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lunedì 4 giugno 2007

Lo zucchino del pensionato



Entro deciso.
Acciaio, vetri e poltroncine.
Finalmente, dopo 2 anni di indecisione mi risolvo a verificare la posizione pensionistica.
Per tempo. Una volta tanto.
Allora entro. Ore 8,30.
Gli sportelli aprono alle nove.
È pieno, anzi è GIA’ pieno. Tutti maschi.
I vecchi dormono poco, si sa.
Fila davanti alla macchinetta dispensa bigliettini “tagliacoda” (si chiama così, giuro).
Arriva il mio turno (sono le 8,45).
Guardo indeciso i 4 tasti.
1 attività pensionistiche enti locali;
2 attività pensionistiche enti statali;
3 trattamenti di fine rapporto-lavoro;
4 credito e altre attività;
premo 3 deciso e poi, meno deciso, 1 e 2.
“E no!” mi fa, deciso, il vecchietto dietro.
“Così non vale!”
“Ma, ma, ma…” balbetto, indeciso.
“No, no, li posi lì, anzi li dia a me che li passo dietro. Lei ne prende solo uno.”
“Ma non so quale è la fila giusta!” faccio io commovente.
“Allora niente. Chieda prima! Chieda! C’è lo sportello per le informazioni.”
Abbandono per andare allo sportello Informazioni e mi metto in fila mentre il vecchietto indignato si mette i bigliettini in tasca.
Alle 9,12 giungo al Signore.
Sportello blindato manco alla Banca d’Italia.
La sua voce esce da due altoparlanti stereofonici mentre voi (io) dovete parlare in un microfono a bottoncino posto all’altezza della fronte (mia).
La voce stentorea: “Bè, cosa c’è?”
Mi alzo in punta di piedi e sussurro nel bottoncino “Vorrei conoscere la mia posizione.”
“Come dice?” urla, la gente si volta.
“Vorrei conoscere la mia posizione.” Ripeto deciso ad alta voce, sputacchiando un po’ nel microfono alla parola “posizione”.
“Bene, che posizione ha?”
“è quello che vorrei sapere.”
“no, voglio dire, che ente?”
Glielo dico.
“Napoli 2”
“?”
“Forse lei non sa che il ns. Ente ha due (2) sedi a Napoli?”
“E la sede del suo Ente è di pertinenza alla Napoli 2.”
“E questa è…”
“E questa è Napoli 1”
Sto per abbandonare triste, le orecchie flosce.
Mi richiama: “dove abita?”
Le orecchie si drizzano e glielo dico.
“Bene, la sua sede per residenza è qui Napoli 1, per Ente è la Napoli 2.” (giuro che è vero, non sto inventando!)
Siamo in una empasse.
Chiedo io: “ma la posizione non è informatizzata?”
“Certo!” fa lui, ferito nell’orgoglio professionale.
“E allora io, per residenza dico, potrei conoscere la mia posizione?”
“Bè, certo.”
“E allora, quale sportello?”
Si arrende: “numero 1.”
Ore 9,30, torno a fare la fila alla macchinetta tagliacode (si fa per dire).
Mi attribuisco il bigliettino n° 124 e mi vado a sedere ingobbito.
Si discute di colonie estive e del prezzo dei pomodori, che poi sono pomodori olandesi, si sa, perché i nostri non escono prima di un mese. Roba di serra, che schifo, faccio io.
Ottengo consensi, faccio amicizia.
Sono molto esperti, vengono qui quasi tutti i giorni “valorizzando così la funzione sociale dell’Istituto Previdenziale ben oltre la Mission assistenziale…
Si parla di zucchine, qualcuna è già buona, le paesane.
Certo, quelle di Giugliano, faccio. Bravo, fanno.
Fragole, no! No fragole, sono allergico!
OOOOHHHH, poverino!
No, fragole no perché sono finte! Tutte di serra, anticrittogamici, pesticidi vari, antimuffa anti tutto…
Tiriamo fuori i panini perché si sono fatte le 10,30. si propongono scambi, declino e mi tengo la frittatina di prezzemolo al limone (se volete la posto).
Stiamo cominciando a scambiare ricettine di stagione sulle zucchine quando entra una stanga di ragazza.
La Ola parte inavvertita dal vecchio in prima fila a sinistra, il coro fa un OOOHHH pacato, ondeggiante, in fondo rispettoso ma meravigliato della potenza della Natura.
Quando è il mio turno mi alzo con l’aria di spolverare le briciole dai calzoni, è un problema di solidarietà con la categoria, mica altro?
Uno caccia dei tubetti di compresse e ne ingoia una azzurra.
Mah!
Forse si sta esagerando ma non lo dico.
“E’ la campionessa della bocciofila Pacognanese!” esclama un altro.
Si sta esagerando senz’altro ma comunque il tempo passa.
Il vigilante addetto agli ingressi raggiunge la ragazza e le indica l’ingresso, sottraendola ai nostri pacati commenti.
Il vecchietto riprende i tubetti e ne ingoia una bianca contro l’ipertensione.
Continuiamo a parlare di cibo e varie e, finalmente, quando stavo per dare il nome del blog, il segnacode arriva al 123.
Educato saluto e auguro di rivederci presto e mi avvio.
“Seeeeee, in paradiso…” commenta uno.
Faccio gli opportuni scongiuri ed entro.
Sportello 1, il 123 sta salutando l’impiegato, lo bacia su entrambe le guance e lo strizza in un abbraccio entusiasta.
Questo fa bene sperare ma non fa bene sperare un vecchiaccio antipatico che staziona davanti al box dello sportello 1.
E che non era tra gli astanti.
Di dove salta fuori?
Chiamo il vigilante, si volta e vaga verso lo sportello 5, il più lontano.
Esce il vecchio affettuoso, tento di entrare io ma il vecchiaccio antipatico mi batte sul tempo, entra e si siede.
Protesto vibrante.
Il vecchiaccio da dentro fa un gesto come per dire “un momento e che diamine….”
Il vigilante è sparito.
Che faccio? Pianto un casino con l’impiegato?
Ora ciarlano allegri come compagni di merenda.
E se me lo faccio nemico (l’impiegato)?
In corpo mi monta una rabbia che non vi dico ma soprassiedo e mi rifaccio ad anni di dominazione spagnola e di santa pazienza.
Com’è, come non è, tocca infine a me.
Ed entro deciso (e anche un po’ ingrugnito) spintonando sulla porta l’uscente.
Niente armadietti o cassettiere, solo un monitor e tastiera su una scrivania di vetro, vuota.
“Buongiorno!” esclama felice di vedermi l’impiegato.
“buongiorno.” Rispondo freddino.
“cosa posso fare per lei?” fa il lecchino con il senso di colpa.
“vorrei conoscere la mia posizione rispetto alla domanda di riscatto presentata nel 2003”.
“Ente?”
Glielo dico.
“Ahi, ahi – mi fa – forse c’è una complicazione, il suo Ente ricade ….”
“lo so, lo so – faccio sicuro – ma sono in questa sede come RESIDENTE!” e calco bene le parole.
“no, no! Non ha capito, il suo Ente è stato commissariato nel 2003.”
“e allora?”
“e allora bisogna vedere se la domanda giace nelle inevase del disciolto Ente o se, per sua fortuna, giace nelle inevase di quelli confluiti nella Gestione Straordinaria Commissariale degli Enti Inutili e Quindi Disciolti.”
“e come si fa?” domando, indeciso e pavido.
“adesso vediamo.” esclama il munifico impiegato pigiando sul computer.
“ah, bene, bene. È stata accettata.”
Mi rilasso e quasi mi è simpatico. ACCETTATA!
“insomma, accettata cioè ricevuta.”
“cosa ricevuta? L’ho spedita nel 2003! È chiaro che è stata ricevuta! 3 km doveva fare!”
“quella che sembra chiaro a lei non è scontato per noi.” Esclama il tignoso.
“insomma, posso sapere se è stata accettata cioè approvata?”
“caso mai accolta. Cosa vuole sapere la domanda o la richiesta?”
“che differenza fa?”
“la domanda, cioè l’istanza, contiene i prerequisiti per l’istituzione dell’Atto (e lo dice con la A maiuscola) cioè dell’apertura della pratica afferente alla sua gentile richiesta di valutazione che, naturalmente prescinde dal principio di accoglimento che invece attiene, più propriamente, alla soddisfazione del quesito posto in essere con la ricezione della interpellanza…”
“TUTTE E DUE!”
“Bè, dagli Atti (sempre con la A maiuscola), sembrerebbe che la domanda pervenne e la richiesta giacque.”
“sembrerebbe o è?”
“è.”
“Dopo 4 anni?”
“Dopo 4 anni.” Ammette malvolentieri.
“e ora?” lo dico sfiduciato.
“e ora facciamo un bel sollecito.” afferma lui tutto allegro.
Stampa un foglio con il mio nome e ci scrive qualcosa di illeggibile sopra a penna.
“non si preoccupi, ora ci penso io, in un paio di mesi le faccio sapere qualcosa.” Giura entusiasta.
“allora chiamo a luglio?”
“ho detto un paio di mesi, ci sentiamo a settembre, meglio ottobre, non si preoccupi, ora ci penso io.”
Esco scoraggiato e con la coda dell’occhio vedo che qualcosa vola nel cestino dei rifiuti.
Non l’avevo visto prima il cestino dei rifiuti. Era sotto la scrivania.
Scanso il sondaggio sulla soddisfazione dell’utenza e mi avvio verso casa.
Strada facendo penso che vorrei cucinare i calamari imbottiti di zucchine e frutti di mare di Gennarino ma prima passo da Tonino l’erbivendolo di vico Freddo a Santa Maria.
Cribbio, ha delle zucchinelle mai viste prima! Tonde e ciotte che sono uno sballo!
Chiedo cosa ci possiamo fare e lui, docente, risponde dorate e fritte con la mozzarella o imbottite.
AriCribbio, queste i pensionati non le conoscevano!!!???
Non ho dubbi e ne compro 8 sconvolgendo tutti i piani.
Camminando verso la pescheria mi invento come farle.
A Napoli, come saprete, impera la Scapece, che poi sarebbero zucchine fritte conservate nell’aceto che anticamente si tenevano in un boccaccio di creta bianca per più giorni.
Il sig. Scapece, inventore geniale, se le inventò perché non c’erano i frigoriferi e, qui da noi, faceva un gran caldo, e, per mitigare la puzza dell’aceto, aggiunse addirittura la mentuccia.
Insomma, le omonime zucchine risultano ottime al gusto, conservabili per giorni e magicamente profumate. E non è poco.
Il sig. Scapece annovera tra gli avi Ser Escabeche nominato per la prima volta (addirittura) nelle Mille e una notte!
L’ideuzza sbozza leggera ma si completa al ricordo del finocchietto selvatico comprato per fare il pollo copiato da …(cribbio, non mi ricordo più da chi????).
Infine sboccia trionfante al pensiero del mese trascorso in Mexico a mangiare profumatissimo Ceviche (pesce e aceto o limone).
Ecco, è fatta.
Arrivo in pescheria ed entro deciso.
“Voglio un calamaro.”
Pago, esco e vado a casa.

Zucchinelle ripiene di risotto profumato



Ingredienti per 4 persone in piene facoltà mentali:
riso Flora classico parboiled 320 gr. (oppure vialone nano ecc.)
aglio fresco 4 spicchi
menta, finocchietto selvatico, prezzemolo
Aceto balsamico 1 cucchiaio
Aceto bianco di vino 2 cucchiai
Vino bianco secco mezzo bicchiere
Olio evo 4 cucchiai e un po’
Brodo vegetale leggero con qualche foglia di menta e di finocchietto oppure con qualche tentacolo di calamaro (meglio)
Un calamaro fresco (300gr da pulito)
8 zucchinelle tonde
Sale & pepe bianco

Preparazione
Lavate, tagliate un cappuccio e svuotate della polpa le zucchine (facendo attenzione a non romperle).



In un tegame avviate in olio (2 cucchiai), 2 spicchi d’aglio e il calamaro pulito delle interiora e tagliato a pezzetti piuttosto piccoli a fuoco medio, quando il calamaro diventa bianco (cioè perde il traslucido) aggiungete la polpa sminuzzata delle zucchine, soffriggete per un po’, aumentate il fuoco e aggiungete un cucchiaio di aceto bianco e menta e finocchietto sminuzzati.
Sfumate e abbassate il fuoco, portate quasi a cottura regolando il sale.
Quasi alla fine aggiungete un cucchiaio di aceto balsamico e ancora un po’ di menta e finocchietto.
Lasciatelo appena brodoso.
Nella pentola per il risotto fate cuocere a fuoco dolcissimo due spicchi d’aglio schiacciato in 3-4 cucchiai di olio (senza cipolla? Si, un risotto senza cipolla e senza burro, povero Allan Bay!), quindi aggiungete il riso e fatelo tostare a fuoco vivo rimestando spesso per un paio di minuti prima di aggiungere vino e aceto bianco caldi, continuate a girare e sfumate.
Aggiungete il brodo bollente un mestolo per volta e, quando siete a metà cottura, aggiungete la polpa di zucchine e calamari (abbiamo detto un po’ brodosi). Tenete da parte qualche pezzetto di tentacolo per la guarnizione.
Spegnete con il riso ancora croccante e aggiungete un altro cucchiaio d’olio e un po’ di menta e finocchietto tritati. Girate e coprite per un paio di minuti. Provate il sale, se vi piace questo è il momento del pepe.
Ungete d’olio (poco) dentro e fuori le zucchinelle svuotate, ponete sul fondo una fogliolina di menta, riempitele del risotto e coprite con pochissimo finocchietto e prezzemolo, incoperchiate e ponete al forno preriscaldato e ventilato a 220° in un ruoto adatto, per 20 minuti circa.



Che dire?
Questa volta sono soddisfatto di me. Un profumo notevole per un piatto delicato e gradevole.
Naturalmente si può fare come un semplice risotto se non trovate le zucchine tonde.
PS: la variante vegetariana prevede di fare tutto uguale eliminando il calamaro (of course!) e aggiungendo un bel po’ di taleggio in chiusura di cottura del riso.
Se lo rifate, vi prego di citarmi ai commensali.



E Ciccillo che dorme beato sui miei calzini appena asciugati al sole e me li impela tutti.