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domenica 17 gennaio 2010

... da leccarsi le dita! - Cheesecake di cioccolato al profumo di limone

Non sono mai stata una persona competitiva. Né a scuola, né in ambito sportivo, né in nessun altro luogo. Quando, nel corso di una partita di pallavolo, le avversarie segnavano un punto e mi ruggivano in faccia urla spaventose, io non battevo ciglio e, quasi intimorita, quando arrivava il momento del mio riscatto, mi limitavo a sorridere compiaciuta, come se il punto non l'avessi segnato io, ma una mia compagna di squadra. Quando prendevo un bel voto a scuola me ne stavo zitta, non come quella psicopatica di classe mia (denominata Broccolo per i capelli dalla forma a cavolo bitorzoluto) che sbandierava i suoi 8 e i suoi 9 a destra e a manca, compiacendosi anche per un mezzo voto in più; e quando mi chiedevano "Com'è andata?", io rispondevo sibillina "Bene." Quando l'allenatore mi obbligava a sfogarmi, a mostrare un po' di sana competitività, io, quasi per ripicca, recitavo la parte dell'agnellino votato al sacrificio durante l'allenamento, un anellide senza midollo spinale. Quando una mia idea o una mia proposta si dimostra superiore alle altre, sono solamente contenta di aver trovato la soluzione, non facendolo pesare a nessuno. Diciamo che l'agonismo è cosa che non mi riguarda. Per questo motivo, quando Ele di dEliciously mi ha invitata a partecipare al contest da lei indetto ... da leccarsi le dita!, mi sono trovata un po' spiazzata, come se la cosa non mi potesse neanche riguardare. Però ho visto che la giuria è strepitosa, composta non solo dai migliori foodbloggers in circolazione, ma anche dal Mastro Pasticcere Silvio Bessone. E i premi sono davvero appetibili, tutti strumenti che in cucina sono più che utili. E poi ancora la cara Ele, invitandomi a partecipare, mi ha in qualche modo lusingata, innalzando un po' l'autostima (scarsa) che ho nei miei confronti. Allora mi sono detta: proviamoci. Fin da piccoli ci insegnano che l'importante non è vincere, ma partecipare: sebbene non abbia mai avvertito il livello di adrenalina innalzarsi vertiginosamente in seguito ad una competizione, trovo il contest troppo interessante per rinunciarvi. Le regole prevedono la preparazione di un dolce al cioccolato. Un altro problema, dal momento che il cioccolato mi piace sì, ma non ne vado pazza nei dolci. Preferisco piuttosto addentare una barretta al 70% fondente, invece di un tortino al cioccolato, di un brownie o di un fondant al cioccolato. E, per esempio, la Nutella mi stucca proprio, mi avvolge la lingua e mi impasta tutta. Forse in me c'è qualcosa di geneticamente sbagliato, ma il mio obiettivo era quindi quello di trovare un dolce al cioccolato che non venisse a noia. Beh, direi che l'ho trovato. Il dessert che vi propongo oggi è quello con cui parteciperò al contest. Un dolce non eccessivamente dolce, in cui il Cioccolato fa da padrone indiscusso, ma il cui sapore non stanca; curiosamente piacevole è risultato il contrasto col sapore di limone, agrume che ho usato in sostituzione della solita arancia e che sembra quasi pulire la bocca da ogni sapore precedente; le decorazioni, oltre che esteticamente gradevoli, sono anche davvero buone; mia mamma, che il cioccolato quasi lo detesta, se neè servita ben due fette; ultima cosa, ma non per questo meno importante, oltre al cioccolato presente, la quantità di grassi è ridotta al minimo, quindi ideale per questo periodo post-festività. Tutte valide motivazioni per provare almeno a farlo, no? :)




Cheesecake di cioccolato profumato al limone

Ingredienti

per la base:
200 g biscotti al malto e miele Osvego
80 g burro
2 cucchiai di cacao amaro
per il cheesecake:
300 g ricotta
300 g yogurt greco
3 uova
150 g cioccolato fondente
40 g cacao amaro
120 g zucchero
un limone non trattato sale

per decorare:
un limone non trattato
100 g zucchero
cacao amaro

Procedimento

Tritare i biscotti al mixer e mescolarli in una ciotola col burro fuso e il cacao amaro setacciato. Distribuire il composto sul fondo di uno stampo tondo a cerniera di 24 cm di diametro rivestito con carta da forno, schiacciarlo con un cucchiaio livellandolo e farlo riposare in frigo per 30 minuti.
Tritare il cioccolato e scioglierlo a bagnomaria. Sgusciare le uova e separare i tuorli dagli albumi: montare i primi con lo zucchero e i secondi con un pizzico di sale. Mescolare la ricotta e lo yogurt con il composto di tuorli, il cioccolato fuso, il cacao, la scorza grattugiata del limone e gli albumi montati e versare il tutto nello stampo.
Cuocere il cheesecake nel forno caldo a 150° per 55 minuti circa. Toglierlo dal forno, metterlo nel frigorifero e lasciarlo raffreddare per almeno 2 ore.
Per la decorazione, tagliare il limone a fettine sottili, quindi cuocerle per 10 minuti a fuoco basso in uno sciroppo fatto con 1 dl di acqua e lo zucchero. Disporre le fettine sul dolce, precedentemente spolverizzato di cacao amaro.

domenica 29 marzo 2009

Mai dire Banzai!


Il termine "stravagante" è sinonimo di "eccentrico", che è sinonimo di "bizzarro", che è sinonimo di "strano", che è sinonimo di "alquanto singolare", che a sua volta è sinonimo di giapponese. Sì, proprio quei giapponesi dagli occhi a mandorla, la statura bassa, i capelli lisci e corvini. Ogni volta che scopro qualcosa in più su questo popolo rimango esterrefatta, nel bene o nel male. Ultimamente, poi, sono sempre più affascinata dalla cultura del Sol Levante, da noi così distante e diversa: anche criticarla mi appare sbagliato, là vigono regole e costumi completamente estranei ai nostri. Qualcosa che qua può sembrare inammissibile, là magari è ritenuto giusto, e viceversa. Rimane il fatto che i picchi di stramberia raggiungono livelli inaspettati.
I giapponesi fanno il funerale alle loro scarpe, perché secondo loro queste sono le compagne inseparabili di una vita: il rito consiste in un enorme falò che brucia decvolletée, stringate e mocassini. [Lacrime agli occhi e voce singhiozzante che dice: "Erano così calde, sono state delle brave pantofole..."]
Nei ristoranti giapponesi, la maggior parte delle volte, ogni tavolo è fornito di una griglia per cucinare la carne; questo perché a molti giapponesi piace cucinare la carne per conto proprio persino al ristorante, in quanto secondo loro il parlare va di pari passo col cucinare. [Cioè, se io vado al ristorante si presuppone che, almeno per stavolta, non abbia la minima intenzione di cucinare. Però è vero, quando cucino e ho qualcuno vicino, la mia vena logorroica prende il sopravvento.]
I giapponesi sono terrorizzati dall'aggravarsi di malattie anche innocue, come un banale raffreddore. Non appena si ammalano, si infilano una mascherina bianca per ridurre il contagio e per non peggiorare la situazione: la mascherina viene tolta solamente di notte. [Penso che un Efferalgan sia comunque più comodo e più gradevole, anche dal punto di vista estetico.]
In Giappone si può fumare ovunque, ma davvero ovunque, tranne che per strada. [Ora, dico io, in strada almeno c'è ricambio di ossigeno, e il fumo passivo è sicuramente smorzato dall'aria aperta. E poi si usano le mascherine...]
Hanno prodotto il budino da bere (Purin Shake), il crème caramel più grande del mondo, mangiano pesce palla (fugu) nonostante sia pericolosissimo per la tetrodotossina presente nel fegato e nelle ovaie dell'animale. [Mangia che ti passa]
BaaKodo Atama cioè "Testa a codice a barre" è come i giapponesi prendono in giro chi ha pochi capelli e si fa il riporto. [Abbiamo trovato un nuovo soprannome ad un certo premier!]
Hanno dei ristoranti in cui, pagando un prezzo fisso, si può mangiare senza limitazioni, se non di tempo. [Ci restano due minuti per finire il riso al curry, gli spaghetti di soba e gli onigiri, forza, ce la possiamo fare!]
In Giappone gli ombrelli non sono considerati proprietà privata, bensì beni della comunità, di cui ci si può appropriare liberamente. [Quindi portarlo sempre con sé, oppure porci l'etichetta: "A chi ruba quest'ombrello, veleno nel pesce palla di stasera"]
Gli impiegati statali giapponesi non possono rimanere più di tre anni nello stesso posto. [Non affezionarsi al collega, meglio alla stampante o al cactus vicino al cestino, sarà più facile rimpiangerlo]
Insomma, io non so se riuscirei a vivere a lungo in Giappone, o comunque sarebbe difficile per me abituarmi a quella vita. Mica tanto perché mancano i cestini per strada o perché nei bagni pubblici non esistono salviette con cui asciugarsi le mani, quanto per... LEI. La vera Sovrana nipponica. HELLO KITTY. A quanto ho capito, è veramente dappertutto, anche sulla carta igienica e in macelleria fatta di cotechino. Quella gattina obesa io non l'ho mai sopportata, mentre là è una specie di divinità. Oltretutto lei ha posato per Vogue Giappone e io no, non è mica giusto.

Per suggellare le mie nippo-considerazioni, vi offro questo cheesecake, leggero ed impalpabile come una nuvola, da accompagnare con della marmellata preferibilmente fatta in casa.
Arigatò!


Japanese Cheesecake

Ingredienti

125 g formaggio fresco (Philadelphia)
50 g burro
3 uova
80 g zucchero
50 ml latte
10 g amido di mais (maizena)
30 g farina
un cucchiaino di succo di limone
una puntina di lievito per dolci
una puntina di sale

Procedimento

Porre il burro ed il formaggio a temperatura ambiente in una ciotola. Servendosi delle fruste elettriche, lavorarli fino ad avere una crema densa, ma liscia. A questo punto unire il latte, i tuorli, il succo di limone, mescolando continuamente con un cucchiaio. Incorporare poi la farina setacciata, la maizena e il sale. Montare gli albumi insieme al lievito finché siano quasi sodi, quindi unire gradualmente lo zucchero, fino ad ottenere degli albumi ben compatti. Incorporarli delicatamente, mescolando dal basso verso l'alto, al composto a base di formaggio preparato in precedenza. Per finire, versare l'impasto in uno stampo foderato di carta da forno dal diametro di 22 cm. Sistemare lo stampo dentro una teglia più grande, versare un paio di dita di acqua in questa seconda teglia e infornare il tutto a 150° per 80 minuti circa, fino a quando la superficie non si sia scurita. Lasciar intiepidire e sfornare su una gratella per dolci, facendo particolare attenzione mentre si sposta il dolce.