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domenica 23 luglio 2017

CAFFE' AMARO



Per trarre migliori benefici dal caffè è assolutamente necessario prendere il caffè amaro, ossia senza l'aggiunta di zucchero o altri dolcificanti che ne inficerebbero una serie di proprietà positive, ad iniziare dalle note proprietà termogeniche.
Si tratta di quelle proprietà che permetterebbero di bruciare i grassi più velocemente. Tuttavia, questa caratteristica può essere messa a rischio dallo zucchero del caffè non perché lo zucchero produce grassi, ma perché genera picchi di insulina che attenuano la possibilità del caffè di intervenire con la sua azione termogenica.

Dal punto di vista scientifico, infatti, le sostanze che permettono di accelerare il metabolismo dei grassi e quelle che si liberano con la formazione dell'insulina, entrano in contrasto tra di loro, annullando le une l'azione delle altre.
Per questo motivo, se si intende bere il caffè per trarne effetti benefici e non solo per sorseggiare una bevanda in compagnia, esso deve essere assunto completamente amaro. Non solo: se lo scopo dell'assunzione del proprio caffè è soprattutto quello di bruciare grassi, allora esso non solo dovrebbe essere preso amaro, ma anche in particolari contesti. Ad esempio, per trarre il massimo dei benefici termogenici da questa bevanda, l'assunzione ideale è al mattino, a stomaco vuoto. Inoltre, effettuare un'attività fisica entro un'ora dall'assunzione garantisce la formazione di condizioni metaboliche ed ormonali perfette per accelerare le possibilità di bruciare grassi.
Prendere il caffè amaro, inoltre, è un ottimo stimolante che permette di migliorare la sensazione di vigore e di energia disponibile. Anche in questo caso è necessario sottolineare il ruolo dello zucchero in relazione all'energia. Ancora una volta, l'assunzione di zucchero alza il livello dell'insulina che, oltre a contrastare il metabolismo dei grassi, genera sonnolenza e stanchezza generale che vanno proprio a contrastare gli effetti stimolanti del caffè.
E' quindi errato pensare che aggiungendo zucchero al caffè si può ottenere una sferzata di energia: semmai è il contrario.
Naturalmente, per quanti sono abituati a bere il caffè dolce, può essere difficile eliminare del tutto lo zucchero in un'unica volta. Per questo motivo si consiglia di diminuire la quantità di zucchero un poco alla volta, dando così il tempo al proprio palato, di abituarsi a questo nuovo sapore che, poi, è il vero gusto del caffè.

Chi prende il caffè amaro saprà riconoscere ed apprezzare meglio i diversi aromi, tipici delle differenti miscele o dei diversi processi di torrefazione, potendo quindi imparare a scegliere, anche a seconda delle proprie esigenze di palato, la miscela più idonea al proprio gusto.
Tra l'altro, il caffè amaro permette di mantenere più a lungo il proprio calore, diventando una bevanda perfetta per combattere il freddo e, conservando maggiormente la propria temperatura più calda, permette di poter essere sorseggiato con calma e senza stress.
L'elevato consumo di caffè nelle società occidentali e non solo, ha portato molti scienziati a cercare di comprendere, al di là degli effetti immediati come quelli fino ad ora descritti, se il caffè potesse anche essere caratterizzato da effetti di lunga durata, che ne giustificassero un uso continuativo nel tempo. Gli studi hanno rivelato una serie di interessanti risultati che fanno del caffè amaro non solo una bevanda consigliata, ma in certi casi una vera e propria cura per mitigare il rischio di alcune malattie.
Uno dei primi risultati inerenti le proprietà e i benefici del caffè amaro è quello di poter abbassare il rischio di diabete di tipo II, ossia il diabete che si contrae solitamente da adulti a causa, nella maggior parte dei casi, di una scorretta alimentazione a base di assunzione eccessiva di zuccheri.
Questa malattia è aumentata moltissimo negli ultimi anni, proprio in concomitanza dell'incremento della sedentarietà che, come conseguenza, ha portato ad un aumento dei casi di obesità, sia tra bambini che tra adulti. Una serie di studi condotti sui bevitori di caffè amaro ha portato ad evidenziare che questi hanno una minore incidenza di casi di diabete ossia hanno minore possibilità di diventare diabetici rispetto a quanti non fanno uso di caffè o bevono regolarmente caffè dolce.
Un ulteriore studio condotto per accertare la relazione tra l'assunzione di caffè e la maggiore possibilità di non contrarre il diabete, ha addirittura messo in evidenza, studiando un campione di oltre 400mila persone, che una tazzina al giorno di caffè amaro permette di abbattere la percentuale di rischio di ammalarsi di diabete del 7%.



Lo stimolo mentale che scaturisce dall'assunzione di caffè amaro permette inoltre di abbassare anche il rischio di ammalarsi di Alzheimer. Questa malattia degenerativa rappresenta ad oggi una delle cause maggiori di demenza, soprattutto senile. Anche in questo caso, gli studi condotti da equipe di scienziati di tutto il mondo sono stati condotti su un elevato numero di campioni per i quali è stato stimato che l'uso di caffè permette di abbattere il rischio di Alzheimer fino al 65%.
Ma il caffè amaro sembra avere buoni effetti non solo sull'Alzheimer, ma anche su un'altra importante malattia degenerativa: il Parkinson. Il caffè amaro, e in particolare la caffeina, si sono rivelate un'ottima arma contro il Parkinson ed è stato stimato che chi fa regolare uso di caffè amaro ha il 33% di possibilità in meno di contrarre questa malattia.
Oltre ai risultati positivi che si sono riscontrati nelle malattie di tipo degenerativo, ulteriori studi hanno messo in evidenza che il caffè presenta delle caratteristiche che permettono di migliorare la protezione contro il cancro al fegato. I risultati che sono stati ottenuti da questo particolare tipo di studio hanno messo in evidenza che chi assume due tazzine di caffè amaro al giorno ha il 30% di possibilità in più di non contrarre un tumore al fegato, anche se già caratterizzato da precedenti patologie relative a questo organo.
E il tumore non è l'unico problema del quale il caffè sembra una buona soluzione. Anche il rischio cirrosi epatica, infatti, è più bassa nei regolari bevitori di caffè. Anche se non è ben chiaro quali siano i meccanismi e le molecole del caffè che entrano in gioco nel contrastare la cirrosi, gli studi condotti in questo senso hanno potuto evidenziare che l'assunzione di caffè ha un'elevata incidenza sull'abbassamento della possibilità di ammalarsi di cirrosi al fegato: con quattro tazzine al giorno, infatti, si può ridurre il rischio di contrarre la cirrosi epatica fino all'80%.
Un altro punto a favore del caffè è legato alle malattie cardiovascolari, tra le principali cause di morte nelle nazioni Occidentali. Anche se i primi studi sul caffè sembravano accusare questa bevanda di essere causa di incremento di malattie cardiovascolari, le nuove ricerche sembrano, invece, dimostrare il contrario. Così come hanno dimostrato il contrario i recenti studi che hanno rivalutato la relazione tra assunzione di caffè ed ictus.
Le cause per cui il caffè amaro risulta prevenire e non favorire queste due malattie sono da ricercare soprattutto nell'elevata presenza di antiossidanti che questa bevanda contiene. Infatti esso rappresenta uno degli alimenti della dieta Occidentale più ricchi di antiossidanti, presenti in quantitativi maggiori rispetto alle tanto apprezzate frutta e verdura.

Tra i vari studi dell’Università di Innsbruck c'è ne uno che riguarda la “bevanda nera” amata da molti. Chi lo beve infatti senza zucchero e quindi amaro potrebbe essere un narcisista o addirittura uno psicopatico.

Il numero di amanti del caffé preso a campione non è elevatissimo. Si parla di oltre 1000 persone sulle quali gli studiosi hanno approfondito la ricerca. Certamente, vista la popolazione che ne fa uso, non una quantità destinata a portare dubbi negli abitanti che lo amano zuccherato ma certamente una piccola porzione che, alla fine, hanno dato risposte davvero inaspettate.

L’università di Innsbruck spiega, al termine dei vari studi effettuati, quindi che: “forniscono la prova empirica che la preferenza per un gusto amaro è legata a tratti delle personalità malevoli, ambigui e con scarsa empatia verso il prossimo”.

Sull’argomeno caffé amaro o caffé zuccherato molti sono intervenuti dando la propria spiegazione sull’utilizzo migliore della prima o della seconda soluzione. C’è chi dice che lo zucchero elimini il sapore e il gusto della bevanda colorata di nera e che quindi sia meglio berlo amaro per assaporarne maggiormente le capacità e chi invece pensi che non cambi il gusto anche aggiungendovi lo zuccero o un qualsiasi altro dolcificante.

Alcuni studi in tal senso hanno determinato come il caffè sia un piacere e vada bevuto come meglio si crede, va vissuto per far piacere a se stessi e quindi, essendo versatile, lo si può fare in svariate maniere (con la panna, con il latte, insieme ad altri elementi come alcoolici oppure cacao, ad esempio).

Di fatto lo zucchero non nasconde affatto, secondo altri studiosi, il gusto del caffé manentendone inalterate le caratteristiche. Resta il fatto che bere il caffé sia un fatto personale e che ognuno possa gradirlo come meglio crede.

Magari lo studio austriaco accentuerà la paura che, davanti ad una persona che lo prende amaro, ci si possa imbattere in un psicopatico o in un narcisista ma alla fine anche questi studi vanno presi non completamnete alla lettera perché, nel mondo, persone che amano il caffé al naturale sono moltissime e non sempre queste hanno problematiche così gravi.




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domenica 7 agosto 2016

I SEMI DELL'ANGURIA



I semi dell'anguria sono molto ricchi di fibre e antiossidanti. Un etto di piccoli semi ne ha circa 35 grammi di proteine (più della stessa quantità di carne). Un apporto, quello proteico, che consente addirittura di ridurre l'impatto glicemico del frutto stesso e mangiarne così un po' di più anche a fine pasto.

I semini sono inoltre ricchi di grassi poli-insaturi, utili per tenere a bada il colesterolo, il rischio cardiovascolare e l'iperattivazione del sistema immunitario. Ciò significa che potrebbero tornare utili per coloro che soffrono di allergie, asma o di autoimmunità.

I semi di anguria sono pieni anche di vitamine del gruppo B, che fanno bene al fegato, e di zinco, magnesio, manganese, fosforo, potassio, rame.

Contenendo ferro, inoltre, questo è facilmente assorbito se i semini vengono mangiati insieme alla polpa che, avendo a sua volta una buona quota di vitamina C, consentirà una rapida assimilazione proprio del ferro (se assunto con l'acido ascorbico, infatti, il ferro si assorbe rapidamente).

Se proprio non riuscite nemmeno a deglutirli ma non volete fare a meno di godere di tutte le loro proprietà, potreste tenerli da parte e lasciarli seccare, per poi sgranocchiarli proprio come tutti gli altri semi oppure cercare un estratto di semi di anguria.



Diffusa tra le popolazioni asiatiche la tradizione di essiccare i semi di anguria e sbriciolarli per fare zuppe o infusi.

Alcuni ritengono anche che possano apportare benefici in caso di parassiti o vermi intestinali. Inoltre i semi masticati hanno effetto lassativo e una piccola quantità può apportare benefici all’apparato digerente. Bisogna tener presente però, che è bene non esagerare: sembra infatti che ingurgitare una grossa quantità di semi di anguria, soprattutto se masticati, possa causare appendicite, stipsi e diarrea mentre se lasciati interi transiteranno senza problemi nell’intestino (sempre a patto di non esagerare!).

L'estratto di semi d'anguria si è peraltro rivelato avere un'efficacia non troppo lontana dai classici farmaci antiulcera, in uno studio condotto su topini stressati.

Come se ciò non bastasse, le potenziali future anguriette (i semi) contengono una buona quantità di vitamine del gruppo B, che fanno bene al fegato, e un mucchio di altri minerali.

I semi sono pieni di zinco, magnesio, manganese, fosforo, potassio, rame. Praticamente si tratta di piccoli integratori nascosti, perfetti per sopportare il caldo ed evitare di ammalarsi con l'aria condizionata: oltre a lavorare sul sistema immunitario e sul potenziamento delle difese antiossidanti, alcuni dei minerali citati mantengono modulata la pressione arteriosa e reintegrano ciò che viene perso col sudore.

Il caso del ferro è interessante: l'anguria contiene una buona quota di vitamina C, così che qualora i semi vengano mangiati insieme alla polpa, il suo assorbimento sarà facilitato (il ferro si assorbe meglio quando è assunto insieme a dell'acido ascorbico).



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lunedì 11 aprile 2016

IL CAFFE' GINSENG



Il caffè al ginseng è una bevanda di origine asiatica.

In oriente si è diffusa molti anni fa come preparato solubile confezionato in monodose denominate sachet, in particolar modo nella dorsale asiatica individuabile in Thailandia, Malesia, Singapore. Il mercato di riferimento locale è la distribuzione organizzata per un consumo prettamente domestico.

La bevanda si presenta nell'aspetto simile al caffelatte, avendo come ingredienti caratterizzanti la crema di latte (di solito di origine vegetale), lo zucchero, il caffè istantaneo e l'estratto secco di ginseng.

Nei primi anni duemila il caffè al ginseng ha iniziato a diffondersi in Italia, primo paese occidentale a farne uso in misura significativa. Le poche aziende operanti nel settore importavano i primi caffè al ginseng esclusivamente dai tre stati asiatici citati e solo con il passare degli anni anche delle aziende italiane hanno iniziato a produrlo, senza affermarsi nel settore. L'importazione del caffè al ginseng è soggetta ai controlli del Ministero della Salute: i prodotti devono essere analizzati e certificati.

In Italia la sua diffusione nei bar è avvenuta soprattutto con l'ausilio di macchine automatiche per l'erogazione di prodotti solubili, che venivano utilizzate per offrire principalmente il caffè d'orzo, altro prodotto molto consumato, ma si trova anche nei negozi, supermercati per esempio, in confezioni adatte al consumo casalingo, simili alle bustine da tè.

La concorrenza della vendita del prodotto ha portato ad una modifica rispetto all'originale asiatico, che utilizza l'estratto secco di Ginseng.

Una variante del caffè al ginseng è la Tongkat Ali, che prevede l'aggiunta dell'estratto questa pianta, nativa della Malesia e dell'Indonesia.

Grazie al suo contenuto in metilxantine (caffeina), il caffè nero è considerata una bevanda piuttosto energizzante e stimolante. Da qualche anno però, al fine di enfatizzarne la capacità tonica, è stata ideata la miscelazione del caffè nero con il ginseng; il risultato è una bevanda chiamata Caffè al Ginseng.
Non si tratta certo del primo accostamento tra la radice ad un altro alimento; infatti, oltre alle innumerevoli formule della medicina tradizionale cinese (infusi, decotti ecc.), da qualche tempo sono state immesse sul mercato le "birre al ginseng" ed il "tè al ginseng".
Il caffè al ginseng viene prodotto infondendo i chicchi o la polvere di caffè con la radice della Panax quinquefolius (ginseng americano).
Si ipotizza che, bevendo con regolarità il caffè al ginseng, si possano raggiungere diversi benefici di tipo salutistico; tra questi: l'ottimizzazione della pressione sanguigna, una maggiore concentrazione, il miglioramento della prestazione fisica, l'incremento della libido, la promozione del sistema immunitario ecc.
A livello ristorativo, oggi il caffè al ginseng gode della stessa disponibilità di qualunque altra tipologia di caffè. Anche per quel che concerne l'approvvigionamento, questo alimento è ampiamente reperibile sia al dettaglio (formato singolo per il consumatore), sia all'ingrosso (formato grande destinato alla ristorazione).
Il caffè al ginseng è considerato una bevanda "borderline", ovvero difficilmente classificabile sia tra gli alimenti, sia tra gli integratori alimentari; di quest'ultimo gruppo, fanno parte anche quelli aromatizzati come, ad esempio, il caffè allo zenzero.
Sebbene la maggior parte dei prodotti occidentali contenga la Specie americana di ginseng (Panax quinquefolius), altri sono ricavati a partire dalla pianta coreana o cinese (ginseng asiatico o Panax ginseng).
In virtù dei benefici salutistici che se ne possono ricavare e della spiccata funzione tonica, il ginseng asiatico è utilizzato dai popoli orientali già da molti secoli.
Si ritiene che i prodotti al ginseng vantino un certo potenziale afrodisiaco, ma tale aspetto non è stato dimostrato scientificamente.
In occidente, l'uso più comune del caffè al ginseng è finalizzato alla stimolazione delle funzioni mentali. Infatti, le persone che bevono il caffè al ginseng avvertono una maggior lucidità, reattività e vigilanza rispetto alla bevanda tradizionale; qualcuno dichiara anche un effetto positivo sulla fissazione della memoria.
Il caffè al ginseng dovrebbe favorire anche la circolazione sanguigna, grazie all'effetto vasodilatatore di certe molecole in esso contenute; se così fosse, tale caratteristica potrebbe risultare benefica alle persone che soffrono di ipertensione arteriosa.
E' stata anche avanzata l'ipotesi che i derivati del ginseng modulino positivamente la glicemia, tendendo ad abbassarla qualora fosse elevata; anche in tal caso, i risultati dei vari studi accademici non sono in comune accordo.



Alcuni promotori del caffè al ginseng sostengono che la bevanda possa aiutare a migliorare il sistema immunitario; in tal caso, pare che la ricerca scientifica ne abbia confermato l'efficacia.
C'è chi sostiene che la bevanda possa anche favorire la prevenzione verso alcuni tipi di tumori, ma non esistono dati significativi che avvallino questa teoria. I venditori in particolare, sostengono che, a differenza di altri tipi di caffè, quello al ginseng non induca la ben nota sensazione di nervosismo quale effetto collaterale della caffeina. Probabilmente, si tratta di una reazione soggettiva.

Il caffè al ginseng può essere consumato come qualunque altro tipo di caffè; ad esempio: caldo, freddo, macchiato con latte o con crema di latte, zuccherato, dolcificato in maniera alternativa, come ingrediente del caffè-latte o del cappuccino ecc.
L'infusione è pressoché identica e la maggior parte delle macchine per il caffè sono in grado di produrre anche quello al ginseng.
Il Ginseng dona all'organismo non solo un potere energizzante, ma addirittura terapeutico. Innanzitutto sarete molto più svegli al mattino, poi c'è un netto miglioramento della digestione e si elimineranno tutti quei fastidi che provengono invece dall'abuso di caffè normale come il nervosimo, la tachicardia e la depressione. E' sempre più facile nella società d'oggi essere completamente avvolti dal nervosismo, ecco che una bella tazza di caffè Ginseng potrà stabilizzare non poco il vostro sistema nervoso, con effetto calmante e rilassante e un'armonia maggiore per tutto il vostro organismo.


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venerdì 8 aprile 2016

NOCI




La noce è un frutto di cui si hanno testimonianze antiche, pare che provenga dall’Asia e sia stata introdotta in Italia dai greci.

Il noce è sempre stato, nell'immaginario popolare, un albero legato alle streghe e agli spiriti maligni.

Durante il Medioevo si credeva infatti che i sabba (gli incontri notturni tra le streghe e il Demonio) avvenissero proprio sotto un albero di noce, per questo motivo questa pianta è rimasta indissolubilmente legata nel tempo a scaramanzie e storie fantastiche: in molte fiabe, all'interno di noci, si celano meravigliosi tesori e un tempo, in Sicilia, si credeva che una noce in tasca preservasse da sortilegi e febbre.

La pianta delle noci è imponente e maestosa, e oltre che per i suoi pregiati frutti, è una pianta molto apprezzata per la qualità e le proprietà del suo legno.

Le sue foglie sono molto voluminose ed in primavera spuntano i fiori di color verde a cui faranno seguito i frutti, di forma ovale e ricoperte da una sorta di guscio verde compatto, chiamato mallo.

Quando le noci giungono a maturazione il mallo si secca e si apre lasciando cadere la noce al suolo. Prima di poter essere consumate le noci hanno bisogno di un periodo in cui devono essere lasciate asciugare, a causa della forte umidità accumulata all’interno del mallo.

Le noci reperibili sul mercato possono essere di diverse qualità, tra le più diffuse le Sorrento e le California.

Quella che noi consideriamo “noce” è la parte commestibile del frutto dell’albero del noce (Juglans regia). In realtà consumiamo il seme contenuto in una drupa, insieme al suo endocarpo legnoso.

Alimento saporito e dagli effetti benefici, fa parte di quei semi indeiscenti, come tutta la frutta che non si apre spontaneamente a maturità raggiunta.

Il periodo di raccolta delle noci è in autunno, precisamente da metà settembre a fine ottobre. Prima di poter essere messe in commercio devono essere sottoposte alla privazione del mallo, così da evitare che il guscio si annerisca e al lavaggio per eliminare i residui del mallo.

Le noci contengono il 64 % di grassi, carboidrati, il 15,5 % di proteine, il 6,7 % di fibre, l’1,1 % di zuccheri, il 4,5 % di acqua, 0,2 % di amido ed il 2,3 % di ceneri.

I minerali contenuti nelle noci sono: fosforo, magnesio, calcio, ferro, sodio, magnesio, zinco, rame, manganese, selenio e potassio.

Sono il frutto più ricco di zinco e rame, elementi che solitamente attingiamo dalla carne. Per questo motivo sono particolarmente indicate in una dieta vegetariana.

Queste le vitamine: la vitamina A, le vitamine B1, B2, B3, B5, B6, B12, vitamina C, Vitamina E, K e J. Le noci contengono inoltre beta-carotene, luteina e zeaxantina.

Questi gli aminoacidi: acido aspartico, acido glutammico, alanina, arginina, cistina, glicina, fenilalanina, istidina, isoleucina, leucina, lisina, prolina, metionina, serina, tirosina, triptofano, valina e treonina.

Secondo una ricerca americana le noci, oltre ad essere ipercaloriche, hanno proprietà antitumorali, in particolare il loro consumo regolare previene l’insorgere del tumore al seno, questo grazie alla abbondante presenza di acidi grassi omega 3, oltre ad un alto contenuto di antiossidanti. Uno studio condotto sui topi ha rivelato che un consumo regolare di noci sarebbe in grado di ridurre i tumori alla prostata o rallentarne la crescita. Le noci sono un alimento molto interessante dal punto di vista del contenuto di grassi vegetali. Contengono acido oleico, un grasso monoinsaturo presente anche nell’olio di oliva, che si è rivelato molto efficace nelle riduzione dei livelli di colesterolo cattivo LDL nel sangue. Anche l’abbondanza di acidi grassi polinsaturi, acido linoleico ed alfa-linoleico, è molto importante per ridurre la percentuale di colesterolo nel sangue con conseguenti benefici per la salute del muscolo cardiaco e dell’apparato cardiocircolatorio. Mangiare regolarmente noci infatti è una buona abitudine che aiuta a prevenire malattie cardiovascolari come infarto ed ictus.
Una ricerca condotta all’Università di Scranton in Pennsylvania, ha confermato l’altissimo potenziale antiossidante di questo frutto con guscio. Le noci contengono alti livelli di antiossidanti polifenolici, più di qualsiasi altro tipo di frutta con guscio, il loro consumo regolare contrasta l’attività dei radicali liberi con grandi benefici per la prevenzione di tumori, invecchiamento precoce, infiammazioni e malattie degenerative. Sono inoltre ricche di vitamina E, un potente antiossidante liposolubile, essenziale per mantenere l’integrità della membrana cellulare delle mucose che protegge la pelle dai danni dei radicali liberi.
Recenti studi hanno dimostrato che le proprietà benefiche dei grassi monoinsaturi non solo sono valide per abbassare il colesterolo LDL ma anche per aumentare l’elasticità delle arterie, impedire la formazione di coaguli (sangue più fluido) e ridurre la pressione arteriosa. Questa capacità di rendere il sangue più fluido è attribuita alla trasformazione dell’acido alfa-linoleico in prostaglandine.
Si è calcolato che mangiare noci cinque volte a settimana, in sostituzione ai grassi animali, è un buon metodo per prendersi cura della salute del proprio cuore.
Diversi studi hanno inoltre dimostrato che il regolare consumo di questo frutto contribuirebbe ad abbassare notevolmente il rischio  di sviluppare una coronaropatia, offrendo molteplici benefici vascolari a chi soffre di malattie cardiache.



Lo zinco, in abbinamento ai polifenoli ed alla vitamina E, apporta notevoli benefici alla pelle mentre, in abbinamento agli acidi grassi Omega 3 ed Omega 6, mantiene in salute i capelli.
Rilevante anche la presenza di un aminoacido essenziale, chiamato arginina, molto importante per la salute delle nostre arterie. L’arginina fornisce alle pareti delle arterie il nitrossido, una sostanza in grado di combattere e prevenire l’arteriosclerosi.
Interessante sottolineare come l’arginina abbia anche ha la capacità di dilatare i vasi sanguigni che portano il sangue ricco di sostanze energetiche ai muscoli, oltre naturalmente all’ossigeno, migliorando di conseguenza le prestazioni fisiche.
Grazie alla presenza di acido alfa-linoleico, le noci hanno anche proprietà digestive e diuretiche.
Da un recente studio è emerso che il grasso contenuto nelle noci migliora i parametri metabolici delle persone affette da diabete di tipo 2.
Il loro elevato potere energetico, se da un lato rappresenta un fattore negativo per chi ha problemi di sovrappeso, dall’altro può rappresentare un elemento molto interessante per chi svolge attività sportiva. Le noci hanno ulteriori proprietà: anti anemiche, drenanti, energetiche, lassative, nutrienti, rimineralizzanti, vermifughe.
Il consumo di noci migliora l’assorbimento del calcio ed allo stesso tempo ne riduce la quantità espulsa attraverso le urine a tutto beneficio della salute delle ossa.
L’olio di noci, utilizzato in modiche quantità, ha proprietà astringenti, si può utilizzare per condire l’insalata ma anche sulla carne e sul pesce.

Le noci sono un frutto oleoso e di conseguenza ricco di sostanze nutrienti, il loro potere calorico è molto alto, 100 grammi di noci forniscono 628 calorie.

Secondo la teoria delle segnature di Paracelso, le noci fanno bene al cervello. Questa proprietà sarebbe sottolineata dall'aspetto del gheriglio della noce che evoca la struttura della corteccia cerebrale: questa corrispondenza definirebbe, secondo la teoria delle segnature, un legame naturale tra questi due elementi.

Con le noci si prepara anche un ottimo liquore: il nocino appunto.

Dietro questa preparazione si nascondono tradizione e folklore, ma anche un pizzico di magia...
La leggenda racconta che le noci per il nocino vanno raccolte di notte ancora intrise di rugiada, durante il solstizio d'estate e più precisamente il 24 giugno, giorno di San Giovanni.
Questa data era considerata un passaggio speciale della Terra che donava ai frutti proprietà esoteriche e si attendeva proprio questa notte per cogliere erbe e piante destinate a operazioni magiche. Il nocino, in quanto bevanda ricca di preziosi nutrienti, veniva preparato come riserva di energia da conservare per i momenti di bisogno: quasi una pozione magica potremmo dire.

Sono da prediligere quelle prive di lesioni sul guscio e con il picciolo e le foglie ancora attaccati.
Indizio di qualità sono le macchie nere che alcune noci riportano sul guscio. Si tratta di macchie di succo di mallo e indicano che le noci non sono state sbiancate chimicamente.
Le noci sono molto utilizzate in cucina: per dolci, salse e prodotti da forno se ne fa largo uso e tra gli abbinamenti più conosciuti c'è sicuramente quello con il gorgonzola.

Le noci non possono essere conservate a lungo in quanto sono soggette ad irrancidimento e perché con il passare del tempo tendono ad aumentare la loro oleosità.

Per questi motivi le noci devono essere consumate fresche al fine di non diminuire la loro digeribilità.

Possibilmente, visto il loro alto potere energetico e calorico, è sconsigliato consumarne troppe, soprattutto al termine di un pranzo abbondante. Per godere di tutte le loro proprietà e benefici ne bastano sette al giorno.

Se siete soggetti all’herpes, evitate o limitate il consumo di noci, in quanto i loro alti livelli di arginina possono innescare la comparsa dell’ herpes.

Vi sono persone che hanno sviluppato un’ipersensibilità nei confronti della frutta a guscio e che possono quindi essere allergici anche alle noci. In questo caso i sintomi si manifestano con vomito, dolore addominale, difficoltà di respirazione e labbra gonfie.

Spesso, in ambito cosmetico, viene utilizzato l’olio estratto dal mallo delle noci per la preparazione di creme solari protettive o addirittura per la preparazione di lozioni fortificanti per i capelli.

L’olio di noce è utilizzato come olio vettore in aromaterapia e per i massaggi ed anche nell’industria cosmetica e farmaceutica.

L’estratto di noce ha la proprietà di riuscire a penetrare in profondità la fibra capillare donandole un aspetto estetico più morbido e ostacolandone la caduta.

Vanno conservate in un contenitore ermetico, in frigorifero o nel congelatore.

Lo strato esterno delle noci sgusciate è amaro e spesso viene rimosso. È un grave errore perché si ritiene che fino al 90% dei potenti antiossidanti delle noci, risiedano proprio in quello strato che spesso viene buttato via.

Se non amate il sapore delle noci, potete godere delle loro proprietà e benefici semplicemente sbriciolandone qualcuno in un frullato di frutta e/o verdura.







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mercoledì 10 febbraio 2016

IL LITCHI



Il litchi è coltivato da molto tempo, e il primo documento scritto che ne attesta la coltivazione risale al 1059. La coltivazione è cominciata in un'area meridionale della Cina, in Malesia, e Vietnam. Alberi selvatici crescono ancora nella cina meridionale e sull'isola di Hainan. Ci sono molte storie riguardo all'uso del frutto come prelibatezza alla corte imperiale cinese. Fu per la prima volta descritto e fatto conoscere a occidente nel 1782.

La coltivazione del Litchi è cominciata in Cina, Malesia, e Vietnam settentrionale. Alberi selvatici crescono ancora nella foresta pluviale della provincia di Guangdong e sull'isola Hainan. Documenti non ufficiali indicano il litchi come una pianta coltivata almeno dal 2000 a.C.

Nel primo secolo dopo Cristo, litchi freschi erano così richiesti dalla corte imperiale che fu istituito uno speciale servizio di corriere con cavalli veloci affinché portasse frutti freschi dal Guangdong. Ci fu una grande domanda di litchi anche durante la dinastia Song (960-1279), secondo Ts'ai Hsiang, nel suo Li chi pu (Trattato sui Litchi). Tale frutto era anche il preferito della favorita dell'imperatore Li Longji (Xuanzong), Yang Yuhuan (Yang Guifei). L'imperatore faceva trasportare i frutti alla capitale con grandissima spesa.

Il litchi ha attratto presto l'attenzione degli esploratori europei. Juan González de Mendoza nel suo La storia del grande e potente reame di Cina (1585), basato sui racconti dei frati spagnoli che avevano visitato la Cina negli anni 70 del 1500, lodò moltissimo questo frutto:

« Essi hanno una specie di prugna che chiamano lechias, che sono di un sapore incredibilmente gradevole, e mai danneggiano nessuno, sebbene essi ne mangino un gran numero. »
Il litchi fu descritto scientificamente da Pierre Sonnerat (1748–1814) al ritorno dal suo viaggio in Cina e nel sud-est asiatico. Fu allora che fu introdotto a Riunione nel 1764 da Joseph-François Charpentier de Cossigny de Palma. Fu in seguito portato anche in Madagascar che ne è diventato un importante produttore.

Litchi chinensis è un sempreverde che spesso è alto meno di 10 metri, sebbene talvolta superi i 15. La corteccia è grigio-nera, i rami marrone-rosso. Le foglie, composite, misurano tra 10 e 25 cm, a volte di più, con 2-4 paia di foglioline. I fiori spuntano su un'infiorescenza terminale, con molte pannocchie che spuntano sulla cresciuta dell'anno. Le pannocchie crescono in gruppi di 10 o più, raggiungendo una lunghezza di 40 centimetri o più, e portando centinaia di piccoli fiori bianchi, gialli o verdi, con un profumo caratteristico.

I frutti maturano in un tempo compreso tra gli 80 e i 112 giorni, a seconda del tempo, del clima e della cultivar. I frutti raggiungono dimensioni fino ai 5 centimetri di lunghezza i 5 di larghezza, con forme che variano dal rotondo, all'ovoide, ad una forma a cuore. La buccia, sottile ma non commestibile, è coperta di piccole protuberanze appuntite e all'inizio è verde ma con la maturazione diviene rossa o rosato-rossa. La buccia diviene marrone e secca se viene lasciata all'aria aperta dopo la raccolta. La parte carnosa e commestibile del frutto è un arillo, e circonda un seme unico ovale allungato, marrone scuro che ricorda quello delle nespole del Giappone. Il seme non è commestibile e raggiunge le dimensioni di 3,3 cm di lunghezza e dai 6 mm ad 1,2 cm di larghezza. Alcune cultivar producono un'alta percentuale di frutti con un seme abortito, molto più piccolo della norma, chiamato lingua di pollo. Questi frutti generalmente sono fatti pagare un prezzo maggiore, avendo una percentuale di polpa più alta.

La polpa del frutto ha un delicato profumo e sapore di uva moscato e rosa.

Ci sono moltissime cultivar di litchi, spesso con una confusione notevole in merito al loro nome e alla loro identificazione. Inoltre la stessa cultivar in climi distinti può produrre frutti assai diversi. Alcune cultivar poi hanno anche sinonimi diversi in diverse parti del mondo. Parte della difficoltà nell'attribuire un nome alle varietà di litchi comunque è imputabile alla trascrizione fonetica dei nomi delle cultivar cinesi, che per l'alfabeto latino non si presenta sempre semplice o univoca.

I paesi del sud est asiatico, assieme all'Australia, usano i nomi cinesi originali per la maggior parte delle cultivar, ma questo non accade ovunque. In India vengono coltivate più di una dozzina di cultivar diverse. In Sud Africa è coltivata principalmente la cultivar Mauritius. La maggior parte delle cultivar che si trovano negli stati uniti sono state importate dalla Cina, con l'eccezione della Groff, che è stata sviluppata alle Hawaii.

Le cultivar più popolari in Cina sono: Sanyuehong, Baitangying, Baila, Shuidong, Feizixiao, Dazou, Heiye, Nuomici, Guiwei, Huaizhi, Lanzhu, e Chenzi. In India tra le altre cultivar si coltiva anche la Shahi (che ha la più alta percentuale di polpa), Dehra Dun, Early Large Red, Kalkattia, Rose Scented.

In Italia le poche piante che si trovano in commercio appartengono generalmente ad una di queste varietà:

Kway Mai Pink: È conosciuta anche come Bosworth 3. I frutti sono molto saporiti, anche se sono relativamente piccoli. La buccia è rosa. La produzione del frutto è regolare.
Brewster: nota anche come Chen-Tze o Chenzi. Fu introdotta in Florida dalla Cina tra il 1903 e il 1906 da W.M. Brewster. Frutto grosso, a forma più o meno conica. I semi sono piuttosto grossi (in proporzione al frutto) e non formano spesso lingue di pollo. La pianta tende a produrre irregolarmente, ad anni alterni.
Sweetheart: Sweetheart è un marchio commerciale registrato per questa cultivar. La produzione di frutta di questa cultivar è regolare e abbondate. I frutti sono grandi e tutti con lingue di pollo.
Tai-so: o Tai-tsao. È coltivata specialmente nei dintorni di Canton. Il frutto ha un colore rosso acceso mentre la polpa è soda, croccante e molto dolce. Il frutto gocciola succo quando si rompe la buccia. La maturazione del frutto è precoce.

I Litchi sono coltivati abbondantemente in Cina e anche altrove, come in Brasile, Sud-Est Asiatico, Pakistan, Bangladesh, India, Giappone meridionale, e più recentemente in California, Hawaii, Texas, Florida, nelle aree più umide dell'Australia orientale, in Madagascar e nelle regioni sub tropicali del Sudafrica, in Israele e anche in Messico.

In Italia solo recentemente si assiste a timidi tentativi di coltivazione in Sicilia, nonostante la pianta potrebbe crescere bene nelle zone più calde in cui è coltivato il limone.

La pianta richiede un clima tropicale o subtropicale, che sia caldo ma che presenti anche una stagione fredda senza gelate o con leggerissime gelate che non vadano sotto i -4 °C (pena la morte della pianta), e una estate calda, umida, piovosa. La crescita migliore si ha su terreni ricchi, profondi, ben drenati, abbondanti in materia organica. Una ampia scelta di cultivar è disponibile, con varietà a fruttificazione precoce o tardiva, le prime più adatte a climi freddi, le ultime a climi più caldi. Dato l'aspetto della pianta non è strano vederla utilizzata come pianta ornamentale.

I litchi sono venduti generalmente nei mercati asiatici, ma negli ultimi anni è possibile vederli anche nei supermercati e nella grande distribuzione. La buccia diventa marrone scuro quando il frutto è refrigerato, ma il sapore non ne viene influenzato: la versione in scatola invece viene venduta per tutto l'anno, ma i frutti inscatolati perdono parte del loro profumo. Il frutto può essere seccato anche con la buccia intatta, e in tal caso diviene marrone scuro.

Secondo il folklore un litchi che non produce può essere cercinato, il che dovrebbe portare ad un aumento della fruttificazione.



I litchi non si riproducono da seme, salvo nel caso di una selezione mirata ad ottenere nuove varietà. Inoltre una caratteristica desiderabile di una cultivar è avere molti (possibilmente tutti) i semi sotto forma di lingue di pollo, quindi abortivi e non utilizzabili per la riproduzione. Le piante nate da seme inoltre, in aggiunta al non mantenere le caratteristiche delle piante madri, e ad avere dunque quasi sempre frutti di qualità più scadente, richiedono molti anni per cominciare a fruttificare. Un'attesa di 10 anni tra la semina e la prima fruttificazione è normale, ma a volte passano anche 25 anni. Tutti questi limiti rendono la riproduzione da seme un pessimo modo per propagare i litchi.

Le talee di litchi possono attecchire, ma l'attecchimento non è semplice. Generalmente le talee per avere percentuali alte di attecchimento richiedono una nebulizzazione continuativa con appositi macchinari mentre vengono coltivate in pieno sole e concimate adeguatamente.

L'innesto del litchi è particolarmente difficile. Il cambio si attiva contemporaneamente su tutta la superficie del tronco solo per un brevissimo tempo. È sempre stata considerata una pianta estremamente difficile da innestare, indipendentemente dal metodo scelto. I risultati migliori si sono avuti usando semenzali particolarmente giovani.

La margotta è il metodo principale attraverso il quale vengono riprodotte le piante di litchi. È praticato da secoli: nella sua versione più antica si realizza cercinando un ramo e lasciandolo a guarire uno o due giorni, per poi applicare un impacco di fango e paglia al punto dove è stata praticata la cercinatura. L'impacco viene fasciato da un sacco e si provvede a tenerlo umido per un centinaio di giorni con annaffiature regolari. Dopo questi giorni se il ramo ha formato radici si recide e si pianta.

Le margotte moderne hanno sostituito al fango e alla paglia lo sfagno e ai sacchi la plastica: in questo modo si accorciano anche i tempi necessari all'emissione di radici (rendendo necessarie solo sei settimane). I rami migliori per la formazione delle radici sono, secondo uno studio messicano, quelli con un diametro compreso tra 15 e 20 mm, esposti al sole. È comunque possibile prelevare rami grossi fino a 10 cm di diametro.

Le margotte dopo essere state distaccate dall'albero richiedono un periodo più o meno lungo di ricovero in un ambiente ombroso e umido fino a che l'apparato radicale non sia ben sviluppato. Una volta che questo sia accaduto, comunque, le piante reagiscono bene, cominciando a produrre dai 2 ai 5 anni dopo il distacco dalla pianta madre, raggiungendo il massimo della produzione dopo 20-40 anni e producendo abbondantemente per oltre un secolo.

Il litchi contiene in media 72 mg di vitamina C in 100 grammi di frutta. In media nove litchi bastano per soddisfare il fabbisogno quotidiano di vitamina C di un uomo adulto.

Una tazza piena di litchi fornisce, tra le altre cose il 14% del fabbisogno quotidiano di rame, il 9% di fosforo, e il 6% di potassio per una dieta di 2000 chilocalorie.

Come molti alimenti vegetali i litchi hanno pochi grassi saturi, poco sodio e sono completamente privi di colesterolo. I litchi hanno una quantità moderata di polifenoli, comunque maggiore, secondo uno studio francese, di molti altri frutti analizzati. La maggior parte dei polifenoli comunque tende a deteriorarsi col passare del tempo, quindi è meglio consumare il frutto il prima possibile.

Nella medicina tradizionale cinese il litchi è un frutto con proprietà calde ed un eccessivo consumo di litchi può, in casi estremi, portare a svenimenti o eruzioni cutanee.

Per gustarne a pieno il sapore il frutto può essere consumato fresco al naturale. Comunque si adatta anche molto bene a numerose ricette, con macedonia, aggiunto ai cocktail di spumante o rhum, in sorbetti.

Le principali proprietà terapeutiche del litchi si devono soprattutto alla vitamina B3. Questa vitamina infatti è in grado di dilatare i vasi sanguigni, facilita la purificazione del sangue e allo stesso tempo è in grado di regolare numerose reazioni ossidative nelle cellule del nostro organismo, rendendosi così importante al fine della prevenzione di patologie come l’aterosclerosi. La presenza di minerali importanti come potassio e magnesio è utile per rafforzare e rendere più tonico il cuore e l’apparato circolatorio. Anche il rame ha proprietà utili a migliorare la circolazione sanguigna e l’apporto di ossigeno ai vari organi.
Il litchi è una buona fonte di vitamina C e di Oligonol, due sostanze con proprietà antiossidanti i cui benefici si manifestano nei confronti dei virus influenzali e nella protezione della pelle dai raggi UVA.
L’abbondanza di vitamina C rende il litchi un alimento ideale per rinforzare il sistema immunitario durante la brutta stagione quando influenza e raffreddori sono sempre in agguato.
Radicali liberi: è sempre grazie agli antiossidanti che questo frutto è in grado di contrastare l’attività dei tanto temuti radicali liberi con effetti positivi sulla salute.
I litchis contengono anche polifenoli e proantocianidine che, insieme alla vitamina C riescono a neutralizzare efficacemente i radicali liberi. I radicali liberi sono dei sottoprodotti nocivi risultanti dal metabolismo cellulare e possono causare gravi problemi come  i tumori, i disturbi cognitivi e le malattie cardiache. Il litchi è ricco di questi composti è può essere consumato a titolo preventivo nei confronti di tali malattie.
Proprietà digestive: la buona quantità di fibre alimentari presenti in questo frutto facilita il transito intestinale degli alimenti con conseguenti benefici per il processo digestivo. Il litchi inoltre stimola la produzione dei succhi gastrici, questa sua proprietà riduce il rischio di stitichezza e di disturbi gastrointestinali.
Pressione sanguigna: l’abbondanza di potassio invece permette all’organismo di tenere sotto controllo l’equilibrio dei fluidi corporei, tale equilibrio è molto importante per la prevenzione dell’ipertensione. Inoltre il potassio ha proprietà vasodilatatrici per cui facilita la circolazione sanguigna diminuendo lo stress dell’apparato circolatorio a tutto beneficio della pressione sanguigna.

L’assunzione moderata del litchi non presenta controindicazioni, A causa del suo alto contenuto di zuccheri è un alimento sconsigliato per i diabetici.

Consumati in modo eccessivo possono provocare alcuni disturbi come il sanguinamento del naso ed il mal di gola.

Per quanto riguarda il suo valore calorico, 100 grammi di litchi forniscono 66 calorie.

Il litchi si conserva abbastanza bene anche a temperatura ambiente, e può essere conservato tranquillamente per 15 giorni fuori dal frigorifero. Anche nel caso in cui il guscio dovesse cambiare colore e divenire più scuro, non preoccupatevi, il gusto resta inalterato.

Nel caso vi avventuraste nella semina di questo fantastico frutto, è bene che sappiate che la pianta del litchi fiorirà dopo 10 anni dalla semina e la sua produzione di frutti sarà all’inizio scadente. Per accorciare i tempi e migliorare la qualità è necessario avvalersi della tecnica dell’innesto.

Si trovano sui banchi dei mercati generalmente tra primavera e estate e generalmente arrivano dal Sudafrica o dal Sud Est asiatico, soprattutto Cina, India, Thailandia e Vietnam.

È sufficiente succhiare completamente il frutto dalla scorza e consumare la succosa polpa stando attenti al seme. È indispensabile scegliere i frutti al giusto punto di maturazione: macchie marroni ed eccessiva morbidezza sono indice certo di un frutto ormai non più fresco.

Il periodo per l'acquisto e il consumo è da novembre a gennaio e poi ritorna nel mese di aprile.




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giovedì 14 gennaio 2016

LA CURCUMA



La curcuma è una pianta erbacea dal colore giallo-ocra originaria dell'India. Gli indiani ne conoscono i benefici da più di 5mila anni. Sin dall'antichità è conosciuta infatti non solo come spezia, ma anche come colorante e antinfiammatorio.

La curcuma detta anche zafferano delle Indie è una pianta caratterizzata da lunghe foglie di forma ovale che accolgono dei particolari fiori raccolti in spighe, da questi si estraggono i rizomi che prima di essere utilizzati vengono fatti bollire ed essiccare e poi schiacciati con dei particolari attrezzi che danno vita alla"polvere magica". Definire la curcuma come una polvere magica può sembrare un'esagerazione, ma invece non lo è, le proprietà di questa pianta sono tantissime...

La curcuma longa, della famiglia delle Zingiberaceae, detta anche kurkum “zafferano d’india” o “zafferano dei poveri” è una pianta spontanea perenne che può raggiungere il metro di altezza. La si può riconoscere per via delle foglie larghe, i fiori grandi gialli e naturalmente la radice cilindrica, ramificata ed arancione.

La radice è proprio la parte che contiene le proprietà benefiche e si raccoglie in autunno. La si può acquistare fresca o essiccata e macinata.
Si suppone che questa spezia provenga dalla Cina, poiché Marco Polo lo cita nei suoi scritti (XIII secolo), si sa comunque che nasce spontanea sia in Asia che in India e Malesia. Si suppone tuttavia che i primi a scoprirla fossero stati i greci che ne fanno menzione in un libro di medicina, Paracelso inoltre la consigliava per combattere i problemi epatici.

Contiene l’11,2 % di acqua, il 9,9 % di grassi, il 7,8 % di proteine, il 21 % di fibre, il 3,2 % di zuccheri ed il 6 % di ceneri.

Questi i minerali presenti: calcio, sodio, potassio, fosforo, magnesio, ferro, zinco, selenio, manganese e rame.

Contiene le vitamine B1, B2, B3, B6, vitamina C, vitamina E, K e J.

Gli zuccheri si dividono in saccarosio, destrosio e fruttosio.

La curcuma contiene inoltre centinaia di componenti; tuttavia l’attenzione degli studiosi si è concentrata su uno in particolare: la curcumina.

La curcuma viene impiegata nella medicina tradizionale indiana e in quella cinese come disintossicante dell’organismo, in particolare del fegato. Queste proprietà salutari attribuite dalla tradizione popolare sono le stesse che oggi vengono confermate dalla medicina ufficiale, anche alla luce dei numerosissimi studi e scoperte che la scienza attuale ha ufficialmente confermato.
In base a recenti studi è risultato che la curcumina potrebbe essere utile a contrastare l’insorgere di almeno otto tumori: colon, bocca, polmoni, fegato, pelle, reni, mammelle e leucemia. Il particolare che ha “catturato” l’attenzione degli studiosi è il fatto che nei paesi asiatici e in particolare in India, dove il consumo di curcuma è altissimo, l’incidenza dei tumori è molto bassa. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Cancer Research, la spezia avrebbe un ruolo fondamentale nella prevenzione e nel trattamento del tumore alla prostata. Si è inoltre constatato che l’effetto della curcumina è ancora più evidente quando associato ad un isotiocianato presente in verdure come il cavolo, i broccoli o il cavolo rapa.
Vi sono motivi per ipotizzare che il consumo di curcuma possa influire positivamente sulla prevenzione della leucemia nei bambini. È quanto è emerso da alcuni studi condotti alla Loyola University Medical Centre di Chicago.
Molto interessanti le proprietà antiossidanti della curcumina che sono in grado di trasformare i radicali liberi in sostanze inoffensive per il nostro organismo oltre naturalmente a rallentare l’invecchiamento del nostro patrimonio cellulare. Questo è molto importante in molte malattie come ad esempio l’artrite reumatoide dove i radicali liberi sono responsabili dell’infiammazione e del dolore alle articolazioni. Questa combinazione di antiossidanti ed antinfiammatori spiegherebbe perché molte persone con infiammazioni articolari provano sollievo quando consumano la curcuma.
La curcumina ha anche proprietà cicatrizzanti. In India viene applicato il rizoma di curcuma per curare ferite, scottature, punture d’insetti e malattie della pelle con risultati veramente soddisfacenti.
La curcuma, la curcumina per essere più precisi, ha anche proprietà antinfiammatorie molto marcate, tanto che il suo effetto è paragonabile a quello di alcuni farmaci antinfiammatori senza però avere effetti collaterali. Tali proprietà apportano benefici in caso di artrite. Questa patologia infatti è provocate da una sorta di infiammazione delle articolazioni. A differenza dei farmaci antinfiammatori che sono associati ad effetti tossici (ulcere e riduzione dei globuli bianchi), la curcuma è un antinfiammatorio naturale che non presenta effetti collaterali.




La curcuma ha anche proprietà che apportano benefici alla funzione cerebrale e di conseguenza la sua assunzione può essere utile per prevenire alcune patologie come la depressione ed il morbo di Alzheimer. Si ritiene che la spezia sia anche in grado di aumentare memoria ed intelligenza ma non vi è ancora nulla di certo, gli studi riguardo a questa proprietà sono ancora in corso.
La curcuma è in grado di rafforzare il tessuto endoteliale, ovvero il rivestimento dei vasi sanguigni. La disfunzione endoteliale è una delle principali cause delle malattie cardiache e ha come conseguenza l’incapacità dell’endotelio di regolare la pressione sanguigna e la coagulazione del sangue. Gli studi hanno dimostrato che la curcuma apporta miglioramenti alla funzione endoteliale con i conseguenti benefici per la salute del cuore e dell’apparato cardiocircolatorio.
Secondo una ricerca indiana pubblicata sul Journal of Physiology and Pharmacology, la curcuma, nello specifico la curcumina, sarebbe in grado di prevenire l’ossidazione del colesterolo. Una volta ossidato il colesterolo si deposita nei vasi sanguigni con gravi rischi per la salute che possono manifestarsi con attacchi di cuore o ictus. Oltre a questa proprietà la curcuma è in grado di ridurre di circa l’11 % i livelli di colesterolo cattivo LDL e di aumentare del 29 % quelli del colesterolo buono HDL.

La polvere di curcuma è l’ingrediente che dà il colore caratteristico al curry; il sapore è molto volatile mentre, al contrario, il colore si mantiene inalterato nel tempo.

Per questo motivo è una sostanza che viene largamente impiegata nel ramo alimentare come colorante, il suo codice è E 100; alimenti come il formaggio, yogurt, mostarda, brodi vari in scatola e altri ancora vengono spesso colorati con derivati di questa radice.

Per un uso salutistico è sufficiente riuscire ad integrarla nella nostra dieta quotidiana. Un paio di cucchiaini da caffè al giorno sono la dose ideale; si può aggiungere a fine cottura di molti alimenti ma si può anche aggiungere a vari tipi di yogurt o farne una salsa.

È importante ricordare che la curcuma va assunta insieme al pepe nero o al tè verde per facilitarne l’assorbimento. Non solo. Anche l’abbinamento a qualche grasso, tipo olio d’oliva, burro, o quant’altro, facilita l’assorbimento della curcuma.

Da non confondere con il curry, la curcuma è una polvere giallo scuro che deriva da una pianta appartenente alla famiglia dello zenzero. Il suo assorbimento da parte del nostro organismo è piuttosto basso e questa particolarità ne rende l’impiego molto sicuro, in quanto diventa molto difficile assumerne quantità notevoli poiché sarebbero dannose all’organismo.
Viene normalmente venduta in polvere. In questo caso va conservata dentro a un vaso di vetro sigillato ed in un  luogo fresco e asciutto per mantenerne più a lungo l’aroma.

È meglio che il vaso non sia trasparente così da non far filtrare la luce che danneggerebbe le proprietà della “preziosa” polvere.

L’olio di curcuma può essere impiegato per sostituire l’olio di oliva in tutti i suoi usi. Apporta benefici al metabolismo del fegato e dei grassi in generale.                                                          

Ingredienti per 50 cl. di olio:                  
50 cl. di olio extravergine di oliva
3 cucchiaini di curcuma in polvere

Mettere l’olio e la curcuma in un barattolo con chiusura ermetica e mescolare bene fino ad amalgamare completamente i due ingredienti. Lasciare macerare il tutto ricordandosi di agitare bene il contenitore una volta al giorno.

Trascorsi sette giorni non agitate il barattolo e travasate il tutto in una bottiglia di vetro evitando di far scendere la curcuma che nel frattempo si sarà depositata sul fondo. Grazie alle sue proprietà antiossidanti è chiamato anche olio della giovinezza.

Un cucchiaino di curcuma corrisponde a 2 calorie.

In cosmesi la curcuma è presente nelle formule di prodotti solari, antirughe, purificanti della pelle e antiforfora.

La curcumina è presente nella spezia nella quantità pari al 3 % del peso totale.

Purtroppo, come avviene in molti altri campi, la spezia gialla viene aggiunta dalle aziende poco serie per “allungare” il più costoso zafferano; in questo caso, fortunatamente, viste le proprietà salutari della curcuma, non vi sono problemi.

Sono stati effettuati alcuni studi su pazienti con problemi di depressione e la curcuma ha rivelato di avere effetti simili a quelli dei farmaci antidepressivi.

Come preparare una bevanda ayurvedica: questa bevanda, chiamate golden milk, si prepara miscelando con curcuma, acqua, latte, anche vegetale volendo, e miele. Si tratta di un ottima bevanda corroborante, digestiva ed antinfiammatoria.

Come preparare la tisana alla curcuma: versare 2 cucchiaini di polvere di curcuma in un bricco di acqua bollente, aggiungere un cucchiaino di miele e di succo di limone con un pizzico di pepe nero. Perché il pepe nero? Migliora l’assorbimento delle proprietà benefiche della curcuma. Ottimo rimedio contro il raffreddore.

Si consiglia di non utilizzare la curcuma se si è allergici anche ad uno solo dei principi attivi.

Se assunta smodatamente può provocare: ulcere, dissenteria, nausea, meteorismo e calcoli.

Se ne sconsiglia l’uso a persone con disturbi emofili, calcoli e donne in attesa.

La curcuma è considerata un portafortuna e le spose indiane ne portano al collo un piccolo pezzo nel giorno delle nozze. La curcuma è anche l’ingrediente principale del masala, tipica miscela di spezie indiana ma viene anche adoperata come colorante.







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giovedì 17 dicembre 2015

GLI AGRUMI



L'origine di tutti i Citrus è l'India e l'Estremo Oriente, le fortunelle provengono dalla Cina, e il Poncirus dalla Corea e dalla Cina. Oggi gli agrumi crescono spontaneamente anche in Indonesia, Malesia, Nuova Guinea e nelle Filippine. Le varie specie hanno raggiunto l'Europa in tempi diversi. Sembra che il primo sia stato il cedro, ben noto tra i Romani come pomo di Persia. È documentato che i Romani conoscevano già nel primo secolo pure il limone e l'arancio amaro, ma la loro coltivazione è stata introdotta nel Mediterraneo solo nel decimo secolo dai Saraceni. La coltivazione dell'arancio dolce invece è stata introdotta dai Portoghesi appena nel secolo sedicesimo, mentre risale addirittura al secolo diciannovesimo l'acquisizione del mandarino. Oggi gli agrumi sono largamente coltivati nella fascia subtropicale di tutto il mondo. Oltre che in Asia e nel Mediterraneo, coltivazioni importanti sono presenti in Oceania, Nuova Zelanda, Australia, Azzorre, Sudafrica, Sudamerica e Stati Uniti. Il produttore maggiore sono gli USA, segue il Mediterraneo (Europa e Africa), Asia e Sudamerica.

L'Italia (soprattutto la Sicilia) occupa un posto di rilievo nella produzione mondiale degli agrumi, con una quota attorno al 5% (paragonabile alla produzione giapponese e spagnola, ma molto inferiore a quella del Brasile e degli Stati Uniti che producono rispettivamente il 25% e 20%).

In Italia la produzione di agrumi (arance, limoni, mandarini, clementina, bergamotto, chinotto) si concentra nelle regioni meridionali, con la Sicilia in prima fila (circa i due terzi della produzione nazionale), seguita dalla Calabria (circa un quarto) e a distanza da Campania, Puglia, Basilicata, Sardegna e altre regioni.

Negli ultimi decenni è molto apprezzata la produzione di agrumi nel Gargano che vanta specie autoctone e DOP sia di limone sia di arancia nei territori di San Menaio e di Rodi Garganico, nella cosiddetta oasi agrumaria.

Con l'eccezione del Poncirus, gli agrumi sono piante sempreverdi. Le foglie sono lanceolate o ellittiche, intere, coriacee, articolate sul picciolo. Sembrano foglie semplici, ma sono in realtà la foglia centrale di un antico insieme di tre foglioline che è andato perduto con lo sviluppo; solo il Poncirus conserva la forma originale a tre unità. Nelle piante da seme ci sono delle spine più o meno grandi accanto alle foglie, ma le piante che vengono coltivate nei frutteti di solito le perdono. Se però un agrume viene abbandonato e si inselvatichisce, torna a mettere le spine.

I fiori si chiamano zàgare e crescono in infiorescenze corimbose oppure solitari. La corolla a petali liberi racchiude moltissimi stami; il pistillo ha un ovario con almeno cinque logge ricche di ovuli. I fiori degli agrumi sono generalmente bianchi, sebbene alcune specie presentino boccioli variamente colorati, per cui alle volte i petali conservano lievi sfumature di colore all'attaccatura. I fiori di limone e di cedro hanno generalmente una sfumatura violacea. A seconda della specie, i fiori sono di grandezza variabile, e possono misurare da 1 a 5 cm di diametro. Sono tutti molto profumati.

In botanica il frutto degli agrumi è chiamato esperidio. La forma varia da tondeggiante, a volte schiacciata ai poli, a un ovoide allungato e appuntito. La buccia è costituita da uno strato esterno rugoso, raramente liscio, colorato dal giallo all'arancione fino al rosso, e da uno strato interno bianco e spugnoso chiamato albedo che può essere più o meno spesso. Allo stato fresco, solitamente la buccia non si mangia con il frutto, ma è edibile, per cui se ne fa largo uso in cucina. Oltre a ciò è di notevole importanza nello sfruttamento industriale degli agrumi. Il frutto sbucciato è costituito da spicchi avvolti ciascuno nella propria membrana a protezione di un insieme di particelle filiformi assai succose. I semi sono alloggiati all'interno degli spicchi e sono molto coriacei. Non essendo in alcun modo commestibili, si producono preferibilmente varietà di agrumi prive di semi.

Tutti gli agrumi sono ricchi di vitamine, innanzi tutto quelle dei gruppi C e P. Vengono consumati prevalentemente freschi oppure in preparati come marmellate, canditi, bevande. Sono molto importanti per l'estrazione di olii essenziali, pectine, acido citrico e altri derivati.

Le possibilità di ibridazione degli agrumi sono elevatissime. La maggior parte dei generi e praticamente tutte le specie oggi conosciute sono infatti i risultati di fortunate ibridazioni che durante il passare del tempo hanno mantenuto le proprietà iniziali. Sono ibridi antichi tutti i citrus tranne il mandarino, il pomelo e il cedro. Particolare fortuna hanno avuto gli incroci tra mandarino e vari tipi di arancio, dal mandarancio alla clementina e al tangerino.

Tra gli incroci attualmente sul mercato si possono citare il mapo, il lipo, il lice, il pompìa, il limo, e altri prodotti di notevole interesse ma di incerta possibilità di sviluppo costante.



Considerati da sempre pilastro di buona salute, gli agrumi finiscono per la prima volta sul banco degli "indiziati". Uno studio della prestigiosa Brown University ha infatti individuato un possibile legame tra il consumo quotidiano di arance e pompelmi e un aumento del 36% del rischio di sviluppare melanoma, il tumore della pelle più pericoloso. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Clinical Oncology.
Il pericolo di un succo al giorno - La ricerca condotta dalla Warren Alpert Medical School, ha preso in esame oltre 100mila americani - 63.810 infermiere e 41.622 maschi professionisti sanitari - scoprendo un'associazione inattesa: 1.840 partecipanti hanno sviluppato melanoma nel corso dei test. I volontari che consumavano una porzione di agrumi o di succo di agrumi volte al giorno hanno evidenziato rischi di melanoma più alti addirittura del 36%, rispetto a chi mangiava questi frutti meno di due volte a settimana. Una porzione di agrumi viene considerata equivalente a un'arancia, mezzo pompelmo o un bicchiere di succo.

Secondo gli scienziati la "colpa" sarebbe di una sostanza, detta furocoumarins, largamente contenuta negli agrumi. Si tratta di un ingrediente fotoattivo che innesca un meccanismo di difesa per i frutti, rispondendo intensamente agli stimoli dei raggi ultravioletti. La pelle di chi consuma grandi quantità di 'furocoumarins' diventerebbe così estremamente più sensibile all'esposizione al sole.

Niente panico: è tutto da confermare - Lo studio ha scatenato molte polemiche, spaccando in due il mondo scientifico. In virtù di questa situazione, l'associazione americana Clinical Oncology ha precisato che i dati devono essere confermati ulteriormente prima di ipotizzare qualunque tipo di raccomandazione alimentare.

Fare il pieno di agrumi, specialmente nella stagione fredda, è fondamentale per fare scorta di vitamina C e combattere i virus influenzali. Ma non solo. Uno studio pubblicato sull’American Journal of Pharmacology and Toxicology ha scoperto che la pectina modificata derivante dagli agrumi potrebbe essere la chiave per la cura del cancro. E un altro studio condotto dall'Università di Pisa e pubblicato su Biochemical Pharmacology ha dimostrato che la naringenina, un flavonoide di cui sono particolarmente ricchi i frutti del genere Citrus, come arancia, limone e pompelmo, oltre alla tipica azione antiossidante, ha significative proprietà cardioprotettive nei confronti del danno ischemico.

La vitamina C ha un duplice ruolo: “Il primo è permettere la sintesi e la rigenerazione del collagene delle ossa, delle cartilagini, dei legamenti e dei capillari”, spiega Andrea Ghiselli, nutrizionista del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura-Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (CRA-NUT). “Senza un’adeguata fornitura di vitamina C in passato era causa di scorbuto, una malattia che provocava sanguinamenti delle gengive, malformazioni ossee e problemi dentali”. Ma si tratta di una patologia che era diffusa nel 1800 specie tra i fumatori perché il fumo richiede una maggiore attività della vitamina C che, quindi, viene “sciupata”. Era diffusa anche tra i marinai che potevano portarsi una scorta di frutta solo per i primi 10-15 giorni, ma poi restavano senza per mesi interi. “La vitamina C agisce inoltre anche come antiossidante contrastando i radicali liberi ed è fondamentale per potenziare le difese immunitarie”, prosegue il nutrizionista.

“Secondo l’ultima versione dei Larn, il fabbisogno giornaliero di vitamina C è di 105 grammi per gli uomini e 85 per le donne”, chiarisce Ghiselli aggiungendo che ci si arriva consumando tre porzioni di frutta al giorno, cioè 450 grammi di polpa al netto degli scarti. “Non serve strafare ricorrendo agli integratori perché le difese immunitarie non aumentano proporzionalmente a quanta vitamina C si assume, ma anzi ci possono essere addirittura dei rischi legati a un’assunzione eccessiva di questa vitamina attraverso gli integratori”.

Non solo come frutta a fine pasto o come merenda, ma anche sotto forma di spremute. E se finora non l’hai mai preparata a colazione perché sei sempre di corsa, preparati a farlo da domani in poi perché, a sorpresa, il nutrizionista ha sfatato il luogo comune secondo cui la spremuta d’arance e di agrumi in generale va bevuta subito perché la vitamina C si ossida facilmente a contatto con l’aria e se ne perdono grandi quantità. “Non è vero e anzi per poterla bere di mattina a colazione senza perdere troppo tempo si può preparare la sera prima e conservarla in frigorifero in un recipiente opaco, meglio se di vetro ma scuro e ben chiuso”.

Il maggior apporto di vitamine e sostanze antiossidanti si trova nella buccia degli agrumi biologici: grattugiata e aggiunta a salse, verdure, pesce e dessert, conferisce al piatto un sapore “piccante” che consente di limitare l’uso di olio e di sale. Nel caso dei pompelmi, è utile consumare anche la pellicina bianca che riveste gli spicchi: riduce il colesterolo, aumenta la tonicità dei capillari e previene la candida, un’infezione che è spesso all’origine dei gonfiori addominali.

Quando fa particolarmente freddo, non sempre è piacevole mangiare un frutto freddo. La soluzione è un buon infuso fatto con le scorze degli agrumi. Per prepararne una tazza, servono due scorze di buccia di arancia, due scorze di buccia di mandarino e un po’ di miele per dolcificare. Prima bisogna pelare l’arancia e il mandarino, poi si fanno bollire in un pentolino le bucce per circa 5 minuti. Si lascia riposare a fuoco spento per altri 5 minuti e poi si beve.

Citrus: arancio e arancio amaro, limone, pompelmo, mandarino, pomelo, cedro, clementina, bergamotto, chinotto, combava, limetta
Fortunella (Kumquat): Fortunella crassifolia, Fortunella hindsii, Fortunella japonica, Fortunella margarita, Fortunella obovata, Fortunella polyandra
Poncirus: con un'unica specie, Poncirus trifoliata
Sebbene la sottofamiglia comprenda solo tre generi e solo diciotto specie esattamente definite e stabili (quelle qui sopra elencate), esistono molte varianti e mutazioni naturali, nell'infiorescenza come pure nei frutti, per cui si trovano vari tipi di agrumi in varie parti del mondo. Oltre a ciò sono stati sviluppati numerosissimi ibridi, alcuni dei quali con caratteristiche non durevoli, per cui si trovano sul mercato solo per tempi relativamente brevi.




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sabato 12 dicembre 2015

IL CETRIOLO



Il cetriolo è un ortaggio appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae, originario dell'India.

Ha forma allungata, simile a quella dello zucchino, buccia spessa, ancorché edule, leggermente bitorzoluta e di colore verde, polpa bianca succosa, leggermente acidula, con semi nella parte centrale. Viene mangiato crudo tagliato a fette in insalata ed entra come componente di insalate miste o come guarnitura di piatti freddi. Raccolto immaturo, di piccole dimensioni (cetriolino), viene posto sotto aceto e consumato in antipasti misti ed entra affettato nella composizione della giardiniera.

Le prime coltivazioni di questo ortaggio, risalgono a 5000 anni fa ed erano situate ai piedi dell'Himalaya. La pianta, appartenente alla famiglia delle Cucurbitacee, fu probabilmente introdotta nel bacino mediterraneo dagli Egiziani. Il cetriolo non è solo un semplice ortaggio ma si è rivelato un ottimo alleato per la salute generale dell’organismo. Esso infatti contiene una importantissima sostanza predominante: l’Acido tartarico che impedisce ai carboidrati dei prodotti alimentari, immessi nel nostro organismo, di trasformarsi in grassi, ecco perché i dietologi consigliano il consumo del cetriolo nelle diete e a tutti coloro che vogliono mantenere il peso sotto controllo. Gli specialisti suggeriscono addirittura di mangiarlo abbinato al pane integrale per esaltarne totalmente la sua efficacia come prodotto altamente dietetico. Inoltre ha pochissime calorie, è un buon diuretico e un valido disintossicante.

In Italia, la produzione del cetriolo si attesta sulle 120.000 tonnellate. Le regioni in cui viene maggiormente coltivato sono: il Lazio (dove si ottiene circa il 20% del raccolto nazionale), seguito dal Veneto (17%), dalla Puglia (16%), Campania (14%), Sicilia (11%), Calabria (5%) ed Emilia-Romagna (3%). Le varietà più diffuse sono:
- il Verde Lungo d'Italia;
- il Marketer che può avere frutti lunghi fino a 25 cm;
- il Mezzo Lungo Bianco che ha buccia bianca (una qualità piuttosto rara)
- il Parigino.

Tra gli insetti, il cetriolo è colpito dall'afide Aphis gossypii. Tra le malattie da funghi, le più comuni sono l'oidio (causato da Erisiphe cichoracearum), la peronospora (causata da Pseudoperonospora cubensis e dal Sphaerotheca fuliginea) e la muffa grigia (causata da Botrytis cinerea).

Pressoché privo di calorie (13 kcal per 100 gr di prodotto), il che lo rende comune nelle diete, è composto prevalentemente da acqua (96%), carboidrati disponibili (2%) e sali minerali quali potassio (140 mg), calcio (16 mg), fosforo (17 mg), sodio (4 mg). Contiene inoltre 11 mg di vitamina C, mentre è trascurabile l’apporto di vitamine degli altri gruppi. Va preferibilmente consumato quando al tatto è duro: se la polpa non risulta soda significa che l'ortaggio non è più buono. Dal punto di vista della digestione non è ben tollerato da tutti: in particolare è talora indigesto per i bambini.



Quando si deciderà di acquistare alcuni cetrioli, sarà bene sceglierli non troppo grandi né troppo piccoli e verificare bene che non siano ammaccati o avvizziti perché in quel caso la polpa sarà meno soda e più acquosa e quindi il gusto sarà particolarmente insipido. Se non amate particolarmente i semi in essi contenuti, ricordatevi di scegliere quelli di dimensioni più piccole poiché ne posseggono minore quantità. I cetrioli si conservano in frigorifero nello scomparto delle verdure per 10 giorni e non oltre anche se, una volta acquistati, si consiglia di consumarli subito per godere pienamente delle loro qualità. Ma è possibile anche conservali sotto sale, dopo averli tagliati a fette.
 
I cetrioli sono ricchi di acqua, per questo motivo vengono ritenuti particolarmente rinfrescanti e depurativi. Questa caratteristica è molto importante per l’attività dei nostri reni. Inoltre hanno pochissime calorie e quindi vengono molto usati nelle diete dimagranti. Contengono provitamina A, le vitamine del complesso B, la vitamina C e sono ricchi di potassio, ferro, calcio, iodio e manganese. Aiutano  i reni ad eliminare i liquidi e le tossine, migliorano l’attività del fegato e del pancreas. La polpa del cetriolo viene utilizzata come diuretico e disintossicante e l’acqua e i sali minerali in esso contenuti, sono molto utili per controbilanciare i cibi acidi. Gli antichi lo utilizzavano inoltre per debellare i vermi intestinali e per abbassare la febbre. Anche per malattie come la gotta, patologia dovuta ad  un accumulo eccessivo di acido urico nel sangue e nei tessuti  (che fa rigonfiare gli arti), i cetrioli vengono ben utilizzati. Gli enzimi contenuti nel cetriolo aiutano l'organismo ad assimilare le proteine, purificano e disintossicano l'intestino. Gli stessi principi attivi aiutano a prevenire anche la formazione di calcoli ai reni e alla vescica. Mangiando regolarmente cetrioli si combatte la costipazione. Inoltre sono anche molto utili per compiere una sorta di pulizia intestinale e per lubrificare le articolazioni. Sono anche a tutti note le proprietà diuretiche, vermifughe, emollienti, antiinfiammatorie e antipruriginose.

Il cetriolo è ricco di zolfo, quindi è molto indicato per curare la pelle: infatti è in grado di schiarire le macchie dell’età, grazie alle sue proprietà decongestionanti. È anche consigliato dagli esperti dermatologi per lenire le scottature solari e se usato con continuità rappresenta una buona soluzione per “migliorare” le rughe. Tutti conoscono anche il vecchio rimedio delle nonne per combattere il gonfiore: i cetrioli sugli occhi che hanno la proprietà di ravvivare lo sguardo, ringiovanire l’aspetto della pelle intorno agli occhi stanchi e ridurre borse e occhiaie. In cosmesi, viene utilizzata la polpa per ottenere maschere per il viso rinfrescanti e idratanti, i semi invece per maschere tonificanti e rassodanti, il succo per impacchi lenitivi su pelli irritabili.. Infine per ridurre le rughe e rendere la pelle più morbida e luminosa, si può preparare un’ottima maschera facciale utilizzando un cetriolo tritato con olio d’oliva e qualche goccia di succo di limone. Questo trattamento ha azione detergente, riduce e pulisce i pori dilatati o occlusi ed è adatta anche alle pelli più sensibili che non tollerano né sapone né acque dure. L’efficacia di questo trattamento è sicuramente superiore a qualsiasi crema, sicuramente più costosa.



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