efter Per Larsson, Malung
4. Ardy & Lasses Öronpaj - Black Sallad
5. Asoka - Tvivlaren
6. Atlantic Ocean - Take a look around you
7. Baby Grandmothers - Being is more than life
8. Sten Bergman - Sorti
9. BIB Set - Pythagorean child no II, arrival in time
10. Blond - The lilac years
11. Blåkulla - Drottningholmsmusiken, Sats 1
12. Bättre Lyss - Sagan Om Viggen
13. Charlie & Esdor - Tvåmans Bridge Blues
14. Contact - Convulsions
15. Dice - Labyrinth
16. Doris - You´ll Never Come Closer
17. Peter O Ekbergs System - Till Nästa Gång
18. Energy - Metamorphosis
19. Cymbeline - Flicka

II

1.Fläsket Brinner - Gunnars Dilemma
2. Mats Glengårdh - Kosterläge
3. Bo Hansson - Funderingar På Vinden, Uppehåll
4. Hansson & Karlsson - Tax free
5. Hoola Bandola Band - You and I
6. Ibis - Blixtens Gamla Buss
7. International Harvester - Sommarlåten
8. Björn J:son Lindh - Tuppa
9. Kaipa - Musiken Är Ljuset
10. Kebnekaise - Frestelser I Stan
11. Komet - Skriket Från Vildmarken
12. Kvartetten Som Sprängde - Gånglåt Från Valhallavägen
13. Lea Riders Group - Dom Kallar Oss Mods
14. Life - Sailing in the sunshine
15. Lotus - Mac
16. Made In Sweden - Winter´s a bummer
17. Friendship Time - Martins Lilla

III

1. Mecki Mark Men - Born
2. Mendoza - The grateful salesman & Co
3. Midsommar - Illusionen Av En Färdigskolad Akademiker
4. Motvind - Lära För Livet
5. Nationalteatern - Jack the ripper
6. Nature - Mystery brew
7. Norrbottens Järn - Flugornas Hage
8. November - Ta Ett Steg In I Sagans Land
9. Nynningen - Efterdyning
10. Opus III - I see the world from my window
11. Outsiders - On my magic carpet
12. Pandora - Measures of time
13. Panta Rei - Five steps
14. Pop Workshop - High priest
15. Pugh & Nature - Slavsång
16. Resan - Solens Vän
17. Rävjunk - Inferno
18. Saga - Önskebrunn
19. Fruit - Kunskap

IV

1. Samla Mammas Manna - Minareten
2. Janne Schaffer - Filles mignon
3. Scorpion - Red queen of the underground
4. Shaggy - No strings
5. Sogmusobil - Arabic in the morning
6. Solar Plexus - Sköna låten
7. Splash - Sunday ride
8. Trettioåriga Kriget - Ur Djupen
9. Träd, Gräs & Stenar - Sanningens Silverflod
10. Turid - To the childrens of song my
11. Monica Törnell - Öje Brudmarsch
12. Uppåt Väggarna - Jag Hatar Politik
13. Vatten - Jag Är Trött
14. Vildkaktus - Jag Såg Din Stad
15. Älgarnas Trädgård - Saturnus Ringar
16. Ardy, The Painter Of Love - Pregnant rainbows for colourblind people


lunedì 11 novembre 2013

Samla Mammas Manna - Samla Mammas Manna (1971)



Gruppo svedese (Lars Hollmer, voce, tastiere; Lars Krantz, basso; voce, Hasse Bruniusson, batteria; Henrik ''Bebben'' Öberg, percussioni), uno dei più famosi dell'ondata progressive nordica dei primi Settanta; un fenomeno ancora da valutare nel suo insieme.
Il loro esordio è fra i più citati dalle storie del settore, quelle che, quando esondano dagli alvei prog anglosassoni, tendono a farsi un po' sbrigative. Invece i Nostri meritano un ascolto approfondito. Per la carriera che li collocò (nel 1978) in RIO (Rock In Opposition), movimento anti-commerciale che riuniva, nella sua pristina integrità, altri quattro monumenti del rock contestatario: Univers Zero, Henry Cow, Etron Fou Leloublan e gli italiani Stormy Six. E per la qualità della musica che, senza toccare vette di originalità, o sorprendere per soluzioni ardite, riesce ad affascinare per il caloroso impasto vintage di tastiere e sezione ritmica; c'è poco da dire, la liquidità di questi timbri non è mai stati più recuperata nella sua virginale purezza ed è questa (a distanza di quarantadue anni) a decretare la sopravvivenza artistica di queste esili tracce.
Quanto poi alle atmosfere circensi e agli arieggiamenti da Frank Zappa che taluni sentono insistiti nel disco, meglio lasciar perdere.

domenica 27 gennaio 2013

Nurse With Wound list vol. 23 (Ibliss/L'Infonie/International Harvester/Iskra/Island/Martin Davorin Jagodic)

NWW list vol. 23. Island

133. Ibliss (Germania) - Supernova (1972). Incroci psichedelici e jazz-rock fortemente ritmati (soprattutto per merito di Hammoudi, già con gli Organization): un impasto dal sapore fortemente Seventies. L’ultima traccia, la migliore, dai toni distesi e ammalianti, sfiora il liquido registro dei Popol Vuh. Basil Hammoudi, voce, flauto, percussioni; Wolfgang Buellmeyer, chitarra, percussioni; Norbert Buellmeyer, basso, percussioni; Rainer Buechel, flauto, sassofono; Andreas Homann, batteria, percussioni.

134. L’Infonie (Canada) - Volume 333 (1972). Free-jazz, progressive, improvvisazione, si susseguono felicemente in questo rimarchevole lavoro proveniente dal Quebec canadese. Provocazioni alla John Cage, progressive cerebrale di derivazione Canterbury, Beethoven, Zappa, concessioni all’elettroacustica (Boudreau è ammiratore di Stockhausen, Xenakis, Ligeti) compongono un pout-pourri inesauribile. Raôul Duguay, voce; Michel Lefrancois, chitarra; Yvon Trudeau, chitarra; Jacques Beaudoin, basso; Jacques Valois, basso; Gilles Henault, tastiere; Michel Gonneville, tastiere; Andre Pelchat, sassofono; Walter Boudreau, sassofono; Jean Grimard, sassofono; Pierre Daigneult, sassofono; Jacques Beaudoin, contrabbasso; Ysengourd Knörh, percussioni.

135. International Harvester (Svezia) - Sov-gott Rose Marie (1968). Gli International Harvester (il nome deriva da una fabbrica di macchine agricole statunitense) scaturirono dai Pärson Sound, una delle prime radici del progg finlandese, anticommerciale e libertario (non necessariamente riconducibile al prog continentale - una ‘g’). Gli Harvester reagirono ad una trasformazione della società scandinava in atto a cavallo fra i Sessanta e i Settanta tesa all’occidentalizzazione più convulsa (come si può desumere, ad esempio, dai gialli degli svedesi Maj Sjöwall e Per Wahlöö). Nell’album convivono sketch più immediatamente politici e vignette polemiche contro lo sviluppo capitalistico (The Runcorn report on Western progress) assieme a improvvisazioni di più ampio respiro: I mourn you (12’47’’) e le litanie How to survive (11’42’’) e Skördetider (24’59), echeggianti il minimalismo di Terry Riley, cui i Nostri pagheranno un tributo artistico nei lavori successivi. Bo Anders Persson, voce, chitarra; Thomas Tidholm, voce, corno; Arne Ericsson, violoncello; Urban Yman, violin; Torbjörn Abelli, basso; Thomas Gartz, batteria.

136. Iskra (Svezia) - Allemansrätt (1977). Reparto bizzarrie, ma non troppo: tribalismi (Den Ensamme Ciclysten), squittii alla Chipmunks, marcette vaudeville (Halte Kameraden), influssi mediorientali. Sfugge un senso unitario; a meno che questi non sia da ricondurre ad una ribalda anarchia. Iskra fu un giornale pre-rivoluzionario russo che vantò come redattore Vladimir Lenin. Allan Olsson, sassofono, oboe, flauto; Jörgen Adolfsson, sassofono, flauto, vibrafono, percussioni; Tuomo Haapala, basso, tromba, percussioni; Arvid Uggla, basso, tuba, percussioni; Sune Spångberg, batteria, percussioni.

137. Island (Svizzera) - Pictures (1977). Capolavoro indiscutibile del tardo progressive europeo. Tutte le sonorità pregresse del genere sembrano convenire nell’opera: Yes, Genesis, le architetture di Canterbury (lato Henry Cow, NWW21), anche se l’ascendenza più suggestiva è da ricercarsi nelle complesse introversioni dei Van der Graaf Generator. Il tutto vale solo come indicazione, però: la perizia strumentale e la miracolosa fluidità compositiva (per più di settanta minuti), ottenuta senza il ricorso a basso e chitarra, rendono gli Island unici. Benjamin Jäger proveniva dai Toad. Copertina storica di H.R. Giger, creatore di Alien. Benjamin Jäger, voce, percussioni; Peter Scherer, voce, basso, tastiere; Güge Jürg Meier, batteria, percussioni; René Fisch, voce, flauto, clarinetto, sassofono, triangolo.

138. Martin Davorin Jagodic (Jugoslavia) - Tempo furioso (Tolles Wetter) (1975). Pubblicato dall’italiana Cramps, il lavoro risente dell’influenza del concretismo francese; si compone di due lunghe tracce (20’08’’ e 21’58’’) in cui vengono allineati rumori da foresta pluviale, inquietanti interferenze elettroniche, estratti da radio e televisione, rumori di fondo interstellari, monologhi desolati. Il tutto avvolto in una atmosfera incombente da finis terrae. Da ascoltare.

sabato 30 giugno 2012

Nurse With Wound list vol. 5 (Aksak Maboul/Arbete och Fritid/Arcane V/Archaïa/Archimedes Badkar/Area/Urban Sax)

NWW vol. 5. Area

17. Aksak Maboul (Belgio) - Un peu de l'âme des bandits (1980). Recensito qui.

 

18. Arbete och Fritid (Svezia) - Håll andan (1979). Gli Arbete och Fritid (Lavoro e Tempo Libero) nascono ad Uppsala nel 1969; dieci anni dopo, con tale album, chiudono la carriera. Essi alternano improvvisazioni (Kalvdans), sciocchezze (l’iniziale Harmageddon boogie), apprezzabili scivolamenti verso la psichedelia. Ove Karlsson, Thomas Gartz, Torbjörn Abelli, Tord Bengtsson, Ulf Wallander, sassofono. 

19. Arcane V (Francia) - Marron dingue (1979). Gruppo dai natali oscurissimi. Free jazz discreto, giocato tra percussioni e fiati, di evidente origine klezmer.

20. Archaïa (Francia) - Archaïa (1977). Gli Archaïa vengono usualmente inseriti nella cosiddetta corrente zeuhl, branca del progressive francese egemonizzata, ideologicamente, dai Magma (la dieresi rimanda, peraltro, ai giochi grafici kobaiani). In realtà ai Nostri mancano del tutto i cambi di ritmo, la magniloquenza operistica e la vocalità impazzita di Vander: le tracce, guidate dalla linea liquida del basso, rimandano ad uno space rock fluido più affine a certi moti degli Heldon di Richard Pinhas. Da ascoltare. Pierrick Le Bras, voce, chitarra, tastiere; Philippe Bersan, voce, tastiere, percussioni; Michel Munier, basso. 

21. Archimedes Badkar (Svezia) - II (1976). Il gruppo miscela con naturalezza elementi folk ed etnici, dal versante slavo a quello orientale ed africano. Il lavoro, un doppio, risulta, per ciò, eterogeneo e rischia l’incongruità esotica new age; lo soccorrono le tracce più sperimentali, le notevoli Jorden, Radio Tibet, Tva tundra stolta ar, da ascoltare con cura. Per Tjernberg, tastiere; Peter Rönnberg, chitarra; Matts Hellqvist, chitarra, basso; Christer Bjernelindm basso; Kjell Anderssonm batteria; Tommy Adolfsson, tromba; Jörgen Adolfsson, sassofono; Pysen Eriksson, percussioni. 

22. Area (Italia) - Caution radiation area (1974). Se Le Orme furono, par excellence, il lato melodico del progressive italiano, gli Area ne costituirono il versante sperimentale, sempre a livello di eccellenza. Demetrio Stratos, voce, organo, clavicembalo, percussioni; Patrizio Fariselli, tastiere, clarinetto basso, percussioni; Paolo Tofani, chitarra, tastiere, flauto; Giulio Capiozzo, batteria, percussioni; Ares Tavolazzi, basso, contrabbasso, trombone.

23. Urban Sax (Gilbert Artman) (Francia) - Urban sax (1977). Già fondatore dei Lard Free (1970), Artman avviò il suo nuovo ensemble di sassofonisti nel 1977 ed estese vieppiù la formazione includendovi percussionisti, bassisti, danzatori. Ogni performance, peraltro, veniva allargata a musicisti locali: si arrivò a toccare i duecento elementi. Urban Sax si compone di due tracce di circa venti minuti in cui la big band di fiati origina un minaccioso tappeto sonoro, fra avanguardia e jazz. Adrien Duplay, Alain Potier, Christian Chanet, Christian Casaliggi, Claude Bernard, Jean Augeron, Patrice Quentin, sassofono alto; Jean-Pierre Thiraut, sassofono soprano; Antoine Duvernet, Bernard Ghiringhelli, Géraldine Andre, Laurent Grangier, Pascal Barres, Pascal Nicolle, Phil Dromard, Werner Durand, sassofono tenore.

venerdì 11 maggio 2012

Nurse With Wound list vol. 2 (Albrecht D. & Josef Beuys/Alcatraz/Älgarnas Trädgård/Alan Sondheim)

Vol. 2

4. Albrecht D. (e Josef Beuys) (Germania) - Performance at The ICA London 1. Nov. 1974 (1976). A causa, probabilmente, della cattiva qualità della registrazione (la low fidelity va dosata cum grano salis altrimenti si finisce fra i trendy o gli inascoltabili) tale live, piuttosto raro, risulta esclusivamente quale goffo tramestio di percussioni; l'occasionale speziatura di sfiati e vociferazioni etniche, buone per simulare una patina world, non aggiungono fascino all'insieme. Ma forse mi sbaglio.

5. Alcatraz (Germania) - Vampire State Building (1971). Gruppo di Amburgo. Propone del jazz-rock memore della scena di Canterbury (storica copertina con i grattacieli americani a mo' di canini vampireschi). Rüdiger Berghahn, voce, tastiere; Holst Klaus, chitarra; Klaus Nagurski, flauto, sassofono; Ronald Wilson, basso; Jan Rieck, batteria, percussioni.

6. Älgarnas Trädgård (Svezia) - Framtiden är ett svävande skepp, förankrat i forntiden (1972). Piccola gemma del progressive nordico, con tocchi psichedelici e folk (essi riprendono molto suggestivamente, in La rotta, sonorità tradizionali: la rotta è, infatti, strumento tardomedioevale derivato dalla lira). 

7. Alan Sondheim (USA) - T'other little tune (1968). Nato in Pennsylvania (Wilkes Barre), Alan Sondheim è un artista eclettico, musicista, poeta e, pare, teorico del cyberspazio. Il disco è ascritto agli All 7-70, un manipolo di improvvisatori capitanato proprio da Sondheim in quel di Providence: elettronica, free-jazz, rumorismo formano un collage estremamente interessante. Alan Sondheim, tastiere, trombone, marimba, melodeon, chitarra; Joel Zabor, batteria, tastiere, tabla; Gregert Johnson, flauti, tastiere; June Sondheim, voce, piano; John Emigh, sassofono; Paul Phillips, tromba.

martedì 6 marzo 2012

Cold doom cold metal - Bathory - Hammerheart (1990)/Beherit - Drawing down the moon (1993)/Beyond Dawn - Revelry (1998)

Beyond Dawn
Tutti provenienti dalla Scandinavia (Bathory, Svezia; Beherit, Finlandia; Beyond Dawn, Norvegia), i tre gruppi presentati riuscirono, in diversa misura, a rinnovare il genere doom e black durante gli anni Novanta liberandolo dai più evidenti e sguaiati orpelli del trovarobato satanico, almeno a livello formale.
I capifila della rinascenza nordica del genere, i Bathory, si rifanno, inevitabilmente, alle fonti d'ispirazione che consentono di slegarsi dal conformismo ideologico occidentale, ovvero alla mitologia pre-cristiana (Valhalla), resa iperbolica da riferimenti ad un barbarismo cruento (Baptized in fire and ice). Nulla di nuovo, in realtà, ma i Nostri hanno il merito di declinare la materia abolendo certi trucchi melodici mainstream e alcune puerili goffaggini che hanno garantito, per decenni, rendite di posizione milionarie (Iron Maiden, ad esempio). Un costante muro chitarristico, un'interpretazione rallentata ed epicamente riecheggiante formano il tratto distintivo dei Bathory; essi non raggiungono davvero profondità evocative, ma Shore in flames e Home of once brave, in virtù della durata e dell'implacabile tappeto elettrico, hanno un fascino ipnotico notevole.
Anche i Beherit attingono al folclore pagano (The gate of Nanna, Unholy pagan fire), ma, rispetto ai Bathory, essi condensano in brevi pezzi il massiccio incedere delle chitarre e lo cadenzano pesantemente colle percussioni (a tratti catatoniche, Solomon's gate, Down there) e la vocalità di Mark Laiho, sorta di esalazione mefitica che si coagula in bisbigli maledetti, invocazioni gutturali, incantesimi. Non mancano momenti più rilassati (Nuclear girl, Summerlands), ma, come il Sampo del Kalevala finlandese macina eternamente farina e sale, così i Beherit triturano incessanti ogni aspettativa e apertura melodica.
I Beyond Dawn, con Revelry, ci consegnano il miglior lavoro della triade: l'aggressività dei precedenti lavori qui si derubrica in toni scuramente elegiaci grazie all’innovativo sottofondo dei fiati (evidente in Love's only true defender e Stuck); i norvegesi annullano con intelligenza ogni riferimento esclusivo al genere (che affiora, con i suoi topoi, solo a tratti), contaminandolo oltremodo, in alcune tracce, con un sommesso ricorso all'elettronica; il cantato di Espen Ingierd, cupo e dolente, rifugge da qualsivoglia cliché.
Questi tre esempi dimostrano che i Paesi dell'Europa fredda, nel breve volgere di un decennio, hanno indicato ad un genere musicale la via maestra per evolversi e, finalmente, affrancarsi dalle angustie di un kitsch ormai frusto e ridicolo.