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lunedì 2 gennaio 2012

prima l'edit e poi il mantecato e la tumminia

mantecato e tumminia

Edit al penultimo post.
Ho visto che sul sito di annies eats c'è praticamente tutta la grammatura. comunque ve la riscrivo così come vi scrivo il procedimento tenendo presente che gli americani, dotati di grande senso pratico, usano per qualsiasi misurazione la cup buttando praticamente al secchio la bilancia.
Questo tipo di espediente ha due vantaggi: il primo è che così ovunque voi siate, anche sulla prua di una barca potete misurare quello che vi pare senza essere schiavi della bilancia, il secondo che per una come me che va a occhio sempre e fa dei casini immani, è di un comodo ma di un comodo.
Inoltre anche io come Marzia uso i comodi dosatori Ikea e la tabella di conversione che lei ha pubblicato in un vecchio post, eccola qui è preziozizzimaaaa

Ah, ovviamente per i maniaci della grammatura...(tipo mia mamma) voglio vedervi a pesare 313 grammi di un qualcosa.

Anyway per circa 20 mini-pie

313 gr di farina per tutte le preparazioni (per me bestemmia vera perchè ogni preparazione ha la propria farina specifica, in questo caso ho usato la 0)
25 gr di zucchero semolato
113 gr di burro freddo tagliato a pezzetti
un cucchiaino raso di sale
120 ml di acqua ghiacciata

Mescolare con un coltello o con una lama da impasto il burro con la farina, lo zucchero e il sale fino ad ottenere un briciolame tipo crumble. A questo punto aggiungere l'acqua e sempre con la punta delle dia impastare velocemente ottenendo un impasto abbastanza elastico e liscio. Mi raccomando che l'operazione sia veloce ed in punta di dita che si rischia di sciogliere il burro con risultati appiccicosi.
A questo punto formare un disco di pasta piuttosto altino e mettere in frigo per almeno due ore ma potete tenerlo fermo lì anche un paio di giorni.
Sta cosa del disco è una genialata da tenere l'appunto attaccato con il magnetino al frigo.
Formando un disco ci si sbatterà meno a rendere la pasta fredda meno dura da lavorare, non si scalderà troppo nello stenderla, non si spatascerà nel trasferimento dal piano alla teglia e il risultato sarà migliore nella metà del tempo.
A questo punto la flacky pie crust è pronta.
Io mi sono limitata a farcirla con un paio di granny smith tagliate a fette sottili e macerate con cannella, zucchero di canna e un goccio di marsala.
Forno a 180-200° C.

E veniamo a questo di post. Per ripartire uso l'onda lunga delle amicizie nate per merito del blog.
No, non è la prima volta mi era già successo con la torta al cioccolato e fleur de sel di Marzia (aka Adrenalina) e adesso mi succede con altre due naviganti nel mondo del cibo: Virginia (Spilucchino) e Alex (Ombra nel portico).
Da dire c'è poco, forse avrei dovuto filmare l'espressione estasiata di mio suocero più che altro.

 Sulla polenta sorvolo perchè non è nel mio DNA, io terrona sono.

Ma devo dire che la polenta (che tradizione vorrebbe bianca) viene superbamente sostituita da questo pane di farina di tumminia.
Ora: la farina di tumminia non si trova proprio dietro l'angolo, ma nemmeno quella di grano arso se è per questo.
Comunque per trip e curiosità varie potete tranquillamente accomodarvi su questo sito risparmiandomi tempo e fatica.
Per il resto ho anche ravanato un pò qui e là trovando versioni a lunga cottura con il latte.
Ora io sarò anche terrona ma a Padova ci son stata, a Venezia anche e lì guai a parlare di latte nel mantecato.
Mi risulta che il latte si metta nel baccalà alla vicentina ma non essendoci stata mai di persona non ci giurerei. La cosa che mi è tornata utile è stato l'uso della planetaria per montare la crema di pesce senza l'uso di minipimer, il che mi ha permesso di risparmiare tempo, cosa non da poco essendo nel frattempo affaccendata nel sistemare per la cena della notte del 31 dicembre.

Vi ringrazio per essere passati, per non esservi dimenticati di me e per alimentare con linfa nuova il mio animo.

sabato 12 marzo 2011

Non ci riuscirò mai

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No, non ci riuscirò mai.
Decisamente la fotografia della carne non fa per me.
Penso che ci debba essere qualcosa che mi blocca l'occhio nel fotografare la carne.
Il pezzo succulento diventa truculento, la salsa vellutata sembra un mare di fango in cui galleggiano pezzi di qualcosa dall'improbabile colore.

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D'altra parte non si può dire che io non ci abbia provato più volte, come in questo caso.
L'unica volta in cui la foto era degna di questo nome è stato quando c'ha messo lo zampino Alex e l'anatra all'arancia con i marroni ha fatto la sua porca figura.

Certo, non ci si può piangere addosso se si persevera nell'errore, ci son fior di maestri (tre per la precisione) da cui trarre insegnamento.

E di porco maiale trattasi questa volta.
Che muore di mele e anche di arance.

Niente contest, è scaduto....come passa il tempo....ahahahhahah

Quel che forse è meno classico ma non saprei, è la doppia cottura fuoco/forno e la glassatura con una punta di miele.
Forse che si, forse che no.

Il fatto è che ho passato un (lungo) periodo privo di voglie.
Poca voglia di postare, di creare, di parlare, di partecipare.
Un letargo inspiegabile per una come me.
Ne esco a poco a poco anche se ne esco con qualcosa di poco fantasioso.
L'importante è uscirne.

PS siccome i loop ideativi spesso mi portano a trovare improbabili titoli per i miei post, sappiate che il titolo che avevo pensato era "L'amore delle tre melarance" come quello della favola.
Cambiato in corsa.

CARRE' DI MAIALE MELARANCIA
1 carrè di maiale
1 mela verde croccante e acidula (tipo granny smith o golden basta che abbia polpa compatta e non farinosa
1 arancia non trattata
una macinata di erbe di provenza
una spruzzata di cannella
olio ev
un dito di vino rosso
una punta di cucchiaino di miele
sedano, carota, cipolla tritati
sale e pepe


Sigillare la carne in poco olio ev in una casseruola e aggiungere il trito di sedano, carota e cipolla.
Lasciare stufare incoperchiando per circa 20 minuti, il tempo che le verdure siano tenere e la carne abbia rilasciato i propri succhi.
Scolare la carne e metterla su un tagliere.
Colare il sugo derivato dalla cottura schiacciando bene le verdure con il dorso di un cucchiaio e rimettere il sugo filtrato in una pentola adatta per il forno.
Affettare la mela e l'arancia senza sbucciarle.
Nel frattempo praticare dei tagli abbastanza profondi tra una costa e un'altra del carrè, in cui inserire le fette di mela.
Cospargere il tutto con le erbe aromatiche e la cannella.
Vi ricordate? il sugo sta nel fondo della casseruola, ecco: mettete intorno le fette di mezza arancia e spremetevi sopra il succo dell'altra mezza, poi adagiate il carrè sul tutto (sugo, arance a fette e succo di arancia).
Incoperchiate e mettete in forno a 180° C
Dopo circa 20 minuti scoperchiate e sfumate con un dito di vino rosso e la punta di miele.
Altri 10 minuti glassando la carne con un pennello.
Questi tempi dipendono dal peso della carne, il mio carrè pesava circa 1,2 kg.

domenica 6 marzo 2011

Sciogliamo il maiale anzichè liberarcene.

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Cantava De Andrè che dai diamanti non nasce niente e dal letame nascono i fior.
Chi non lo ricorda.
Son tempi in cui non si può dimenticare.

Che poi a me il porco maiale mica mi ha fatto qualcosa, anzi.

Però, date le vicissitudini di questa nazione trasformata in una megaporcilaia di lusso, mi aggiungo in ritardissimo all'iniziativa di merendasinoira e di un manipolo di blogger con le quali condivido gli stessi sentimenti.
Ho smesso di comprare il quotidiano che compro da una vita (a dire il vero ho resistito pochi giorni) per evitare di sgrufolare nello stesso trogolo.
Mi sembrava di sguazzare nella melma.





Mi aggiungo in ritardo perchè, tra tubi del lavello sbriciolati, vita da famiglia numerosa e impicci lavorativi come si fa a mettere mano ad una preparazione che richiede almeno 6 ore di presenza a casa quando io nelle ultime 3 settimane a casa ci son stata al massimo 30 minuti.

Ho scelto di trasformare qualcosa di poco pregio, una parte del maiale bistrattata, diciamolo.
Ed ecco la peggiore parte del maiale si trasforma sciogliendosi in un oleoso massaggio benefico almeno per la gola.
Ti faccio morbido come una sugna si dice in toscana, sul significato lascio i toscani a ridacchiare e i non toscani ad immaginare.

Ah dimenticavo, last but not least, la signora della macelleria a cui ho fatto la corte per settimane ha gentilmente glissato una volta l'aveva già venduto, per due settimane consecutive il maiale era troppo magro, poi l'ho dovuta blandire elargendo consigli e consulenze sui suoi acciacchi.
Alla fine ha capitolato all'assedio.

Mamma Ferrante, calabra in trasferta da 40 anni, mi ha spiegato come fare insieme al norcino che una volta a settimana viene a sezionare il maiale.
E mi ha tagliato il lardo in pezzi.
Poi scambi coloriti tra lui e lei e la spiega.
Antò ci deve mettere l'acqua, vero? Si, un poco sennò attacca.
Antò e poi per farlo venire bello bianco ci deve mettere il ghiaccio vero? Si quando non è nè bollente nè freddo.

Con le loro indicazioni son tornata a casa e dimentica della rete mi son data da fare.
Ho messo la sugna nella pentola antiaderente (per sicurezza) sul fornello più piccolo a fuoco minimo con una goccia d'acqua e rimestando di tanto in tanto.

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Nel frattempo mi son messa in rete.
Su prezzemoloefinocchio la mia amica Clelia consiglia di tagliarlo a dadini piccoli e metterlo ammollo in acqua per 24 ore il che ha un suo perchè visto che sa un pò di forte.

Su coquinaria si trita grossolanamente facendolo passare per il tritacarne oppure si taglia a dadini piccoli piccoli e poi spuntano foglie di alloro o sale.
Si raccomanda di non far bollire, di non mandarlo oltre i 100°C e mi sembra un ottimo consiglio.

Paoletta di anice e cannella mi da l'input di uno struttolio aggiungendo l'olio in misura di circa il 10%

la fesseria che ho fatto è stata quella di lasciarlo tagliato a grossi pezzi, di non metterlo a bagno per fargli perdere il forte ma vabbè sbagliando si impara.

Tutti concordano nella resa, circa la metà.
La mia resa è stata sbalorditiva, da 2,5 chili di sottopancia lardosa ho ricavato 1,450 ml di strutto e sarebbe stato anche di più se solo avessi continuato a scioglierlo e a strizzare i ciccioli.

Insomma per farla breve

1. corteggiare il macellaio di fiducia
2. una volta avuto il pezzo giusto o tagliarlo in pezzi piccolissimi (una follia se è tanto) oppure chiedere un passaggio al tritacarne
3. metterlo a bagno in acqua per 24 ore
4 scolare e mettere in una pentola capace
5. il fornello è quello per il caffè al minimo
6. rimestare di tanto in tanto, il grasso fonderà senza bruciare
7. man mano che fonde raccoglierlo con un mestolo e metterlo nei vasi sarà trasparente giallognolo e oleoso
8. il grasso man mano che raffredda diventa sempre più opaco fino a virare al bianco.
Io ho provato anche a sciogliere il cubetto di ghiaccio per avere uno strutto bianco candido, comparando il senza e il con non c'è alcuna differenza ma magari sono io che non ho capito bene come fare.
8. i ciccioli andrebbero strizzati con uno schiacciapatate e conservali nel loro grasso salandoli.
io non l'ho fatto perchè non ne potevo più dopo 6 ore e il tubo di scarico del lavello della cucina che ha deciso di suicidarsi proprio in quell'istante.
Sarò giustificata.


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IN CONCLUSIONE
Per sciogliere il maiale ci vuole tempo e si finisce per averne abbastanza e non poterne più.
Comunque il maiale sciolto si può processare con risultati brillanti.
Un paio di esempi tratti dal questo blog?

I cannoli siciliani secondo l'antica ricetta

Pizza di pasqua al formaggio

La pasta da rosticceria per pizzette, calzoni, iris, treccine con lo zucchero, cartocciate
Quest'ultima è presa dal forum di coquinaria la trovate come pasta da rosticceria di Ro.

sabato 12 febbraio 2011

A come Simmenthal. Abbecedario culinario della Trattoria Muvara

'

QUESTO POST E' STATO CREATO APPOSITAMENTE PER CONTRIBUIRE ALL'ABBECEDARIO CULINARIO CREATO DALLA TRATTORIA MUVARA.

Si lo so tutti a schifarsi (che poi su, almeno nei boy scout l'avete mangiata e v'è pure piaciuta).
Ma in fondo la Simmenthal cos'è se non una specie di aspic?

Ecco adesso è tardi e devo andare a dormire.
Se ne parla domani mattina ma intanto mi premeva aderire all'iniziativa dei trattori, che personalmente adoro.

Notte notte, poi vi spiego.

Eccomi.

Si tratta di un marbrè e ha una storia.

Agli inizi il mondo foodies si incontrava tra le pagine del forum della cucina italiana, stiamo parlando di roba di più di dieci anni fa.

Nomi che pian piano suonavano familiari.

Tra questi uno dei più attivi era Alberto Baccani che non ho avuto il piacere di conoscere di persona.

Da una costola di CI nacque nel 2000-2001 un altro forum, si trattava di Coquinaria.

Il primo raduno di coquinaria fu cosa per pochi intimi, tra alberi da frutta e grigliate in un'aia nel bolognese.

Attraversavo un tremendo periodo sentimentale e non sarò mai grata abbastanza a tutte le persone che da quel momento in poi mi hanno sostenuto in mille modi e che mi hanno sopportato.

Poi come talvolta accade si emigra e approdai ad un'altra esperienza felice, quella di Prezzemolo e Finocchio.

Che c'entra tutto questo con Baccani e i forum?

C'entra perchè quel maggio 2001 tra le altre cose buonissime portate dai partecipanti c'era anche il marbrè fatto con la sua ricetta.

Indimenticabile.

Lombardo a dispetto del nome e a metà strada tra la terrina e l'aspic.

Così dovendo pensare ad una ricetta per partecipare alla raccolta dei trattori m'è tornato alla memoria, l'ho cercato nel database di coquinaria e l'ho trovato.

Esattamente come me lo ricordavo.

Leggendo la ricetta rimarrete forse scettici per l'uso dell'olio e del burro (non in quantità eccessive) ma quando mettete in forma il marbrè i grassi si livelleranno in superficie solidificandosi con il raffreddamento e sarà facile toglierli.

Trattori se riesco penso anche a qualcosa di dolce, sempre se riesco.

MARBRÉ di Alberto Baccani


500 g di polpa di maiale (meglio ancora spalla di maiale fresco)
150 g di prosciutto crudo in una sola fetta
150 g di prosciutto cotto in una sola fetta
150 g di lingua salmistrata in una sola fetta
¾ di litro di vino rosso molto buono
1 cipolla
5 chiodi di garofano
5 bacche di ginepro
1 pezzetto di cannella
1 foglia d’alloro
40 g di burro
3 cucchiai di olio di oliva extravergine
20-25 g di gelatina in fogli
30 g di pistacchi
q.b. di sale e pepe


Dosi per 6-8 persone. Dividere a cubetti di 1 cm circa la polpa di maiale, il
prosciutto crudo, il prosciutto cotto, la lingua salmistrata; metterli in una
ciotola e coprirli con il vino rosso.

Aggiungere la cipolla divisa in 4 parti e i
chiodi di garofano, le bacche di ginepro, la cannella e l’alloro avvolti in un
sacchetto di garza; lasciar marinare per almeno 12 ore.

In una pentola di coccio coperta scolare la cipolla, tritarla finemente e farla rosolare a fuoco
dolce con il burro e l’olio, aggiungere la polpa di maiale, farla colorire da tutte
le parti, salare e pepare.

Unire il vino della marinata e lasciare cuocere per 15 minuti circa, aggiungere tutto il resto della marinata: i dadini di prosciutto cotto e crudo, la lingua, le spezie e lasciar cuocere ancora per 10 minuti facendo in modo che tutti i pezzi risultino perfettamente “stufati”.

A fine cottura aggiungere i pistacchi scottati e spelati e la colla di pesce fatta
ammorbidire in acqua fredda e strizzata.

Versare il composto in una terrina eliminando il mazzetto di spezie contenuto nel sacchetto di garza.

Appena sarà intiepidito coprirlo con un foglio di carta d’alluminio, adagiarvi sopra un peso e
tenere in frigorifero per almeno 12 ore.

Al momento di servire, immergere per un attimo lo stampo in acqua calda e capovolgerlo sul piatto di portata.


Osservazione: questa è la versione senza la carne di lepre che è invece il
classico marbré come precisato nel “Cucchiaio d’argento”. Per completezza,
preciso che il marbré classico con la lepre può essere fatto con lo stesso
procedimento sostituendo il prosciutto cotto con polpa di lepre, polpa di vitello,
lardo e del tartufo nero. La marinata invece è fatta con il marsala al posto del
vino rosso. Il tartufo a piccoli pezzi è aggiunto alla fine, insieme ai pistacchi

martedì 28 dicembre 2010

Di concetto e senza foto

Mi piacciono le tecniche, i trucchetti, i consigli, le dritte.
E di solito girellando per la rete e soprattutto per i blog trovo sempre quello giusto per tutto.
Essendo stata incaricata di occuparmi degli antipasti natalizi ho cominciato come sempre accade in last minute e gira di qua e gira di là mi sono imbattuta nelle terrine.

E' una vita che mi voglio cimentare, complice anche l'ultimo sconsiderato acquisto targato Emile Henry viola fescion.

Leggendo a destra e a manca trovo che alla fine sulla terrina di carne i concetti fondamentali da non toccare siano soltanto 4, non di più.

1. L'impasto fatto con carne tagliata in piccoli pezzi in modo da essere consistente mista a carne tritata che possa fare da legante senza che la terrina assomigli ad un enorme polpettone

2. la marinatura della carne a tocchetti lunga e alcolica

3. L'uso di un grasso, quello che più vi piace e che aiuti a tenere il tutto morbido semplicemente foderando il recipiente

4. la cottura lenta in forno a bagno maria

ci sarebbe anche un quinto punto sempre nel caso della carne e sarebbe un buon macellaio disossatore io ho optato per il fai da te.

E via.
Aromi, spezie, frutta, tipo di alcool.
Fate voi, assolutamente fate voi.

Nel mio caso la combinata è stata faraona e salsiccia tritata al coltello, cognac, succo di arancia, scorza di arancia, pistacchi, cannella, erbe di provenza e marroni lessi.

Ho impastato tutte le carni con gli odori e le ho messe a marinare per una notte insieme ad un bicchiere di cognac, il succo di due arance.
I marroni non li ho aggiunti all'impasto ma lasciati da parte per il montaggio.

Ho poi foderato la terrina con guanciale a fettine sottili e steso il primo strato di impasto (che nel frattempo s'era bevuto sia il liquore che l'arancia) poi ho steso uno strato di marroni lessi e il secondo strato di carne.
a chiudere fettine di guanciale.
Ho incoperchiato e messo in forno a bagno maria per 1 ora e 1/2.

Da delirio di onnipotenza.

mercoledì 8 dicembre 2010

il maiale e le mele ma anche l'arancia

il maiale e le mele



Quest'anno è stato l'anno delle mele.
Due cassette di varietà sconosciute, piccole, brutte e buonissime.
La seconda cassetta conteneva delle mele piccole piccole bianche, delle dimensioni di una noce.
Complice una domenica in cui Giove Pluvio non s'è fatto i fatti suoi, ho imbastito un secondo con effetto magico non solo per la bontà della carne.

L'arista al latte ha incontrato questo contorno di mele e le bambine hanno subito l'eccitazione di vedere la padella delle mele infiammata, ah si il primo flambè non si scorda mai.

Per la ricetta dell'arista al latte mi sono riferita a quella di Jul's Kitchen apportando delle piccole modifiche nell'aromatizzare il pezzo.

ARISTA AL LATTE E MELINE FLAMBEE'
- 1 arista di maiale (circa 1 kg)
- polvere di arancia
- rosmarino
- erbe di provenza in polvere
- sale
- pepe
- 1 spicchio di aglio
- 1 litro di latte intero
- 1 cucchiaino di amido di mais
- 3 cucchiai di olio ev
- mele biologiche non sbucciate
- un cucchiaino di zucchero di canna
- una spruzzata di grappa
- un pezzetto di burro
Massaggiare la carne con gli odori, tutti tranne il sale (che pare indurisca la carne, mi sembra una superstizione ma si sa, io sono superstiziosa).
Sigillarla rosolandola nell'olio caldo insieme allo spicchio di aglio.
Aggiungere il latte caldo e lasciar andare sul fuoco con il tegame incoperchiato per circa 45-50 minuti salando circa 10 minuti prima della fine della cottura.
Togliere la carne dal fuoco e addensare la salsa aggiungendo un cucchiaino di amido di mais diluito in poco latte freddo.
Una volta densa, passate la salsa al colino a trama fine per renderla setosa.
Mentre l'arista fa il suo dovere dedicatevi al contorno.
Se le mele son grandi (relativamente grandi, tipo annurche) tagliarle in quarti senza sbucciarle, saltarle nel burro spumoso e fiammeggiare con l'alcool (io avevo la grappa a portata di mano) per farlo chiamare a raccolta le quattro tra cori di "ohhhhh mamma fallo ancoraaaa!!!!" io l'ho rifatto un paio di volte a gentile richiesta del pubblico voi limitatevi ad una volta sola.
Cospargere con lo zucchero e cuocere ancora per due minuti.
Non devono essere tenerissime.
Se poi vi va la botta di vita sbriciolate un paio di amaretti e, impiattando, spolverate la carne.

venerdì 4 giugno 2010

avrei voluto


Già, avrei voluto non presentare cose buone ma incomplete e invece purtroppo mi tocca.
Tanti i motivi.

La fame da dieta che ti fa divorare la carne senza la salsa che però scrivo che voi siete sicuramente più bravi di me, avrei voluto farvi vedere le mie cocottine a forma di cuore tutte colorate Le Creuset, ma mio marito m'ha mangiato la creatura e siccome le cocotte hanno il coperchio ci ho messo un pò a scoprire il misfatto.

Forse avrei voluto anche proporvi un entreè diversa ma tanto ho fatto, detto e aspettato che i carciofi son finiti e via.

Avrei anche voluto fare una julienne di asparagi arricciati in acqua e ghiaccio, si ciao....e chi ce l'ha il ghiaccio se si usa per consolare ginocchia sbucciate e bùe di ogni genere e tipo!
Però ce l'ho fatta lo stesso e tanto basta.
Questo mio piccolo menu partecipa alla raccolta di Rossa di Sera, aka Giulia,

Scusa Giulia se non parlo di cena gourmet, ma la parola gourmet mi fa venire l'orticaria.
Il totale di questa cena è di: 14,45 Euro.


Cappuccino di aglietto fresco, patate e mascarpone (3,25 euro)
Aglietto fresco 150 gr (5 euro al kg: 75 cent)
3 patate novelle 350 gr (1,50 kg: 50 cm)
mascarpone 50 gr (in questo caso non è sfuso e quindi 2 euro)
Stufare in olio ev e acqua l'aglietto fresco (non sono altro che i germogli teneri delle piante di aglio) e le patate pelate e tagliate a rondelle facendo andare lentamente fino a che le patate non siano tenere.
Salare e pepare.
Frullare con il mixer ad immersione facendo attenzione a tenere da parte qualche germoglio da usare per decorazione.
Diluire e ammorbidire con una goccia di latte il mascarpone.
Versare la crema bollente nel bicchiere e aggiungere il formaggio.
Volendo, spolverare con un pò di noce moscata o macis grattugiato.


Sull'aglietto devo fare una digressione.
Correva l'anno 2003 e quel giorno dovevo fare un concorso per un incarico a Viterbo.
Tra lo scritto e l'orale abbiamo avuto un paio di ore di libertà ed essendo la sede d'esame in centro, ne abbiamo approittato per un gelato e una passeggiatina distensiva.
Dove finiscono le passeggiatine distensive di un food-addicted?
In questo caso in una frutteria.
C'era l'aglietto ma, per ovvie ragioni non potevo comprarlo.
Ci son voluti ben 7 anni per ritrovarlo e riprenderlo ma ne valeva la pena.

ARISTA DI MAIALE AL LIMONE CON SALSA DI POMODORO (3,65 euro)
(liberamente tratta da un numero di Sale e Pepe, non chiedetemi quale che devo rovistare nel mio metro cubo di riviste di cucina)


Arista di maiale 500 gr (in azienda agricola 6,50 euro/kg: 3,25 euro)
2 limoni 200 gr (dal contadino 2 euro/kg: 40 cent)
foglie di limone (dal mio albero)
olio sale e pepe
Per la salsa (75 cent)
100 gr di pomodoro pachino (2,50 euro/kg: 25 cent)
una manciatina di pinoli
50 gr di pecorino romano (10 euro/kg: 50 cent)
olio evo
aglio (facoltativo)
zeste di limone (facoltativo)
basilico (facoltativo)
Il contorno?
una freschissima insalatina da taglio, primaverile e sana.
(dal contadino 50 cent a vaschetta)
Rosolare l'arista in un paio di cucchiai di olio evo in un tegame che possa andare in forno.
Salare, pepare e fasciarla con un limone tagliato a rondelle sottili e le foglie di limone.
Trasferire il tegame in forno dopo aver bagnato la carne con mezzo bicchiere di brodo vegetale e il succo dell'altro limone.
Far cuocere a 160° spennellando di tanto in tanto con il sugo di cottura.
Nel frattempo frullare i pomodori, i pinoli e l'olio con il mixer ad immersione.
Amalgamare il pecorino.
Secondo me ci starebbero bene sia le zeste di limone di richiamo alla carne e poi sembra strano ma l'acidità fresca del limone va benissimo con il pomodoro.
Oppure olio al basilico secondo il metodo che ho imparato da Lory: infusione di aromi in olio evo portato a 65° C e poi lasciato riposare per 12 ore, si filtra e si usa. Fantastico.
L'aglio andrebbe anche bene ma non per questo menu che ha il cappuccino di aglietto come primo.
Non manco di dirvi che io la salsa non l'ho proprio fatta, però a leggere gli ingredienti m'è piaciuta e come sempre accade ho divagato pensando alle possibili variazioni sul tema.



Eccoci al dolce, sempre tratto da Sale e Pepe.
SOUFFLE GLACE ALLE FRAGOLE (6,3 euro)
Semplice e d'effetto.
4 albumi (dal contadino 40 cent/uovo: 1,60 euro)
200 gr zucchero (20 cent)
350 ml di panna fresca (2,50 euro)
300 gr di fragole (vaschetta da 400 gr qualità favetta: 2 euro)

Frullare le fragole e far ridurre il passato sul fuoco, se ne devono usare 300 ml e far intiepidire.
Montare gli albumi a temperatura ambiente a neve fermissima.
Nel frattempo cuocere lo zucchero con 4 cucchiai di acqua fino a che, buttandone una goccia in acqua fredda, non si raccolga e diventi malleabile (piccola bolla).
Versare lo sciroppo bollente nella ciotola degli albumi (meringa all'italiana), continuando a montare fino ad ottenere una massa lucida setosa e compatta.
Aggiungere il frullato di fragole alla meringa mescolando con una frusta a fili dall'alto verso il basso e amalgamare la panna ben montata.
Legare un foglio di carta da forno intorno allo stampo e versarvi il composto facendo in modo che debordi di un cm dallo stampo, trattenuto dalla carta da forno.
Mettere in freezer.
Al momento di servire decorare con panna montata e fragole.
In questo caso ho usato uno stampo piccolo, bastevole per due.
Con quel che mi è avanzato ho riempito due stampini da ghiaccioli da 6, in questo momento in vendita da Ikea.

giovedì 27 maggio 2010

dietologically correct: la zuppa di pesce




Potete negarlo?
Direi di no, basta essere parchi con l'olio.

Bastano gli aromi, il profumo dell'aglio e della cipolla insieme, l'aroma di mandorla, l'onnipresenza del prezzemolo e la nota cattiva e pungente del peperoncino.

Il resto lo fa il mare, anzi lo scoglio.
Dietetico, proteico, pesce.
Il segreto di una buona zuppa è comunque nella varietà del pesce.
Metteteli tutti, ma di quelli buoni da zuppa.
Il re è lo scorfano e poi merluzzo, cappone, gallinella, cernia, tracina, coccio, coda di rospo, gamberi, frutti di mare più ce n'è meglio è.
Comunque anche in questo caso, la zuppa di pesce vive all'ombra del campanile e varia di balcone in balcone.
C'è chi ci mette un pezzetto di cannella, specie nella zona di San Vito lo Capo dove la cannella la metterebbero pure nel caffè, chi le mandorle, chi il limone intero, chi sedano e carota.
Io la faccio così.
In un tegame pesante faccio un fondo di olio, aglio, cipolla e peperoncino.
Faccio andare dolcemente, sfrigolare appena appena e aggiungo i pomodori pelati (freschi o meno) frantumati tra le mani.
Lascio ancora andare e...sguish...concentrato di pomodoro.
vai ancora un pò e un bicchiere grande di acqua calda.
A bollire ancora un pò, che la zuppa non ha fretta.
Poi i pesci, quelli a polpa soda prima, quelli a polpa tenere poi.
( se metto i frutti di mare li lascio aprire prima in una pentola a parte per aggiungerli in ultimo con la loro acqua filtrata).
Lascio andare ma poco questa volta che il pesce non vuole molta cottura, diciamo...20-30 minuti in tutto.
Prima della fine della cottura preparo un piccolo pesto di prezzemolo, aglio, mandorle e un goccio di olio.
Giù nella pentola, mescolata delicata e veloce, spengo immediatamente il fuoco e incoperchio per far in mondo che gli odori di quest'ultimo passaggio si sprigionino.
Mi preme una puntualizzazione.
La zuppa di pesce da couscous è un'altra cosa.
Il cous cous deve assorbire il brodo che deve essere il più saporito possibile, il che vuol dire non 20-30 minuti di cottura ma almeno 1 ora, 1 ora e mezzo.
Per questo motivo val la pena prendere pesci molti piccoli, la minutaglia che oltretutto è anche vantaggiosa dal punto di vista economico, che non verranno mangiati ma stracotti in modo che passino tutto il loro sapore al brodo, i resti disfatti vengono poi passati al passaverdure per eliminare le lische e recuperare le polpe che ridotte in crema daranno ancora più sapore al brodo.
L'alternativa trapanese al ciuppin ligure qui una delle tante versioni, fatta da una genovese e siccome si passa da un balcone all'altro, eccone un'altra versione fatta da un'altra tostissima genovese.
Anche i francesi ne sanno qualcosa e propongono la bisque.
Io, in queso caso, non metto il link perchè non saprei scegliere la ricetta giusta e chiedo quindi segnalazioni da parte vostra.
(Cavoletto propone questa, ma non mi sembra proprio ortodossa ammesso che esista l'ortodossia in cucina e anche lei lo dichiara, del resto).
Se con il couscous si vuol mangiare anche il pesce, le zuppe diventano due, una per il couscous e una per il pesce da mangiare.

lunedì 10 maggio 2010

voleva essere un post fiorito ma è affogato


Di Elvira mi piace tutto, il modo che ha di raccontarsi, che il fatto che scrive in doppia lingua, senza considerare la sua innegabile abilità e capacità in cucina.
Non mi chiedete niente sull'inglese, nel senso che non voglio compromettermi dicendo tutto il male possibile dei presuntuosissimi italiani.
L'inglese lo parlo, lo uso sul lavoro, lo uso quando mi diverto, mi serve per poter comunicare con chi non sa l'italiano, lo uso ogni tanto con le mie bambine perchè vorrei che loro lo parlassero meglio di come faccio io.
Elvira mia, tanto di cappello.
Non c'entra niente con il titolo del post, ma siccome la festa della mamma appena trascorsa avrebbe meritato fiori e invece son state spine, preferisco glissare sui fiori e sul mio terrazzo fiorito e far finta di niente, tornerò ai miei fiori appena mi sarà sbollita.
E mi distraggo parlando di polpi.
o' purp coce 'nta ll'acqua soia, così dicono i campani.
Ed è vero, polpo [morbidissimo] for dummies è il titolo di un vecchio post di Comida che rende bene l'idea (strano ricordavo una creuset azzurra e invece è arancione).
E adesso arrivo io.
A parte che se dovessi dire mi piacerebbe una location tipo questa qui, ma son sogni.
Detto questo, io sono orgogliosamente nipote del nonno Salvatore, il miglior motorista navale della marineria trapanese modestamente.
Andava a polpi con la polpessa e oltre al metodo della congelazione ne usava un altro efficacissimo ed infallibile.
Avete presente la membrana che unisce i tentacoli alla base (lato testa), si?
Tagliatela in profondità, in questo modo il polpo allenterà la presa e diventerà dolce e tenero e senza bisogno di sprecare una bombola di gas per cuocersi.
Ovviamente questo vale per i polpi più grandi, quelli piccoli no, quelli piccoli cuociono senza bisogno di questo accorgimento.
Una cosa:
quando vado dal pescivendolo mi sento chiedere: lo pulisco?
Alfio, non lo toccare che ti taglio le mani!!!!
Il polpo non si pulisce, si sciacqua sotto l'acqua e bon.
Non si spella, non gli si amputano le ventose, lo volete fare vi fa schifo? Vi fa impressione?
Benissimo, ma non chiedetemelo io non lo faccio.
detto questo, so che il nonno Salvatore approverebbe seduto sulla sua nuvoletta lassù:
POLPI AFFOGATI
- polpi (quanti? che ne so...quelli che vi servono)
- pomodoro pelato o fresco, insomma pomodoro rosso
- un paio di cucchiai di concentrato di pomodoro
- aglio tritato o schiacciato o pestato o intero, insomma aglio
- peperoncino
- un goccio ma proprio un goccio e pure facoltativo di vino bianco fermo di buona qualità (a parte che si cucina sempre con vini di buona qualità ma poi è anche l'occasione per far l'aperitivo mentre si cucina per la cena)
- olio evo
- prezzemolo
Sciacquare i polpi sotto l'acqua corrente.
Mettere l'aglio e il peperoncino a sudare nell'olio in un tegame preferibilmente di coccio.
Aggiungere i polpi e far andare a fuoco vivo sfumandoli (eventualmente) con il vino bianco, cin.
Aggiungere il pomodoro e il concentrato, salare e incoperchiare.
Far cuocere a fuoco dolce fino a che saranno teneri evitando di scoperchiare e scuotendo il tegame sempre con il coperchio.
Spegnere e spolverare con il prezzemolo.
Non pulendo le teste otterrete un sughino spesso e scuro ma saporitissimo, è la testa con i suoi umori che da un sapore inconfondibile al sugo.
Se volete ci potete condire gli spaghetti, io ve lo consiglio vivamente.

che cretina sono lo stavo per dimenticare.
C'è anche chi i polpi li fotografa prima di metterli sul fornello e diventano opere d'arte, lo so ho le amiche strane.
permettetemi di presentarvi Mr. Octopus nella personale e bellissima interpretazione di Alex di Foto e fornelli

mercoledì 21 aprile 2010

black hot chilli cous cous


S'esce poco quando si ha una famiglia numerosa.

S'esce poco ma a volte qualche nonno si muove a compassione e si va.

Quella sera era una calda sera d'estate e finimmo in un ristorante dalla breve vita, a Trapani.

Per l'esattezza il ristorante era all'interno di una villa nobiliare intorno alla quale era cresciuta la città e anche la sottoscritta.

Un giardino da favola un'enorme ficus e io da piccola che immaginavo le meraviglie nascoste dal giardino e dalla casa.

Da grande quel giardino ha avuto una breve vita pubblica e come non approfittarne?

Il ristorante si chiamava "I giardini di kajjam".

Non ricordo molto di quella sera, raramente si ha il tempo per un pò di romanticismo e si torna ventenni in un attimo appena ne è data l'occasione, ma tra le numerose amuses bouche ricordo un cucchiaio di cous cous al nero di seppia.

La cosa che ricordo perfettamente è il sapore marino e la particolare consistenza un pò scivolosa.

Il ricordo è rimasto lì a sonnecchiare insieme alla faccia lievemente disgustata di mia mamma (integralista talebana trapanese).

Avevo ragione, è buonissimo anche senza fumi del romanticismo.


COUS COUS NERO PER LA SEPPIA

- seppie
- una cipolla piccola
- uno spicchio di aglio
- olio evo
- poco vino bianco fermo
- un paio di peperoncini secchi
- prezzemolo tritato
- cous cous precotto

pulite le seppie avendo cura di preservare la sacca contenente l'inchiostro, come? leggendo il mio vecchio post.
Unico accorgimento da tenere è quello di allungare il sugo nero con acqua quanto basta per gonfiare il cous cous.
In questo caso ho usato un cous cous integrale di kamut, precotto.
lo trovo da Castroni ed è buonizzimo.

giovedì 25 febbraio 2010

Lardiàto


Non so perchè ma nel periodo di carnevale ho fritto (e mangiato) tutto il friggibile tanto da potere ancora imbastire almeno tre post.
Ma del fritto m'è venuta nausea non fosse altro che tutto l'untino è andato nei posti topici ad aggiungersi al lardo precedente e adesso tocca rimediare.
Lo so, non ve ne frega niente, ma a me andava lo sfogo.

La foto secondo me rende giustizia ad uno di quei famosi pesci poveri e spesso bistrattati che fan parte della categoria del pesce azzurro un pò tonno e un pò no tanto da farmi giocare con le foto e trasformarmi in una specie di Davide Dutto de noantri. :)
Ho scattato soltanto foto pre-preparazione perchè da cotto non è che sia esteticamente gradevole, anzi diciamolo è un pò bruttino.

In ogni caso, lo sgombro è uno dei pesci che preferisco in assoluto.
Mi piace in ogni modo, sulla graticola con il salmoriglio, in padella lardiàto, semplicemente bollito.
Ora io non so bene cosa voglia significare Lardiàto fa parte di quelle parole siciliane di cui sconosco l'origine un pò come la saìme che io avevo trasformato erroneamente in saìme.
Ad ogni buon conto, riflettendoci, è lo stesso concetto della cacciatora.
Un'erba aromatica, aglio, aceto, peperoncino e il pomodoro in uso controverso.
E allora che lardiàto sia nella versione di mia mamma, of course.
Vi scrivo il procedimento perchè di dosare l'origano o l'aglio o il pomodoro, proprio non se ne parla.
Fate andare il solito spicchio di aglio in olio evo e a seguire aggiungete gli sgombri lavati e puliti incoperchiate e lasciate stufare 5 minuti.
Aggiungete un pochino di pomodoro pelato, quanto ve ne piace c'è chi adora il sughino e fare scarpetta e c'è chi lo usa solo per colorare appena.
Altri 5 minuti per stufare ulteriormente.
Scoperchiare e sfumare con un goccio di aceto di vino bianco alzando la fiamma per far evaporare velocemente.
Aggiungere un altro spicchio di aglio tritato o spremuto con lo spremiaglio e una spolverata di origano.
Spegnere subito il fuoco.

mercoledì 3 febbraio 2010

tempo di percorrenza:30 minuti


Come nasce una ricetta?
Qual'è la parola magica che ti spinge a cercare un nuovo abbinamento, una nuova combinazione a dire "ma si dai, proviamo questo piuttosto che quello?".
Chi può dirlo? Nel mio caso l'ispirazione nasce dall'imput giusto.
Dall'ingrediente fisso intorno al quale far ruotare le idee.
Stracatafottendomene delle teorizzazioni da foodpairing (che poi non ho nemmeno controllato ma vedrai che si trova anche questa).
Oppure dalla fortunata pausa silenziosa di quei 10 minuti trascorsi in macchina, intervallo felice tra il lasciare le bambine a scuola e andare a far la spesa.
Dura la condizione della casalinga obbligata.
E dove nasce una ricetta?
In cucina seguendo il proprio istinto e il proprio naso come foste un cane da trifola.
Un pò di questo, un niente di quello, una caterva di quell'altro.

Ecco.

Diamo una collocazione al tutto.
L'ingrediente fisso: il caffè.
Ora il caffè evoca lo zucchero, dolci strepitosi aromatici essenziali o opulenti.
Ma perchè non provare con il salato?
Ok salato, si ma cosa? carne? no, grazie.
Pesce, si pesce!
Senta, scusi mi dia quell'orata

E da lì...tempo di percorrenza: 30 minuti per inventare la ricetta, eseguirla, assaggiarla...(non vorrete mica che vi rifili una ciofeca pazzesca, vero?) e correre di nuovo a ritirare il Proiettame a scuola.
Qualcuno di voi si starà chiedendo perchè il caffè.

Perchè si, perchè c'è un concorso contest con una motivazione davvero convincente.

Dare una mano a Chef sans Frontieres.
Per tutte le delucidazioni e il regolamento andate da Elga/Semi di Papavero che stamattina Blogger ha la luna storta e non me lo fa copincollare.

Treccia di orata al vapore con zabaione salato e crumble al caffè


- 1 orata di circa 600 gr sfilettata

- per il vapore aromatico:

*3 kumquat
* un pò di radice di citronella essiccata in pezzi (credo sia di origine thai e si trova nei negozi di gastronomia tipo Castroni o nei negozi che vendono alimenti etnici)
* foglie sbriciolate di Keffir Lime
* un pizzico di cannella in polvere
* peperoncino frantumato
* foglie di alloro

per lo zabaione salato:
- 2 tuorli freschissimi
- 3 mezzi gusci di prosecco
- un cucchiaio di olio
- 4 gocce di succo di limone
- niente sale
- un cucchiaino di polvere di caffè macinato di fresco

per il crumble al caffè
- 100 gr di farina
- 50 gr di burro
- acqua frizzante qb
- un pizzico di sale
- un cucchiaino di polvere di caffè


Sfilettare il pesce (oppure chiedere al pescivendolo di sfilettarlo) e tagliare i filetti in lunghe strisce da intrecciare fermando le estremità con un filo di erba cipollina.
Preparare il vapore aromatico mettendo sul fondo della pentola dove accomoderete il cestello gli aromi elencati insieme ad un pò d'acqua.
Mettere sul fuoco e portare a bollore.
Nel frattempo preparate il crumble sbriciolando la farina con il burro e un pochino di acqua fizzante e la polvere di caffè.
dstribuite le briciole su una placca rivestita di carta da forno e infornate a 180° fino a che non abbiano preso colore.

Mettete i filetti di pesce nel cestello della vaporiera e fate cuocere per un minuto spegnete il fuoco e dedicatevi allo zabaione.

Mettete i tuorli in un pentolino che possa andare su un bagnomaria appena fremente.
Cominciate a montarli con le fruste elettriche alla massima velocità.
Aggiungete il vino e continuate a montare, diventerà molto spumoso e gonfio.
Aggiungete l'olio di oliva e le gocce di limone.
No, niente sale avete capito bene, basta la sapidità dal prosecco e la freschezza acidula del limone.

Componete il piatto.

giovedì 3 dicembre 2009

i cavoletti di bruxelles non crescono nelle vaschette di polistirolo blu.


Si lo so, incredibile a credersi.

Se è per questo non hanno retrogusto amarognolo da antibiotico scaduto ma sono dolci, vellutati, teneri, pastosi, saporiti e delicati al tempo stesso.
Sbollentati velocemente, saltati in padella con il classico aglio olio e peperoncino e finiti con una spolverata di buccia di limone grattugiata o meglio ancora di arancia: buonizzimi.

Ci avreste mai creduto?

E ancora: non sono come quelli della vostra mensa aziendale.

E la pianta è bellissima come potete vedere, lo so è più bella la puffa reggipianta ma sull'argomento sono assolutamente di parte per cui non mi posso esprimere.

Avere la fortuna dell'orto a vendita diretta sotto casa consente scoperte incredibili, non trovate?


Inoltre la signora lauretta, che l'intera pianta la vende a 2,50 euro, dice sempre: mi raccomando anche le foglie!

Ma io questa raccomandazione l'ho già sentita...già, ma dove...dalla mia Mercante di spezie preferita, c'è bisogno di scriverlo?
Insomma basta poco perchè scatti l'angolo dello zozzone complici anche le ultime patate violette.



Involtini di foglie di cavoletto di bruxelles


- foglie di cavoletto di bruxelles in numero sufficiente

- patate

- salsiccia fresca

- un rametto di rosmarino

- olio

-due spicchi di aglio

- un pezzetto di peperoncino


Sbollentare per pochi minuti le foglie e tenere da parte un bicchiere di acqua di cottura.

Scolarle bene e distenderle una per volta su un tagliere.

Nel frattempo tagliare con la mandolina le patate (io ho usato quelle violette ma nulla vieta le patate normali, che tanto hanno lo stesso sapore) e rosolarle in olio e aggiungere a fine cottura rametto di rosmarino.

Mettere un pò di patate sulla foglia, la salsiccia cruda sbriciolata e arrotolare il tutto creando degli involtini.

Io ripiego le parti laterali della foglia sul ripieno e poi procedo.

Nel frattempo tagliare a striscioline le rimanenti foglie e saltare sia gli involtini che le foglie in padella con aglio olio e peperoncino.

Sfumare con un bicchiere di acqua di cottura, incoperchiare e lasciar cuocere ancora per una decina di minuti.

Al termine della cottura cospargere con scorza di arancia o limone grattugiata.


E se poi non bastasse ci si mette anche Gabriele Bonci a farmi da musa ispiratrice.
Chi ha conosciuto il mago del lievito non potrà far a meno di ridere data la stazza e il viso gaudente da cherubino paffuto.
Si perchè in questo periodo magico (si fa per dire) della mia attesa si ha il tempo per coccolarsi concedendosi dei piccoli lussi da fortunati mortali.

Uno di questi è poter fare una capatina da Pizzarium, per esempio.

Se volete leggere un parere di un esperto ecco la recensione di Adriano Continisio di Profumo di Lievito.

Io, per parte mia posso solo dirvi che sarebbe un delitto passar per Roma senza concedersi una tappa golosa di questo genere e siccome sono una persona pratica vi dico anche che potete arrivarvi comodamente prendendo la Metro A fermata Cipro-Musei Vaticani: via della Meloria sta proprio lì accanto.

La foto è da cestino ma non so come mai la mia macchina fotografica si rifiuta categoricamente di far foto decenti della pizza.
Sarà che la pizza è un must della cena della domenica, insomma accontentatevi che vi devo dire non vorrete mica che fotografi una zozzeria del genere il giorno dopo?
Anche perchè è spirata in un attimo, una prece amen.

Ho usato dei cavoletti di bruxelles saltati in padella e tagliati poi in quarti, striscioline di guanciale e pecorino di fossa in foglie di alloro.

Ispirata da una pizza broccoli e mortazza e dalla pizza con il sugo all'amatriciana di Bonci.

Se semo fatti male.

martedì 17 novembre 2009

quello che so sul cous cous



Ecco i portabandiera della mia città.

I piatti della festa, della golosità che se dici che fai il cous cous difficilmente qualcuno rinuncerà all'invito.

Cous cous che negli anni si è diffuso ovunque da nord a sud e da est ad ovest.

Cous cous versatile, fresco d'estate e caldo di inverno.
Cous speziato, cous cous saporito, base per la fantasia.
Cous cous precotto per lo più o lungo da preparare a partire dal mattino presto.
Ore e ore di dedizione: l'incocciata, la cucinata, la spicciata, u' broru, l'abbivirata, l'arrisetto.
Perchè le fasi del cous cous sono da seguire ad una ad una e non ti puoi assolutamente perdere i passaggi altrimenti rischi di far casino.

Il cous cous si fa a partire dalla semola, come dire che il vino si fa anche con l'uva.
Inconcepibile usare il precotto, assolutamente inconcepibile.

La semola poi, la semola altro tasto dolente.
Miscela di semole di grano duro mescolate, dalla grana grossa mescolata alla grana fine e poi la mano.
Il cous cous è mano dipendente, c'è la mano che l'incoccia grosso e la mano del finuliddu, dell'incocciata fine.

Il cous cous è come la carbonnade ma anche come la lasagna, o peggio ancora (se si parla di campanile) la pastiera: cambia di balcone in balcone.
Chi ci mette la cannella e chi le foglie di alloro, chi lo appesta d'aglio e chi preferisce la cipolla.
Quelli che lo detestano lo chiamano "mangiare da galline" e poi ne mangiano 3 piatti come polli in batteria.

Sicuramente la vicina di casa avrà un modo diverso di condirlo, una mano diversa.
E anche io ho contribuito negli anni.
Prima dalle pagine del forum di Coquinaria (di cui non trovo più il link), poi da quelle di Prezzemolo e Finocchio dove ho provato un improbabile passo passo della preparazione (e in questo caso la mano felice è quella di mio padre), ha fatto poi parte del mio incontro con Claudia e le foto di una giornata indimenticabile passando per i caly(n)canti e per l'occhio del fotografo che lo ha trasformato in un giardinetto (poco) zen.
In quell'occasione Marie mi chiese se c'era un altro modo tradizionale di condire il cous cous oltre che con il pesce.

Si c'è ed è un modo del tutto invernale.
Si fa con i broccoli fritti e i legumi, ceci e fave prevalentemente.

Con il tempo l'uso di ceci e fave è sparito dalla tavola della mia famiglia e ne ho soltanto un ricordo sbiadito legato alla nonna Enza.

Se posso preparo il cous cou in maniera tradizionale, tuttavia se proprio la voglia mi prende, e questo è un periodo di voglie improvvise, allora ricorro al precotto.
Ne ho provati tanti, compreso il siciliano Poiatti ma li trovo troppo scivolosi, preferisco la marca Nuova Terra che trovo alla SMA sotto casa.
Uso semplicemente l'accorgimento di gonfiare il cous cous precotto o con il brodo di pesce o con l'acqua di cottura del broccolo anzichè la sola acqua semplice, trattandolo come il cous cous non precotto.

BRODO DI PESCE PER COUS COUS

- pesci misti di piccolo taglio da brodo il che vuol dire: gallinella, scorfano, coccio, cappone, tracina, cernia, gamberi. calamari tutto quello che più vi piace

- pomodori rossi preferibilmente freschi o pomodori pelati

- salsa di pomodoro

- cipolla tritata

- un limone

- aglio

- prezzemolo

- una manciata di mandorle pestate

- olio extravergine di oliva preferibilmente valli trapanesi cultivar nocellara, tanto per rimanere all'ombra del campanile

- sale e peperoncino


Fare un fondo con olio, cipolla, peperoncino e aglio tritati e una volta appassiti aggiungere i pomodori pelati e quindi i pesci.
I pesci dovranno cuocere fino a disintegrarsi nel brodo che verrà filtrato e i pesci disfatti gettati.
Allungare con acqua, aggiungere mezzo limone tagliato e un pochino di salsa di pomodoro regolare di sale e far sobbollire per almeno un'ora fino a quando i pesci si disferanno nel brodo.
Il brodo andrà filtrato per eliminare le lische mio nonno passava al passaverdure fine il tutto per ricavarne la crema da sciogliere nel brodo in modo che nemmeno un pò del sapore si disperdesse.
Una volta filtrato aggiungere al brodo bollente un pesto di prezzemolo olio (pochissimo) e aglio e le mandorle tritate.
Bagnare il cous cous con il brodo e far gonfiare.

Questa la tradizione.

In questo caso io ho aggiunto al brodo filtrato e colato e condito con il pesto anche un misto di molluschi fatti aprire a fuoco vivo e anche il loro liquido di cottura.

COUS COUS CON I BROCCOLI FRITTI

Non è facile trovare il broccolo giusto.
Verde chiaro brillante, cime compatte riunite in un'unica infiorescenza per pianta, non appuntite come per il broccolo cimone, eccolo fotografato sul pianale del seggiolone. :D


Insomma dividete in cimette un broccolo fresco e sano e lessatele brevemente (dovranno rimanere croccanti) in acqua sale e olio.

L'acqua di cottura la userete per gonfiare il cous cous mentre le cimette vanno fritte semplicemente in olio di oliva senza altre aggiunte.

A noi piacciono belle abbrustolite e qualche cucchiaio dell'olio di frittura va a condire il cous cous insieme ai pezzetti che nel frattempo si sono staccati dalle cimette fritte.

Lo so non sarebbe sano ma posso privarvi di una cosa così guduriosa?

martedì 10 novembre 2009

che te lo do un coniglio, cocca? (avvertenza: post lungo e riflessivo)

Si lo so questo è un pollo e non un coniglio.
So distinguere.

Però la storia comincia dal fatto che sono a piede libero, il che di per se è pericoloso perchè mi spinge sempre più nella campagna romana in cerca di cose buone e ruspanti.
Così, dopo aver scoperto l'Azienda Agricola Pitzalis di cui non posso dire che tutto il bene del mondo, son finita a girovagare per l'agro romano-viterbese.
Che si sappia, io non compro MAI il pollo al supermercato nè tantomeno dal macellaio.

E' un rifiuto totale, mi fa schifo con quella carne flaccida e polverosa. Lo so, sto usando parole pesanti e forse eccessive ma è così, ognuno ha le sue fisime e questa io me la tengo ben stretta.
Ma torniamo al racconto.

Insomma nel mio girovagare mi trovo una vecchina ottantenne in mezzo ad un campo e le chiedo: "nonna non è che sa chi potrebbe vendermi un pollo?"
e la nonna: "che ti serve cocca, un pollo? te lo do io, ho giusto l'acqua pronta"
così zoppicando con una gamba offesa entra nel pollaio, acchiappa un pollo con un lungo ferro ricurvo, gli infila un lungo coltello in gola e zac...ammollo nell'acqua calda...spennato e spiumato a tempo di record e nel giro di 10 minuti pronto ancora caldo.

Il tutto mentre una torma di gatti faceva festa.
Dario Argento avrebbe tutto da imparare dalla simpatica vecchina.

E io lì a guardare esterrefatta, non spaventata perchè in campagna ci son cresciuta non mi dan fastidio le puzze, nè le azioni di questo tipo.

Lei mi guarda, capisce che la cosa non mi ha poi sconvolto più di tanto e mi fa: "te lo do un coniglio?"
"No grazie, nonna!"

Il poligno è stato festeggiato a dovere riempito dei sapori dell'autunno.
Glassato e dorato da spennellata di cognac e miele.
Insaporito dalle erbe del terrazzo.
Ricordandosi di quella contadina e del suo duro mondo.
Apprezzando il gusto della carne soda e non sfilacciata, saporita.

Per festeggiare l'incrocio pollo-coniglio detto poligno la sottoscritta si è comportata come il solito Topolino apprendista stregone e un pò di questo un pò di quello ha proceduto così.

-Un pollo ruspante intero eviscerato (ma anche no se vi piacciono i durelli e il fegato)
che va preparato cospargendo l'interno e la pelle di sale e pepe (io passo all'nterno anche mezzo limone tagliato e uno spicchio di aglio che poi elimino ma è più una fissazione che altro)
Per il ripieno
- 1 mela golden
- circa 20 castagne
- un rametto di rosmarino
- uno spicchio di aglio
- 4 cucchiai circa di cognac o altro liquore (anche il vin santo usato dai calicanti ci sta benone)
- un pezzetto di guanciale a dadini
- 4 cucchiai di chicchi di melagrana
- un cucchiaio di olio di oliva ev.
- sale e pepe
Scaldare l'olio e farvi sfrigolare il guanciale a dadini e l'aglio.
Aggiungere le castagne lessate e sbucciate, la mela e sfumare con il cognac a fuoco vivace.
Aggiungere in ultimo la melagrana, salare pepare e aggiungere gli aghi di rosmarino.
Riempire il poligno e se potete cucire l'apertura, io non ho potuto perchè mi mancava il giusto ago.
Sistemate il pollo in un tegame da forno oliato e in cui ci stia di misura.
Oliate (pochissimo), salate e pepate la pelle e mettete in forno a 170° in modalità ventilata.
Rigiratelo a metà cottura in modo che anche la parte a contatto con il recipiente possa dorare.
E alla fine spennellatelo con una mistura di cognac caldo in cui avrete aggiunto un pochino di miele il che gli darà quel colore dorato uniforme, quasi laccato e lucido.
Se avete avuto la pazienza di arrivare fin qui potrei intrattenervi con l'argomento dell'infotografabile e sulla scarsa fotogenicità di alcuni soggetti a dispetto della bontà.
Potrei anche tediarvi per ore con disquisizioni sulle foto da blog patinate alla Donna Hay tutte bianche. azzurrine, sfumate tutte uguali.
O sull'opportunità di evitare di indottrinare i figli a tal punto che prima di mangiare chiedono timidamente....lo devi fotografare?
Ma sono buona e non arrivo a tanto.

mercoledì 23 settembre 2009

Romanità e l'inizio della fine


Puntualmente ad ogni cambio di stagione mi ritrovo spiazzata.
Spiazzata dal fatto che non sono riuscita a postare i piatti che avrei voluto nel rispetto della stagionalità appunto, cosa della quale non riesco a fare a meno.
Non vedrete MAI in questo mio spazio qualcosa che non sia rigorosamente stagionale me ne faccio un punto di orgoglio e mi viene la puzza sotto il naso.
Approfittate degli ultimi peperoni della stagione per un pollo tipicamente romano e tipicamente estivo.
Anzi di più, tradizione del pranzo di ferragosto dei romani veraci.
Anche questo fa parte dei miei ricordi di bambina, di un viaggio sfocato dalle nebbie del passato di un gran caldo agostano e di una trattoria sperduta nella campagna romana con un'altalena in un angolo, la pergola e i tavoli con la tovaglia a quadretti.
Ricordo il pollo, il giallo dei peperoni e poco altro.
In questo caso inseguendo i ricordi ho ritrovato quel sapore perduto, non sempre accade ma questa volta fortuna volle.
Sarà stato anche merito del pollo acquistato qui o anche dei peperoni e dei pomodori che compro direttamente all'orto sotto casa km 1.
- 1 pollo ruspante a pezzi
- 2 peperoni gialli
- 6 pomodori tipo S. Marzano
- 1 dito (in orizzontale) di vino bianco
- 1 cipolla
- 1 pezzetto di peperoncino
- olio extravergine di oliva
- sale
- mentuccia romana tritata
Questa è una non ricetta.
Mettete in un tegame possibilmente di coccio il pollo, l'olio, la cipolla tritata, i peperoni ridotti a pezzetti, i pomodori pelati privati dei semi e tritati, il peperoncino.
Fate andare incoperchiato a fiamma medio-bassa, sfumate con il vino e portate a cottura finchè la casa profumerà e il sugo si sarà ispessito.
Salate poco prima che il pollo sia cotto.
Cospargere di foglioline di mentuccia romana tritata e riincoperchiare per qualche minuto in modo da dare il tempo alla mentuccia di fare il suo dovere.
Aspettare che il sole tramonti e che le cicale inizino a cantare e servire.
NB la mentuccia romana non può essere sostituita dalla comune menta, semmai dalla nepitella ma niente menta glaciale o altri tipi.
Se proprio non ne siete provvisti desistete o cambiate profumo.
Com'è fatta?
Qui un esempio non ben riuscito.

martedì 15 settembre 2009

avrei dovuto

Avrei dovuto fare un post siculo o parlare di qualcosa di mio.
Già, avrei dovuto, e invece come spesso accade cambio rotta all'ultimo minuto parlando d'altro.
Di com'è bello avere una sidebar, per esempio, ed usarla nel momento del bisogno.
Un'ancora di salvataggio perfetta.

Si lo so faticate a seguire un discorso così poco chiaro.
La domanda è: che fare se arriva un sms che pressappoco recita così: ho 6 tonnetti freschi me li cucini tu? e da lì a qualche ora i tonnetti arrivano a casa tua?
Si improvvisa, certo.
Oppure si usa la sidebar, si bussa alla porta delle case amiche e si imbastisce un menu.
Niente di che direbbero magari le dirette interessate autrici del menu/sidebar.
Tutto un uhm e un mmmmmm di puro piacere direi io, che alla cena ero presente.
Il menu?
Dritto dritto dalla sidebar con i dovuti e doverosi ringraziamenti alle amiche che hanno pubblicato queste ricette fantastiche.

Il mio unico contributo è stato quello di preparare l'antipasto rigorosamente siciliano con il pane di grano duro e il sesamo, l'uovo di tonno accompagnato dai fichi e la caponata che avete visto tante volte sul mio spazio.




Poi è stata la volta di Loriana alias La mercante di spezie con un sughetto fantastico di tonno zucchine menta e basilico.
Non c'è la foto, ma fate come ho fatto io: leggete la ricetta, immaginate e poi producetevi in questa delicatissima pasta.
Unica variante che mi sono concessa è stata quella di cambiare formato prediligendo gli spaghetti alla chitarra Garofalo per i quali ho una vera e propria passione
A seguire una trilogia
Katia di K-Kitchen che a sua volta riprende una ricetta di Carmelo Chiaramonte con le polpette di palamita in foglia di limone il mio albero di limone ha fatto la sua porca figura e il profumo e la presentazione erano perfetti.


Nostra signora Cavoletto di Bruxelles anche lei con una reinterpretazione del tonno alla palermitana sempre originata da Carmelo Chiaramonte, che ho servito con una dadolata di pomodoro pizzutello per mancanza di tempo.
Rusti-chic saporitissimo con l'idea di andare in crescendo con i sapori.


E ancora Loriana con delle stratosferiche polpette di tonno con sorpresa dal sapore esplosivo.
Devo ammettere che non le ho passate nell'uovo ma soltanto nel pangrattato che ha comunque aderito bene, forse per merito delle mani unte d'olio.



Si lo so cercate il dolce.

Abbiamo terminato con il gelato comprato in gelateria ma se avessi dovuto scegliere rimanendo sul fil rouge del siculo allora avrei scelto le Cuoche dell'altro mondo e la loro cassatina nel bicchiere


Alla fine
GRAZIE

mercoledì 29 luglio 2009

giusti giusti


Morivo dalla voglia di partecipare al contest estivo di Sandra di UTDZ ma pensa che ti ripensa non mi veniva niente in mente un pò perchè con il caldo i miei due neuroni provvisti di sinapsi inibitoria vanno in ferie e un pò perchè niente mi pareva abbastanza degno di essere presentato.

Gira che ti rigira però ho pescato dalla mia memoria una ricetta che rifaccio tutti gli anni e che mi è sempre tanto piaciuta.
L'ho pubblicata diverso tempo fa per il forum di Prezzemolo & Finocchio e credo che sia davvero degna di partecipare al contest nonostante la pessima qualità delle foto.
Eccola.

Involtini di pesce spada e melanzane al profumo di pesto genovese

Ingredienti:
-due/tre melanzane tonde e nere non sbucciate da cui ricavare almeno 8 fette grandi alte circa 1 cm da grigliare
-350 gr di pesce spada affettato molto sottile tipo carpaccio se vi riesce (io ho preso un unico pezzo alto circa 4 cm e l'ho affettato a mano)
-100 gr di pecorino romano grattugiato
-una manciata di pinoli e una di uva passa
-una manciatina di pangrattato
-scorza di limone grattuggiata
-2 spicchi di aglio
-un mazzo di basilico e uno piccolo di prezzemolo
-sale e pepe
-olio d'oliva

Allora: abbiamo tutto pronto, l'unica cottura preliminare è quella delle melanzane che vanno grigliate e condite con un filo di olio e di sale.
Prendete la fettona di melanzana e appoggiateci la fetta sottile di pesce spada.
Nel frattempo in una ciotola mescolate 2 cucchiai di pangrattato, il prezzemolo tritato fine, un pochino di pinoli, un filo di olio, tre cucchiai di pecorino, l'uva passa (diciamo due cucchiai scarsissimi), la scorza di limone grattuggiata e il pepe.
Cospargete con mano leggera questo composto sul pesce spada e arrotolate a involtino senza fermarlo.
Mettete tutti gli involtini in una pirofila che li contenga di misura e conditeli con un filo di olio e metteli in forno per 15 minuti a 160°.
Nel frattempo con il frullatore ghiacciato preparate un pesto genovese fatto con basilico, aglio, pinoli, olio, sale e il pecorino rimasto.
Mettete due involtini nel piatto e fateci colare sopra il pesto.


mercoledì 31 dicembre 2008

profumo di buono, di classico, di speciale




Esiste sempre una prima volta nella vita, questo si sa.

E questa è l'occasione giusta per raccontare la mia prima volta alle prese con un pennuto blasonato e un'arancia.
Che preparare quando hai ospite un'amica che di cucina ci capisce e neanche poco?
Il minimo è misurarti con qualcosa di sconosciuto, classico e mai provato prima.
Il minimo è correre al supermercato di domenica e comprare l'anatra....tornare a casa e googolare.

Era meglio camminare saltellando sulle mani lo so, però intanto l'anatra stava lì a fissarmi ve l'immaginate una che saltella sulle mani con un'anatra stecchita che la guarda? Dai siamo seri.

E così armata di pazienza e di google digito "anatra arancia".
Provateci, ma vi dico che troverete circa cinquantamila risultati e, inevitabilmente, il primo non è mai quello attraente o che fa per voi.
E allora correggo il tiro "anatra all'arancia blog" e lì i primi risultati mi mettono in crisi.

I blog sono quello di giallo zafferano e la cucina di calycanthus .
Mi piacciono entrambi.

Ovviamente ce n'è anche una versione blasonata nell'archivio di prezzemolo e finocchio, versione di Anthony Bourdain ma ormai ho la testa altrove.

E qui parte la riflessione.
Su giallo zafferano si sostiene la tesi che l'origine di questo patto sia toscana, il che non mi stupisce visto che con Caterina de' Medici gran parte del bagaglio cultural-gastronomico toscano ha preso la via francigena ed è arrivato a Parigi.
Interessante no?

Il secondo spunto riflessivo va a Calycanthus
Non ho capito bene ma per un fortunato caso è stata fatta una doppia cottura, prima in forno ad arrostire intera e oi in pezzi in tegame.
Alla fine, ho scelto di seguire i calycanthus con le dovute deviazioni dallo schema della ricetta come da copione.

Ovviamente la ricetta la trovate nel link.

Qui dirò soltanto delle poche modifiche che ho fatto io.

Semplicemente non ho tagliato in pezzi l'anatra e non ho utilizzato il metodo della doppia cottura.
In effetti io ho una pentola da fuoco-forno dotata di pesante coperchio di terracotta e così ho trasferito l'anatra, il suo sugo e il resto degli ingredienti in questa pentola, ho incoperchiato e messo in forno.
Ho imparato che se aggiungi il caramello a qualche altro liquido (fosse anche il fondo di cottura dell'anatra) devi e dico DEVI far in modo che il liquido "accettante" sia bollente pena l'immediata cristallizzazione del caramello.
Però non mi sono persa d'animo, ho pensato riportando alla giusta temperatura si sarebbe sciolto e così è stato.

Inoltre non ho sbollentato le scorzette, le ho aggiunte prelevandole direttamente al momento con un rigalimoni.

Al termine della cottura ho fatto ridurre il fondo di cottura, tenendo l'anatra al caldo, e vi ho mescolato anche un pacchetto di castagne al naturale precotte ricordandomi l'utilizzo nel salato che ne avevano fatto cuochi di carta il 5 novembre 2008 (lo dico perchè non riesco a mettere il link preciso). Ne siamo rimasti tutti entusiasti, amica compresa specie per le castagne.

Non so se diventerà la mia ricetta d'elezione, in fondo non ho ancora provato le altre ma sicuramente è da raccomandare caldamente.
Ah la fotografia (bellissima e bloggara) ce l'ha la mia amica...:)))
E me l'ha mandata.....

giovedì 2 ottobre 2008

dissolvenze e la ricetta sbagliata



Capita.
Capita che una ricetta sia completamente sbagliata.
In tutto intendo, roba da pelle d'oca.
Vero, capita.
Ma capita anche che quella ricetta faccia parte di un pezzo di mondo, il tuo mondo e anche se è sbagliata ha una storia che attraversa i secoli, le distanze e anche gli spazi siderali se vogliamo.

Si perde nelle pieghe di una famiglia semplice.
Una mamma, un papà, tre sorelle e una nonna.
Ah nella storia c'è anche una bambina, anzi due.
Già una nonna ligure, spezzina per l'esattezza...la nonna Santa, zoppicante dalla nascita per la poliomielite e per quanto fragile e mingherlina forte come uno scoglio (non può essere una roccia questa è una storia di gente di mare).

Una donna sola con una figlia e un genero motorista navale, di quelli che bravi così non ne fanno più....Cornuto di Giove!
Una nonna e tre nipoti, tutte femmine che il maschietto se l'è portato via una pallonata quando era ancora nella pancia, capita.
Tre nipoti che per disperazione imparano a cucinare, la disperazione derivata da una madre assolutamente negata per la cucina e imparano quello che sanno dalla nonna.
E la nonna racconta e insegna loro la ricetta sbagliata.
Quella che ha fatto il viaggio di sola andata da La Spezia a Trapani.
Una di quelle nipoti era mia madre e una di quelle bambine sono io.
Solo che anche mia madre ha deciso di fare un viaggio di sola andata e così a me è rimasto il ricordo di un profumo e un'immagine in dissolvenza nella memoria.
Ed è stata questa iniziativa qui che mi ha convinta a cercare chi mi potesse aiutare a ritrovare quel profumo e a ricreare quello scatto fotografico dai contorni sfumati.

Così ho fatto la telefonata ad una delle due ragazze rimaste a custodire i ricordi (non chiedetevi dove sia la nonna Santa, la mia bisnonna era del 1890...).
La telefonata è andata così:
io: "vero che la mamma cucinava bene?"
Zia: "tua mamma era bravissima in cucina"
io: "sai perchè te lo chiedo? perchè ho un ricordo vago di spaghetti con le cozze"
Zia: "ma come fai a ricordare...la pasta che ci ha insegnato la nonna Santa..."
io: "eppure io la ricordo, raccontamela"
Zia: "beh in effetti è una ricetta antica viene da lontano e attraversa l'Italia..."
io: "e allora raccontamela..."
Sguscia le cozze (na' parola penso ma lascio perdere i dettagli tecnici) e le metti a colare su un recipiente per raccogliere il liquido che perderanno.
Nel frattempo scalda un trito di prezzemolo e aglio (e qui il primo errore...il prezzemolo cotto) in un pò d'olio.
Aggiungi le cozze e fai andare un minuto poi aggiungi abbondante concentrato di pomodoro (seeeee vabbè) e sfuma con un dito di vino bianco (pure, ma non si dovrebbe fare prima del pomodoro?).
Dopo il vino aggiungi qualche pomodoro pelato a pezzetti e l'acqua delle cozze.
Lessa la pasta e versala ancora molto al dente nella padella con il sugo di cozze.
Mi raccomando di aggiungere ancora un pò di prezzemolo fresco tritato.

A lei piaceva tanto.
io: "grazie zia" click.
Torno a casa più confusa che persuasa.
I pezzi non combaciavano...mah...vino dopo il pomodoro, concentrato ...bah, prezzemolo cotto boh...però quel profumo di sale e mare continuava ad aggredirmi il naso sempre più prepotente e non so come la foto sbiadita aveva dei contorni nitidi e precisi.
Bah, appunto.



Mentre rimugino squilla il telefono, la zia.
"tesoro te l'ho detto che il vino va dopo il concentrato?"
"si zia, sta tranquilla me l'hai detto"
Ecco, io stasera ho sette anni e ho capito che la ricetta non è sbagliata.
L'ho scritto che ho scoperto il segreto per aprire le cozze?