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giovedì 25 luglio 2019

Stratford on Avon. Arriva Ludovica (5)

Dopo un pò di giorni che eravamo lì, ci  raggiunse Ludovica, mia cugina. Voleva anche lei fare una vacanza studio e quindi le trovammo un posto alla pari in una famiglia di architetti. Avrebbe dovuto ricambiare la loro ospitalità occupandosi dei loro due bambini. 
Anche in quella occasione non capimmo chi doveva aspettare chi e neanche dove. Non c'erano mica i telefonini all'epoca. Le informazioni arrivavano, quando arrivavano. Se arrivavano. Comunque, non avendo avuto notizie certe, decidemmo di dividerci. Io sarei andata in macchina con il maggiordomo ad aspettare Ludovica in stazione. Elvira sarebbe rimasta in hotel in attesa di una sua telefonata. Ci saremmo sentite ogni tanto nel caso ci fossero state novità. Era tardi. Erano quasi le 11 di  notte, quando  lei arrivò. Dormì da noi e il giorno dopo l'accompagnammo in pompa magna da Pattie e John, la famiglia che l 'avrebbe ospitata.  La casa era su una collinetta, oltre il fiume Avon.. Era bellissima. Originale e molto accogliente. Il living luminosissimo, aveva tutta una parete a vetrata che dava  su un giardino interno molto curato e cinto da mura alte. Gli inglesi tengono molto alla loro privacy, e quindi chiudono cortili e cortiletti con pareti alte di mattoncini rossi o con pannelli di legno su cui fanno crescere arbusti fioriti che creano un colpo d'occhio unico. Bei  punti  focali, generalmente incastonati tra prati verdi curatissimi e quindi illuminati da bouganvillee o lunghi tralci di rose appoggiati un pò ovunque. In eleganza e raffinatezza, non li batte davvero nessuno. La parete sinistra del soggiorno rifinita a mattoncini bianchi era coperta da lunghi rampicanti verdi. Esterno e interno si completavano. Non si capiva infatti dove cominciava l'uno e dove finiva l'altro. Mi piacque molto. C'era stile, finezza, eleganza e sobrietà.  Quindi la padrona di casa, ci condusse alle camere del piano superiore. Nulla di banale e scontato neanche qui. Lo spirito degli architetti in questa casa si era espresso in tutta la loro originalità. La camera dei bambini e la camera padronale per esempio, pur avendo entrate distanti tra loro, erano contigue e semplicemente separate da una parete di vetro, che si poteva isolare da una lunga tenda scura azionabile dalla camera grande. Tanti gli accorgimenti in quella casa, come il tritarifiuti elettrico nel lavandino della cucina. Buttavi lì i resti dei piatti, accendevi l'interruttore e cranch, cranch, in un attimo tutto era pulito. Poi però, anche qui, lavavano i piatti immergendoli nel detersivo e li riponevano nello scolapiatti senza risciacquarli.. Un'abitudine diffusa, quindi. Andavamo spesso in quella casa. Eravamo bene accolte. E più di qualche volta ci invitavano a cena. Ci si sedeva a tavola alle 18 in punto. Nè un minuto prima. Nè un minuto dopo. Avendo scelto di condividere la casa con una ragazza alla pari, Pattie e John  ogni tanto uscivano con gli amici per andare a bere qualcosa al pub. E noi facevamo compagnia a Ludovica. Spesso ci raggiungevano anche gli altri amici del bar-latteria. Una sera i padroni di casa rientrarono presto, sembravano un pò brilli. Volevano continuare a bere con gli amici con cui erano usciti. E quindi senza troppi giri di parole, ci misero alla porta. La prendemmo a ridere. E tra una risata e l'altra ripetevamo tra noi....ci hanno cacciato... ci hanno cacciato...( continua)

martedì 16 luglio 2019

Stratford on Avon. In cucina ( 4)

Dormivamo quindi nell'ampio seminterrato. La stanza da cui si accedeva nella nostra camera conteneva tante cianfrusaglie. C'erano cassetti pieni di rose artificiali, portacandele in ottone e altri addobbi. E in un cassetto a vista, stipate una sull'altra, tante scarpe femminili. Erano i sandali estivi della padrona. Tutti uguali. Tutti dello stesso colore beige e tutti dello stesso numero. Una cosa davvero strana.Una cosa misterosa  a cui tentavamo di dare dei significati, senza riuscirci.  E  neanche potevamo chiedere. Un pò per la lingua che non conoscevamo, un pò per non fare la figura delle provincialotte a spasso per il mondo. In fondo, su, che sarà mai se una si compra almeno venti paia di scarpe tutte uguali? Insomma quel mondo misterioso, fatto di scarpe, di indumenti e di posate luccicose, ci affascinava e intrigava. Era come se osservando quegli oggetti  riuscissimo ad entrare nell'animo di gente molto diversa da noi. Che apparteneva  a un mondo diverso, per cultura e tradizione. Un mondo molto più ricco del nostro. Di secoli. Cosa che si percepiva ovunque per il gusto raffinato con cui era stato arredato l'hotel e da come era tenuto il parco, con le centinaia di rose antiche che circondavano la casa e che vedevi ovunque ti girassi e affacciassi. La finestra grande della cucina, sopra il lavello, per esempio ne era ampiamente incorniciata. E ne potevi godere in tutta la loro bellezza lavando le pentole dei pasti. Bella consolazione, direte. Si si, Solo le pentole, però.  Le stoviglie no. Piatti e bicchieri venivano dirottati in un'altra stanza, attigua alla cucina, dove campeggiava il capitano Daisy, l'addetta al lavaggio che operava indossando un abitino da lavoro in cotone vichy a quadretti bianco e rosa. . Guai ad avvicinarsi alla sua postazione di lavoro. Lei apriva e chiudeva le porte delle washing machines, con lo stesso piglio di un comandante che apre e chiude le porte degli aerei o delle navi.Una questione di vita o di morte. Se ti avvicinavi un pò di più al suo spazio, ne subivi irritate ramanzine che uscivano da labbra strette che tenevano sempre in bilico sul lato destro della bocca la sua sigaretta al mentolo, perennemente accesa. Potevi solo bearti, tanto per dire, del vapore che usciva da lì e del profurmo del detersivo, usato a quintali. Stesso profumo e stesso massiccio uso che facevamo noi  per  le pentole.    Pentole e padelle come dicevo erano appannaggio nostro e della padrona, che ci aveva istruito su come lavarle. Si, vabbè. Più o meno, insomma. Perchè si, le immergevi nell'acqua saponata, ma poi le dovevi mettere direttamente a scolare. Che cosaaa? chiedemmo senza articolare e senza far uscire alcun suono dalla bocca.  Nel senso che...meglio non chiedere. Ma come... non si ripassano sotto l'acqua corrente? Never. Never. Ma non si poteva accettare. Noi che venivamo da un paesino sperduto del Lazio avremmo potuto mai digerire  una simile cosa dagli oltremanica? Nulla da fare. Derogammo subito agli ordini e alle istruzioni impartiteci con determinazione e amore. Fluff...pentola in acqua. Su dalla schiuma, e....pollice e indice sulla manopola, tentando di girare  in assoluto silenzio il rubinetto per farlo sgocciolare il meno possibile, ma una furibonda Mrs Tag arrivata da dietro, chiuse come una furia quel piccolo e fresco gocciolio, accompagnandolo con un NOOOO, che ancora sento nell'aria, dopo anni e anni. Boh.Valli a capire gli inglesi... (continua)



martedì 9 luglio 2019

Stratford on Avon. E fu subito fish and chips.(3)

Per due, tre giorni, Elvira e io non ci muovemmo dall'Haitor se non accompagnate dalla signora Tag, che ci portò a visitare delle chiese caratteristiche e il cottage di Anne Hathaway, moglie del drammaturgo. Una casa tra le tante. In Paese infatti di abitazioni riferite agli Shakespeare ce ne erano parecchie, rigorosamente in stile tudor e tutte visitabili a pagamento. Qui dove era nato, qui dove era cresciuto, qui dove aveva poi vissuto con la moglie. Insomma case a gogò. Un bel modo di fare turismo e cassa. Qualche pomeriggio dopo, iniziò l'esplorazione personale del bellissimo paesino. Scendemmo a piedi e ci infilammo in una strada importante, dalla parte opposta del fiume, la Ely Street.. Qui trovammo subito un fish and chips. E fu subito amore per quel cartoccio unto. Ma la scoperta più bella la facemmo due case dopo, quando ci trovammo di fronte a un ristorante italiano con annessa latteria. Fu la svolta alla nostra solitudine in terra straniera. Facemmo subito amicizia con Bruna, una ragazza padovana. Lei lavorava lì e nel ristorante. I proprietari erano di Parma e il locale era molto raffinato. Se tornate stasera, conoscerete pure gli altri, ci disse. E così facemmo. Tornammo quasi di corsa all'Hotel, per aiutare in cucina a preparare la cena e poi sempre di corsa in latteria. Quel posto diventò un  approdo. Conoscemmo tanti altri ragazzi italiani e francesi e un professore di Roma, di cui ricordo ancora il nome, "suonato" per l'occulto. Portava sempre con sè il pendolino. Una sera ci convinse ad andare tutti al cimitero attiguo alla Chiesa, un pò fuori città. Guidando una processione incuriosita e irriverente, ci portò davanti a una tomba molto antica. Non ricordo bene chi fosse e cosa sarebbe dovuto accadere, ma so che non successe nulla. " Non vi siete concentrati abbastanza" ci ammonì. Quindi con aria ancora più scanzonata tornammo indietro. Meglio un caffè e una chiacchiera che le tombe antiche di perfetti sconosciuti.
Un pomeriggio mentre risalivamo verso l'Haitor, la strada era in salita e abbastanza lunga, fummo aggredite alle spalle. Lanciammo un urlo. Era mio zio Nic, il missionario, che tornando da un viaggio in Bangladesh si era fermato in Inghilterra per incontrare degli amici e vedere anche come stavamo noi. Ci chiamava da  parecchio, ma noi non lo avevamo sentito e allora aveva deciso di fare una corsa e la sorpresa....da crepacuore. ( continua)

giovedì 4 luglio 2019

Stratford on Avon. Le giornate a Haytor Hotel hanno inizio. (2)


La vita nell'Haytor hotel cominciava a prendere ritmo. La mia camera era in un delizioso abbaino, ma per poter dormire insieme optammo per la stanza del seminterrato, dove la mattina presto, oltre alla voce abbastanza sgradevole di Mrs Tag che da sopra le scale ci faceva da sveglia, vi scendeva anche il profumo della...colazione inglese che la cuoca stava preparando in cucina e che noi poi componevamo nel piatto da servire agli ospiti..uova fritte, bacon, pomodoro arrostito, pane tostato e tanto, tanto caffè.
Adoravo sbirciare la sala da pranzo, con quei bow windows che davano sul curatissimo parco pieno di verde, illuminato da una miriade di rose antiche. I tavoli senza tovaglia erano apparecchiati con gusto e piccole abat jour di gusto tipicamente inglese, sempre accese servivano, piu' che a far luce, a creare un'atmosfera molto intima. Una stanza magica, dove si camminava con passo felpato e si parlava tutti sottovoce. A controllare che ogni cosa andasse per il meglio in quel piccolo regno era il maggiordomo, di cui non ricordo il nome...ahhh scriversi un diario no eh?
Come eravamo arrivate la'? Io mi ero appena iscritta all'Universita' e mio zio Nic, missionario saveriano, "ministro" degli esteri della sua congregazione era sempre in giro per il mondo. Parlava molto bene almeno 5 lingue. E aveva amici ovunque. Tra loro sister Mary Vianney, direttrice del Training College Notre Dame di Oxford, molto amica dei coniugi Tag... (continua)


sabato 29 giugno 2019

Vacanze studio-lavoro a Stratford on Avon. Prima puntata


Era la Festa di San Luigi, quando parecchi anni fa, con la mia amica Elvira,  partimmo per l'avventura d"oltremanica, con direzione Stratford on Avon, la famosa patria di Shakespeare. Erano le nostre vacanze studio-lavoro. Poiche' ci saremmo dovute fermare tre mesi, le nostre valigie erano strapiene di roba invernale. Per cui pensando di alleggerirle un po' partimmo da qui indossando abiti invernali, calze comprese. E vestite così girammo per Roma per un bel po' per sbrigare delle formalità in quelle Associazioni per studenti che andavano all'estero. L'appuntamento con famiglie e bagagli era in aeroporto. Per non soffrire di mal d"aria, a scopo precauzionale, ci impasticcammo, perché non si sa mai.... A Luton, ci aspettava Mister Tag, che insieme alla moglie gestiva l'Haytor hotel, straordinario albergo appena fuori Stratford on Avon.
Per riconoscerci, noi avremmo dovuto indossare dei bandeaux bianchi e lui una rosa. Ma non ci incontrammo. E quindi stanche e infreddolite, nonostante i taielleurini invernali...e per fortuna, prendemmo treno e taxi e bussammo che era quasi mezzanotte alla porta di un magnifico posto, di cui ne potemmo ammirare la cura e lo splendore solo la mattina dopo. Una perfetta magione inglese con parco meraviglioso e tanti cottage. Il tempo di riaverci dallo stupore che ci misero subito a pelare patate, lucidare argenti e ad apparecchiare l'intimo dining room a colazione e cena. Il momento più bello però arrivava all'imbrunire. Bisognava andare nelle stanze a preparare i letti per gli ospiti, scostare le lenzuola dal cuscino, girarle verso il centro e su questa piega appoggiarci gli indumenti per la notte. Una festa per gli occhi quelle stanze, una diversa dalle altre e arredate con un gusto fuori dal comune.....( continua)



giovedì 15 giugno 2017

Anche se faccio il Cincinnato.....

A un certo punto puoi decidere della tua vita. Libera dal lavoro e dai suoi ritmi, ti dedichi a cose che prima per mancanza di tempo non potevi fare. Segui dei corsi, frequenti la scuola di bridge e i tornei serali, viaggi e....canti ( in un coro).

Ma soprattutto scegli di fare il Cincinnato. Che significa questo? Significa soprattutto che sei disinteressato e onesto, e che preferisci alle beghe umane, le zolle del tuo orto.

Ma intanto intorno a te il putiferio continua. Perchè tu non smetti comunque di fare il tuo mestiere.....non dicono tutti che il giornalista non va mai in pensione? Ma gli altri, quelli che io chiamo....falliti e rosiconi,  per forza di cose vogliono leggerci interesse e coinvolgimenti.

E ti attaccano.

Ma ecco le piccole soddisfazioni che al pari di Cincinnato ti ripagano di tutte le amarezze

Mi piace tornare ogni tanto al mio blog. E sapete perchè scrivo in terza persona? Perchè é più terapeutico! 😊





 





A presto
 Mariassunta




mercoledì 22 marzo 2017

Ode all'amore. 40 anni e...non dimostrarli






Ode all'amore. Ho scritto questo bellissimo pezzo, non l'ho detto io, ma quelli che lo hanno letto, il giorno del mio anniversario di matrimonio. Ho scritto di nascosto, e poi pubblicato su questo quotidiano nazionale on line, per non farmi vedere da mio marito. Volevo fargli una sorpresa. E così è stato. Pensavo si adirasse. Invece gli è piaciuto, perchè il mio stile sobrio e leggero non stona e non stride. Ho raccontato di noi, ma come mi hanno scritto in tanti, anche di voi. Di molti di voi che  ogni giorno sfidano e mantengono vivo il rapporto di coppia. Di ogni coppia, appena formata o di vecchia data. Insomma leggetelo e ...poi ditemi di voi.


 "Era un sabato lavorativo quando ci siamo sposati. Uno dei pochi “San Giuseppe” in cui si è lavorato. Poi, qualche anno dopo, è tornato ad essere festività. Le mie amiche insegnanti precarie non hanno potuto partecipare alla cerimonia, se non di sfuggita. Erano desiderose di vedermi perché rappresentavo un po’ l’anomalia. Sono stata senza saperlo un’antesignana dei wedding planner.... continua a leggere su.....

http://www.glistatigenerali.com/famiglia_relazioni/40-anni-e-non-dimostrarli/


Mariassunta

lunedì 28 dicembre 2015

Si cambia

Il blog è un appuntamento da prendere a piccoli sorsi. Si va bene, manco da parecchio. Cercherò però di essere più presente. Prometto. Come mai? Qualcosa è cambiato? vi starete chiedendo voi. Sì. Ecco il mio post, di qualche mese fa, che ho pubblicato su Gli Stati Generali, giornale on line molto interessante e diretto da Jacopo Tondelli, un giornalista che stimo moltissimo.
Il pezzo che è stato pubblicato il 1° di agosto,  mio primo giorno di pensione lo dedico a tutti i miei amici che sono andati in pensione, che stanno per andare o che ....desiderano andarci!



Gratitudine, nostalgia, futuro: vi racconto il mio primo giorno di pensione


 Oggi è un giorno diverso. Un giorno in cui la vita cambia per sempre. Un giorno in cui ti chiedi se ce la farai ad affrontare una nuova realtà e un nuovo equilibrio. Il “meritato” riposo è arrivato e tu ti ritrovi a far parte di una categoria nuova. Su, usa quella parola  e dillo che sei in pensione.  La parola pensione non mi piace perchè fa pensare a un repentino voltare pagina,  a una vita poco produttiva e per quello che mi riguarda anche ad archiviare un periodo fatto di  tante soddisfazioni e con ritmi molto impegnativi. Un tran tran quotidiano davvero intenso... ( per leggere tutto cliccate qui) http://www.glistatigenerali.com/costumi-sociali/gratitudine-nostalgia-futuro-vi-racconto-il-mio-primo-giorno-di-pensione/

venerdì 12 luglio 2013

Dove sono le donne del CIF, attivissima organizzazione femminile del dopoguerra?

A richiesta ecco il secondo racconto pubblicato su "Storie di donne" che è la sintesi ( forse troppo, ma la lunghezza è stata dettata da chi ha progettato il volume)  di una chiacchierata con  Maria ( zia Marietta) D'Alessio-Passeri e la professoressa Antonietta Capirci del Centro Italiano Femminile di Latina.
Ricordiamoci che il volume è stato pubblicato nel 1993, quindi tutto è rapportato all'epoca. Riaffiorano con questo racconto i "profumi delle gallette",  quei crackers duri e piatti dei soldati americani  distribuiti nelle merende e accompagnati da cioccolate ...anch'esse americane. Chi se li ricorda?




Antonietta e Maria

Ora se ne parla proprio poco. Anzi sembrano scomparse in un momento in cui non si fa altro che parlare di donne. Ma dove sono e cosa fanno le donne del Cif?
Per un lungo periodo il Centro Italiano Femminile è stato l'unico sodalizio femminile in Italia. Nato, infatti, dopo la guerra come federazione, assorbì tutte le donne degli organismi cattolici: Associazione Maestri Cattolici, Unione Cattolica Insegnanti Medi, Laureati Cattolici, Azione Cattolica, Scouts e altri.
Tutte venivano da una esperienza organizzativa e quindi non persero tempo in chiacchiere. Bisognava ricostruire ogni cosa  e loro si buttarono a capofitto sul lavoro, tanto c'era da fare.

Incontriamo, proprio per farci un'idea due protagoniste che hanno aderito al Cif  fin dall'inizio, ricoprendo incarichi direttivi: Maria Passeri e Antonietta Capirci. La prima è stata per molti anni presidente a Priverno. L'altra è stata vicepresidente provinciale e consigliere regionale e nazionale.



Perchè venne costituito il Centro Femminile?
I brutti postumi di una guerra che aveva lacerato famiglie, sentimenti e punti di riferimento mise a nudo tanti problemi che le donne decisero di affrontare con grande forza. La guerra si era combattuta su due fronti. Gli uomini con le armi e lontano da casa. Le donne con una stupefacente forza di volontà, nei paesi, nelle città e nelle campagne ad accudire vecchi e bambini e a tenere accesa la fiamma della speranza.
A denti stretti, ma con tanta forza.
Terminata la guerra si cercò di rimediare quanto più possibile ai guasti provocati.
Protagonista indiscussa del periodo fu, prima, durante e dopo, la fame. Una grande fame. E le donne italiane si associarono proprio per aiutare la famiglia a ricomporsi e a superare le difficoltà, soprattutto materiali del momento, con lo scopo primario di sostenere anche l'evoluzione e la promozione delle donne. Organizzarono di tutto, dal doposcuola all'assistenza alle famiglie in difficoltà e le colonie estive al mare o in montagna per i bambini.

A Priverno a quel tempo vennero organizzati anche corsi di economia domestica e stenodattilografia e la scuola per minorati psichici ( poi assorbita dall Stato). A tutte le maestre che prestavano servizio in questa attività veniva riconosciuto un punteggio cumulabile per l'accesso ai ruoli dello Stato.

 " La scuola per i portatori di handicap, che prima si chiamavano minorati, l'abbiamo aperta con 9 bambini presso le Suore del Preziosissimo Sangue-  racconta Maria -. E per tre mesi all'anno organizzavamo il doposcuola. Il Comune concedeva l'uso delle aule affinchè le insegnanti assunte dall'organizzazione potessero aiutare gli alunni che avevano problemi con lo studio. Si facevano i compiti, poi una bella merenda e quindi tutti a casa."

Antonietta ricorda il momento formativo dell'Associazione. " Cronache e opinioni" era il giornale che teneva in collegamento le iscritte. Ogni anno le donne cristiane festeggiavano la giornata della donna, che non era l'8 marzo, ma l'8 dicembre. Quel giorno tutte loro si riunivano per discutere le problematiche del momento e fare il punto della situazione. Già da allora si parlava di part-time e della preparazione socio-politica delle donne, di asili nido e di scuole materne.

Nel 1974 venne cambiato lo Statuto dell'Associazione, perchè dopo 25 anni di impegno comune si ritenne di trasformare la federazione nella sua operatività. Il Cif, infatti, riaffermò la supremazia del lavoro con l'obiettivo di aiutare la crescita civile dei singoli e lo sviluppo della comunità. Non solo. Ma si diede anche una organizzazione autonoma dai partiti e movimenti.

Questo fino a qualche tempo fa...ma ora dove sono finite le donne del Cif? Salvo qualche raro e sporadico tentativo di rappresentanza, il Cif sembra aver tirato i remi in barca. Forse perchè le esigenze di oggi sono diverse da quelle di ieri. Forse perchè i danni della guerra sono stati riparati e le donne sono diventate più autonome e responsabili. O forse perchè l'associazione si è schierata contro alcune battaglie civili che hanno visto invece vincenti le rappresentanti dell'altra metà del cielo?

mercoledì 3 luglio 2013

Marietta la levatrice: le sue mani hanno dato la vita a tanti, me compresa.

Mi hanno sollecitato a riportare una storia che appartiene a molti e che è stata pubblicata anni fa in un libricino dal titolo "Storie di Donne". Le giornaliste raccontano
Sono tre le mie storie in questa pubblicazione. La prima ed è forse la più bella è quella di Marietta ( Maria Salvagni) l'ostetrica che ha fatto nascere tre generazioni di persone. Riguarda un ambito specifico sì, ma è la storia delle nascite di un'epoca.

Marietta la levatrice.
   
  Mi sta aspettando sul pianerottolo ed è molto emozionata.
 
 "Ti ho raccolto il giorno di Santa Maria Goretti" , mi dice facendomi strada verso il salotto. Seguo la sua figura imponente e autoritaria che ottantotto anni di vita non hanno affatto piegato.
  
  Si accomoda e si rilassa l'ostetrica Maria. Ora può iniziare a ricordare. E' incantevole. Una testimonianza di vita incantevole.
  
   Richiama alla mente tutti quelli che lei ha "raccolto" durante la sua attività di levatrice e il registro dell'anagrafe è poca cosa. Sono i momenti della nascita e tutte le circostanze che l'hanno accompagnata. E i momenti della vita vanno di pari passo con quelli della morte: ".. mentre nasceva Concetta, moriva don Carlo". E' la storia di un intero paese: " Raccoglievo dai 2 ai 3 bambini al giorno - dice e non erano solo di Priverno. Durante la guerra infatti c'erano anche gli sfollati di Cassino, Sperlonga, Latina, Terracina e Scauri. Vivevano tutti ammassati dentro il Castello di San Martino e a Caciara e dovevo assistere anche loro."

   Mentre parla Marietta cerca di coprire i colpi di tosse che turbano la tranquillità dei ricordi, con le mani. Quelle mani che hanno aiutato le donne a dare la vita non stanno mai ferme. Si posano in grembo, si alzano a descrivere momenti felici o circostanze rischiose: " Io glielo dicevo alla partorienti, voi dovete fare quello che dico io". E narra di nascite podaliche e di primipare che non hanno avuto nessuna lacerazione. La ricetta? Olio di oliva e ...tempo! Tanto tempo. I parti di una volta erano caratterizzati dal tempo: il tempo del nascituro. Ci impiegava tutto il tempo che voleva per venire al mondo. Nessuno aveva fretta. Oggi il parto pilotato programma ferie e vacanze e l'episiotomia, il taglio anticipato per evitare la lacerazione dei tessuti, è diventata un'abitudine. E' cambiato completamente il concetto di "tempo".

   Diplomatasi nel 1923 a Roma, Marietta ha iniziato subito a lavorare come ostetrica al Policlinico Umberto I, poi a Terracina, a Sezze, a Bassiano, a Roccasecca e dal 27 marzo 1938 " era la settimana santa" a Priverno fino al 1973.

   " Seguivo le donne incinte fin dal primo mese - racconta - e controllavo se c'era l'albumina nelle urine. Via via che passavano i mesi e si avvicinava il momento del parto, il rapporto si faceva sempre più confidenziale. Gli ultimi giorni organizzavo tutto: bisognava preparare i fiaschi direttamente sui carboni  e acquistare il pacco ostetrico in farmacia. Cosa conteneva? Tutto il necessario per il grande evento: 500 gr. di alcool, 200 gr. di ovatta, garze e saponetta Mantovani. Il pacco lo passava l'Amministrazione Provinciale. Poi facevo acquistare i giornali, molti giornali. Servivano a proteggere il materasso. E pronta doveva essere anche la "spianatora" ( tavola di legno usata per fare il pane) che andava messa sulla rete. Serviva a non far soffocare il bambino appena metteva fuori la testina. Un periodo venne disposto che non si poteva fare il bagnetto al bambino appena nato. Si puliva allora con l'olio di oliva".

   La signora parla con molta dolcezza, solo la tosse la irrigidisce. " Per riscaldarci durante le lunghe attese in campagna bruciavamo i " turzi" ( gambi dei carciofi). E' come se avessi fumato chissà quante sigarette e mi è rimasta la bronchite cronica". E' la sua malattia professionale.

   "Non che avessi tanto tempo per pensare quando mi venivano a chiamare", dice.
  Chiamavano dal vicolo a voce alta, ricorda, e qualsiasi ora fosse e qualsiasi tempo facesse, lei prendeva la sua indispensabile valigetta da ostetrica con l'occorrente, stetoscopio, fiale antiemorragiche, siringhe, e via...a piedi o in canna di bicicletta raggiungeva la campagna.

  Tira fuori dal cassetto l'album delle foto. Eccola mentre riceve dal sindaco di Priverno la medaglia d'oro con l'encomio per il servizio prestato a tutta la comunità; eccola con la sorella mentre si riposa nella sua casa di Maenza ed eccola ancora giovane agli inizi del suo lavoro e della professione. Una professione durata oltre quaranta anni.

   E di notte quando non riesce a prendere sonno, Marietta "la levatrice" ricorda nella preghiera le tre generazioni cha ha aiutato a nascere.



                               La foto postata su Fb è di Antonietta Volpe e la signora alta vestita di nero è la signora Maria Salvagni. Nasce da qui questa  storia...

Santa Maria Goretti è fra qualche giorno ed è il mio compleanno. E' questo lo considero davvero un regalo meraviglioso. Grazie per l'idea che avete avuto di riportare in "auge" questo bellissimo racconto, che la famiglia all'epoca inviò anche all'Associazione Italiana di Ostetricia. 
                                         

                                                                     Ciao
                                                             
                                                               Mariassunta
  





venerdì 31 maggio 2013

Insieme, in una splendida giornata di sole!

Metti una bella casa in campagna.

 




Metti dei padroni di casa meravigliosi e molto ospitali.



Metti degli ospiti fantastici.


E metti anche i bambini liberi di correre e arrampicarsi sugli alberi!


...o che aiutano i grandi a portare in tavola le fave da mangiare con il pecorino.. sardo!

Metti una bella giornata di sole.... un banchetto da leccarsi i baffi,
ed ecco che insieme si sta davvero bene, anche se non tutti si conoscono



Metti poi.... che io, che non mi fregio certo del titolo di fotografa, ho cominciato a fare clic...clic, per ricordare con una cronaca di immagini ... una bellissima giornata passata insieme! 

"E meno male, almeno qualcuno ha documentato" hanno commentato i miei amici Annalisa e Raimondo, raffinatissimi padroni di casa.

Ciao
Mariassunta

sabato 30 marzo 2013

Lampadine "pasquali"

Difficilmente riesco a liberarmi delle cose che ho in casa perchè penso sempre che prima o poi arriverà il momento di poter utilizzare quella cosa e ...quindi rinvio puntualmente il trasloco nel cassonetto.

Anche con queste lampadine, varie volte sono stata tentata di buttarle, ma  non ce l'ho mai fatta. Primo perchè me le ha riportate mia figlia dall'Inghilterra e quindi con che coraggio avrei potuto disfarmene? E poi perchè, ammettiamolo, sono proprio belle. Vabbè le tengo...ma che ci faccio? Boh! L'idea non veniva. Sono rimaste nella scatola per parecchi anni....ma l'altro gionro....tacchete!!!!

Ho tolto i melograni ( natalizi) dal cestino di sheffield e li ho sostituiti con ...le lampadine...a mò di uova pasquali... Ehhh... che ve ne pare?



Con questo "luminoso" post auguro Buona Pasqua a tutti voi!

giovedì 21 marzo 2013

L'attesa!

E' un periodo di attesa....ma evidentemente non per tutti. 
C'è disagio e bisognerebbe prendere delle decisioni forti, ma non tutti capiscono che è necessario farlo. 

Scorrono ore e giorni e tutti sembrano aver dimenticato che questo Paese ha bisogno di essere accudito e curato quanto prima.

Che fare? Viene voglia di accelerare, di spingere, di stringere.....

Ma i NO stoppano e frenano le idee.

Mi piacerebbe vivere in un Paese normale, ma ci stiamo tutti rassegnando a vivere in un Paese malato e inguaribile!

Ogni tanto sembra  apparire uno spiraglio...che subito scompare.

Io vivo tutto ciò con ansia....e voi?


 

(photo by me)

venerdì 11 gennaio 2013

L'Italia vista dagli States!

Sono ancora a Saint Louis. La giornata è molto bella anche se il termometro segna sempre  0 gradi. E' bello stare qui. E' bello vedere che la gente è contenta e piena di speranza per il futuro. E' bello vivere in una società in cui i sogni si possono realizzare. E' bello vivere in una quotidianità assolutamente normale e tranquilla. E' bello vedere gente che non è depressa.
Questo dicevamo stamattina con mio marito mentre passeggiavamo nel Forest Park. Un parco più grande di quello del Central Park di New York. Al bar abbiamo degustato il caffè americano e un muffin eccezionale.



Tutto bello. Tutto meraviglioso...solo che tornata a casa ho aperto i giornali italiani e la gioia si è subito trasformata in sconforto...
Come mai? Bè a leggere queste notizie sfido chiunque a rimanere impassibile: Siglato l' accordo elettorale tra Lega e Pdl....Per Vendola, i super ricchi devono andare all'inferno  ( allora ci crede?).....Torna per fare la rivoluzione...chi è Che Guevara? No Ingroia....Monti telefona durante la Messa e promette cose che non ha fatto e che avrebbe potuto fare....Oh...ecco le  nuove candidature di Bersani, che a parte qualche nome ad effetto, sono sempre le stesse, primarie o non primarie. E poi...ma che davvero...ancora Cicciolina?
Ho brindato pochi giorni fa al 2013. O forse no? Probabilmente no! Perchè è tutto uguale a venti anni fa....stessi personaggi...stesse situazioni...stesse parole....stessi concetti...stessi proclami.

Un Paese immobile. Ma che si deve fare per cambiarlo? Che si deve fare per farlo diventare se non del tutto normale...almeno un pò? E' tutto così  senza speranza! Soprattutto a vederlo da qua.

lunedì 7 gennaio 2013

Sarà un caso se la Montalcini.....

Bè non so se è un caso….ma ho saputo della morte della professoressa Montalcini mentre mi trovo  qui a Saint Louis…Sarà un caso anche che mia figlia e suo marito lavorino entrambi nella facoltà di medicina della Washington University, dove sempre lei, la professoressa Montalcini lavorò e si guadagnò il Nobel?

Ho avuto vari contatti in questi ultimi dieci anni con la professoressa. Sono riuscita ad intervistarla per ben 3 volte e ritengo di averle fatto io l’ultima intervista su suggerimento del mio amico Claudio Abbate, direttore della rivista economica del Caf Uil…che a detta della sua assistente, la professoressa Pina Tripodi, intendeva essere un testamento diretto ai giovani…alle donne e ai ricercatori. Poi la pubblicherò anche qui!

Oggi qui a Saint Louis ho ripreso in mano il suo libro autobiografico “In Praise of Imperfection” e ripercorso le tappe del suo arrivo in questa città ….

“On 19 September 1946, Renato Dulbecco and I sailed from Genoa on board a Polish ship, the Sobieski….”


Ecco l’arrivo nella città del midwest:
“On my arrival in St. Louis, in the somnolent hours of a hot afternoon at the beginning of autumn, Union Station appeared to me as out of painting by the Belgian artist Paul Devaux, in which the hands of a big tower clock mark the hours of a time that seems in reality fixed for ever…..”


Arrivata in nave a New York raggiunge St. Louis in treno. Alla stazione prende  un taxi…

“A taxi driver with a marked German accent took charge of my bags, and we set off for Washington University, a fair distance away, over on the west side of the city. He proudly pointed out the large Catholic cathedral on Lindell Boulevard which, so he informed, had cost three million dollars and at least challenged, if it did not actually surpass, St. Peter’s basilica in Rome in size and beauty. That at least was his opinion. The central gateway of Washington University, surmounted by two towers nd flying the university flag, fulfilled my expectations more than cathedral…..”

Era il 1946.

Oggi 3 gennaio 2013 sono andata a rivedere quella cattedrale, che si trova proprio dietro casa nostra. Penso che il tassista tedesco abbia avuto ragione…la cattedrale è bellissima….immensa….piena di mosaici straordinari. Ed è più grande di San Pietro, senza dubbio. Una cattedrale molto imponente, dal momento che Saint Louis fino al 1920 era  la seconda città più importante degli Stati Uniti d’America.

Dalla cattedrale, si attraversa la strada che porta all’Arco e si arriva alla Washington University. All’entrata della Facoltà di medicina ci sono le foto degli scienziati che si sono conquistati il premio Nobel, ed ecco in mezzo a loro….. la foto della nostra Montalcini.





L’ultimo ricordo di questa straordinaria donna è diretto a me. Una lettera d'augurio che mi ha scritto e indirizzato in una occasione particolare e che conservo gelosamente…un caso anche questo?

mercoledì 19 dicembre 2012

Una "piccola" donna!

Anche se il riferimento è alle piccole donne del romanzo di Louisa May Alcott, alludo però a una delle mie sorelle. Dovete sapere, infatti che anche noi, come le sorelle March, siamo 4. 

Manco a dirlo ... diverse l'una dall'altra. Chi è più creativa e chi lo è meno. Chi è più pragmatica e chi lo è meno. Chi è bionda e chi è mora. Chi ha i capelli ricci e chi li ha lisci....Diverse sì, ma ognuno con la sua spiccata personalità!

Tra le più creative in assoluto c'è  Anna, la terza. La sua creatività è letteralmente esplosa mentre faceva gli esami di tedesco e spagnolo all'Università per laurearsi in Lingue e Letteratura Straniere. E' stata presa da un vero "raptus" per il ricamo. 
Ha così  "saccheggiato" l'armadio di mia madre dove venivano stipate le lenzuola di lino in "pezza" racchiuse in una scatola, che ricordo ancora ora essere di colore celeste, e che erano frutto dei regali di mia nonna per i nostri compleanni. Una volta si usava così no?
Le scatole erano conservate una sull'altra nello sportello lungo dell'armadio, in attesa che qualcuno le desse una vita. 

Ci ha pensato lei a renderle "preziose" con ricami e e merletti. Comunque è riuscita a fare tutte e due le cose e bene. Si è ricamato da sola un "corredo" meraviglioso e ha finito l'Università. 
E ora? Ora la passione per il ricamo continua ....

Vi voglio postare qualcosa che estrapolo dal suo blog ...

Tra i tanti lavori, tutti belli e perfetti, considero molto significativa e "poetica" la riproduzione su tela di una poesia di Alberto Manzi. Ve lo ricordate no il maestro di "Non è mai troppo tardi" ?


Alberto Manzi, i sentimenti condivisi







 
Questa è una poesia di Alberto Manzi,
il "maestro d'Italia" per antonomasia.
E' colui che, negli anni sessanta,
con la storica trasmissione televisiva
"Non è mai troppo tardi",
ha insegnato a leggere e a scrivere a molti italiani.

La poesia, tratta dal volume "Essere Uomo", è stata
pubblicata postuma alla morte del maestro.