Il blog di Italians for Darfur

lunedì, settembre 04, 2017

Importante comandante del Darfur si unisce allo SLM-MM

Il Movimento per la Liberazione del Sudan, guidato da Minni Minnawi (SLM-MM), ha dichiarato che il Comandante di campo, Abbas Ahmed Aseel (aka Jebel Moon), è entrato a far parte del Movimento.

In una dichiarazione rilasciata domenica, SLM-MM ha descritto l'adesione di Jebel Moon al Movimento come un "importante passo verso l'unificazione delle forze armate che cercano di rovesciare il regime autore del genocidio e della pulizia etnica".

Nella dichiarazione è stato aggiunto che SLM-MM sta esercitando ogni possibile sforzo per unificare la resistenza armata per affrontare il regime dittatoriale.



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martedì, febbraio 28, 2017

SLM-MM chiede arresto criminali di guerra sudanesi

Il Movimento ribelle per la Liberazione del Sudan (SLM-MM), guidato da Minni Minnawi, ha chiesto di arrestare i funzionari sudanesi incriminati dalla Corte Penale Internazionale (CPI) per crimini di guerra nella regione del Darfur.

La CPI ha emesso due mandati di arresto contro il presidente Omer al-Bashir nel 2009 e nel 2010 per presunti crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio in Darfur.

Inoltre, i giudici della CPI hanno emesso alcuni mandati di arresto nel 2008 per il comandante delle milizie, Ali Mohamed Ali Abdel-Rahman, noto anche come Ali Kushayb ed Ahmed Haroun, Governatore dello Stato del Nord Kordofan, per 51 capi di imputazione per presunti crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Ma Khartoum ha finora rifiutato di consegnarli alla giustizia.

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venerdì, novembre 11, 2016

SLM-MM chiede agli Stati Uniti di aiutare a fermare il genocidio in Darfur

Minni Minnawi, il capo di una fazione del Movimento per la Liberazione del Sudan (SLM-MM),  si è congratulato con il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump per aver vinto le elezioni, e gli ha chiesto di "mettere in fine al genocidio in corso" in Darfur.

Uno dei consiglieri di politica estera di Trump, Walid Phares, ha detto il futuro presidente supporterà la popolazione sudanese nelle aree emarginate e lavorerà per attuare le decisioni della Corte Penale Internazionale contro il presidente Omer al-Bashir.

"A nome del Movimento per la Liberazione del Sudan-Esercito(SLM-A) vorrei cogliere l'occasione per estendere a voi le mie sincere congratulazioni per essere stato eletto come presidente degli Stati Uniti d'America (USA)", ha comunicato Minnawi in un messaggio di congratulazioni.

http://www.sudantribune.com/spip.php?article60804

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lunedì, agosto 29, 2016

Recente rapporto USA: crisi economica legata al genocidio in Sudan

Un nuovo rapporto del Progetto "Enough" che ha sede negli Stati Uniti ha informato che la grave crisi economica è diventata la più grande vulnerabilità per il regime sudanese ed ha permesso al governo degli Stati Uniti di guidare gli sforzi per sostenere un accordo di pace inclusivo nel Paese.

Il rapporto "Il Tallone d'Achille dell'Economia di Khartoum: l'intersezione della guerra, il profitto e l'avidità", spiega come la crisi economica in Sudan è stata aggravata dalle sanzioni imposte al Paese dal 1997.

Esso aggiunge che la comprensione delle debolezze economiche del Governo permetterebbe ai politici di combattere quei funzionari sudanesi che secondo il rapporto "hanno orchestrato gli atroci crimini su larga scala ed i furti in Sudan".

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venerdì, giugno 10, 2016

L'inazione internazionale incoraggia al-Bashir a sfidare la giustizia della CPI

Il procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI), Fatou Bensouda, ha detto che la mancanza di un azione internazionale contro il presidente Omer al-Bashir lo ha incoraggiato a sfidare la giustizia internazionale e a viaggiare in tutto il Mondo indisturbato.

Il presidente al-Bashir è il primo Capo di Stato ad essere incriminato dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio commessi nel corso di una campagna di contro-insurrezione svolta dai militari e dalle milizie governative nella regione del Darfur, dopo lo scoppio della ribellione nel 2003.

Presentando la ventitreesima relazione al Consiglio di Sicurezza sulla situazione nel Darfur, Bensouda ha affermato che questa inazione da parte del Consiglio "ha incoraggiato il signor Al Bashir a continuare a viaggiare attraverso i confini internazionali, nonostante il fatto che sono stati emessi due mandati di arresto contro di lui da parte della Corte".

Il Procuratore ha, inoltre, sottolineato che il fallimento dell'azione del Consiglio "ha altrettanto incoraggiato gli Stati, facenti parte e non dello Statuto di Roma, non solo di facilitare i viaggi del signor Al Bashir nei loro territori, ma anche di invitarlo ed ospitarlo".


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giovedì, novembre 05, 2015

Il Sudan rifiuta l'estensione delle sanzioni da parte degli USA

Il Ministero degli Esteri del Sudan ha espresso profondo rammarico per la decisione degli Stati Uniti di rinnovare le sanzioni economiche di un altro anno, dicendo che la mossa viola la legittimità internazionale.

Nel 1997 Washington ha imposto delle sanzioni economiche e commerciali al Sudan, in risposta alla sua presunta connessione alle reti terroristiche ed alle violazioni dei diritti umani perpetrate dal Governo. Nel 2007 gli Stati Uniti hanno rafforzato l'embargo dopo il genocidio condotto dal Governo in Darfur.

Il 28 ottobre con un messaggio al Congresso, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha esteso le sanzioni al Sudan di un altro anno per le presunte violazioni che il Governo di al-Bashir continua a portare avanti nel Paese.

"Le azioni e le politiche del Governo del Sudan continuano a rappresentare una minaccia insolita e straordinaria per la sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti", ha detto Obama.

In una dichiarazione rilasciata mercoledì, il Ministero degli Esteri sudanese ha respinto le ragioni indicate dalla Casa Bianca per il rinnovo delle sanzioni, dicendo che la mossa è in contrasto con la legittimità internazionale.

Il Ministero degli Esteri ha continuato affermando che la decisione degli Stati Uniti arriva in un momento in cui il Sudan prosegue i suoi sforzi costruttivi per raggiungere la stabilità e mantenere la sicurezza nella Regione, indicando il suo ruolo nella lotta contro la criminalità organizzata ed il traffico di esseri umani oltre alla cooperazione nel contrastare il terorrismo.

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sabato, aprile 07, 2012

Studio scientifico conferma prove delle torture e delle violenze sulla popolazione non araba del Darfur

Uno studio statistico, condotto da un team di medici legali coordinati da Alexander Tsai dell'Università di Harvard e Mohammed Eisa dell'organizzazione statunitense "Physicians for Human Rights" ha ufficializzato la presenza di chiari segni della violenza e dei crimini perpetuati dai Janjaweed e dalle forze governative sudanesi  sulla popolazione non araba del Darfur, che si configurano come prove di crimini di guerra e contro l'umanità. 
L'articolo, pubblicato dalla rivista scientifica PLoS Medicine pochi giorni fa, analizza le cartelle cliniche di 325 pazienti afferiti all' "Amel Center for Treatement and Rehabilitation of Victims of Torture" a Nyala, tra il 2004 e il 2006.
Gli autori hanno potuto evidenziare una stretta corrispondenza tra i racconti delle vittime e le evidenze cliniche riscontrate. Sebbene non sufficienti a indicare una chiara volontà di genocidio, e nonostante il tempo trascorso dalla raccolta dei dati ad oggi, lo studio ha verificato l'attendibilità delle testimonianze rese da darfuri non-arabi, sempre contestate da Khartoum come propaganda antigovernativa.

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martedì, luglio 13, 2010

La Corte Penale Internazionale emana nuovo mandato di arresto per il Presidente sudanese. E' genocidio in Darfur.

Omar Hassan Ahmad Al Bashir, Presidente del Sudan, è nuovamente sotto accusa dal Tribunale Penale Internazionale. Un secondo mandato di arresto, dopo quello del 4 marzo scorso, è stato infatti emanato lo scorso 12 luglio con le accuse di genocidio delle tre etnie principali del Darfur, Fur Masalit e Zaghawa.

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venerdì, aprile 17, 2009

Genocidio o crimini di guerra e contro l’umanità?

E' sempre vivo il dibattito internazionale sul genocidio nel Darfur. A tal fine ospitiamo un commento di Flavia Piccari, neo-laureata in Scienze Politiche (Facoltà Roma Tre) con la tesi dal titolo "Identità, violenza e genocidio" (Nota di Stefano Cera).

Uno dei punti essenziali per comprendere se in Darfur è in atto un genocidio è verificare l’intenzione di compierlo, o dolus specialis, poiché ciò che succede sul terreno da solo non costituisce una prova sufficiente: il valore discriminante è la volontà di chi compie il crimine.
A questo proposito, nel 2004 la risoluzione 1564 del Consiglio di Sicurezza Onu ha istituito la Commissione incaricata di investigare le violazioni dei diritti umani e l’accertamento dell’eventuale genocidio (ICID), presieduta dall’italiano Antonio Cassese e composta da altri quattro qualificati esperti internazionali: l’egiziano Mohammed Fayek, il pakistano Hina Dilani, il sudafricano Dumisa Ntsebeza e il danese Therese Striggner-Scott. La Commissione termina il suo lavoro nel Gennaio 2005 riconoscendo che il Governo sudanese non ha perseguito una politica di genocidio nella regione, essendo assente dunque “l’elemento cruciale”, ovvero l’intenzione di compierlo. Dichiarazioni analoghe sono state effettuate anche dall’Unione Africana e dall’ex Segretario Generale ONU, Kofi Annan, che nel Giugno 2004 dichiara che non si può parlare di genocidio, sebbene ci siano state massicce violazioni del diritto internazionale umanitario. La Commissione ha compilato una lista di 51 persone da sottoporre ad inchiesta per atti criminali: 10 elementi di rilievo del governo centrale, 17 funzionari del governo locale, 14 membri delle milizie dei janjaweed, 3 ufficiali di eserciti stranieri e infine 7 comandanti delle forze ribelli. Inoltre, nel rapporto sono state presentate due importanti raccomandazioni che, cosi come le conclusioni del verdetto, non sono piaciute a molti: incaricare il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja di perseguire i presunti colpevoli e creare una commissione per il risarcimento delle vittime. Gli USA avrebbero voluto una condanna più decisa e per questo hanno fatto pressioni per l’incriminazione delle autorità sudanesi, ma non davanti a quella Corte Penale Internazionale che non hanno mai riconosciuto. Una delle proposte dell’ex Presidente americano Bush è stata quella di ampliare le competenze del Tribunale Penale per il Ruanda. Cina e Russia, due paesi permanenti del Consiglio di sicurezza ONU che intrattengono ottimi rapporti commerciali con il Sudan, hanno voluto evitare problemi al Governo di Khartoum, soprattutto ora che l’accusa di genocidio non ha trovato conferma nel rapporto.
L’UE ha invece proposto di attivare il Tribunale Penale Internazionale, accettata poi con la risoluzione 1593 del Marzo 2005 con undici voti a favore e l’astensione di Cina, Brasile, Usa ed Algeria. Secondo Cassese, è sbagliato ritenere che l’accusa di genocidio faccia scattare meccanismi di garanzia o di protezione diversi da qualunque altro tipo di intervento previsto in caso di quest’ultima tipologia di crimine. Inoltre, sostiene che ogni volta che si verifica l’uccisione di migliaia di persone si debba necessariamente parlare di genocidio, ma dal punto di vista del diritto internazionale c’è una Convenzione e delle norme consuetudinarie che richiedono non solo che vengano compiuti degli atti (dall’omicidio fino all’impedimento delle nascite di un gruppo determinato di persone), ma anche che questi siano compiuti nei confronti di quattro tipi di gruppi: razziale, religioso, etnico o nazionale. Il terzo elemento da dimostrare è il dolus specialis.
Il 14 luglio del 2008 il procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno-Ocampo, ha chiesto alla Camera Preliminare di emanare un mandato d’arresto a carico del presidente sudanese Al Bashir con l’accusa di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Secondo il procuratore, vi sarebbero prove sufficienti a dimostrare che Al Bashir ha progettato e messo in opera un piano per distruggere i gruppi Fur, Masalit e Zaghawa, giustificando le operazioni come contro-insurrezione, ma perseguendo in realtà un intento genocidiario. Dopo aver considerato per quasi otto mesi le prove presentate dal procuratore a sostegno della propria richiesta, il 4 Marzo scorso la I Camera Preliminare ha emesso un mandato d’arresto a carico del Presidente sudanese per crimini contro l’umanità e crimini di guerra, mentre i tre capi d’accusa per genocidio non sono stati confermati. Un fatto rilevante da ricordare è l’opinione dissenziente di uno dei tre giudici, Anita Uša-cka; nonostante ciò, la Camera Preliminare ha ritenuto che le prove presentate dal Prosecutor non fossero sufficienti ad attestare la sussistenza di un dolus specialis.
Il portavoce del ministero degli esteri sudanese, Ali al Sadig, ha affermato che il Sudan non riconosce nulla di ciò che proviene dal Tribunale Penale Internazionale, mentre il secondo vicepresidente della Repubblica, Ali Osman Taha, altro possibile indagato della Corte, ha definito “politiche” le accuse mosse a Bashir. Un’altra fonte del governo, anonima e citata dal sito d’informazione arabo “Elaph”, ha invece sostenuto che le reazioni dell’esecutivo nei confronti della comunità internazionale “saranno durissime”, tra cui l’impedimento del lavoro di tutte le organizzazioni internazionali in Darfur, come sta avvenendo attualmente.
Flavia Piccari

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mercoledì, marzo 04, 2009

La Corte Penale Internazionale ha accusato il presidente Bashir

Il Presidente del Sudan Omar al-Bashir è stato formalmente accusato dalla Corte Penale Internazionale (CPI) di crimini di guerra e crimini contro l'umanità in Darfur, ma non di genocidio, così come invece richiesto nel luglio scorso dal Procuratore Luis Moreno-Ocampo. La portavoce della CPI, laurence Blairon, ha detto che la Corte trasmetterà quanto prima al governo del Sudan la richiesta di arresto.
Fonte: Sudan Tribune

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martedì, agosto 19, 2008

Il mondo diviso tra giustizia e realpolitik

Ritorniamo sulla questione della richiesta di condanna del Presidente del Sudan al-Bashir da parte del Procuratore Capo della Corte Penale Internazionale, Moreno-Ocampo. Lo facciamo attraverso un commento di Valerie Miranda, esperta di prevenzione e gestione dei conflitti nei paesi africani. Il commento è interessante, perchè chiarisce il dibattito internazionale intorno alla richiesta di Ocampo e sintetizza considerazioni di carattere giuridico e politico. Ricordiamo che la posizione dell'Associazione è chiara nel considerare in maniera positiva l'incriminazione di Bashir (Nota di Stefano Cera).

di Valerie Miranda
Accontentare tutti, si sa, è sempre difficile. Ancora di più quando si tratta dei membri della Comunità internazionale. Questa regola generale trova nuova conferma in relazione alle recenti notizie riguardanti il Presidente sudanese Omar al-Bashir.
Chi sperava che grida di gioia si levassero in ogni parte del mondo a seguito della sua incriminazione per genocidio in Darfur, richiesta dal Procuratore Capo della Corte Penale Internazionale, Moreno-Ocampo, è restato profondamente deluso. Gli unici che si sono proclamati all’unanimità soddisfatti del mandato di arresto – che comunque dovrà essere confermato nei prossimi mesi da un panel di giudici della CPI – sono i ribelli darfuriani.
Il fronte degli scettici è invece molto ampio e composito, comprendendo tanto numerosi Stati quanto diversi funzionari di organizzazioni internazionali e di ONG, attive nel Darfur (Oxfam, ActionAid). Pur ritenendo legittima la richiesta di Ocampo, molti infatti ritengono che arrivi al momento sbagliato.
È lo scontro tra la logica della giustizia e quella della diplomazia. Il fine ultimo, cioè interrompere la tragedia che si sta compiendo nella regione sudanese, è da tutti condiviso; la scelta dei mezzi non lo è altrettanto. Chi sostiene il Procuratore della CPI, e quindi la necessità di perseguire la giustizia a tutti i costi, sono ad esempio gli USA (curiosamente, non essendo membri della Corte Penale), parte dell’UE, che si dichiara pronta ad adottare sanzioni ad personam e alcuni operatori umanitari. Gli altri, tra cui molti degli attori più coinvolti sul campo, temono le ripercussioni negative che tale scelta potrebbe avere sull’ancora fragile situazione in Darfur. Si sottolinea, ad esempio, il rischio di un irrigidimento delle posizioni dei ribelli, che già hanno espresso il loro rifiuto a negoziare con un “ricercato internazionale”, e anche del Presidente Bashir, che potrebbe ulteriormente ostacolare il già lento dispiegamento della missione UNAMID e l’operato delle organizzazioni umanitarie, con conseguenze drammatiche per la popolazione.
Inoltre, si fa notare che la presenza di Bashir, e quindi di un Sudan più o meno solido, sarà necessaria per garantire l’avanzamento dei colloqui di pace e il processo di peacebuilding. La richiesta che sembra provenire da più parti, non da ultimo dalla Lega araba e dall’Unione africana, è che l’incriminazione voluta da Ocampo venga momentaneamente sospesa.
La palla è allora nelle mani dell’ONU. Secondo lo Statuto della CPI, infatti, solo il Consiglio di Sicurezza ha il potere di sospendere per un periodo rinnovabile di dodici mesi le indagini del Procuratore o un qualsiasi procedimento penale in atto. Tale importante decisione è stata per il momento rinviata. Infatti, il Consiglio di Sicurezza, riunitosi alla fine di luglio per votare il rinnovo della missione UNAMID, ha concluso che qualsiasi mossa verso la possibile sospensione del procedimento contro Bashir è prematura, nonostante alcuni membri, come Cina, Russia, Sudafrica, Burkina Faso, Vietnam, Libia e Indonesia, non abbiano esitato ad esprimere i loro dubbi a riguardo.
Saranno quindi gli eventi futuri, allo stato attuale difficilmente prevedibili, a dire se l’obiettivo primario della tutela dei civili potrà essere meglio raggiunto scendendo a patti con il diavolo oppure ricorrendo scrupolosamente agli strumenti della giustizia internazionale.

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giovedì, maggio 31, 2007

Beijing Games, Darfur Genocide


Su IHT (International Herald Tribune) ASIA di oggi 31 maggio c'è un'intera pagina pubblicitaria sulla situazione nel Darfur.

Il testo dice quanto segue.
The world is growing impatient. While China prepares to host the 2008 summer games, its failure to stop the Sudanese government’s genocide in Darfur remains shamefully unacceptable. As Sudan’s chief diplomatic sponsor, major weapons provider, and largest foreign investor and trade partner, China has more power than any other nation to convince Sudan to halt the slaughter and stop blocking UN peacekeepers. Yet, China continues to strengthen its economic and military ties with Sudan. How any more will die in Darfur before China acts to end the genocide?

Traduzione
Nel mondo l'impazienza sta crescendo. Mentre la Cina si prepara ad ospitare le Olimpiadi estive del 2008, il fallimento per fermare il genocidio sudanese in Darfur continua ad essere vergognosamente inaccettabile.
In quanto principale alleato diplomatico, principale fornitore d'armi e maggior investitore in Sudan, la Cina ha più potere di qualsiasi altra nazione per convincere il Sudan a fermare la mattanza e ad accettare le forze di pace delle Nazioni Unite.
Eppure la Cina persevera nel rafforzare i suoi legami economici e militari con il Sudan.
Quante altre persone dovranno morire in Darfur prima che la Cina si adoperi per mettere fine al genocidio?

Ringraziamo per la segnalazione l'amico Mango di Treviso

Segnaliamo anche un articolo in inglese su IHT Asia online di ieri:
Gli Stati Uniti chiedono alle Nazioni unite nuove sanzioni contro il Sudan.

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