Visualizzazione post con etichetta Piatti tipici. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Piatti tipici. Mostra tutti i post

domenica 12 giugno 2011

Crescioni alle bietole

Ricetta tratta (e liberamente modificata) da Sale & Pepe di Giugno 2011.

Nonostante le settimane trascorse, comprensive di lungo ponte del 2 giugno, non sono riuscita a trovare il tempo per scrivere un post come si deve, nonostante abbia diverse ricettine nuove nuove da proporvi (finalmente pare che mi sia tornata la voglia di cucinare…ho preparato un sacco di cose buone in questi giorni!).

Stasera finalmente trovo cinque minuti per condividere con voi la mia ultima scoperta in fatto di piatti unici veloci-gustosi-sfiziosi!
Come ho scritto in cima al post, ho visto questi “crescioni” sull’ultimo numero di Sale & Pepe ed è stato amore a prima vista! Sfogliavo la rivista in studio, durante una breve pausa caffè, quando ho posato gli occhi su questa ricetta; è bastato un attimo per decidere che li avrei preparati per pranzo, benché avessi davvero poca mozzarella e non potessi uscire a comprarla.

Io non li avevo mai sentiti nominare, ma pare che i crescioni siano un piatto tipico in romagna, un’alternativa alla classica piada farcita a crudo. Si tratta di una sorta di calzoni, preparati però con la pasta delle piadine (e qui sta la genialità del piatto, la pasta delle piadine ha dei tempi di preparazione decisamente più brevi di quella dei calzoni, il che consente di prepararli in qualsiasi momento senza doverci pensare per tempo). I tradizionali crescioni sono farciti con erbe di campo, tra cui il crescione che dà loro il nome, e mozzarella o altro formaggio fondente. Io li ho fatti con biete (surgelate…ve l’ho detto che ho deciso di preparali proprio all’ultimo momento!), acciughe e mozzarella, ma mi riprometto di provarli con i salumi, con lo stracchino e gli spinaci, con le verdure grigliate e la scamorza affumicata… Insomma, è facile capire che si prestano ad infinite varianti e sono così buoni e facili che diventeranno un nuovo tormentone in casa mia!

Per la pasta delle piadine io non ho seguito la ricetta di Sale & Pepe, ma mi sono affidata alla mia tradizionale, che ho usato per queste. Però ho seguito il suggerimento di dare due giri di pieghe all’impasto.

crescioni2

Ingredienti (per 4 o 5 crescioni)

per la pasta

250 g di farina 00
120 g di acqua tiepida
1 cucchiaino di lievito per torte salate
40 g di strutto
1 cucchiaio di olio e.v.o.
mezzo cucchiaino di sale
mezzo cucchiaino di miele

per il ripieno

300 g di foglie biete (surgelate nel mio caso)
1 mozzarella (circa 120 g)
2 filetti di acciuga sott’olio
olio, sale, pepe e noce moscata

Preparazione

Preparate prima le biete, lessandole in acqua bollente leggermente salata. Il tempo di cottura sarà diverso a seconda che usiate biete fresche o surgelate. Scolatele, lasciatele raffreddare e poi strizzatele bene tra le mani. Tritatele con il coltello, quindi conditele con un pizzico di pepe e una grattatina di noce moscata. Nella ricetta originale, le biete dopo essere state lessate venivano saltate in padella con aglio e olio; a voi la scelta.

Preparate adesso la pasta delle piadine. Io uso la planetaria, ma si può preparare tranquillamente a mano. Mescolate in una ciotola la farina, il sale, il lievito (ne esiste un tipo, di una nota marca, con la confezione gialla, pensato appositamente per piadine e torte salate) ed il miele. Unite man mano l’acqua tiepida, iniziando a lavorare (a mano o con l’impastatrice a bassa velocità). Quando la pasta si sarà amalgamata, unite l’olio e lo strutto (secondo me è sufficiente anche solo lo strutto, la prossima volta proverò a non mettere il cucchiaio d’olio) e continuate ad impastare fino a che avrete ottenuto una pasta liscia ed omogenea.
Volendo, potete sostituire lo strutto con olio o burro, ma otterrete una pasta più croccante.

Copritela e lasciatela riposare 10 minuti (ma anche no! se ho fretta non lo faccio…).

Stendete la sfoglia in  un rettangolo, quindi piegatela in tre parti (come un libro); stendetela nuovamente e piegatela ancora in tre. Lasciate riposare qualche minuto, quindi, dividetela in 4 o 5 parti uguali. Stendete ogni porzione di pasta in un disco non troppo sottile (i miei lo erano un po’ troppo). Distribuite su una metà del disco le biete, spezzettateci sopra mezzo filetto di acciuga e terminate con qualche cubetto di mozzarella. Chiudete i dischi a mezzaluna, ripiegando i bordi e sigillandoli bene con una forchetta. Proseguite nello stesso modo per le altre porzioni di pasta.

Cuocete i crescioni su una piastra di ghisa ben calda (o al limite anche in una padella antiaderente) circa 3 minuti per lato, fino a che saranno ben dorati fuori. Serviteli caldi.

Leggi la Ricetta...

giovedì 19 maggio 2011

Patate a sfincione (take away!)

Oggi pubblico quella che considero probabilmente una delle peggiori foto mai apparse su questo sito pur mostrarvi quell’oggetto geniale che vedete sullo sfondo e di darvi la ricetta delle patate a sfincione, gentilmente preparate per voi…e per noi…dalla mia mamma.
L’oggetto è un nuovo prodotto, Pyrex 4 in 1 plus, che, da quando mi è giunto a casa, gentile omaggio della ditta produttrice, è balzato nella mia personale top ten delle “caccavelle” irrinunciabili. Perché? Adesso vi spiego.
Come già vi ho accennato, per adesso non ho affatto voglia di cucinare, seguo (non tanto per scelta etica, quanto per inguaribile pigrizia) una dieta decisamente salutare e salutista, composta essenzialmente da cibi alla griglia, lessi o al vapore. In mezzo a tanta (salutare, per carità!) monotonia, le uniche gradite variazioni giungono (nemmeno tanto di rado in verità…e per fortuna) dalla cucina di mia madre, che, afflitta dal perpetuo dubbio che io non mangi abbastanza mi chiama almeno un paio di volte a settimana per dirmi : “ti ho preparato qualcosina da mangiare, così non devi pensare a cucinare…vieni a prenderla?”, dove il “qualcosina” è invariabilmente qualcosa di ripieno, calorico e buonissimo, che, nelle giornate di sua massima ispirazione, include un pasto completo per almeno 4 persone, dall’antipasto al dolce!
E qui entra in gioco la teglia che vedete in foto. Da quando è arrivata ha soppiantato le precarie e decisamente non agevolmente trasportabili teglie di alluminio usa e getta (avete presente quelle che si accartocciano miseramente al più piccolo urto…). La cosa funziona così per noi: io le porto la suddetta teglia vuota e pulita, dentro la sua graziosa borsetta termica da trasporto, e lei me la rende poco dopo piena di ogni sorta di delizie (non so, una pasta al forno, uno sformato di riso, delle coscette di pollo alla cacciatora, delle sarde a beccafico…), con l’ulteriore comodità che la medesima teglia serve per cuocere le pietanze (in forno, o nel microonde), per trasportarle mantenendone la temperatura, nonché, all’occorrenza, per congelarle o conservarle in frigo. E’ perfetta anche per portarsi il pranzo a lavoro, per portare qualcosa a casa di amici, o per un pic-nic…. Insomma, davvero una gran comodità!
Questa volta, come vi dicevo, è tornata piena di “patate a sfincione”, un piatto tradizionale in casa mia (e credo tipicamente siculo) che dovete assolutamente provare se amate le patate.
patate a sfincione_s

Ingredienti (molto ad occhio per una pirofila 20x15 cm)
5 patate medio-grandi
2 cipolle bianche (in questo periodo ci son quelle fresche)
4 pomodori ramati maturi o alcuni pomodorini (ma vanno sbucciati eh!)
origano abbondante
olio, sale
pangrattato

Preparazione

Anche questa volta ho dovuto penare per estorcere a mia madre il segreto delle sue patate a sfincione, che sono le più buone che abbia mai mangiato…e giuro che non è perché le fa mia madre! Lei è davvero gelosa delle sue ricette e dei suoi trucchi e non concepisce l’idea di metterle in rete, alla portata di tutti.
Dunque, “il segreto per fare delle perfette patate a sfincione consiste nel mettere le patate appena tagliate in una ciotola piena di acqua fredda, lasciandole “a bagno” per un po’ in modo che perdano l’eccesso di amido”. Chiaro? 
Vi avverto, però, che a parte questo dettaglio questa è la ricetta del “quanto basta”, nel senso che non ci sono dosi precise, si va ad occhio e a gusto; diciamo che man mano che farete pratica troverete il vostro equilibrio ideale.
Dunque procedete così. Ungete leggermente con il dito il fondo della vostra pirofila (o del vostro Pyrex 4 in 1 plus). Sbucciate le patate e tagliatele a fettine spesse circa mezzo centimetro, o poco  meno (niente mandolina, insomma, tagliatele a mano, e non importa se non vengono proprio tutte uguali), immergendole man mano in una ciotola d’acqua. Tagliate la cipolla a fettine sottili. Lavate i pomodori, privateli della buccia e dei semi e tagliateli a pezzetti.
Iniziate a comporre la teglia, senza scolare le patate, ma prelevandole man mano dal contenitore con l’acqua (va bene se restano umide, verranno più morbide). Disponete sul fondo della pirofila uno strato di patate, cospargetevi sopra delle cipolle (non un intero strato, ma non siate nemmeno troppo avari) e qualche pezzetto di pomodoro (non troppo, altrimenti otterrete patate al sugo…in una teglia di queste dimensioni direi quattro-cinque pezzetti per strato). Salate leggermente, quindi terminate lo strato con una generosa spolverata di origano e un filo d’olio. Proseguite nello stesso modo (patate-cipolle-pomodoro-origano-sale-olio) fino ad esaurire gli ingredienti o fino ad aver realizzato quattro o cinque strati (se ne fate troppi, non verranno bene). Terminate cospargendo di pangrattato ed irrorando con un ultimo filo d’olio.
Infornate a 180° per almeno 20 minuti e comunque fino a completa doratura. Se infilzate uno stecchino nelle patate, dovrete sentirle tenere ma non sfatte. I tempi di cottura variano in funzione del tipo di teglia che usate (vetro, ceramica, metallo), della grandezza e del numero di strati.
Sfornate e lasciate raffreddare completamente. Servite fredde, ma non di frigo, a temperatura ambiente.

Leggi la Ricetta...

domenica 13 febbraio 2011

Carciofi “in piedi”

Questi carciofi vengono dritti dritti dalla cucina di mia madre. E dato che sono davvero buonissimi, ho pensato di pubblicarli, benché abbia postato una nuova ricetta soltanto ieri.

Noi (o forse dovrei dire lei?) li abbiamo sempre chiamati “carciofi in piedi”, perché di fatto vengono disposti “in piedi” l’uno vicino all’altro nel tegame, durante la cottura, ma a Palermo credo siano più noti come carciofi imbottiti, o carciofi alla villanella.
Sono adatti sia come antipasto che come ricco contorno e qui nella mia città (ed in genere in Sicilia) sono davvero molto diffusi.

carciofi_in_piedi_s

Come spesso accade con i piatti poveri della tradizione locale, ogni città, per non dire ogni famiglia, ha la propria versione, che apporta varianti più o meno significative alla preparazione di base. 

In questa versione, ad esempio, manca un ingrediente che quasi tutti usano: il formaggio. Di solito, infatti, al ripieno viene aggiunto del caciocavallo fresco, o del primosale; un formaggio dal sapore deciso (che io non amo, ragion per cui a casa mia non si usa). Inoltre, noi li facciamo “in bianco”, mentre molti aggiungono un pizzico di salsa di pomodoro, sia al ripieno, sia in cottura. In compenso, oggi mia madre ci ha messo qualche pezzetto di mortadella, che, non l’avrei mai detto, ma ci sta una meraviglia!

Insomma, questa volta noi li abbiamo ok, ok…le li ha fatti così.

Ingredienti

5 carciofi con le spine
6 cucchiai colmi di pangrattato
1 mazzetto di prezzemolo
1 cucchiaino di parmigiano grattugiato
2 spicchi di
aglio rosso di Nubia (va bene anche l’aglio comune, purchè non sia cinese)
4 filetti di acciughe sott’olio
1 rametto di timo
1 fettina di mortadella (facoltativa)
1 fetta di mozzarella fior di latte (sostituibile con del caciocavallo o del primosale)
olio extravergine di oliva
1 o 2 patate (se necessarie)

Preparazione

Preparate una capiente ciotola piena d’acqua acidulata con il succo di un limone, che lascerete immerso nella ciotola dopo averlo spremuto. Munitevi di guanti in lattice, oppure strofinatevi energicamente le mani con un limone, al fine di evitare che si anneriscano durante la pulizia dei carciofi. Private i carciofi delle foglie più esterne, poi, quando raggiungerete quelle più tenere, tagliateli a circa due terzi dalla base, eliminando le spine e la parte terminale (e più dura) delle foglie. In questa pagina trovate illustrata, con tanto di foto passo passo, la tecnica di pulizia dei carciofi con le spine, ma badate di fermatevi al punto n.6, perchè per questa ricetta non occorre nè rimuovere la base delle foglie, né, ovviamente, tagliare i carciofi!. Per i più esigenti, è possibile anche rimuovere, con delle forbici da cucina, le piccolissime spine che rimangono nel cuore del carciofo, attaccate alle foglioline più interne. Ma sappiate che non è indispensabile.
Tenendo il carciofo con entrambe le mani, allargate un po’ le foglie, usando i pollici, in modo da scostarle leggermente una dall’altra (servirà a far entrare meglio il ripieno), quindi immergetelo nell’acqua e limone. Ripetete l’operazione con gli altri carciofi.
Se avete a disposizione anche i gambi, “sbucciateli”, con il coltello o il pelapatate, eliminando la parte esterna e dura, fino a che troverete l’interno più chiaro e tenero. Uniteli ai carciofi immersi nella ciotola di acqua acidulata.

Preparate il ripieno. In un padellino antiaderente, sciogliete su fuoco bassissimo i filetti di acciuga; unite il pangrattato e fatelo brustolire, mescolando continuamente, per pochi minuti, diciamo due o tre; non deve tostarsi del tutto, soltanto dorare appena. Versate il pangrattato tostato in una ciotola ed unitevi il prezzemolo tritato, il timo, un po’ di parmigiano (anche più di un cucchiaino se piace), l’aglio tritato finissimo (deve quasi sciogliersi in cottura), la mozzarella (o uno dei formaggi che vi ho suggerito sopra) a dadini e la mortadella a pezzetti (che, però, come vi dicevo prima, è un’aggiunta estemporanea, non fa parte della ricetta originale). Amalgamate il composto con abbondante olio d’oliva.

Prendete i carciofi e preparate un pentolino o casseruola che li contenga di misura. Eventualmente, riempite gli spazi tra uno e l’altro con delle patate sbucciate e tagliate a metà (cuocendo insieme ai carciofi, ne acquisteranno tutto il sapore, diventando deliziose). Prendete un carciofo, strizzatelo leggermente, allargate nuovamente le foglie e riempitelo con un po’ del composto, premendo bene con le dita in modo da farlo penetrare. Adagiate il carciofo nella pentola e proseguite con gli altri. Se vi avanzasse del composto, distribuitelo sopra i carciofi alla fine. Infilate gli eventuali gambi negli spazi vuoti. Versate nella pentola acqua sufficiente a coprire i carciofi fino ad un dito sotto al bordo, condite con un bel filo d’olio (in questa ricetta non bisogna essere parsimoniosi con l’olio, ed occorre sceglierne uno robusto, dal sapore intenso, ma non acre) ed un pizzico di sale.

Cuocete su fiamma bassissima, per i primi 5 minuti con il coperchio, poi proseguite per altri dieci minuti circa tenendo il coperchio un po’ aperto con un mestolo di legno, in modo da agevolare la fuoriuscita del vapore, mantenendo, però, la giusta umidità nel recipiente. Saggiate la cottura con una forchetta, deve affondare agevolmente fino al fondo del carciofo. Abbiate cura di non far asciugare tutto il sughetto.

Gustateli tiepidi o anche a temperatura ambiente.



Leggi la Ricetta...

domenica 31 ottobre 2010

I fruttini di Martorana (o pasta di mandorle o pasta reale)

In principio furono “I Morti”. Prima di Halloween, delle streghe, delle zucche e di tutte le altre novità importate dall’America, in Sicilia si festeggiavano I Morti, il 2 novembre.
La Festa dei Morti altro non è che la festa cristiana dedicata alla commemorazione dei defunti, cui si connette una tradizione estremamente viva nella cultura siciliana, almeno fino a qualche anno fa, fatta di dolci tipici (fruttini di martorana, pupi di zucchero, ossa dei morti…), regali ai bambini, fiere, mercatini ed, infine, visite al cimitero. Le origini della festa probabilmente risalgono a prima del cristianesimo e discendono dai culti pagani dei defunti.
La tradizione popolare ha fatto dei “Morti” entità benevole che portano dolci e giocattoli ai bambini, a condizione che siano stati buoni. Ai “monelli” non viene portato nulla. O peggio, carbone.
Un po’ come accade a Natale, solo che la Festa dei Morti è venuta molto, ma molto prima.
In questa pagina, troverete una bellissima descrizione della festa, scritta da Giuseppe Pitrè, il più importante raccoglitore e studioso di tradizioni popolari siciliane.

Nella mia famiglia, i regali non arrivavano tutti gli anni, ma non sono mai mancati i fruttini di martorana (il cui nome deriva dai dolci di marzapane, a forma di frutta, che venivano preparati dalle suore del convento della Martorana), che mia madre preparava in casa, sotto il mio sguardo estatico.
E’ una tradizione cui sono molto legata, una delle cose che più ho amato condividere con mia madre durante l’infanzia; ogni anno mi sembrava una sorta di magia… Da quando mi sono sposata, non li avevo più preparati, ma quest’anno ho voluto rifarli, insieme a lei, ovviamente. E così, ho comprato tutti gli ingredienti, sono andata a casa sua, abbiamo tirato fuori le formine di gesso (mi dicono che adesso, per questioni di igiene, le stiano facendo di silicone…beh, mi dispiace, ma non mi convertirò mai al silicone! le formine di gesso sono una parte fondamentale della tradizione…) e ci siamo messe al lavoro.

fruttini_s

La ricetta di mia madre, tramandata dalla sua bisnonna, è talmente segreta che ho dovuto faticare per convincerla a lasciarmela pubblicare (e lo so che se adesso googlassi “pasta di mandorle ricetta” probabilmente ci troverei anche la mia, ma lasciatemi, anzi lasciateCI credere che sia ancora un segreto…). Si, perchè la nostra pasta reale (o pasta di mandorle) è completamente diversa, per ingredienti e preparazione, da quella diffusa in tutto il resto della città, preparata dai pasticceri e venduta un po’ dappertutto. La nostra prevede una lavorazione a caldo, che parte da uno sciroppo di zucchero, mentre la classica pasta reale viene lavorata a freddo, mescolando la farina di mandorle con glucosio, zucchero a velo, in alcuni casi albume d’uovo, ed aromi vari.  Inoltre, in casa mia la pasta viene lavorata poco, rinunciando, forse, alla perfezione estetica a vantaggio del gusto. Il risultato finale per me è totalmente diverso da qualsiasi altro mai assaggiato. La nostra pasta di mandorle è una pasta granulosa ed aromatica, molto dolce, certo, ma con un intenso sapore di mandorle; l’altra è liscia e compatta, eccessivamente “perfetta” (i maligni la associano al gesso, o al pongo…ma non io! io dico solo che è diversa…) e, secondo me, poco profumata. Ma si sa, i gusti son gusti ed ognuno è affezionato alla propria tradizione familiare!

Mentre facevo un tuffo nel passato, preparando questi dolcetti, ho tentato di fare qualche foto del procedimento (non sono delle belle foto, ma c’era una pessima luce, mia madre adora la luce soffusa e le abatjour!!!) . E spero, un giorno, di poter condividere questa tradizione con i miei figli, anche se il mondo di oggi è totalmente diverso e Halloween sta soppiantando, nel cuore dei più piccoli, la vetusta tradizione dei Morti.
Intanto, la condivido con voi.

Ingredienti

500 g di farina di mandorle
250 g di acqua
1 kg di zucchero
1 bacca di vaniglia/1 cucchiaino di estratto di vaniglia

formine di gesso
amido
coloranti alimentari in polvere
cacao amaro in polvere
pennelli

a piacere “lucido trasparente” per alimenti (io non lo uso)

Preparazione

Almeno dodici ore prima di iniziare, prendete un tegame basso e largo (tipo una risottiera) e versateci l’acqua, lo zucchero e i semi della vaniglia. Copritelo e lasciatelo riposare.
Tirate fuori le formine di gesso (che non devono mai essere conservate in un contenitore chiuso, hanno bisogno di prendere aria) e pulitele con un pennello o uno spazzolino morbido.

fruttini_color copia

Trascorso questo tempo, mettete la pentola sul fuoco e, mescolando continuamente, attendete che si formi lo sciroppo di zucchero “al piccolo filo”. Lo sciroppo sarà pronto quando, mettendone una goccia tra pollice ed indice, precedentemente bagnati di acqua fredda (attenti alle scottature!), formerà un “piccolo filo”. Il piccolo filo è il primo dei sei gradi di cottura dello zucchero, in merito alla quale trovate abbondanti e, certamente, più accurate informazioni in rete. Raggiunto il giusto grado di cottura dello sciroppo, aggiungete la farina di mandorle versandola a pioggia e mescolate continuamente e vigorosamente con un cucchiaio di legno. Appena terminate di versare la farina, calcolate 6-7 minuti di cottura, durante i quali dovrete sempre mescolare con energia, come se faceste la polenta! La pasta sarà pronta quando apparirà più compatta e sembrerà staccarsi più facilmente dalle pareti (non si staccherà mai completamente però). Togliete il tegame dal fuoco e versate la pasta di mandorle in piccoli mucchi su un tagliere di legno o marmo. Appena sarà tiepida, manipolatela delicatamente, ma senza esagerare; dovrete come compattarla tra le mani più volte, fino a quando la superficie esterna sarà liscia, ma dentro la pasta apparirà ancora granulosa.
Prendete un pezzetto di pasta e mettetela in una delle formine che avrete spolverato con amido o, in alternativa, ricoperto con pellicola trasparente. Tagliate l’eventuale eccesso con un coltellino affilato, schiacciatela con le mani arrotondandone la parte posteriore e, infine, rovesciate il vostro “fruttino” su un vassoio. Proseguite così fino ad esaurire la pasta, ma siate veloci perché tende ad asciugarsi in fretta, rendendo più difficoltosa la formatura.

passo_passo_s

Quando avrete terminato, lavate molto velocemente le vostre formine (la maggior parte delle persone sostengono che non debbano assolutamente essere lavate, ma quelle che vedete nella foto sopra hanno almeno quarant’anni e vengono lavate tutti gli anni…) con acqua appena tiepida, quindi asciugatele con un panno pulito e lasciatele all’aria almeno altre 24 ore prima di riporle in una cassetta o scatola priva di coperchio.

Dopo aver lasciato asciugare i fruttini per un giorno (su un vassoio coperto di alluminio), potrete colorarli. Preparate i coloranti in polvere, il cacao (che io uso come colore marrone, al posto del colorante), dell’acqua, dei piattini e dei pennelli. Mettete un pizzico di colorante in un piattino, unite una goccia d’acqua e diluitelo. Se avete utilizzato l’amido per formare i fruttini, spolveratelo via prima di colorarli. Colorate le varie parti dei fruttini, avendo cura di pulire i pennelli prima di cambiare colore, a meno che non desideriate ottenere delle sfumature mescolando i colori. Fate per ultimi i dettagli, come i puntini neri, le strisce, ecc, utilizzando un pennellino molto sottile.

Lasciate asciugare i fruttini alcune ore e, se desiderate, lucidateli con una vernice trasparente per alimenti. Noi non l’abbiamo mai fatto, perché il lucido evidenzia le imperfezioni!
Conservateli ben chiusi in un contenitore ermetico o una scatola di latta. Non occorre dire che sono ipercalorici, quindi consumateli con moderazione!

Se volete regalarli, confezionate i vostri fruttini in piccole cassette di legno, o cestini, panierini o quel che più vi aggrada, sul cui fondo adagerete un po’ di paglia per alimenti, trasparente o color legno. Qui da noi la scelta delle confezioni è ampia ed ogni famiglia ha il proprio stile. Io adoro queste piccole cassette di legno, che imitano quelle vere della frutta!

Leggi la Ricetta...

domenica 8 novembre 2009

Ricotta e pere

La torta ricotta l’ho assaggiata ad Amalfi (in una pasticceria, purtroppo, un tantino “turistica”) durante i tre fugaci giorni di vacanza che siamo riusciti a concederci quest’estate, e confesso che non mi aveva convinto. Decisamente troppo dolce. Le pere si sentivano appena, dovevi più che altro immaginarle, e il guscio era una sorta di frolla non troppo croccante. Nel complesso, il giudizio rasentava a stento la sufficienza. Se fossi riuscita a preparare per tempo un itinerario di viaggio (siamo partiti all’improvviso, senza prenotare nulla e senza sapere bene cosa visitare) sarei certo andata ad assaggiare la celeberrima versione di De Riso a Minori (il caso, per fortuna, mi ha condotta almeno alla deliziosa Pasticceria Pansa, in Piazza Duomo, dove mi sono goduta una colazione da principessa, con posate d’argento, servizio impeccabile e una sfogliatella -anzi, una “riccia” mi pare si dica- d’una bontà impareggiabile! Ma questa è un’altra storia…).

Ma allora non ne avevo nemmeno mai sentito parlare (lo so, sono piuttosto disinformata come food blogger!), sapevo solo quel che mi aveva detto il cameriere del bar, cioè che si trattava di un dolce tipico della costiera amalfitana, e che, personalmente, non mi aveva convinto. L’abbinamento, però, mi intrigava parecchio, così mi ripromisi di farne una mia versione alla prima occasione utile.

Domenica scorsa, pensando ad un dolce che potesse piacere alla mia famiglia, sono approdata, quasi per caso, a questa torta. Volevo un dolce elegante, ma di facile realizzazione (lunga, magari, ma facile); avevo in mente le pere, inizialmente con il cioccolato, ma non trovavo una torta che mi soddisfacesse o che non avessi già fatto in precedenza. Poi ho pensato alla ricotta e mi è venuta in mente la torta di Amalfi. Cercando una ricetta da cui partire, come al solito, ne ho trovate decine (Cookaround, Gennarino, La Ciliegina sulla Torta..solo per citare quelle che ho aperto), anche molto diverse tra loro, e ho scoperto che si trattava di un dolce molto famoso. Escluse immediatamente le versioni con la meringa, francese mi pare, e la “massa giapponese” (ma cosa è??? Ho proprio tanto da imparare ancora!), così come quelle con la frolla, ho preso la ricetta di Tuki e poi l’ho modificata un po’, cercando di creare una mia versione della “ricotta e pere”. Eccola qui.

ricotta e pere_s

Ingredienti: 

Per la pasta biscuit

75 g di farina 00
10 g di farina di mandorle
15 g di cacao amaro in polvere di ottima qualità 
3 uova
2 tuorli (tre uova intere sono sufficienti)
100 g di zucchero
50 g di burro fuso
1 pizzico di sale

Per la farcia alla ricotta

500 g di ricotta di pecora freschissima
200 g di panna fresca
160 g di zucchero
1 baccello di vaniglia

Per la bagna

100 g di acqua
50 g di zucchero
50 g di grappa (non avendo a disposizione il distillato di pere)

Per la farcia alle pere

2 pere medie sode ma dolci (dovrete ottenere circa 400 g di polpa)
50 g di zucchero
10 g di grappa
1 limone
2 cucchiaini di amido di mais

Per decorare

mezza pera
sciroppo di zucchero
zucchero a velo

Preparazione:

Mettete la ricotta a sgocciolare in un colapasta e iniziate a preparare la pasta biscotto. Preriscaldate il forno a 190°-200°. Montate con la planetaria o le fruste elettriche le uova (la mia ricetta ne prevede 3 intere più due tuorli, ma l’ho fatta spesso anche con sole tre uova intere e viene benissimo) con lo zucchero per almeno dieci minuti, fino ad ottenere una massa estremamente gonfia e densa. Sollevando le fruste, il composto dovrà “scrivere”, ossia depositarsi sulla superficie in “nastri” che tarderanno ad affondare. Setacciate insieme la farina, il cacao e la farina di mandorle, quindi aggiungetele lentamente e molto delicatamente alle uova montate. Unite infine il burro, in precedenza sciolto su fuoco bassissimo e raffreddato. Stendete con una spatola l’impasto su due placche ricoperte di carta forno oppure in due teglie da 22 cm di diametro (insomma, per farla breve, dovrete ottenere 2 dischi da 22 cm di diametro) e cuocete in forno già caldo per circa 8 minuti. Non perdete d’occhio il forno, la pasta non deve assolutamente diventare croccante. Se avete usate come me le placche, ricavate dalla pasta 2 dischi da 22 cm di diametro.

Preparate la crema di ricotta. Montate la panna ben soda in una ciotola fredda. Adesso, con la planetaria, o con una frusta elettrica a nastro, montate per circa 5 minuti la ricotta con lo zucchero ed i semi del baccello di vaniglia. Unitevi la panna, amalgamando delicatamente dal basso verso l’alto. Mettete la crema in una ciotola, copritela con pellicola e mettetela in frigo mentre preparate la bagna e la farcia alle pere.

Lavate, sbucciate le pere e riducetele a dadini piuttosto piccoli. Mettetele in una padella antiaderente con lo zucchero, la scorza ed il succo del limone. Fatele saltare su fuoco medio per circa 5-10 minuti. Quando saranno morbide ma non sfatte, aggiungete l’amido di mais, mescolando con un cucchaio di legno e cuocete per altri tre minuti. Dovrete ottenere un composto piuttosto denso, quindi, se occorre, aggiungete un altro pizzico di amido di mais. Unite, infine, la grappa e togliete dal fuoco. Trasferitele in un piatto fondo o in una ciotola e fatele raffreddare.

Preparate la bagna. Mettete in un pentolino l’acqua e lo zucchero, portate a bollore e fate bollire per trenta secondi circa. Fate raffreddare. Quando sarà quasi fredda, unite la grappa.

Adesso montate il dolce. Prendete un cerchio da pasticceria e adagiatelo sul piatto da portata. Rivestitelo di carta forno o di acetato. Disponete sul fondo uno dei dischi di pasta bisquit e spennellatelo con la bagna. Riempite con metà della farcia alla ricotta, quindi unite le pere e coprite con la restante crema di ricotta livellandola bene. Spruzzate con la bagna uno dei lati del secondo disco di pasta bisquit, quindi adagiatelo sulla crema, poggiandovi il lato bagnato. Premete leggermente. Mettete la torta in frigo per almeno quattro ore.

Per la decorazione, sciroppate una pera cuocendola in uno sciroppo di acqua, zucchero e limone (ho fatto ad occhio, non so le dosi) per circa dieci minuti.

Al momendo di servire il dolce, spolverizzatelo con abbondante zucchero a velo (il mio era quasi finito ed, infatti, sui bordi lo strato non è così spesso come avrei voluto), eliminate il cerchio da pasticceria e la carta forno e decorate con la pera sciroppata.

Leggi la Ricetta...

sabato 31 ottobre 2009

Ancora una pasta di Filippo La Mantia

Il post che vedrete tra poco l’ho scritto verso la fine di giugno, prima che iniziasse la mia blog-crisi. Quando l’ho scritto ero particolarmente entusiasta di questa ricetta e non vedevo l’ora di condividerla con voi. Poi varie vicende mi hanno allontanata dal blog e questa ricetta si era persa nel mio archivio. Oggi l’ho ritrovata per caso (mentre cercavo di decidere cosa preparare domani a pranzo alla mia famiglia, cercando appunto qualcosa di sfizioso ma non troppo elaborato) e ho deciso di pubblicarla così come l’avevo scritta mesi fa. Spero che l’entusiasmo che la pervade sia di buon auspicio per la mia futura attività di food blogger e, più in generale, per tutto il resto.
Lasciatemi soltanto ripetere quanto vi sono grata per tutti gli affettuosi commenti che avete lasciato in questi giorni.

Lo so, mi sono fissata. Ma che ci volete fare. Noi food-bloggers siamo fatti così. Ci fissiamo. Per uno chef, per una ricetta, per un aggeggino di cui non possiamo fare a meno…insomma andiamo a manie più o meno prolungate.

E i primi piatti di (o liberamente ispirati da) Filippo La Mantia sono diventati la mia nuova ossessione. In più, le sue ricette mi permettono sempre di stupire con un minimo sforzo.

Tornando alla ricetta. Che il limone e l’arancia nella pasta stessero benissimo, lo avevamo capito già con il pesto di agrumi. Che a me i capperi (anzi per la precisione capperetti) di Pantelleria piacciano un po’ ovunque mi pare che fosse abbastanza chiaro. Lo stesso vale per i pistacchi di Bronte. Che io debba mettere sempre il mio zampino nelle ricette dello chef l’avevate pure notato.

Non vi stupirà, dunque, sapere che questa ricetta mi abbia conquistato a prima vista; né che io abbia deciso di aggiungervi un mio tocco personale in corso d’opera; nè, infine, che sia balzata nella mia personale top ten delle paste estive al primo assaggio.

Di conseguenza, eccovi l’ennesima pasta siciliana che più siciliana non si può, che coniuga alcuni dei migliori sapori di questa terra (pistacchi di Bronte, arance, capperi di Pantelleria):  spaghetti con capperi, pistacchi e pangrattato”.

pasta_pistacchi_lamantia_s

Ingredienti:

200 g di spaghetti
una manciata (50 g circa) di capperi di Pantelleria sotto sale
100 g di pistacchi sgusciati, pelati e tritati
100 g di pinoli (decisamente meno direi)
3 cucchiai colmi di pangrattato
1 arancia
1 limone
50 g di passolina (uva passa, il tipo piccolo e scuro)
4 acciughe sott’olio
un pezzetto di peperoncino secco

Preparazione:

Anche questa è un primo che si prepara in dieci minuti, giusto il tempo di cuocere la pasta.

Tostate in un padellino antiaderente i pinoli finchè non saranno dorati e sprigioneranno il loro peculiare profumo; mi raccomando, sorvegliateli attentamente al fine di non bruciarli. Metteteli da parte e nello stesso padellino (mica è obbligatorio, è solo per sporcare meno utensili possibile!) tostate il pangrattato con un filo d’olio d’oliva, mescolandolo continuamente.

Cuocete la pasta in abbondante acqua bollente salata. Nel frattempo, in una padella versate un filo d’olio d’oliva, scaldatelo su fuoco basso e scioglieteci le acciughe; unite i capperi sciacquati molto velocemente per eliminare il sale in eccesso, i pinoli e l’uvetta. Fate saltare un paio di minuti, quindi aggiungete la granella di pistacchi, la scorza degli agrumi e parte del loro succo; se necessario aggiungete un po’ d’acqua di cottura della pasta. Dovrete ottenere un condimento piuttosto cremoso. Non fate cuocere a lungo dopo aver aggiunto gli agrumi, giusto qualche istante, poi spegnete il fuoco e coprite la padella  per tenere in caldo.

Scolate la pasta al dente (conservate un po’ d’acqua di cottura) e mettetela nella padella con il condimento, unite, se occorre, dell’acqua di cottura e fate saltare per qualche minuto. Cospargete con il pangrattato tostato e servite immediatamente.

Leggi la Ricetta...

domenica 11 ottobre 2009

The show must go on…?

Ieri ho cucinato. Ho cucinato davvero, per la prima volta da mesi. Ho radunato pochi, cari, amici e ho preparato per loro qualcosa di speciale. Beh, magari nemmeno tanto speciale, ma qualcosa di nuovo per me, qualcosa di mai provato prima. E ho messo dei nuovi piatti e una bella tovaglia ricamata. E ho passato tutto un pomeriggio ai fornelli. Felice. E abbiamo brindato per questo.

Alla fine non ho fotografato nulla, non ne avevo voglia, non ero sicura di voler condividere con voi quella cena, non ero sicura di voler tornare alla mia “vita da blogger”, ed in ogni caso, mi sembrava fosse tutto già visto, già provato, già pubblicato. Non abbastanza importante insomma.

E invece forse lo era. Perchè oggi ho di nuovo addosso il mio grembiule (di Minnie, regalo di mia cognata S.) e sto cucinando. Uno dei piatti di ieri, perchè mi è venuta voglia di fotografarlo, e chi se ne importa se lo avete già visto. E dei biscotti. Questi ultimi solo per me, però, perchè li ho già pubblicati, anzi sono tra i primi biscotti che abbia pubblicato.

Significa che tornerò a curare il mio blog? Non lo so. Ma significa, di certo, che si è mosso qualcosa dentro di me. Che sono tornata a dedicarmi a qualcosa che amo. Che ho di nuovo voglia di cucinare per me, per il mio amore, per i miei amici. E questo è bene.

Io associo la cucina alla felicità, in un duplice senso. Perchè cucinare mi rende felice, ma anche perchè devo essere felice PER cucinare, felice DI cucinare. Certo, mettere “le mani in pasta” può avere anche un effetto catartico, può aiutarmi a scacciare un malumore passeggero. Ma se l’inquietudine che mi affligge ha radici profonde, allora cucinare non basta, e neppure mi interessa. O almeno, ultimamente è andata così.

Quindi oggi festeggio questo ritorno ai fornelli, sperando che sia un nuovo inizio.

E festeggio proponendovi una vecchia ricetta, rimasta nel mio archivio per mesi, in attesa.

Un tortino di alici, patate e pomodori. La ricetta è di Giallozafferano.

tortino_alici_patate_pomodori_s

Ingredienti:

Le dosi non sono proprio precise, dopo tanto tempo non ricordo più le quantità, perciò mi rifaccio a quelle della ricetta originale.

20 alici o sarde freschissime
300 g (o 500?) di patate
500 g di pomodori ramati maturi ma sodi
olio, sale, pepe
origano
4 cucchiai colmi di pangrattato (non presente nella ricetta originale)

Preparazione:

Che strano…quasi non ricordo più come si descrive una ricetta, una preparazione…spero mi perdonerete se non sarò chiara come al solito!

Lavate le patate, mettetele in un tegame pieno di acqua fredda con un paio di cucchiai di sale grosso e fatele bollire per circa  20 minuti; le patate dovranno essere cotte ma ancora sode, per poterle affettare senza che si spappolino. Nel frattempo lavate e pulite le alici. Togliete la testa, apritele lungo il ventre, eliminate la lisca centrale senza dividerle a metà e tamponatele con un po’ di carta assorbente.

Scolate le patate e lasciatele intiepidire, quindi sbucciatele (la ricetta originale lasciava la buccia, io ho preferito toglierla) e tagliatele a fette spesse circa mezzo centimetro. Tagliate allo stesso modo anche i pomodori e lasciateli scolare per un po’ in modo da eliminare il liquido in eccesso.

Tostate il pangrattato con un filo d’olio in un padellino antiaderente. Deve essere dorato ma morbido, non secco.

Preriscaldate il forno a 180°. Prendete una pirofila rettangolare o 4 piccole pirofile individuali (il che vi consentirà una più elegante presentazione) ed ungete il fondo con un filo d’olio d’oliva.

Componete il tortino, partendo con uno strato di patate, seguito da  uno di alici, con la pelle rivolta verso l’alto, ed uno di pomodori; cospargete il tutto con un po’ di pangrattato, salate, aggiungete un filo d’olio, una spolverata di origano e proseguite con un altro strato, mettendo gli ingredienti nello stesso ordine. Terminate con i pomodori, che cospargerete con il resto del pangrattato.

Infornate il tortino per circa 30-40 minuti. Sfornatelo, lasciatelo intiepidire e servitelo. Può fungere da antipasto per 4 persone, oppure da piatto unico per due, accompagnato con una fresca insalata mista.

Leggi la Ricetta...

domenica 1 marzo 2009

Cous cous al pesto di agrumi (di Filippo La Mantia)

Oggi vi propongo una ricetta d'autore, il piatto di un grande chef Filippo La Mantia, che ho scoperto per caso (il piatto, non lo chef!) e mi ha subito conquistato. Il pesto di agrumi, in tutte le sue diverse declinazioni, è davvero delizioso e questo piatto nel suo insieme è uno straordinario connubio di originalità e semplicità. L'ho servito ad una coppia di amici invitati a cena all'ultimo minuto, facendo un figurone con pochissima fatica (anche perchè ho scelto come dessert un'altra ricetta d'autore, di grande effetto e facile realizzazione...che vi mostrerò la prossima settimana)!
Dunque, non mi resta che ringraziare Filippo La Mantia, che ha scelto di condividere con noi questa ricetta nel suo bellissimo sito (da cui tornerò ad attingere molto presto....).

Rispetto alla ricetta dello chef, ho voluto fare un piccolo cambiamento: al posto delle sarde fritte, che lui abbinava al cous cous, ho utilizzato dei filetti di triglia. Il risultato è ugualmente buono e, se posso permettermi, la resa cromatica del piatto è migliore, perchè il rosso-arancio della triglia dà un tocco di colore in più al piatto. Un altro abbinamento interessante che ho provato, in un'occasione successiva, è con le polpettine di "neonata" fritte...provatelo se vi capita, è eccezionale. Sempre che troviate della "neonata" freschissima, che, come si dice da noi, "sa di mare"!

Cous_Cous_agrumi_s

Ingredienti (per 4 persone)

250 g di cous cous (secondo me è pochino per 4, sarebbe stato meglio se fossero stati 350 g)
4 triglie medio-piccole sfilettate
farina di semola di grano duro (in alternativa, farina 00) q.b.
sale, pepe

3 cucchiai di olio extravergine di oliva
olio per friggere

per il pesto di agrumi

2 arance
1 mazzetto di basilico
10 foglie di menta fresca (io ne ho messe il doppio)
100 g di mandorle bianche (io ho usato quelle tostate con la pelle e ne ho messe un po' meno)
1 pomodoro verde
1 pizzico di origano
50 g di capperi sotto sale
50 g di pinoli tostati
2 cucchiai di olio extravergine di oliva

Preparazione

Potete preparare il pesto anche con un certo anticipo e, se non fa troppo caldo in casa, conservarlo a temperatura ambiente, in modo che non raffreddi troppo il cous cous quando lo condirete. Ma mi raccomando, condite il cous cous solo all'ultimo istante, altrimenti assorbirà velocemente tutto il pesto e tenderà ad asciugarsi troppo.

Lavate accuratamente le foglie di basilico e di menta. Spellate il pomodoro, privatelo dei semi e tagliatelo a pezzi grossolani. Sbucciate le arance e tagliatele a spicchi. Tostate i pinoli in un padellino anti aderente, su fiamma bassa, facendo attenzione a non bruciarli. Quando saranno pronti, metteteli da parte, non vi serviranno per il pesto.

Mettete nel bicchiere del frullatore (o, se siete armati di buona volontà, nel mortaio) il basilico, la menta, le mandorle, il pomodoro, l'origano, le arance, l'olio ed i capperi (lo chef li risciacquava prima, per privarli del sale di conservazione; io invece li ho messi con tutto il sale, perchè perdono trovo che perdano gran parte del sapore sciacquandoli...per prudenza potete aggiungerli poco per volta, assaggiando il pesto per controllare se risulti troppo salato e, se così fosse, potete dissalare gli altri prima di unirli). Frullate (o pestate) brevemente il tutto, cercando di mantenere il composto grezzo.

Preparate il cous cous (quello rapido ovviamente!). Io uso sempre lo stesos metodo, a prescindere dalla marca del cous cous che uso. Versatelo in una ciotola, unitevi 3 cucchiai di olio di oliva e mescolate accuratamente per imbibire tutto il cous cous. Portate ad ebollizione una quantità di acqua pari al volume del cous cous (un bicchiere di acqua, per ogni bicchiere di cous cous) con un pizzico di sale; versatevi il cous cous mescolando fino a che l'acqua si sarà assorbita. Spegnete la fiamma, coprite e fate riposare per 2 minuti. Aggiungete 2 noci di burro e riprendete la cottura, a fiamma bassa, per altri 2 minuti, sgranando il cous cous con una forchetta. Togliete dal fuoco, coprite e fate riposare in caldo per una decina di minuti.

Infarinate i filetti di triglia. Io ho utilizzato la semola di grano duro, una farina che qui al sud si chiama "farina di rimacinato", dalla grana più grossa rispetto alla farina bianca, che dà una grande croccantezza alle fritture. Friggeteli in poco olio caldo (basteranno un paio di minuti), quindi asciugateli su carta assorbente e teneteli in caldo fino al momento di servire (prima è, meglio è!).

Condite il cous cous con il pesto di agrumi, unite i pinoli precedentemente tostati ed impiattate, disponendo sopra ogni porzione due filetti di triglia fritti.

Leggi la Ricetta...

domenica 25 gennaio 2009

Treccine con lo zucchero

Forse avrete notato che ultimamente ho pubblicato un bel po' di ricette siciliane, sicchè mi sembra un buon momento per postare questa ricetta, di un dolce da forno (inteso come panificio..) tipico nella mia città, la treccina con lo zucchero. Si tratta di una sorta di incrocio tra un panino morbido ed una briochina, coperta di zucchero semolato (che si sparge per ogni dove mentre si mangia), a volte arricchita con uvetta, che si trova in tutti i panifici delle mie parti e che mia madre mi comprava come merenda per la scuola o come spuntino pomeridiano. E' uno dei pochi dolci che mi fossero permessi con una certa frequenza da piccola, proprio per la sua semplicità e dopo tanti anni non mi ha ancora stancata. Perciò, appena la solita, straordinaria, Paoletta, di Anice e Cannella, ne ha pubblicato la ricetta, ho subito deciso di provarla. Ed è stato un tuffo nel passato...forse non sono proprio identiche alle originali, ma molto molto simili.

Le ho rifatte due o tre volte, a distanza di pochissimo tempo, ma ogni volta le foto subivano incidenti (smarrite, dimenticate, buie...)! Così mi è rimasta solo questa, del primo tentativo, in realtà non perfettamente riuscito, perchè avevo conservato le treccine nel sacchetto di plastica quando erano ancora troppo calde e parte dello zucchero si è sciolta creando quella superficie un po' ruvida....Devo quindi avvertirvi che l'aspetto dovrebbe essere diverso (potete vedere quelle di Paoletta qui), una superficie bella liscia e lucida, cosparsa di zucchero semolato.

La treccina che vedete in secondo piano, con le macchioline scure, è stata ricoperta di scagliette di cioccolata fondente prima di essere infornata. E' una variante suggeritami da mio marito, di solito, come vi dicevo sopra, le treccine sono con il semplice zucchero o con l'uva passa, ma il cioccolato è un'originale e piacevole alternativa.

Treccine_s

Ingredienti:

250 g di farina manitoba
250 g di farina 00
100 g di zucchero (nella ricetta originale è di meno, ma io preferisco i lievitati un po' più dolci)
5 g di sale
75 g di strutto
20 g di lievito di birra
170 ml di acqua
170 ml di latte

Preparazione:

Setacciate le farine e mescolatele insieme. Mettetele nella ciotola dell'impastatrice insieme allo zucchero. Sciogliete il lievito in una parte del latte tiepido e mettetelo da parte per cinque minuti circa. Versate il lievito sciolto sul composto di farina e zucchero ed azionate l'impastatrice a velocità 1. Aggiungete gradualmente il resto del latte e l'acqua. E' importante versare i liquidi poco per volta, in modo da usarne solo il necessario in base alla capacità di assorbimento della farina. Quando avrete terminato i liquidi e la farina si sarà amalgamata tutta, unite il sale. Quando l'impasto comincia a diventare liscio, unite lo strutto e lavorate ancora a lungo finchè si sarà incorporato bene. La pasta dovrà diventare liscia e molto elastica, staccandosi dal fondo e dalle pareti della ciotola (o dal piano di lavoro e dalle mani se non usate l'impastatrice...). Terminata la lavorazione, coprite la ciotola con pellicola trasparente e ponete la pasta a lievitare in un luogo tiepido e al riparo da correnti d'aria per circa un'ora, un'ora e mezza (fino al raddoppio). Come al solito, io lo metto in forno con la sola lucetta accesa.
Prendete l'impasto e rovesciatelo sul piano di lavoro leggermente infarinato; sgonfiatelo leggermente senza fare troppa pressione, quindi fate le pieghe del secondo tipo di Adriano. Coprite la pasta con un telo inumidito e lasciatela riposare e lievitare per una mezz'ora. Trascorso questo tempo, procedete a formare le treccine. Prendete un pezzo di pasta sufficiente a formare un cordone lungo circa 30 cm e non troppo sottile (avendo cura di non lavorare e schiacciare troppo l'impasto), piegatelo a metà ed arrotolate tra loro le estremità. Disponete le treccine sulla teglia, spennellatele con una miscela di latte ed acqua in parti uguali, copritele e lasciatele lievitare fino al raddoppio. Nel frattempo, preriscaldate il forno a 200°, ponendo sul fondo una pirofila con dell'acqua. Quando le treccine saranno raddoppiate di volume, spennellatele nuovamente con la miscela di acqua e latte, se volete, cospargetele con scaglie di cioccolato, ed infornatele per circa 15 minuti. Tre o quattro minuti prima della fine della cottura, togliete la pirofila d'acqua dal forno, per far dorare bene le treccine anche sotto.

Sfornatele, pennellatele di nuovo con acqua e latte e cospargetele con abbondante zucchero semolato. Per conservarle morbide più a lungo, chiudetele ancora tiepide in un sacchetto di plastica per congelatore. Se le cuocete la sera precedente, al mattino potete scaldarle qualche istante (ma proprio pochissimo) al microonde o al forno.

Leggi la Ricetta...

sabato 10 gennaio 2009

Torta Savoia

Proseguo con la carrellata dei dolci che ho preparato durante queste feste; questa torta l'ho portata alla cena della vigilia insieme alle sfince del post precedente. Così ho accontentato sia gli amanti della ricotta (R. ed io), sia gli amanti del cioccolato (S. -il cui dolce preferito è proprio la torta savoia- ed ancora.....io!).

Qui a Palermo la torta Savoia si trova in tutte le pasticcerie ed è molto diffusa; credo faccia parte della tradizione siciliana, ma devo dire che non lo so con certezza. Ho anche provato a cercare con google la storia della torta Savoia, ma non è venuto fuori nulla di interessante. Comunque, anche Wikipedia la include tra i dolci tipici di Palermo. Sono certa che tra voi ci sarà chi conosce questa storia, quindi vi invito a raccontarmi ciò che sapete su questa torta; io sono una curiosa e mi piace scoprire aneddoti sull'origine delle ricette più famose!

Savoia_s

La ricetta l'ho trovata sul forum di Gennarino, corredata da immagini delle varie fasi dell'esecuzione. La trovate qui
Realizzarla richiede un lungo lungo lavoro, ma ne vale la pena! Come sempre mi accade con le glasse, ho avuto problemi nel ricoprire la torta; non sono particolarmente brava a far colare le glasse sulle torte. Peraltro, la ricetta suggeriva di rifilare i bordi prima di rivestirla; io non l'ho fatto perchè i miei dischi di pan di spagna sembravano abbastanza regolari, ma è stato uno sbaglio. Ritagliare i bordi serve a renderli perfettamente lisci e omogenei, facilitando il compito di rendere uniforme la copertura. Benché, in definitiva, non fosse esteticamente ineccepibile, ha ricosso un grandissimo ed inatteso successo. Mi è stato persino chiesto di rifarla....ed intendo farlo (per te S. questo ed altro!), appena se ne presenterà l'occasione.

Ingredienti:

6 uova grandi (da 70 g)
90 g di farina 00
60 g di amido di grano
180 g di zucchero (io ho usato lo Zefiro) 
un cucchiaino di miele
150 g di cioccolato al latte
500 g di cioccolato fondente al 70% di cacao
100 g di crema di nocciole (se volete prepararla la ricetta è riportata
qui)* 
15 g di zucchero a velo
60 g di acqua
40 g di rum bianco

* una buona crema di nocciole Piemonte, se non volete farla in casa, la produce la Novi; oppure, se i puristi non gridano allo scandalo, potete usare della normalissima Nutella...

Preparazione:

Preriscaldate il forno a 160°. Separate i tuorli dagli albumi e montate questi ultimi a neve  fermissima con un pizzico di sale, conservandoli poi in frigo mentre montate i tuorli. Montate i tuorli con 150 g di zucchero, finchè diventeranno bianchi e densi. Unite un cucchiaino di miele, poi incorporate gradualmente la farina e l'amido setacciati insieme, mescolando con delicatezza. Aggiungete infine gli albumi a neve, poco per volta e mescolando dall'alto verso il basso. Coprite di carta forno due placche. Prendete un mestolo di impasto e distribuitelo sulla prima placca, livellandolo bene con il dorso di un cucchiaio fino ad uno spessore di circa 3 mm; cercate di formare un cerchio da 24 cm di diametro (io ho utilizzato come riferimento l'anello di una tortiera a cerniera). Fate riposare la pastella per un minuto e poi infornatela per circa 10 minuti. I tempi sono indicativi, ogni forno avrà il proprio; in ogni caso, i dischi dovranno essere leggermente dorati con i bordi un po' più scuri, ma non devono asciugarsi troppo nè biscottare sul bordo. La consistenza finale ricorda vagamente quella della pasta biscotto. Mentre il disco cuoce, preparate il secondo sulla seconda placca. Sfornate il primo disco e trasferitelo su un piano con tutta la carta forno per raffreddarlo. Dovrete ottenere in tutto otto dischi.

Mentre i dischi raffreddano, preparate la farcia. Sciogliete a bagnomaria 150 g di cioccolato a latte, 200 g di cioccolato fondente al 70%, la crema di nocciole e i 15 g di zucchero a velo setacciato. Quando tutto sarà fuso, togliete il pentolino dal fuoco ed unite 10 gocce di rum bianco. Il liquore addenserà il composto. Il mio, rispetto a quello che si vede nelle foto del sito, era più morbido, ma la consistenza finale della torta mi hanno detto essere perfetta, quindi non occorre che la farcia risulti troppo densa. Oltretutto mi è stato assai più facile stenderla sui dischi.

Preparate la bagna al rum: scaldate leggermente 60 g di acqua e scioglietevi i rimanenti 30 g di zucchero; unite poi 30 g di rum bianco e mescolate.

Montate la torta. Capovolgete il primo disco di pan di spagna su un foglio di carta forno di diametro leggermente inferiore; staccate la carta servita per la cottura e stendetevi un sesto della farcia, tenendovi a circa mezzo centimetro dal bordo. Bagnate con la soluzione di acqua, zucchero e rum un secondo disco di pan di spagna, capovolgetelo sul primo spalmato di crema, staccate la carta di cottura e stendetevi sopra un altro sesto della crema al cioccolato. Ripetete l'operazione fino ad esaurimento della farcia e della bagna (abbondate pure nel bagnare i dischi). Vi resterà un ultimo disco di pan di spagna che non dovrà essere bagnato e andrà adagiato sull'ultimo strato di crema a copertura. Adesso fate quel che io non ho fatto: utilizzando un piatto o un disco di cartone da torte di circa 22 cm di diametro, rifilate il bordo della torta con un coltello affilato (i ritagli potete mangiarli subito...per verificare la riuscita del dolce!!! :D). Ponetela in frigo a raffreddare, coprendola con pellicola trasparente.

Preparate la copertura: sciogliete a bagnomaria 300 g di cioccolato fondente al 70% di cacao e temperatelo. Per il temperaggio, occorre portare il cioccolato a 45-50°, poi stenderne due terzi su un piano di marmo (se l'avessi.....io uso il tappetino in silicone della Silikomart, del quale non so più fare a meno, è favoloso per stendere frolle, lavorare impasti lievitati e, in mancanza di altre superfici disponibili, può essere usato per temperare il cioccolato!) e lavoratelo con due spatole con un movimento dall'esterno verso l'interno, fino a portarlo ad una temperatura di circa 28°. Raccogliete il cioccolato e riunitelo alla parte lasciata a bagnomaria, riportando il tutto ad una temperatura di circa 32°. Vi confesso che a me il temperaggio non riesce proprio bene, spesso il cioccolato non diventa abbastanza lucido. Ma se avete lo stesso problema, non temete: anche se non perfettamente lucida, la vostra torta sarà ugualmente buona!

Per coprire la torta ponetela su un disco di cartone rigido di diametro inferiore alla torta, quindi appoggiatela su una tazza o una ciotola con sotto un piatto o un foglio di carta forno. Il fatto che la torta sia sollevata dal piano semplificherà la glassatura. Versate il cioccolato fuso sulla torta, facendolo colare sui bordi e cercando di stenderlo con il minor numero di movimenti possibile.
Lasciate che il cioccolato si rapprenda completamente prima di spostare la torta. Tenete da parte un po' di cioccolato fuso. Quando la copertura si sarà sappresa, unite al cioccolato rimasto due gocce di rum per addensarlo e, con un conetto di carta forno dalla punta sottile, formate la scritta "Savoia" sulla vostra torta (io veramente ci ho scritto "Buon Natale"!).

Conservatela in luogo fresco, non necessariamente in frigo, va bene anche una veranda o un balcone....certo purchè dove abitate voi fuori non faccia più freddo che dentro al frigo!

Leggi la Ricetta...

giovedì 1 gennaio 2009

Sfinci (o sfince, spinci, sfingi...) di San Giuseppe

Ok, ok, sono parecchio in anticipo se consideriamo che la festa di S. Giuseppe cade il 19 marzo, ma qui da noi ormai questi dolci si mangiano tutto l'anno, specie nella versione "mignon". Io le ho preparate la sera della vigilia di Natale, con somma gioia di tutti i parenti!

Sfince1_s

Le sfince o sfinci sono i dolci caratteristici che si mangiano a Palermo per la festa di San Giuseppe. Le diverse etimologie proposte per il loro nome indicano la somiglianza con una spugna, dal latino "spongia", che a sua volta deriva dal greco “sfoggia”. Molti però fanno derivare il vocabolo dall'arabo "sfang" col quale viene indicata una frittella di pasta addolcita con il miele.

Ed in effetti, si tratta di un particolare tipo di frittella, ossia un dolce fatto a base di pastella fritta in abbondante olio o strutto caldo. L’estro dei nostri pasticcieri ha nei secoli trasformato questa semplice frittella in un dolce prelibato, dedicandola al Santo protettore degli umili: come umili sono i suoi ingredienti.

La particolare lavorazione dell'impasto, analoga a quella della pasta choux, consente a questo di gonfiarsi in cottura, rendendo le sfince soffici, dorate e vuote all'interno. Il segreto e la difficoltà di questi dolci risiede interamente nella frittura, che deve avvenire nello strutto e ad una temperatura non tanto alta da farle bruciare senza gonfiarsi, ma nemmeno tanto bassa da far assorbire troppo grasso alle "sfinci".

A dispetto di quanto si possa credere, la frittura nello strutto si rivela addirittura migliore di quella nell'olio, poichè lo strutto non conferisce alcun sapore al cibo, ha una buona resistenza al calore e non viene assorbito dagli impasti, che rimangono asciutti, soffici e leggeri. L'importante, è sostituirlo ad ogni frittura. Unico, ma pesante, effetto collaterale: LA PUZZA!!! L'odore (per nulla gradevole, vi assicuro) che sprigiona lo strutto friggendo ha il potere di invadere tutta la casa (anche se chiudete le porte) e di impregnarla per giorni! A me è toccato pulire la cucina da cima a fondo (piastrelle comprese) per rimuovere ogni più piccola traccia di unto maleodorante e poi accendere per ore la mia nuova lampada berger per depurare l'aria di casa! Ma ne è valsa la pena.....io sono una inguaribile golosa, ma credo che questi siano tra i miei dolci preferiti in assoluto.

Ingredienti:

per la pasta:

250 g di farina 00
5-6 uova
250 ml di acqua
25 g di strutto

per la crema di ricotta:

1 kg di ricotta di pecora (finirà tutta)
300 g di zucchero (io ho usato lo zefiro)
100 g di gocce di cioccolato (o più a piacere)
scorza di arancia grattugiata (o acqua di fior d'arancio)

per friggere:

500 g di strutto (a me ne è avanzato un bel po', dipende da quanto è grande il recipiente in cui friggete)

per decorare:

pistacchi tritati e scorza d'arancia candita

Preparazione:

La ricotta occorrente per la crema deve essere acquistata almeno 24 ore prima e deve essere lasciata in frigo a sgocciolare in uno scolapasta, con un recipiente sotto, per eliminare il siero in eccesso. Poiché il procedimento è un pochino laborioso, potete anche prepararla con un giorno di anticipo.

Dopo aver fatto sgocciolare a dovere la ricotta, passatela al setaccio usando un setaccio a maglie fini; vi garantisco che è una cosa un po' lunga, ma assolutamente necessaria per rendere la crema giustamente vellutata. Pesate lo zucchero, grattugiatevi dentro la scorza di arancia e lavoratelo con le dita in modo da far sprigionare tutti i profumi dell'agrume, che impregneranno lo zucchero. Setacciate la ricotta una seconda volta, quindi conditela con lo zucchero. Lavoratela a lungo con un cucchiaio o una forchetta. A questo punto, i perfezionisti setacciano nuovamente la ricotta con lo zucchero, per renderla ancora più "fine". Unite infine le gocce di cioccolato e conservate in frigo in un contenitore ermetico fino al momento in cui riempirete le vostre sfince.

Preparate quindi la pasta. Mettete in un pentolino l'acqua, lo strutto e un pizzico di sale; quando l'acqua bollirà e lo strutto sarà sciolto, togliete dal fuoco ed unite la farina tutta in una volta, mescolando vigorosamente con un cucchiaio di legno, per non far formare grumi. Appena la farina si sarà incorporata, rimettete sul fuoco e mescolate fino a che il composto si staccherà dal fondo e dalle pareti, sfrigolando leggermente.

Mettete la pasta in un piatto e lavoratela con una spatola o un cucchiaio, per farla intiepidire. Non smettete mai di mescolarla, altrimenti la pasta si seccherà in superficie e, quando unirete le uova, resteranno dei grumi che la rovineranno.

Quando la pasta sarà ormai tiepida, unite le uova, uno alla volta, mescolando vigorosamente con un cucchiaio di legno o delle fruste elettriche a bassa velocità. Incorporate un altro uovo solo quando il precedente sarà stato completamente assorbito. Il numero di uova dipende dalla consistenza dell'impasto e dalla dimensione delle uova; io ne ho usate cinque. La pasta dovrà risultare morbida, ma non del tutto liquida, un po' come quella dei bigné, forse più morbida.

Mettete sul fuoco un pentolino con lo strutto e fatelo sciogliere; dovrà essere profondo dalle 3 alle 4 dita, a seconda della dimensione che volete dare ai vostri dolci. A questo punto, iniziate a far delle prove di temperatura, prelevando piccole porzioni di impasto e tuffandole nel pentolino. Di sicuro, lo strutto non deve raggiungere il punto di fumo; se immergendo la pasta questa tendesse a scurire immediatamente, vorrà dire che lo strutto è troppo caldo. Quando la temperatura dello strutto vi sembrerà corretta, prendete delle cucchiaiate di pasta ed immergetele nello strutto, poche alla volta. La pasta tenderà ad assumere un colore biondo e, dopo qualche minuto (credo che le sfince cuociano circa 5 minuti), inizierà a gonfiarsi molto, formando grosse "bolle". Quando vi parrà che la sfincia non tenda più a gonfiare, sarà pronta. Questo perchè all'interno sarà sostanzialmente "vuota"; la pasta sarà perfettamente asciutta e leggera (anche all'interno), croccante all'esterno e soffice internamente, con dei grossi "buchi". Asciugate le sfinci su carta assorbente e cospargetele di zucchero a velo.

Quando saranno fredde, potrete farcirle; questa operazione può essere fatta alcune ore prima di consumarle, ma non con troppo anticipo, altrimenti la pasta perderà la sua fragranza.

Per farcirle, mettete la crema in un sac a poche con la bocchetta larga un paio di centrimetri(altrimenti le gocce di cioccolato non passeranno), praticate un foro in ciascuna sfincia (io lo faccio con la punta della tasca) e riempitela di crema. Tenetene da parte qualche cucchiaiata per la decorazione. Spalmate la crema rimasta sulle sfinci e terminate decorando con pistacchi tritati (io non avevo intenzione di mettermi a lessare, spellare, tostare e tritare pistacchi, così ho usato un po' di granella già pronta!) e scorzette di arancia candita. Conservare in frigo.

Consumate rigorosamente con le mani!

Quasi dimenticavo....buon anno a tutti!!

Sfince2_s

Leggi la Ricetta...

sabato 27 dicembre 2008

Biscotti Regina o "Reginella"

Le "reginelle", o biscotti regina sono dei biscottini tipici delle mie parti, fatti da una pasta tipo frolla, molto croccante, e ricoperti di semi di sesamo, il cosiddetto "cimino". Desideravo da tempo prepararli, ma non trovavo la ricetta, finché, quando ho espresso sul blog il desiderio di averla, è intervenuta Cristina, del forum e-cucinando.it, che me l'ha subito inviata!
Poichè sono i biscotti preferiti da mio marito, da mio suocero e dalla mia collega P., ho deciso di prepararli in occasione del piccolo brindisi pre-natalizio che abbiamo fatto in studio. Sono riusciti benissimo e il sapore è proprio quello dei biscotti che qui si trovano in qualsiasi panificio. Persino io mio iper critico marito li ha definiti assolutamente perfetti!
In meno di una settimana, li ho già rifatti tre volte! Finiscono in un batter d'occhio!! Inoltre, hanno il pregio di conseravarsi perfettamente freschi e fragranti davvero a lungo, se chiusi in una scatola di latta  o in un vaso di vetro. Ancora dopo due settimane sembravano appena sfornati; di più non sono mai sopravvissuti...
Non smetterò mai di ringraziare Cristina per la ricetta. Quelli che lei ha realizzato  potete ammirarli qui. Questi, invece, sono i miei.

Reginelle_s
Ingredienti (per 2 teglie di biscotti):
500 g di farina 00
160 g di strutto
160 g di zucchero
4 g di ammoniaca per dolci *
1 uovo (pesato senza guscio) + tanto latte freddo quanto ne serve per arrivare ad un totale di
100 g mezza bacca di vaniglia
200 g circa di sesamo tostato
* 4g corrispondono più o meno ad un cucchiaino raso. L'ammoniaca per dolci io l'ho trovata in un negozio di prodotti per pasticceria. E' fondamentale per la ricetta, il lievito altererebbe irrimediabilmente sapore e consistenza!
Preparazione:
Preriscaldate il forno a 180°. Fate tostare il sesamo in un padellino anti aderente mescolandolo continuamente finchè avrà assunto un bel colore biondo.
Anche per questo impasto io ho usato la planetaria, ma dovrebbe funzionare egregiamente anche un robot da cucina (tipo mixer, quelli con le lame, per intenderci). Se non siete particolarmente bravi con le frolle, vi sconsiglio di lavorare la pasta a mano, perchè lo strutto è difficile da incorporare alla farina senza che si scaldi troppo. Mettete nella planetaria (o mixer) la farina, lo zucchero, i semi della vaniglia e lo strutto freddo. Azionate l'apparecchio, mescolando fino ad ottenere un composto "bricioloso"; unite quindi il latte, l'uovo e l'ammoniaca e mescolate ancora fino ad ottenere una pasta soda, tipo frolla. Se la pasta non dovesse compattarsi, potete aggiungere ancora qualche goccia di latte. Come tutte le frolle, occorre lavorarla velocemente. Una volta pronta, avvolgetela nella pellicola e mettetela in frigo, prelevandone man mano piccole porzioni per formare i biscotti. Questo vi aiuterà a mantenere la pasta soda, perchè per preparare i biscotti vi occorrerà un bel po' di tempo e se lasciaste la pasta al caldo, lo strutto tenderebbe a sciogliersi, rendendo la pasta grassa e difficilmente modellabile.
Formate dei bastoncini di pasta sottili come un dito e lunghi 6-7 cm, rotolateli nel sesamo tostato, facendolo aderire bene (io ho preferito preparare tutti i biscotti prima e poi rotolarli nel sesamo) e disponeteli ad un paio di centimetri di distanza (gonfiano un po' ma non tantissimo)sulle placche ricoperte di carta forno. Cuocete i biscotti per circa 30 minuti. I tempi di cottura, come sempre, variano in relazione al forno; i biscotti devono risultare molto croccanti e dorati, senza però bruciarsi. Per non sbagliare, tirateli fuori dopo una ventina di minuti, controllate la cottura assaggiandone uno e se occorre infornateli di nuovo per altri dieci minuti circa, senza perderli di vista!

Leggi la Ricetta...

venerdì 19 dicembre 2008

Pastine di mandorla

Visto che siamo sotto Natale, vi sto per proporre una carrellata di biscotti. Probabilmente, giungo in ritardo per fornire idee a chi desiderava utilizzare i biscotti come dono natalizio, ma sono ancora in tempo per mostrarvi qualche piccola dolcezza da offrire ai vostri ospiti durante le prossime feste.

Queste pastine di mandorla sono molto diffuse in Sicilia e si trovano nelle le fogge più diverse: oltre a queste classiche, con la mandorla al centro (a onor del vero andrebbe spellata, ma non me la sentivo proprio di sbollentare-pelare-tostare....), si trovano con la scorza di arancia candita (rotonda), con la ciliegina e con il cedro. Poi ci sono le varianti "rotolate" nello zucchero a velo, nei pinoli, nella granella di pistacchi...insomma ce n'è per tutti i gusti. Sempre per essere sincera, questi con la mandorla (o arancia, o cedro) di solito sono formati con l'ausilio della tasca da pasticcere con la bocchetta a stella, in modo da ottenere delle piccole "roselline". Io andavo piuttosto di fretta e li ho modellati semplicemente con un cucchiaino!
Se amate i dolci con le mandorle vi piaceranno ed hanno l'ulteriore vantaggio di servire per smaltire gli albumi e di prepararsi in poco tempo...se non si conta il riposo.

Si conservano bene per alcuni giorni, quindi potete prepararne una bella scorta da offrire a fine pasto, magari con un bicchierino di Passito di Pantelleria (come suggerisce la foto...), oppure con il caffè.

paste_di_mandorla_s

Un piccolo avvertimento: le dosi della farina e dello zucchero cambiano in base alla grandezza degli albumi, quindi dovrete regolarvi un po' ad occhio. Per esser certi di non sbilanciare la proporzione tra gli ingredienti, vi consiglio di unire lo zucchero e la farina di mandorle a cucchiaiate, e non tutte in una volta.

Ingredienti per circa 15 pastine:

2 albumi
100 g di farina di mandorle 
90-100 g di zucchero vanigliato*
mezzo cucchiaino di essenza di mandorla amara
15 mandorle (preferibilmente spellate....)

zucchero a velo per spolverizzare

* lo zucchero vanigliato non è zucchero a velo, ma zucchero semolato aromatizzato alla vaniglia; potete prepararlo in casa, mettendo in un barattolo lo zucchero con i baccelli vuoti (privati dei semi, lavati e perfettamente asciugati) della vaniglia. Dopo un paio di settimane sarà pronto.

Preparazione:

Montate gli albumi a neve ferma. Unite gradualmente la farina di mandorle e lo zucchero, fino a formare una pasta morbida e un po' collosa. Non deve essere proprio una pasta omogenea, altrimenti la consistenza dei dolcetti cambierà. Unite per ultima l'essenza di mandorle amare ed amalgamate bene il tutto. Mettete la pasta nel sac a poche con la bocchetta a stella e formate dei biscottini della grandezza di una noce sulla placca da forno rivestita di carta forno. In alternativa, potete fare come me e formare i dolcetti utilizzando un cucchiaino. Spolverizzateli con lo zucchero a velo, mettete al centro di ciascuno una mandorla e lasciateli riposare per un'oretta. Nel frattempo, preriscaldate il forno a 190°. Cuocete le pastine per circa 15 minuti, o fino a quando saranno dorate al centro ed appena brunite sui bordi. Considerate che devono restare molto morbide al centro. Lasciate raffreddare un po' prima di rimuovere dalla teglia. Quando saranno fredde, conservatele in un contenitore ermetico.

Leggi la Ricetta...

venerdì 4 luglio 2008

Polpettine di alici

Premessa n° 1: Forse avrei dovuto intitolare questo post "polpette di alici Cavoletto style", perchè se è vero che le polpette di sarde sono un piatto tipico dalle mie parti, è pur vero che da una ricetta di Cavoletto (erano delle polpette di pesce spada) ho preso l'idea di passarle nella granella di pistacchi, anziché nella semplice farina, e di accompagnarle con un bicchierino. Nel mio caso il contenuto del bicchierino è differente, ma l'idea di fondo della presentazione la devo a lei.
Premessa n° 2: Questa ricetta la dedico ad un'amica speciale...lei sa perché.
Finite le premesse, passo alla ricetta. Le polpette di sarde (io ho preferito utilizzare le alici, dal gusto più delicato) sono un piatto tipico dalle nostre parti (a noi siciliani piace "polpettare"...lo facciamo con le sarde, con la neonata, con la carne...). Di solito le polpette sono più grandi e leggermente schiacciate, contengono una discreta quantità di formaggio (caciocavallo in genere) ed il prezzemolo, in aggiunta alla menta. Vengono servite come antipasto o, più spesso, come secondo.
Dopo aver visto le polpette di pesce spada di Cavoletto, ho pensato di preparare le polpette di sarde, apportando una serie di varianti, sia nella ricetta che nella presentazione, per trasformare questo semplice e tradizionale piatto in un originale finger-food.
Questo è il risultato.

EDIT: con questa ricetta partecipo al contest  2011 di Kitchenqb e Pesca in Sicilia, dedicato al pesce nella cucina siciliana e mediterranea.
Polpette_di_sarde
Quella che vedete nel bicchierino è una granita di pomodoro, la cui freschezza crea un piacevole contrasto con la polpettina calda e (fritta!).
Ingredienti:
300 g di alici già pulite (calcolate circa il doppio come peso lordo)
1 albume d'uovo
un piccolo mazzetto di menta fresca
mezzo spicchio di aglio
1 cucchiaino di parmigiano
2 o 3 cucchiai di pangrattato
sale, pepe
100 g (credo ne bastino meno) di pistacchi ridotti in granella
per la granita di pomodoro:
500 g di pomodori ramati
sale, pepe, olio
menta e basilico
Preparazione:
Cominciate dalla granita di pomodoro, che deve avere il tempo di rassodare in freezer (almeno un paio d'ore).
Lavate i pomodori, quelli ramati, rotondi e sodi. Spellateli e privateli dei semi. Metteteli nel frullatore con un goccio (proprio un goccio) di olio, un pizzico di sale e di pepe e alcune foglie di basilico e menta (meglio poche all'inizio, quando frullate il tutto non devono alterare il rosso dei pomodori). Frullate velocemente, poi assaggiate per controllare la sapidità. Mettete il composto ottenuto in un contenitore e riponetelo nel freezer; mescolatelo all'incirca ogni 30 minuti, per rompere i cristalli di ghiaccio che si andranno formando. Fate attenzione che non solidifichi completamente, deve diventare appunto una granita. Se dovesse congelare troppo, mettete nel frigorifero per un po' e poi frullatela di nuovo per rendere omogenea la consistenza.
Preparate le polpette. Ci vorrà un po' di tempo, specie per pulire il pesce. Staccate la testa alle alici, tiratela in modo da aprire le alici a metà ed evisceratele; togliete quante più lische  possibile, meglio se con l'aiuto di una pinzetta, quindi sciacquatele sotto l'acqua corrente ed asciugatele con della carta assorbente. Una volta pulito il pesce (come ho scritto sopra ne dovete ottenere circa 300 g), tagliuzzatelo in minuscoli pezzettini (ho sentito dire che qualcuno lo frulla, ma io preferisco tagliarlo a coltello)  e ponetelo in una ciotola. Aggiungete l'albume d'uovo (il tuorlo coprirebbe il sapore delle alici, mentre l'albume ha un sapore quasi neutro), la menta tritata, il parmigiano, un pizzico di sale e di pepe e l'aglio, privato dell'anima centrale e tritato il più finemente possibile (meglio se avete uno schiaccia-aglio). Cominciate a mescolare ed aggiungete il pangrattato. La quantità indicata è approssimativa, dovete regolarvi in base alla consistenza che otterrete mescolando gli altri ingredienti. Il composto deve essere sufficientemente denso da poterlo maneggiare per formare le polpette, ma non deve essere troppo sodo. Formate delle polpette molto piccole, diciamo quanto una noce, e passatele nella granella di pistacchi. Friggetele in una padella con circa un dito di olio, girandole a metà cottura. Non cuociono molto, forse 4 minuti, forse meno, io vado ad occhio. Asciugatele su carta assorbente e tenetele in caldo fino al momento di servirle. Vi suggerisco comunque di cuocerle all'ultimo momento, sono più buone.
A questo punto componete il piatto. Versate la granita di pomodoro nei bicchierini ed infilzate le polpettine con uno stuzzicadenti, che porrete sopra il bicchierino (come nella foto, insomma!!!).
Con le quantità indicate dovreste ottenere circa 4-6 bicchierini di granita, ma le polpette saranno una quindicina più o meno. Potete servire le altre a parte, per fare il bis, oppure aumentare la quantità di pomodoro per la granita.

Leggi la Ricetta...

mercoledì 28 maggio 2008

Brioches siciliane ovvero la mia colazione preferita!

Vi avverto, sta per cominciare un altro periodo briochoso, anche perché ho trovato un altro "acquirente" per le mie produzioni, ossia mio padre, il quale non dissimilmente da mio marito, non ama i dolci ma apprezza molto le briochine!
E dunque, ecco le prime. Ricordate i miei numerosi tentativi di riprodurre le brioches siciliane? Quelle che sto per mostrarvi sono delle sorelle Simili, che ho capito essere una garanzia in fatto di lievitati. Io non credo che le sorelle Simili siano siciliane, però la loro ricetta riproduce in modo sorprendente le nostre briochine. La pasta è morbidissima, priva di crosticina croccante, con una alveolatura piccola e uniforme; il profumo ed il sapore sono molto, molto vicini al risultato che cercavo.
Le ho preparate due volte, e, ad essere sincera, ho ottenuto risultati molto diversi.....voglio dire, erano entrambe le volte buone, ma le prime si sono un po'...non so come dire, appiattite; si insomma, la consistenza era uguale ma la lievitazione si era sviluppata più che altro in orizzontale. Non so perchè...per me gli impasti lievitati vivono di vita propria (oppure io non sono tanto portata) non mi riescono mai due volte nella stessa maniera!

Allora, la foto magari non rende giustizia ma...non sembrano proprio quelle del panificio???? Non ho fatto il "tuppo" (la pallina in cima insomma) per fare prima, ma ci sarebbe stato proprio bene!

Briochine_siciliane_Simili

La ricetta è fantastica, vi consiglio assolutamente di provarla, anche perchè è iper collaudata; infatti, proviene dal forum di Cookaround (al quale peraltro mi sono iscritta, per poi scoprire di non avere proprio il tempo e la possibilità di dedicarmi ad un forum....però ci si trovano un sacco di ricette interessanti, e anche consigli e opinioni di chi le ha già provate), e l'ha inserita Cindystar (i link vi rimandano direttamente alla sua ricetta). Io ho aggiunto un po' di zucchero, e ho modificato le modalità di cottura, usando la teglia di acqua per mantenere la giusta umidità nel forno.

Ingredienti (per circa 12-15 briochine, dipende dalla grandezza):

500 g di farina manitoba
10 g di lievito di birra fresco (ne ho usati anche 12)
100 g di zucchero
75 g di strutto
200 g di latte
2 uova
un pezzetto di baccello di vaniglia
un pizzico di sale

1 uovo per spennellare

Preparazione:
Vi riporto il procedimento indicato per il Ken (o altra impastatrice), nella ricetta originale troverete le istruzioni per impastarle a mano.
Sciogliete il lievito in circa metà del latte tiepido, versatelo nella ciotola; aggiungete le uova, lo zucchero, lo strutto, i semini della vaniglia, la farina ed il sale. Iniziate a lavorare ed aggiungete lentamente il resto del latte, tenendo conto che la capacità di assorbimento delle farine è variabile, quindi non è detto che vi occorra tutto. Impastate a lungo, a velocità 2 finché l'impasto si stacca dalla ciotola (ci vorranno anche 10-15 minuti). Mettete l'impasto in una ciotola unta, coperto con pellicola trasparente e ponetelo in frigo a riposare per 12 ore.
Trascorso questo tempo, prendetelo, fate un rotolo e dividetelo in circa 12 pezzi. Fatene delle palline rotonde (se volete fare il "tuppo", tenete da parte 2 palline e dividetele in tante palline quante sono le brioches che avete fatto), ponetele su una teglia coperta di carta da forno e pennellatele con l'uovo sbattuto. Lasciatele lievitare al riparo da correnti d'aria, fino a che raddoppiano. Nel frattempo accendete il forno a 180°, mettendo sul fondo una teglia con dell'acqua. Pennellate di nuovo con l'uovo sbattuto e infornate per circa 15 minuti.
Se volete che si conservino morbide e fragranti fino al giorno dopo, chiudetele ancora calde dentro un sacchetto di plastica.

Piesse: per la verità anche se uso l'impastatrice non sempre metto gli ingredienti in questo ordine, di solito metto prima la farina, poi il resto e unisco lo strutto per ultimo, solo quando l'impasto inizia a prendere forma.

Leggi la Ricetta...

sabato 12 aprile 2008

Sarde a beccafico

Queste sarde le ho preparate pensando a Comida. Lei, infatti, le ha postate qualche tempo fa (ecco, io ho scoperto di non sapere navigare negli archivi, apro il mese che mi interessa e scorro le ricette ma poi se voglio cliccare su una in modo da copiare l'indirizzo, non c'è nessun link! umm...non so se avete capito questo sfogo delirante...comunque...ma perchè in alcuni blog manca in fondo il link "post più vecchi" o cose simili???con quello è tutto più facile,vai inditero finché non trovi ciò che ti serve!) e quando io, commentando, le ho detto che utilizzavo una ricetta parzialmente diversa, lei mi ha chiesto di pubblicarla così avremmo potuto confrontare le nostre due versioni. Per la storia di questo piatto vi rimando al suo post (che vergogna eh? io siciliana doc lascio il compito di raccontare le sarde a beccafico ad una....trentina se non ricordo male piemontese (!!), che vive a Boston!!) e chiedo a voi e a lei di perdonare l'imprecisione delle dosi, ma purtroppo è una ricetta che preparo sempre ad occhio, senza mai pesare gli ingredienti!
In questo caso, io le ho utilizzate come secondo piatto, accompagnate da un'insalata, ma sono anche un eccellente antipasto, in quantità ridotta ovviamente. Si possono cuocere su spiedi di legno, ovvero disporle in una pirofila che le contenga di misura, separandole con foglie di alloro fresco e spicchi di limone pelati a vivo.

Aggiornamento: grazie alla segnalazione di Aiuolik ho potuto inserire il link alla versione di Comida delle sarde a beccafico, così potrete trovarle con facilità. Grazie ancora Aiuolik!

sarde_a_beccafico

Ingredienti (per 2 persone, come secondo piatto):

12 sarde freschissime
12 cucchiaini di pangrattato*
15 foglie di alloro fresco
un cucchiaio raso di passolina (uva passa,piccola e nera)
un cucchiaio di pinoli
un limone
2 filetti di acciuga

* la dose è approssimativa, calcolata sulla base della quantità di ripieno che normalmente entra in ciascuna sarda

Preparazione:

Pulite le sarde e privatele della testa e della lisca centrale, lasciando attaccata la coda. Staccate le spine che restano sui bordi con l'ausilio di una pinzetta da pesce. Tostate il pangrattato in un padellino antiaderente, su fuoco basso,mescolando continuamente affinché si tosti uniformemente e non bruci. Deve assumere un bel colore bruno-dorato, ma senza bruciare. Mettete il pangrattato tostato in una ciotola ed unitevi la passolina e i pinoli. Nel padellino che avete usato precedentemente, sciogliete su fuco bassissimo i filetti di acciuga sott'olio, quindi uniteli al resto del ripieno. Bagnate con un filo d'olio (anche un po' di più se volete) e con un po' di succo di limone (diciamo di un quarto del limone che figura tra gli ingredienti, il resto vi servirà dopo). Prendete le sarde una per volta e ponete al centro un cucchiaino di ripieno, quindi arrotolatela a mo' di involtino, andando dalla parte superiore verso la coda. Ripetete l'operazione con tutte le sarde, che andrete infilzando man mano su due spiedini di legno, intervallandole con foglie di alloro fresco. Se vi è avanzato del ripieno, spargetelo sugli spiedini dopo averli adagiati su una teglia appena unta di olio. Cuoceteli in forno già caldo a 180° per circa 15-20 minuti. Appena togliete la teglia dal forno, irrorate le sarde con il succo del rimanente limone. Lasciate intiepidire, o anche raffreddare completamente, prima di servire.

Leggi la Ricetta...