NWW vol. 39. Günter Schickert |
228. Ray Russell (Gran Bretagna) - Secret asylum (1973). Chi ben comincia è
a metà dell’opera: i primi sette minuti consistono in un furibondo duetto noise
fra chitarra e batteria; il tutto pare acquietarsi in un andamento jazz quasi
classico, ma le Erinni della free form sono dietro l’angolo; e si ricomincia:
spetezzi di sassofono, drumming inesauribile, brandelli di chitarra elettrica.
La seconda parte è sulla falsariga della prima. Noise jazz di vaglia. Ray
Russell, chitarra, tastiere; Gary Windo, fauto, sassofono; Harry Beckett,
tromba, corno; Daryl Runswick, basso; Alan Rushton, batteria.
229. Terje Rypdal (Norvegia) - Odissey (1973). Storico doppio album,
qui presentato nella versione in vinile (dove sono presenti i quasi
ventiquattro minuti di Rolling stone).
Otto strumentali impossibili da classificare: si ritrovano atmosfere da
tramonto artico (Midnite, Adagio, Fare well), lente e sospese, oppure più calde progressioni (Over Birkerrot, la stessa Rolling stone), o pezzi semplici e
struggenti (Ballade). Un classico da
ascoltare subito. Terje Rypdal, chitarra, tastiere, sassofono; Brynjulf Blix,
tastiere; Torbjørn Sunde, trombone; Sveinung Hovensjø, basso; Svein
Christiansen, batteria.
230. Martin Saint-Pierre (Argentina) - Solo création (1977). Francese
d’adozione, ma argentino di nascita (fu esule a causa della dittatura),
Saint-Pierre è un percussionista e, per quanto il sottoscritto, inetto alla
tecnica, possa giudicare – un percussionista d’alto livello. Il disco si
compone di tre brani; tre assoli. A questo punto si è di fronte al dilemma già
sorto, presso alcuni di voi, con il post Drumming is our life: possiamo andare
oltre l’apprezzamento della tecnica o dobbiamo limitarci alla degustazione
della pura bravura, pena l’inascoltabilità? Mettiamola così: nei quindici
minuti di Document, Saint-Pierre sembra
davvero trascendere la bruta essenza del proprio strumento riuscendo a produrre
materiale inaudito; per questo, e per la sua storia, merita il nostro
interesse.
231. Zamla Mammaz Manna (Svezia) - För Äldre Nybegynnare (1977). E va bene,
lo ammetto, al primo ascolto (del loro primo album) li avevo ridimensionati. Invece
i Samla, qui provvisti di ‘z’ (ad esacerbare la ragione sociale), sono una
colonna dell’alternative svedese. För
Äldre Nybegynnare è un capolavoro in cui si ritrovano tutte le asperità del
Rock in Opposition: disarmonie, concretismi, sbeffeggiamenti, incedere
vaudeville; un progressive sghembo e disarticolato alle soglie della genialità.
Da ascoltare subito. Eino Haapala, voce, chitarra; Lars Hollmer, voce,
tastiere; Lars Krantz, tromba; Lars Krantz, basso; Hasse Bruniusson, voce,
batteria, percussioni.
232. Günter Schickert (Germania) - Samtovogel (1974). Pioniere della echo-guitar, Schickert licenzia
un classico della psichedelia germanica dei Settanta (il termine fa riferimento
a quella scena peculiare); tre brani per sola chitarra (5’58’’, 16’30’’, 21’13’’):
echi, riverberi, vocalizzi dilatati, sovrapposizioni di strumming spaziali; un
andamento sospeso di cui faranno tesoro i gruppi della rinascita psichedelica
degli anni Ottanta. Da ascoltare subito.
233. Second Hand
(Gran Bretagna) - Death may be your Santa
Claus (1971). Già recensiti qui.
234. Secret Oyster
(Danimarca) - Secret Oyster (1973). Formati sulle ceneri di tre
gruppi preesistenti (Burnin’ Red Ivanhoe, Hurdy Gurdy, Coronarias Dans), gli
Oyster propongono un progressive strumentale di notevole fattura declinato
secondo le attitudini pregresse dei vari interpreti: si passa, quindi, da
soluzioni Canterbury a fluidità jazz-rock sino a inflessioni blues o
propriamente rock (non manca, in Vive la
quelle un bell’assolo di batteria); la varietà (e la preparazione tecnica
individuale) non prevaricano, tuttavia, la piacevole compattezza dell’opera. Claus
Bøhling, chitarra; Karsten Vogel, tastiere, sassofono; Kenneth Knudsen,
tastiere; Mads Vinding, basso; Bo Thrige Andersen, batteria.